Sigaro Dones
Via Normale (Fasana)
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Una via splendida, elegante, divertente, su roccia sempre ottima. Le difficoltà sono omogenee e relativamente contenute, ma non banali; da non sottovalutare nel suo complesso. Spesso in emozionante esposizione, ma la chiodatura è buona, sicura, in modo particolare dopo il recente lavoro di riattrezzatura; la sola nota stonata è il fix che protegge il camino all’inizio della via, un po’ fuori linea. |
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Difficoltà: |
D (un punto di V, molto sopra al IV) |
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Sviluppo: |
5 lunghezze, 80 m |
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Esposizione: |
SE |
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Chiodatura: |
ottima, soste su catene a fix |
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Materiale: |
6 rinvii, 2 corde |
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Salite: |
02.09.95 Mirko, Silvano
09.06.96 Mirko, Silvano
01.11.97 Mirko, Silvano, Andrea
17.05.98 Mirko, Andrea
23.05.99 Mirko, Andrea
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AvvicinamentoIl Sigaro può essere raggiunto in modi diversi, ed in modo particolare il versante della via normale. E' possibile seguire la Cresta Cermenati (sentiero n.7) fino al traverso per i Magnaghi e quindi il traverso fino al Canalone Porta (n.3), oppure seguire direttamente il Canalone Porta stesso fino al punto di incrocio con le deviazioni per la Cermenati, a sinistra, e la Senigalia, a destra (cartelli). Da qui è possibile procedere lungo il Canalone Porta fino alla base del Sigaro stesso, per attaccare la via a partire dallo stretto canalino che risale ripido costeggiando il suo versante meridionale. In alternativa - soluzione adottata dalla maggioranza degli arrampicatori - dall'incrocio è possibile prendere il sentiero di destra, in direzione della Cresta Senigalia, per portarsi in pochi metri in vista della cresta in corrispondenza della Bocchetta dei Prati; si risalgono i successivi pendii per evidente sentiero, costeggiando a destra le pareti Est del complesso di guglie che precedono il Sigaro. Si arriva in pochi minuti all'altezza di una evidente spaccatura che taglia la cresta di sinistra in corrispondenza dello spigolo Sud del Torrione Magnaghi Meridionale. Allo stesso posto si perviene anche seguendo semplicemente la Cresta Senigalia (n.1). Da qui si lasciano i terrazzi erbosi per dirigersi esattamente verso la spaccatura; l'accesso comporta una semplice arrampicata su roccette elementari (II) ma non sempre salde. Si attraversa la forcella e si scende per facili rocce il canalino dalla parte opposta. Si arriva, costeggiando la parete Sud del Magnaghi meridionale, in vista dell'intaglio tra il Magnaghi e il Sigaro. Attenzione a non scendere troppo nel canale: il primo tiro porta al punto d'incontro tra il Sigaro e il torrione (sosta in comune con l'Albertini) ed è più facile raggiungerlo da destra, piuttosto che dal basso; se si presta attenzione, sul versante di sinistra del canale - scendendo - si noteranno due fix di assicurazione.
L1Dalla catena nel fondo del canale si seguono in diagonale verso sinistra le facilissime roccette che portano fino all'intaglio tra il Sigaro e il primo dei Torrioni Magnaghi. Bisogna fare attenzione a non lasciarsi trasportare dalla facilità del tiro e a tenere sempre presente il punto di destinazione per non finire troppo in alto ed essere costretti, poi, a ridiscendere. Non si sbaglia se si tiene in vista un evidente spuntone sul filo dello spigolo di sinistra; consigliabile rimanere il più possibile bassi durante il traverso, per salire solo verso la fine del tiro. La sosta è comoda e spaziosa, in comune con la via Albertini al Magnaghi; spesso è condivisa da due o tre cordate insieme.
L2Si sale per qualche metro lungo la spaccatura, dapprima nello stretto camino, lungo rocce ben appigliate; il camino si fa sempre più ampio e bisogna riuscire a salirlo a lungo in opposizione. All’inizio è semplice rimanere in profondità nel camino. A metà altezza è possibile proteggersi con un buon fix, di nuovissimo stampo, purtroppo piuttosto fuori dalla linea di salita più facile, costringe a sporgersi parecchio verso l’esterno per moschettonare; alcuni salgono tenendosi molto all’esterno del camino, in ampia spaccata: la linea risulta più diretta e porta fino al fix senza deviazioni, ma è sensibilmente più difficile. Se si vuole si può decidere di ignorare il fix e puntare direttamente ad un chiodo (saldo anche se un po' troppo lungo e flessibile) piantato un paio di metri più in alto, appena sopra ad una piccola cengetta, perfettamente in linea con la salita ideale. Nella parte superiore del camino è necessario tenersi bene all'esterno, verso l'ultima paretina liscia di sinistra: solo così si riesce a raggiungere senza fatica il fix che protegge l'uscita dal camino. Qui, ad assicurare il passaggio, si trovano vicinissimi: un primo vecchio chiodino, un po' nascosto nel fondo di una fessura; a pochissima distanza un visibilissimo fix; pochi centimetri più sopra un terzo chiodone con anello. Una volta raggiunti gli ancoraggi ci si porta finalmente sul Sigaro (IV+; il passaggio di uscita è uno dei più complicati della via) e dopo l'uscita delicata si raggiunge in breve la sosta, comoda e sicura. Un tempo la sosta era vicina all’uscita del camino; oggi questa sosta è stata eliminata; in molti proseguono direttamente in un tiro unico fino alla sosta successiva, ma volendo (per i nostalgici) si può sfruttare quella che continua ad essere una sosta della via Gasomania, un paio di metri più a sinistra, verso la fine di una facile cengia.
