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Lauteraarhorn

Via normale, parete sud e cresta sud-est

11 agosto 2003
Andrea

Di ritorno dal Green Rock Tour e dalla solita digressione a Diano Marina sono indeciso sul da farsi. Come al solito Mirko viene bloccato dal lavoro, così mi trovo a dover cercare una salita che non sia eccessivamente tecnica ma neanche troppo elementare.

Il chorten, con tanto di bandiere, che sorge tra il Grimselsee e l'Unteraargletscher

Tra i 4000 che ancora non ho salito roba facile non ne è rimasta (tranne il Bishorn, ma quello non si può salire perchè abbiamo deciso di lasciarlo per ultimo, se mai ce la faremo a salire prima tutti gli altri...), così quasi per esclusione mi oriento sul Lauteraarhorn.
Le guide parlano di una salita di 2100 di dislivello distribuiti su 25 kilometri di sviluppo (sola andata) ma le difficoltà sembrano abbordabili, 40° nel canalone del versante sud e II sulla rocciosa cresta sud-est. Alla fine mi decido e nel pomeriggio del 10 Agosto, dopo una lunga sosta forzata sotto al tunnel del Gottardo che mi fa perdere parecchio tempo, sono sul terrazzo-parcheggio del Grimsel hospitz, poco sotto al passo Grimsel.
La giornata è calda, ma c'era da aspettarselo: l'estate del 2003 infatti passerà alla storia come una delle più calde da qualche decennio a questa parte.
Il sentiero inizia attraversando la diga per guadagnare la sponda opposta del Grimsel see quindi, dopo aver attraversato un tunnel, prosegue piacevolmente tra pini cembri e cascate, sotto magnifiche placche di granito meta di forti climber locali e non solo. Al termine del lago artificiale, si trova un tipico chorten tibetano che ben si intona all'ambiente isolato e selvaggio; da qui, risalite alcune morene, metto piede sull'Unteraar gletscher anche se di ghiaccio vero e proprio quasi non se ne vede. Infatti proseguo stando sulla sua morena centrale, quasi pianeggiante e ben percorribile, sino a raggiungere la confluenza con il Finsteraarhorn gletscher. A questo punto abbandono la morena che si è fatta più caotica, ricca di dossi e massi instabili (uno di questi mi fa scivolare e per poco non ci rimetto una gamba; vista la scarsissima frequentazione del luogo, non sarebbe proprio il caso di farsi male) e scendo sul Finsteraarhorn gletscher risalendolo nei pressi della sua morena laterale. Intanto si fa sentire anche un po' di brezza di ghiacciaio che rende il clima piuttosto fresco visto che il sole se n'è andato, nascosto dalle creste delle vette di quest'angolo di Himalaia alpino. Alla confluenza dello Stralegg gletscher, devo superare una zona piuttosto crepacciata (aiutato però dai numerosi paletti segnavia) per immettermi su quest'ultimo ghiacciaio che in breve mi porta in vista dell'Aar biwak, raggiunto con un breve tratto di ripido sentiero.

Parete sud del Lauteraarhorn; il torrente sulla destra indica il couloir della via normale

Sono ormai le nove di sera e gli altri occupanti del bivacco si accingono al meritato riposo; a mia volta, dopo aver consumato una frugale cena ed aver preparato lo zaino per l'indomani, guadagno una branda e parto quasi subito per il mondo dei sogni.
Ho puntato la sveglia per le tre ma già alle due e mezza qualcuno si alza, così mi adeguo e, sceso dalla branda, consumo anch'io la mia frugale colazione; d'altronde, come diceva qualcuno, prima si parte e prima si arriva...
Scopro così che siamo solo in quattro: due svizzeri di mezza età e un ragazzo inglese, solo, di nome Paul. Mi racconta di voler fare il Lauteraarhorn come allenamento in attesa di un suo amico con cui tentare tra due o tre giorni lo Schreckhorn. Il tempo sembra buono; non fa freddo e solo qualche nube fa da cappello alle cime delle montagne, nubi che però si dissolveranno presto lasciando il posto ad una splendida giornata.
Mentre risaliamo lo Stralegg gletscher verso il Lauteraarhorn, io e Paul (che rimarremo insieme per tutta la salita) distanziamo subito i due svizzeri che non rivedremo più per tutto il resto della giornata: o hanno rinunciato e sono tornati indietro oppure si sono dissolti nel nulla. Nel frattempo noi proseguiamo belli decisi lungo il ghiacciaio; anche troppo decisi, dato che oltrepassiamo l'attacco del canalone dove sale la via normale (difficile peraltro da individuare al buio, dato che oggi non persenta neanche un filo di neve) andando ad attaccarne un altro (nevoso) qualche centinaio di metri più avanti.

