Un altro ungulato che vive nella nostra zona è il cinghiale (Sus scrofa), un suide affine al maiale domestico, di cui è diretto antenato.

A differenza dei cervidi il cinghiale appoggia a terra 4 dita: due portanti (terzo e quarto come per i cervidi) e due posteriori, dette speroni che sono la riduzione del secondo e del quinto dito. In questo modo il cinghiale può avere una base d’appoggio sufficientemente larga da camminare agevolmente nel fango o in terreni paludosi.

Questo non va di certo a scapito della velocità! Il cinghiale, nonostante l’aspetto tozzo, se è inseguito o si sente minacciato può galoppare molto velocemente, anche se la sua andatura tipica è il passo e, raramente, il trotto (insomma è un tipo piuttosto flemmatico!).

Mentre cammina il cinghiale fruga attentamente il terreno per trovare cibo, grazie a quella specie di piccola proboscide che è il suo grugno ed i lunghi canini che gli consentono di compiere una vera e propria aratura del terreno. I canini della mascella inferiore, mentre nella femmina non si vedono, nel maschio raggiungono uno sviluppo straordinario: addirittura fino a 15 centimetri di lunghezza, anche se poi la parte visibile è decisamente più piccola. I canini della mascella superiore, più brevi, si ripiegano verso l’alto in modo da incastrarsi perfettamente con quelli inferiori, in modo da mantenere le zanne affilate grazie al continuo sfregamento reciproco.

Anche l’alimentazione e l’apparato digerente differiscono notevolmente da quelli dei cervidi: questi ultimi sono erbivori e pertanto sono ruminanti (cioè hanno lo stomaco suddiviso in quattro cavità, rumine, omaso, abomaso e reticolo) per poter sfruttare al meglio le sostanze nutritive contenute in erbe e foglie.

Invece il cinghiale è “monogastrico” (cioè il suo stomaco possiede una sola cavità) in quanto la sua alimentazione è onnivora: si nutre, infatti, di sostanze vegetali come frutti, bacche, semi, radici, tuberi, erbe, germogli o funghi, ma anche di invertebrati (lombrichi, insetti e larve, molluschi), piccoli vertebrati o addirittura carogne. In particolare è ghiotto di cereali, legumi, patate e frutta coltivata e, di conseguenza, produce ingenti danni all’agricoltura.

Il rapporto con l’uomo è perciò controverso (amato dai cacciatori e odiato dagli agricoltori) anche se molto antico: probabilmente il cinghiale è una specie già presente sulla terra prima dell’uomo, ma fin dalla preistoria quest’ultimo ne aveva fatto oggetto dei suoi interessi venatori, come testimoniano diversi graffiti. Anche le antiche civiltà mediterranee, come greci ed etruschi,  cacciavano il cinghiale. Tanto da renderlo meritevole di un posto nella mitologia (Ulisse portava la cicatrice prodotta da un cinghiale, mentre una delle dodici fatiche di Ercole consisteva proprio nell’uccidere il cinghiale di Erimanto). Nel medio evo la caccia al cinghiale veniva spesso effettuata dai nobili all’arma bianca: in questo modo era anche un allenamento fisico per i duelli.

Infatti il cinghiale, pur preferendo fuggire se minacciato, quando viene messo alle strette oppure vede in pericolo la compagna gravida con poderose testate e con i canini, che possono infliggere ferite profonde. Anche la femmina arriva a proteggere se stessa e la prole con morsi e calci.

Con i suoi simili, invece, il cinghiale mostra un buon carattere: infatti è tendenzialmente gregario, ad eccezione dei giovani di un anno e soprattutto dei  maschi anziani. Anche le femmine prossime al parto, più o meno nel periodo tra marzo e maggio, lasciano il branco e costruiscono una tana scavandola nel terreno e rivestendola di materiale vegetale. Qui partoriscono da 3 a 12 piccoli, dal mantello rossiccio striato di chiaro, e sempre qui li allevano per le prime due settimane di vita.

Quindi i piccoli iniziano a seguire la madre trotterellandole dietro in fila indiana: è questo il periodo dei giochi, durante il quale, sempre sotto l’occhio vigile della madre, apprenderanno “l’arte dello scavo”.

A sei mesi di vita i cinghialetti completano la dentizione e perdono la livrea striata e mimetica della prima infanzia, assumendo una colorazione rossiccia uniforme, che conserveranno fino ad un anno di età. Quindi il loro mantello diverrà quello tipico bruno-scuro con l’estremità delle setole grigio-giallastra.

La maturazione sessuale avviene a 8-10 mesi di età (prima le femmine dei maschi). Quando arriva l’autunno, i maschi adulti, che fino ad ora hanno condotto vita solitaria, si riuniscono al branco delle femmine e dei giovani e ne scacciano quelli che hanno già raggiunto i due o tre anni di età. Quindi, tra novembre  gennaio, avvengono gli accoppiamenti, preceduti da un corteggiamento breve e piuttosto rude.

Poi, dopo aver trascorso qualche tempo con la compagna gravida, il maschio riprende la vita solitaria.

 

 

         Bibliografia:

 

AA. VV. Conoscere la natura d’Italia. Enciclopedia in 10 volumi. Istituto Geografici De Agostini. Novara, 1986.

I MAMMIFERI – Guida a tutte le specie italiane. A cura di Marco Tenucci. Istituto Geografico De Agostini – Novara, 1986.

I TACCUINI DI AIRONE – traduzione e adattamento da “Cuadernos de Campo di Felix Rodriguez de la Fuente – Editorial Marin, Barcelona 29 (Spagna)” a cura di Maurilio Cipparone – L’airone di Giorgio Mondatori e Associati S.p.A. N. 3 – 19 Novembre 1983 e N. 36 – 3 Luglio 1984.

 

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