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home arrampicata Corni di Canzo - Pilastro Maggiore - Via Normale precedente successivo

Corni di Canzo

Pilastro Maggiore - Via Normale

Una via semplice ma da non sottovalutare a causa della roccia ovunque levigata dall'acqua perennemente sgocciolante dalla sovrastante parete del Corno e dai molteplici passaggi dei ripetitori, oltre che costantemente umida, a tratti polverosa; si presti particolare attenzione nel camino d'inizio dove si possono trovare numerosi sassi mobili. La chiodatura è scarsa anche se non indispensabile: in tutto il primo tiro non si troverà nemmeno un chiodo; uno solo nel secondo. Sarà utile portare con sè una fettuccia da utilizzare nel camino; evitabile un friend. Una nota di merito della via la possibilità di un passaggio tanto straordinario come quello attraverso la "grotta" delimitata dal tettino e dalle enormi clessidre che caratterizzano il ballatoio della sosta.

Difficoltà: AD (III, un passaggio di III+)
Sviluppo: 2 lunghezze, 45 m
Esposizione: O
Chiodatura: scarsa, soste su anelli
Materiale: 4 rinvii, 1 corda
Salite: 01.05.97    Mirko, Silvano, Andrea

AvvicinamentoDal rifugio S.E.V. si segue il sentiero che porta in direzione del Corno Centrale e dei corni minori. In un paio di minuti lo si raggiunge; si dovrà costeggiare per intero la sua imponente parete Nord fino ad arrivare all'enorme scaglia staccata dalla parete del Corno costituita dai due pilastri e dal muro che li congiunge. Il Pilastro Maggiore è quello di sinistra, il più alto e il più lontano dal rifugio. Si dovrà guadagnare l'interno della trincea: ci si dovrà portare nello stretto intaglio tra la scaglia e il Corno, indifferentemente dall'entrata di destra o di sinistra; più semplice è scegliere quella sinistra, più lontana, che si raggiunge per sentiero costeggiando la base dei due pilastri. Raggiunto l'ingresso ci si addentra nell'intaglio per una ventina di metri fino ad individuare un evidentissimo camino obliquo verso sinistra. Alla base del camino, sulla destra, trova posto un grosso chiodo con anello che indica l'attacco; la via segue proprio il lungo buio camino.

Parete di attacco all'interno della "trincea"

L1Si attacca nell'ampio camino che obliqua salendo verso sinistra e lo si segue a lungo; le rocce a volte mobili e sempre lisce non facilitano il compito anche se la difficoltà dell'arrampicata è decisamente bassa. Attenzione agli appoggi malsicuri che si nascondono ovunque, ben mimetizzati; non basta il fatto che questa sia la via più ripetuta dei Corni di Canzo: la struttura della roccia, tutt'altro che compatta, determina il fatto che sotto ad ogni sasso rimosso se ne trova un altro mobile, in successione infinita: non basterebbero secoli di ripetizioni a ripulire la via dalle sue componenti di friabilità. Lungo tutto il primo tiro non si incontra nemmeno un chiodo, ma ad una decina di metri d'altezza si raggiunge un grosso masso attorno a cui può trovare facilmente posto una fettuccia lunga, per uno dei pochissimi (forse l'unico) punti d'assicurazione decenti di tutta la lunghezza. Superato questo punto si prosegue per il camino per qualche metro ancora, fino a quando la via non diventa più verticale e le difficoltà aumentano decisamente. E' vantaggioso a questo punto traversare a destra lungo una evidente ed elementare cengia fino a raggiungere un nuovo canalino che in un paio di metri porta ad una seconda cengia ben marcata, di poco spiovente. A questo punto sono diverse le alternative: si può decidere di continuare in verticale lungo una fessurina complicata dalla scivolosità del posto, oppure si può aggirare a sinistra lo spigolo della paretina che delimita a sinistra il terrazzino su cui ci si trova; la cosa più semplice è però traversare per un paio di metri verso destra, fino al limite della cengetta, dove si trova una fessura che solca obliqua verso sinistra l'ultimo levigato saltino. Lungo la fessura ci si innalza oltre il salto, fino a raggiungere il ballatoio dove sono sistemati gli ancoraggi di sosta. E' in questo momento che si apre a chi arrampica la splendida vista delle clessidrone che unite al tettino di poche decine di centimetri scostato dal livello del terrazzo - che sembrano sorreggere - creano una vera e propria grotta in miniatura; chi vorrà potrà aggirarle a sinistra, ma sarebbe strano lasciarsi sfuggire la possibilità di un passaggio tra i più singolari delle montagne del lecchese: attraversare con grazia ed eleganza, strisciando, la piccola grotta, fino a raggiungere, dall'altra parte, il terrazzo e gli anelli di sosta (tre anelli, di cui uno solo con catena, visibile dall'imbocco della grotta). L'attraversamento potrebbe risultare problematico per una persona di grossa corporatura; assolutamente impossibile riuscirci con uno zaino in spalla.

L2Dalla sosta si prosegue per il secondo tiro in direzione dello spigolo di destra; ci si porta dapprima sul versante Sud, il versante interno della scaglia, quindi si supera il tratto più impegnativo dell'intera via: tre metri di III+ di placchetta che conducono fino ad un terrazzino; qui un chiodo con moschettone facilita il compito. Il terrazzino raggiunto è spiovente ma ampio; sulla paretina che lo delimita trova posto una splendida Madonnina cementata che saluta i passanti. I pochi metri della paretina sono gli ultimi; è possibile attaccare la parete direttamente oppure, più facile, tenendosi sul suo spigolo destro. Si arriva alla cima, stretta, che può ospitare a fatica due persone; l'assicurazione si fa su un anellone assicurato ad un cavetto metallico spittato e all'inaffidabile croce di vetta.

DiscesaNumero, lunghezza e comodità delle doppie di discesa è estremamente variabile. Chi possiede due corde può effettuare una sola calata da 30 metri direttamente verso l'interno della trincea; attenzione ai sassi mobili di vetta e alle modalità di recupero: sarà vantaggioso evitare di far correre le corde lungo la fenditura che da direttamente verso la trincea, ma lasciarle sfilare per i primi metri lungo la paretina terminale: il recupero sarà semplice. Chi invece possiede una sola corda si dovrà adattare ad effettuare più di una doppia; la prima ricalca esattamente la linea di salita e conduce al terrazzo di sosta; da qui si può decidere se effettuare altre due calate lungo la via Elena, sul versante esterno (sfruttando la sosta intermedia, con catena, di questa via) oppure se effettuarne una sola verso l'interno; si tenga però presente che in questo secondo caso sarà più problematico il recupero della corda che dovrà obbligatoriamente sfregare lungo lo spigolo della paretina che delimita il terrazzo.

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