Torrione Magnaghi Centrale
Via Fasana
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La via è divertente e non impegnativa; come impegno e bellezza non è al livello della vicina Gandini, ma l'arrampicata è sempre piacevole e su roccia buona. L'esposizione non si sente quasi mai; il solo punto in cui si respira un grande spazio è dalla parete del terzo tiro. La chiodatura è quasi totalmente assente: si trova un solo chiodo nel primo tiro e qualche chiodo nella fessura di attacco del secondo. Data la conformazione della roccia, però, è sempre possibile integrare le protezioni con ancoraggi mobili. Non è il massimo la seconda sosta. |
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Difficoltà: |
D- (un tratto di V/A0, prevalentemente IV) |
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Sviluppo: |
4 lunghezze, 130 m |
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Esposizione: |
E |
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Chiodatura: |
Sufficiente |
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Materiale: |
6 rinvii, 1 corda |
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Salite: |
25.05.97 Mirko, Silvano, Andrea
12.06.99 Mirko, Silvano
03.09.00 Mirko, Silvano, Andrea
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AvvicinamentoPer sentiero ci si può avvicinare al torrione in modi diversi: è possibile seguire la Cresta Cermenati (sentiero n.7) fino al traverso per i Magnaghi e quindi il traverso (n.3) fino al Canalone Porta, oppure si può seguire direttamente il Canalone Porta stesso fino a metà, cioè fino al punto di incrocio con le deviazioni per la Cermenati, a sinistra, e la Senigalia, a destra (cartelli). Prendere qui il sentiero di destra, in direzione della Cresta Senigalia, portarsi in pochi metri in vista della cresta in corrispondenza della Bocchetta dei Prati e quindi risalire il pendio per evidente sentiero, costeggiando a destra le pareti Est del complesso di guglie che precedono i Magnaghi. In alternativa si può seguire integralmente il più lungo sentiero della Cresta Senigalia (n.1). Si procede lungo il pendio lasciando sulla sinistra le deviazioni per il Sigaro, per la normale al Magnaghi Meridionale e per la Gandini al Centrale. Si arriva fino sotto alla parete Est del Torrione Magnaghi Centrale, infilandosi da ultimo in uno stretto canale che costeggia la base della parete, chiuso tra questa ed alcuni pinnacoli secondari. Si arriva in breve ad un saltino verticale e ad un successivo terrazzo, nel canale, di fianco ad una grossa scaglia staccata dalla parete del torrione; la via attacca nella fessura-camino tra scaglia e parete.
L1La grossa scaglia staccata, dove ha inizio la via, può essere superata in due modi: la via originale la attacca a sinistra, lungo la profonda spaccatura tra questa e la parete del torrione (IV); il tratto non è molto difficile, ma in alto è strapiombante e piuttosto faticoso (oltre che totalmente privo di chiodi); si può decidere di tenersi nella spaccatura oppure, più bello ed estetico, di stare all'esterno, tra lo spigolo e la parete della scaglia. L'alternativa consiste nell'ignorare la linea di salita originale per sfruttare l'elementare rampa di roccioni creata da una recente frana che permette di raggiungere l'estremità superiore della scaglia con pochi metri di I e II. Da qui ci si tiene sulla sinistra , si traversa finoad entrare in un canalino, da risalire fino a dove una parete verticale sbarra il passaggio. Si traversa per cenge a destra e si continua in vertivcale. Raggiunto un terrazzo si deve superare un ultimo muretto verticale; se ci si tiene sulla destra si troverà un chiodo. Con pochi altri gradini in diagonale a sinistra si arriva alla sosta, comoda, su un ampio terrazzo al di sotto del quale (separata da un caminetto) si trova, visibile, la prima sosta della Gandini.