Il Finsteraarhorn lle prime luci dell'alba

Ma dopo esser saliti per un centinaio di metri di dislivello veniamo fermati da una crepaccia terminale invalicabile; così non ci resta che ridiscendere sul ghiacciaio e tornare indietro all'attacco del canalone giusto, risalendo all'inizio tra detriti e blocchi rocciosi a sinistra di un ruscelletto sino a sbucare su una spalla nevosa da dove parte il canalone vero e proprio che incide la parete sud, anzi sarebbe meglio dire partirebbe perchè di canaloni nevosi qui non se ne vedono proprio... Così decidiamo di seguire una costola rocciosa non molto definita sulla sinistra di quella che dovrebbe essere la naturale sede del canalone nevoso (e la sabbietta ed il fine detrito presenti sembrano confermarlo). La salita non è difficile, I grado con qualche passo di II, ma la roccia è veramente uno schifo, friabile e spesso ingombra di detriti; stando attenti però si sale abbastanza bene, facilitati anche dalla presenza di alcuni ometti segnavia ai quali io come da copione ne aggiungo qualcun'altro nei punti topici dov'è possibile sbagliarsi.
Intanto albeggia, e il sorgere del sole ci regala il bello spettacolo di Finsteraarhorn, Eiger, Monch e Jungfrau che si accendono della luce rossastra del sole nascente in un cielo azzurro azzurro e senza nuvole.
Al termine della costola rocciosa giungiamo ad una selletta a sinistra di un'evidente torre rocciosa quotata 3915 metri; qui dovrebbe sbucare anche il canalone, ed infatti lo vediamo alla nostra destra, o meglio lo intuiamo dalle rare chiazze di neve presenti.
Da qui si inizia la salita della cresta sud-est, composta da solidissimo gneiss: all'inizio ci teniamo piuttosto sulla destra per superare una zona di placche ben appigliate, poi progressivamente ne guadagnamo il filo. Le difficoltà non sono mai eccessive e la roccia qui, al contrario della costola di prima, è veramente solida e garantisce una splendida e divertente arrampicata, così la corda (che mi ero portato per scrupolo) rimarrà per tutto il tempo nello zaino.

Andrea in vetta; a sinistra sfila la triade Jungfrau, Monch ed Eiger

Accompagnati da una leggera brezza fresca e sotto un bel cielo terso raggiungiamo la solitaria vetta, che non presenta croci ne altri manufatti umani, alle 9 e un quarto. Mentre ci scattiamo reciprocamente varie foto (notevole la vista dell'imponente Schreckhorn e dell'Unteraar gletscher che abbiamo risalito ieri col Grimsel see che, laggiù in fondo, sembra essere ad una distanza siderale da noi) Paul mi indica una cordata di due persone che stanno arrivando dalla traversata per cresta Schreckhorn-Lauteraarhorn. Noi però, dopo alcuni minuti, iniziamo la discesa ripercorrendo pari pari la via di salita e senza problemi di orientamento o scivolate lungo la costola friabile che richiede comunque attenzione, giungiamo alla spalla nevosa dove ci fermiamo per una sosta.
Qui veniamo raggiunti dalla cordata che avevamo visto in vetta: sono due svizzeri ai quali chiedo (in francese) come fossero le condizioni della cresta, descrivendole poi a Paul (in inglese); dopo che mi sono scappate anche alcune parolacce in italiano per via di un rampone che non vuole saperne di staccarsi, uno dei due svizzeri mi guarda con aria interrogativa chiedendomi "...but, what's your mother language?!?".

In cima; alle spalle di Andrea l'imponente parete sud dello Schreckhorn

Riguadagnato dapprima lo Stralegg gletscher, raggiungiamo infine il bivacco poco dopo l'una; qui Paul e i due svizzeri, stanchi, decidono di fermarsi a passare la notte mentre io, dopo aver dato fondo ai magri rimasugli di cibo che mi erano rimasti nello zaino, decido di proseguire per il Grimsel hospitz.
Dopo aver ridisceso Stralegg gletscher e Finsteraarhorn gletscher, sulla risalita della grossa morena centrale dell'Unteraar gletscher la fatica comincia a farsi sentire; per fortuna mi sono rimaste un paio di bustine di Magnosol (magnesio e potassio) con le quali integrare l'acqua della borraccia raccolta sul ghiacciaio e totalmente priva di sali minerali.
La discesa dell'Unteraar gletscher comunque la faccio ancora bene, ripasso dal chorten himalaiano ai piedi del ghiacciaio ed inizio a costeggiare il lungo Grimsel see. Ormai si sta facendo sera, anche per i muscoli delle mie gambe, e i saliscendi del sentiero richiedono sforzi enormi e pause sempre più frequenti. Dopo la cascata, sulla risalita al tunnel che porta alla diga, la stanchezza raggiunge il livello di guardia: una lunga sosta, la tentazione di addormentarmi lì sul masso dove sono seduto, ma poi non so dove trovo forza e voglia per arrivare al Grimsel hospitz ed alla macchina.
Sono le nove di sera, sono in ballo dalle tre di stamattina e sono passate 29 ore esatte da quando, ieri pomeriggio, sono partito da qui; come direbbe il nostro amico Michele, una bella mazzata!
Dopo essermi cambiato e riposato, la sensazione di stanchezza un po' sembra diminuire, ma in compenso aumenta esponenzialmente quella della fame: una scatoletta di tonno ed un paio di barrette non hanno certo soddisfatto il mio fabbisogno calorico giornaliero.
Così entro nell'elegante alberghetto svizzero dove mi propinano la solita tage suppe seguita però da un bel piattone di wurstel con cipolle e patatine, il tutto accompangnato da un bel paio di birre che segnano il mio ritorno a condizioni fisiche e di spirito più umane.
Vicino a me sono seduti due ragazzi svizzeri che sono stati tutto il giorno ad arrampicare all'Eldorado, la famosa placconata sopra al Grimsel see, e descrivono il luogo in termini entusiastici anche se l'avvicinamento non è proprio brevissimo; quando vengono a sapere che stamattina ero in vetta al Lauteraarhorn, mi guardano allibiti e commentano con un "veeery long way!!!" che non posso far altro che confermare convinto.
La notte la passo (come dice Mirko) in camper, cioè sull'Astra, addormentandomi trenta secondi dopo aver tirato giù i sedili ed essermi steso.
La mattina seguente invece, sulla via verso casa, la colazione la faccio al McDonald di Chiasso con un paio di hamburger, patatine e coca cola!


Andrea Galimberti
2006

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