L3Dalla sosta si torna a destra lungo la cengia, si raggiunge uno speroncino e lo si risale sul profilo sinistro; alla base dello sperone si trova un chiodo, brutto da moschettonare e molto poco visibile, perché infisso molto profondamente nella roccia; non fondamentale vista la vicinanza alla sosta. Si arrampica in diagonale verso destra, prima fin sopra lo speroncino, quindi, in traverso più deciso, in direzione di un evidente strapiombo sul profilo del Sigaro. Si moschettona un vecchio chiodo alla base dello strapiombo, appena sotto ad un tettino, magari facendo attenzione a usare un ancoraggio lungo per evitare problemi di scorrimento della corda. Ora è possibile superare direttamente lo strapiombo, oppure - più facile - lo si può aggirare del tutto sulla destra: poco più di un metro di traverso molto aereo porta a rocce molto facili e manigliate. La sosta è vicina, sopra ad una comoda ed ampia cengia, sotto ad una parete veticale. Il tiro è molto breve se fatto singolarmente. Alcuni, come accennato, lo concatenano al precedente (come si immagina voglia la nuova riattrezzatura), altri al successivo.
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Placchetta Fasana (L4), dalla 3a sosta |
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L4Per delicati appigli si supera direttamente la parete leggermente strapiombante sopra alla sosta; è il tratto più difficile della via (V). Ci si tiene prima piuttosto sulla destra, dove gli appigli sono più abbondanti, e quindi, dopo un metro e mezzo, ci si riporta a sinistra, nella fessura che solca tutta la parete; un paio di chiodi idicano il punto di ritorno. Dall'ultimo chiodo della fessura ci si deve alzare ancora mezzo metro: se non si ha voglia di studiare il posto troppo a lungo si ricordi che qualche decina di centimetri sopra al chiodo, poco a sinistra della sua verticale, una evidente asperità si rivela una splendida maniglia, decisiva per affrontare in sicurezza il traverso che segue. Da qui inizia un delicato traverso di pochi metri verso sinistra, che porta direttamente fino alla sosta.
L5L'ultimo è il tiro più semplice. Dalla sosta si sale in verticale fino al comodo ballatoio sotto alla testa finale del Sigaro; ci si trovano un fix e un chiodo con anello; è sconsigliabile utilizzarlo perchè il tratto che segue è un deciso traverso verso sinistra al termine del quale un chiodo è indispensabile e non utilizzare questo primo anello è l'unico sistema per evitare alla corda due decisi angoli retti consecutivi; si valuti almeno la possibilità di assicurare il rinvio al chiodo con una lunga fettuccia che consenta alla corda migliore mobilità. Si traversa a sinistra, dunque, lungo il facile ballatoio, fino ad un chiodo al di sotto di uno strapiombo; un paio di metri più in alto è già visibile un fix. Lo strapiombo è da superare direttamente, è un po' faticoso ma non difficile: in alto si raggiungono subito ottimi maniglioni. Il resto del tiro - e della via - è solo una facile rampa di III che porta fino alla croce di vetta.
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Prima calata, tra Sigaro e Magnaghi |
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DiscesaChi non possiede due corde si dovrà accontentare a ridiscendere lungo la via di salita, sfruttando per le calate in doppia le soste già utilizzate salendo; per ovvie ragioni si tratta di una soluzione sconsigliabile, in modo particolare nelle giornate di traffico. Chi ha a disposizione due corde, invece, può decidere di effettuare due calate lunghe più comode: la prima attacca qualche metro al di sotto della croce - raggiungere l'anello per facli gradini - e scende nell'intaglio tra Sigaro e Magnaghi (vantaggioso e comodo non effettuare lanci di corda ma lasciarle semplicemente scorrere verso il basso); è suggestiva la calata in pieno vuoto circondati dalle due vicine pareti; il termine della calata è su un terrazzino difficilmente raggiungibile in modo diretto: se il primo non riesce a fare un pendolo di un paio di metri - difficile essendo in pieno strapiombo - per raggiungerlo dovrà accontentarsi di scendere su un terrazzo due metri più in basso e di arrampicare di nuovo per facili rocce fino al terrazzo giusto, quello più in alto, da cui ci si può calare definitivamente lungo la spaccatura Sigaro-Magnaghi fino al punto di partenza. Anche dal terrazzino più basso è possibile calarsi: un ancoraggio permette di scendere in doppia fino al canalone Porta, ma difficilmente è utilizzato da chi è salito dalla normale perchè porta dalla parte opposta del Sigaro rispetto a quella dell'attacco più comune.
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