L2Sopra alla sosta si trova il tratto più difficile e più faticoso della via: un muretto di qualche metro di V e V+ o A0. Si tratta di una paretina liscia solcata da una fessura verticale dove sono infissi tre chiodi; purtroppo i primi due sono orribilmente piccoli ed arrugginiti.Il tratto più faticoso consiste nei primi movimenti, dove la paretina è più liscia e dove si devono utilizzare le esigue tacchette e le bombature a destra della fessura; più semplice poco più avanti dove è possibile tenersi sulla sinistra, su di uno speroncino parallelo alla fessura; attenzione però a non allontanarsene troppo per poter raggiungere il terzo chiodo, alto. Dopo la paretina il tiro è breve e semplice, in diagonale verso destra: si taglia in diagonale tutta la rampa di facili rocce al di sotto di pronunciati strapiombi e si arriva fino al suo al limite destro, in corrispondenza di una piccola cengia. Ci si trovano due chiodi che fanno da sosta. E' possibile decidere di non fermarsi a sostare qui, ma se si prosegue sono inevitabili i broblemi di scorrimento della corda.
L3Dalla cengia si traversa a destra in modo deciso, in orizzontale, per qualche metro, fino a portarsi nel punto in cui la parete si fa più articolata e di rocce ben manigliate. Quindi risalire dapprima in verticale e poi in diagonale verso sinistra: tutto il tratto appoggiato della parete deve essere attraversato fino al suo limite superiore sinistro; in tutto il tiro non si trovano chiodi; non aspettare troppo a mettere una protezione perchè nel tratto superiore della parete è più difficile trovare un punto adatto. Se si vuole si può andare ad utilizzare un chiodino infisso sul lato destro del roccione strapiombante che sbarra la rampa in alto, ma il chiodo non è molto bello, è fuori dalla linea ideale di salita e costringe la corda ad un angolo di scorrimento molto brutto. Nella parte superiore della rampa non seguire il diedrino che si trova totalmente a sinistra, ma tenersi un paio di metri più a destra e traversare a sinistra solo quando si hanno già le mani sulla cengia terminale superiore. Il complesso di strapiombi superiore deve essere aggirato sulla sinistra. In traverso ci si riporta in ambiente più aperto, all'inizio del tratto semplice della via: una rampa di facili rocce che condice fino quasi in cima. Proseguire in verticale lungo queste rocce fino a quando la corda lo permette o fino a quando non si trova un buon punto di sosta: non ne esiste una prestabilita ma la si dovrà attrezzare con fettucce e materiale proprio.
L4Dalla sosta si prosegue sempre in verticale, lungo la rampa di facili rocce, senza spostarsi troppo dalla linea retta che conduce fino alla spalla, visibile fin da subito, alla destra della lontana testa del torrione. Sulla paretina di destra, sulla spalla, si trova un resinato che può servire da sosta. Da qui si può proseguire in conserva (o con un ultimo elementare tiro di corda) fino alla cima, in pochi metri di facile sentiero, cenge e roccette di I.
DiscesaLa discesa è molto semplice e non necessita di doppie. Dalla cima ci si sposta verso il raccordo con la cresta che proviene dal Magnaghi Meridionale, e quindi, sempre in cresta, verso il Settentrionale (una freccia rossa indica la direzione di discesa). Si arriva a una selletta sopra ad un semplice canalino, che deve essere disceso. Un resinato può servire da assicurazione, ma il canale è semplice e può essere percorso in arrampicata senza problemi (II). Si arriva alla base del canale su una bella cengia, attrezzata con un cavo metallico. Seguendo la cengia ed il cavo si arriva fino alla forcella tra il Magnaghi Centrale ed il Settentrionale. Da qui si può scendere indifferentemente a sinistra (verso il Canalone Porta) o a destra (verso i pendii aperti della Cresta Senigalia), senza necessità di doppie o particolare impegno; se si deve tornare all'attacco della Fasana, ovviamente, si dovrà scendere a destra, lungo cenge e placchette friabili, fino a portarsi sui facili sentieri che salgono paralleli alla Senigallia, a Est dei Torrioni.
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