Il governo del bosco.

 

            Il paesaggio di gran parte dei nostri boschi, in cui ci si sente a diretto contatto con la natura, è in realtà ben poco naturale, giacché è spesso il frutto di interventi umani. Il bosco, infatti, era una risorsa naturale importante per l’economia, soprattutto in passato, e pertanto l’uomo vi produceva delle modifiche per assecondare le proprie esigenze.

            Un bosco così modificato, in realtà, non era affatto un bosco distrutto. Semplicemente vi si instaurava un nuovo equilibrio ecologico, forse un po’ meno “funzionale” di quello che vi si era stabilito naturalmente, e che, in certi casi, richiedeva l’intervento dell’uomo per mantenersi.

            Poiché il bosco era una risorsa economica e come tale andava utilizzato, la sua gestione veniva definita “governo”. È un termine piuttosto antropocentrico, d’altronde non dobbiamo dimenticare che una diversa visione del mondo ha iniziato ad affermarsi, almeno in Occidente, solo in anni abbastanza recenti.

            Vi erano principalmente due forme di governo di un bosco: a “ceduo” ed a “fustaia”.

            La fustaia o bosco d’alto fusto è quella che più si avvicina all’aspetto naturale: le piante si riproducono da seme (cioè per via “gamica”) o, tutt’al più, da piantine messe a dimora in loco e provenienti da vivai forestali, e vengono lasciate crescere secondo i loro ritmi naturali. L’uomo, durante la crescita, interviene solo per diradarle oppure per eliminare quelle con dei difetti o malate in modo da selezionare quelle migliori. Lo scopo di questa gestione, infatti, è quello di ottenere legname pregiato, cioè di buona grandezza e di qualità (legname “da opera”), per cui alle piante viene concesso di raggiungere il loro massimo sviluppo ed il loro massimo valore commerciale. A questo punto il bosco è “maturo” e le piante possono essere tagliate.

            La gestione “a ceduo”, permetteva, soprattutto in passato, quando il legname veniva utilizzato per molte funzioni, compreso quella di combustibile, di ottenere rapidamente e nel modo più redditizio legname cosiddetto “minuto”. Il sistema si basa sulla facoltà di molte latifoglie (tra le quali, ad esempio, i carpini) di emettere “polloni”, cioè germogli, dal “colletto”, cioè dalla base dell’albero (chiamata “ceppaia”), quando il fusto viene tagliato vicinissimo al terreno. Da questi germogli si sviluppano fusti che, una volta tagliati, danno ottima legna da ardere.

            Questa capacita pollonifera è propria esclusivamente delle angiosperme, ma non delle conifere, che, una volta tagliate, non riescono più ad emettere germogli.

            A differenza della gestione a fustaia, inoltre, la gestione a ceduo è più lesiva non solo della struttura del bosco, ma anche di quella del suolo, dato che le radici delle piante non si sviluppano in maniera estesa, a differenza del bosco di alto fusto, in cui le radici degli alberi crescono molto di più ed hanno così modo di abbracciare ampie porzioni di terreno, contribuendone alla coesione ed al consolidamento.

 

 

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