NASCONO LE UNIVERSITA' (fine)
Nei secoli XII e XIII il termine Universitas equivaleva a corporazione o arte: un aggregato di persone legate dalla stessa condizione professionale e dagli stessi interessi. Il termine sopravvisse solo per la consorteria studentesca, e sta ad indicare la riunione di studenti che eleggevano tra loro i Priori e il Rettore. Nel senso moderno, la parola Università sarebbe stata impiegata per la prima volta a Perugia soltanto nel 1316, come Universitas Studii.
Le prime Università sorsero per lo più in sordina, senza alcuna ufficialità, spesso come trasformazione di vecchie scuole di maestri privati, i quali, per assicurare alla città ospite continuità di insegnamento, richiedevano alti compensi e particolari privilegi. Avevano spesso sedi quantomai modeste, come ad esempio a Parigi, dove l'Università fu dapprima ospitata in una serie di case malfamate, e poi nel Vico degli Strami, dove Dante Alighieri riferisce di aver visto gli studenti seduti su covoni di paglia e il maestro far lezione da quello più alto.
Ancora nel 1376 a Parigi era consigliato agli studenti di sedere non sugli scanni, ma in terra, a che non avessero "ragione di insuperbire".
In molte Università, specie non italiane, le lezioni si tenevano a casa dei professori, ai quali gli studenti pagavano una tassa oltre che per l'insegnamento anche per gli scanni che occupavano; in taluni casi gli studenti rimanevano a pensione dai professori. Da questa usanza nacquero -ampliandosi- i collegi, specie in Inghilterra, in cui v'erano veri e propri ostelli per gli studenti. A Bologna, invece, gli studenti abitavano negli ospizi, specie di locande per mangiare e dormire.
Ben presto le Università si moltiplicarono, come indicano qui di seguito le date di inizio e le varie sedi:
Francia Spagna Italia Inghilterra
Tra i numerosi esponenti di queste Università ci limitiamo a citare -per ragioni di spazio- Pietro d'Abano, medico del '200 dell'Università di Pavia, rimasto celebre per il suo libro Conciliator, nel quale cerca di conciliare la medicina araba con quella greca, tentando di raggiungere una specie di compromesso tra i punti di contrasto anche a rischio di far prevalere il ragionamento sulle prove concrete.
Per quanto riguarda il numero degli studenti che nel Medioevo frequentavano queste Università, alla fine del XII secolo Bologna aveva circa 10.000 studenti. A Oxford ve n'erano tra i 30.000 e i 60.000, a Parigi e a Bologna non oltre 6000-7000, a Cambridge un massimo di 3.000. Vercelli avrebbe ospitato anche fino a tremila studenti, transfughi dall'Università di Padova.
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Una figura che domina in quest'epoca, e che continuerà a primeggiare anche nei secoli successivi, è quella del barbiere-chirurgo. Una figura che nasce in pratica intorno all'anno 1000, quando nei monasteri v'era anche bisogno di qualcuno (generalmente il barbiere) in grado di depilare le parti da operare, e, alla bisogna, di mettere un clistere o applicare sanguisughe, tutte pratiche profondamente disdegnate dai medici. Con l'andar del tempo, questi aiutanti acquisirono una tale specializzazione anche in altre pratiche più complesse come il taglio della vena (flebotomia) per il salasso e l'estrazione di denti o corpi estranei, da divenire in breve tempo gli esecutori esclusivi.
Si ebbero in tal modo veri specialisti nell'asportazione dei calcoli, nel trattamento delle fratture e delle lussazioni, nella riduzione delle ernie e nell'ostetricia, alcuni dei quali anche capaci di effettuare interventi chirurgici di una certa portata.
Era quindi inevitabile che i barbieri-chirurghi assumessero via via sempre maggiore dignità e considerazione sociale. A Parigi fondarono nel 1210 il Collegio di S. Cosma, i cui membri indossavano una veste lunga o corta a seconda che fossero o meno autorizzati ad operare, in base alla loro preparazione pratica e teorica.
I medici parigini strinsero un patto di non aggressione con i barbieri-chirurghi che portavano la veste corta, sostenendoli nella loro contestazione verso quelli dalla veste lunga, che accusavano di monopolio della chirurgia. In segreto, i medici cominciarono a tenere lezioni di anatomia e di tecnica dissettoria a quelli dalla veste corta, i quali accettarono come contropartita di sottomettersi a loro e di sostenerli in qualsiasi rivendicazione. Non passò così molto tempo che questi barbieri-chirurghi divennero molto più bravi e numerosi di quelli dalla veste lunga, e formarono una corporazione molto unita e compatta. Nel 1499 riuscirono finalmente ad ottenere cadaveri tutti per sé per le loro dimostrazioni anatomiche. Ma questo eccessivo atto di indipendenza non fece che indispettire i medici, che recisero l'antico patto di collaborazione.
La lotta tra chirurghi e medici si fece sempre più aspra, continuando sino al 1600, quando i primi riconobbero ufficialmente la superiorità dei secondi. I barbieri-chirurghi cominciarono allora a perdere di valore e di prestigio.
Uno di essi, C.F. Felix, divenne oggetto di alta considerazione per aver felicemente operato re Luigi XIV, il Re Sole, di una fastidiosissima fistola anale, ideando per l'occasione un bisturi tutto speciale (Bistouri à la Royale).
In Inghilterra i chirurghi si organizzarono in corporazione nel 1368; si unirono ai medici nel 1421, ed ebbero il riconoscimento ufficiale di Edoardo IV nel 1462. Nel 1540 la Corporazione dei Chirurghi si fuse con la Compagnia dei barbieri, costituendo la United Barber-Surgeons Company, che sarebbe durata sino al 1745, quando le due categorie si scissero nuovamente: e mentre i chirurghi, ormai educati nelle Università, acquisirono dignità professionale e sociale sempre maggiore, i barbieri persero gradualmente ogni prerogativa "medica", e a molti di essi non rimase che fare i cavadenti girando per le fiere. Del ruolo "medico" da loro svolto nei secoli non resta oggi che un'insegna rossa e blu fuori dal negozio dei barbieri, a significare il colore del sangue arterioso e venoso che sgorgava dagli abbondanti salassi che essi sapevano praticare con indubbia perizia.