Il Gufo reale.

 

            Il Gufo reale (Bubo bubo) è presente in Italia, sulle Alpi e sugli Appennini, dove trova siti per nidificare nelle zone rocciose più impervie e selvagge, ma è molto scarso. Questo è dovuto certamente al fatto che il nostro paese si trova al margine meridionale del suo areale di distribuzione, ma anche e soprattutto a causa delle alterazioni ambientali prodotte dall’uomo nelle zone in cui questo rapace notturno nidifica, del bracconaggio e dell’agricoltura intensiva. E a tutto ciò si aggiunge anche la collisione accidentale con i cavi dell’alta tensione.

            Il Gufo reale incarna il tipico aspetto del rapace notturno: grandi occhi frontali di un colore rosso-arancio, due ciuffi di piume sulla testa che ricordano due orecchie (le orecchie, in realtà, sono ai lati del capo, coperte dalle piume), un piumaggio mimetico fulvo, più scuro nelle parti dorsali e più chiaro in quelle ventrali, con macchie bruno-scure. A differenza degli altri rapaci notturni presenti in Italia, però, ha dimensioni molto maggiori, paragonabili a quelle dei suoi “cugini” che vivono nelle regioni settentrionali come l’Allocco di Lapponia (Strix nebulosa) o la Civetta delle nevi (Nyctea scandiaca). Infatti raggiunge una lunghezza di 65-72 cm (le femmine sono più grandi dei maschi) ed un’apertura alare di 155-180 cm.

            Gli adattamenti alla vita notturna degli Strigiformi (cioè l’ordine cui appartengono gufi, civette e barbagianni), danno a questi uccelli delle particolarità anatomiche più simili a quelle dei mammiferi, che a quelle degli altri volatili. In primo luogo gli occhi che sono frontali come i nostri e non situati ai lati del capo come in altri uccelli. Tutto ciò riduce fortemente il campo visivo (occhi laterali danno una visione di quasi 360°, mentre gli occhi frontali dei gufi danno un campo visivo di circa 160°), ma aumenta l’angolo di visione stereoscopica (cioè quella eseguita da entrambi gli occhi in contemporanea, che nei gufi corrisponde a 60°), la quale permette di avere immagini più dettagliate dei vari oggetti messi a fuoco e di valutarne meglio posizione e distanza.

            In compenso, per ovviare alla riduzione del campo visivo, i gufi hanno adottato una straordinaria mobilità della testa, che può ruotare di 270° mentre l’animale resta immobile.

            Per quanto riguarda la struttura interna dell’occhio, anche la retina è molto simile a quella dei mammiferi. Infatti questo tessuto è normalmente formato da due tipi di cellule fotosensibili (cioè sensibili alla luce, che pertanto consentono di vedere le immagini): i bastoncelli ed i coni. I primi percepiscono la luce, mentre i secondi permettono di distinguere i colori. Normalmente negli uccelli, che si sono evoluti per così dire “alla luce del sole”, dato che i loro antenati erano animali diurni, abbondano i coni. Al contrario i mammiferi, che discendono da antenati notturni, sono prevalenti i coni sui bastoncelli, soprattutto in quegli animali che hanno mantenuto abitudini di vita notturne. Infatti la maggior parte dei mammiferi non percepisce i colori, se non in minima parte ed in maniera piuttosto grossolana. In certi casi, come per l’uomo, le scimmie o altri animali che nel corso della loro storia evolutiva sono tornati ad una vita prevalentemente diurna (tra i quali anche gli scoiattoli), si ha avuto una adattamento secondario, con un aumento del numero dei coni ed una buona percezione del colore. Simile in un certo senso, ma di segno opposto, l’adattamento dei gufi alla notte: aumento dei bastoncelli, che prevalgono sul numero dei coni.

            La percezione visiva degli Strigiformi viene poi migliorata da un grande cristallino, da una cornea molto convessa e da una pupilla in grado di dilatarsi enormemente in condizioni di scarsa luminosità (un po’ come quella dei gatti). Tutto questo raffinatissimo apparato visivo va ovviamente protetto, infatti i gufi sono muniti, oltre che delle normali palpebre, di una terza palpebra verticale, detta “membrana nittitante”, che ha il compito di pulire ed umidificare l’occhio.

            Anche le orecchie dei rapaci notturni hanno una particolarità analoga a quella dei mammiferi e cioè un piccolo padiglione auricolare (a differenza degli altri uccelli che ne sono totalmente privi), coperto dal piumaggio, che permette di convogliare meglio i suoni all’apparato uditivo, pur senza essere esteso tanto quanto quello dei mammiferi per non divenire un ostacolo nel volo. Gli orecchi interni sono normalmente sfasati di alcuni millimetri, solitamente uno più alto ed uno più basso, e rendono la percezione del suono sfasata da un orecchio all’altro, in modo che l’animale possa individuare agevolmente l’esatta provenienza dei rumori.

            Una raffinata percezione dei suoni, infatti, è essenziale per le abitudini di vita notturne, come dimostrano i mammiferi, animali notturni per eccellenza, che hanno un udito estremamente sensibile.

            Sensi così perfezionati consentono ai rapaci notturni di cacciare all’agguato: appostati in silenzio su di un “posatoio”, cioè un posto elevato (come un ramo o una roccia) da cui scrutare i dintorni immobili ed “invisibili” grazie alla loro colorazione mimetica in attesa che compaia una vittima. Quando individuano una preda, poi, le si lanciano addosso con un volo estremamente silenzioso, grazie al fatto che le penne remiganti (cioè quelle delle ali che servono al volo) hanno un bordo sfrangiato e morbido come seta. Il che consente all’aria di passare senza produrre il minimo rumore. In tal modo le prede, che, nel caso del Gufo reale, sono normalmente mammiferi di varie dimensioni (fino a quelle della volpe) e, più raramente, uccelli, vengono colte di sorpresa e non hanno modo di sfuggire alla preda delle dita molto mobili e fornite di una possente muscolatura e agli artigli ricurvi ed acuminati del cacciatore.

            In un certo senso, fa notare Danilo Mainardi, il gufo, per la sua particolare sagoma con quella specie di “orecchie” alla sommità del capo, gli occhi grandi e frontali con una pupilla estremamente dilatabile, la tecnica di caccia all’agguato ed i movimenti “felpati”, è un po’ il gatto tra gli uccelli, non solo per l’aspetto, ma anche per le abitudini predatorie.

            Ma adesso veniamo ad un argomento meno cruento e più “romantico”: l’amore. Il periodo riproduttivo inizia in pieno inverno: l’accoppiamento avviene infatti in Dicembre. Ma già da qualche tempo prima il maschio inizia ad emettere il suo canto per segnalare i suoi diritti di proprietà su un certo territorio ad eventuali rivali ed attrarre la femmina.

            Le parate nuziali sono costituite da voli acrobatici con picchiate, planate e cabrate, che nonostante le notevoli dimensioni dell’animale, sono molto agili ed eleganti, frutto della sua grande abilità in volo.

            Per il nido vengono scelti siti come rocce, su terrazzamenti coperti e protetti dalla vegetazione, cavità naturali (sulle pareti rocciose oppure anche dentro grossi alberi) o grotte. Alle volte può essere posizionati al suolo su versanti molto ripidi e comunque nascosto dalla vegetazione. I rapaci notturni solitamente non costruiscono nidi (al massimo alcune specie come l’allocco o il gufo comune sfruttano quelli costruiti da altri uccelli, ad es. i corvidi), tutt’al più foderano i luoghi scelti per deporvi le uova ed allevarvi la prole con muschio ed altri materiali vegetali o piume.

            Qui vengono deposte da 2 a 4 uova (solitamente tra la deposizione di un uovo e l’atro intercorrono alcuni giorni), di colore bianco che vengono covate dalla femmina. Dopo 34-36 giorni nascono i pulcini (inetti e, per dire la verità, piuttosto brutti e sgraziati, raffigurati qui a sinistra in attesa di uno dei genitori) ricoperti da un morbido piumino grigiastro, che vengono nutriti ed accuditi da entrambi i genitori. Lo sviluppo della prole è molto rapido per il Gufo reale come per tutte le altre specie di rapaci notturni. Soprattutto la crescita delle penne remiganti e timoniere avviene in fretta e permette ai pulcini di gironzolare intorno al nido anche prima che le piume copritrici siano completamente sviluppate.

            A 2 o 3 mesi i giovani lasciano il nido. Raggiungono la maturità sessuale a 2 anni d’età. In natura possono vivere fino a 21 anni.

 

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Bibliografia:

 

I TACCUINI DI AIRONE – traduzione e adattamento da “Cuadernos de Campo di Felix Rodriguez de la Fuente – Editorial Marin, Barcelona 29 (Spagna)” a cura di Maurilio Cipparone – L’airone di Giorgio Mondatori e Associati S.p.A. N. 2, 8 Novembre 1983.

IL MAGICO MONDO DEGLI UCCELLI, Istituto Geografico De Agostini S.p.A., Novara, 1994.

 

 

 

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