Don Angelo Albani Don Massimo Astrua
Parte III
IL PROSEGUIMENTO DELLE RICERCHE ARCHEOLOGICHE DA PARTE DELLA PROFESSORESSA GUARDUCCI E IL RINVENIMENTO DELLE OSSA DI SAN PIETRO.
Al termine degli scavi suddetti, se si era ritrovata
con certezza la tomba di San Pietro, non altrettanto si poteva dire
per le ossa del Santo.
Tali scavi infatti misero in luce sia la primitiva tomba interrata sia
quella costantiniana ricavata nello spessore del muro "G", ma
delle ossa non se ne seppe almeno ufficialmente nulla.
Il merito del rinvenimento delle ossa dell'Apostolo va principalmente alla
professoressa Margherita Guarducci, il cui nome resterà per sempre
legato al ritrovamento e alla identificazione scientifica delle ossa del
Santo; e quel che ora diremo non è che il riassunto di quanto la
stessa professoressa Guarducci ha scritto nel suo libro: La Tomba di
San Pietro edito nel 1989 dalla Editrice Rusconi di Milano. A questo
libro appassionante rimandiamo il lettore che volesse approfondire l'argomento.
La storia del ritrovamento ha veramente del romanzesco. Perché infatti
le ossa di San Pietro non furono ritrovate nel Loculo del muro ''G"
nel quale Costantino le aveva certamente riposte?
Per comprenderlo bisogna rifarsi al 1941. In quell'epoca, mons Kaas, che
era il sovrintendente agli scavi, per controllare personalmente il procedere
dei lavori era solito fare, verso sera, a Basilica chiusa, un giro di ispezione
nella zona degli scavi, accompagnato dal "sampietrino" (i "sampietrini"
sono gli operai addetti alla manutenzione della Basilica di San Pietro)
Giovanni Segoni.
Una sera, durante l'ispezione, mons. Kaas notò che all'interno del
Loculo del muro "G'", in mezzo a vari detriti ivi caduti dalle
pareti in seguito alle forti scosse causate dagli scavi, affioravano alcune
ossa umane.
La presenza di queste ossa era sfuggita ai quattro archeologi che vi lavoravano
durante il giorno, forse perché giudicarono di nessuna rilevanza
archeologica i detriti crollati nel Loculo o forse pensarono di esaminarli
in un secondo tempo.
Ma l'occhio più attento di mons. Kaas o forse quello del "sampietrino"
Segoni notarono le ossa; e fu un innato senso di pietà verso i trapassati
che Mons Kaas decise di separare subito le ossa dai detriti e di farle
mettere dal Segoni in una cassetta di legno che lo stesso Segoni e Mons.
Kaas depositarono in un magazzino nelle grotte vaticane.
Con ciò, scrive la Guarducci, mons. Kaas aveva salvato,
pur non sapendolo, le reliquie di Pietro».
* * *
Ed ora dobbiamo fare un salto di oltre 10 anni
ed arrivare al 1953, anno in cui la professoressa Guarducci ebbe il permesso
di scendere a ispezionare le grotte vaticane.
Il suo compito era quello di studiare i numerosi graffiti esistenti sul
muro ''G'' che i precedenti archeologi non erano riusciti a decifrare che
in minima parte.
Ma sentiamo ora il racconto della stessa professoressa:
«Mentre mi scervellavo per trovare una via dentro quella selva
selvaggia [dei graffiti], mi venne in mente che forse mi sarebbe stato
utile sapere se qualche altra cosa fosse stata trovata nel sottostante
Loculo, oltre i piccoli resti descritti dagli scavatori nella relazione
ufficiale.
Era, per caso, vicino a me Giovanni Segoni, da poco promosso al grado
di "capoccia" [capo] dei sampietrini. A lui, che sapevo aver
preso viva parte agli scavi, rivolsi dunque la mia domanda, ed egli mi
rispose senza esitare:
Si, qualche altra cosa ci deve essere, perché ricordo di averla
raccolta io con le mie mani. Andiamo a vedere se la troviamo".
Egli mi guidò allora verso il deposito dei materiali ossei, davanti
alla cappella di San Colombano. Entrai dunque dietro il Segoni, per la
prima volta, in quell'ambiente. Lì, fra casse e canestri pieni di
materiali ossei e di altre cose varie, giaceva ancora al suolo la cassetta
che più di dieci anni prima il Segoni stesso e mons. Kaas vi avevano
deposta...
Un biglietto, infilato tra la cassetta e il coperchio, molto umido ma ancora
perfettamente leggibile, dichiarava che quel materiale proveniva dal muro
"G". II Segoni mi disse di averlo scritto egli stesso sotto dettatura
di mons. Kaas, ciò che, del resto, era prassi usuale.
Credetti opportuno e doveroso portare subito la cassetta nello studio dell'Ing.
Vacchini [direttore dell'Ufficio tecnico della Fabbrica di San Pietro]
e qui, davanti alla finestra, la cassetta fu aperta e ne estraemmo il contenuto.
Vi trovammo una certa quantità di ossa, di colore spiccatamente
chiaro, frammiste a terra, un paio di scaglie di marmo, frammenti di laterizii
e di malta, frammenti d'intonaco rosso, piccolissimi frammenti di stoffa
rossastra intessuta di fili d'oro, e una moneta medioevale d'argento, che
poi risultò battuta a Lucca nell'XI secolo [questa moneta risultò
poi far parte di altre monete gettate dai fedeli intorno alla tomba di
Pietro lungo i secoli, ed anche introdotte nel Loculo attraverso una fessura
dell'intonaco tuttora esistente. Il tutto era fortemente impregnato
di umidità.
Nessuno avrebbe potuto ragionevolmente mettere in dubbio la provenienza
di quel materiale dal Loculo del muro "G": la dichiarazione del
Segoni e l'indicazione del biglietto erano infatti clamorosamente confermate
dalla perfetta omogeneità del materiale contenuto nella cassetta
con quello del Loculo. Specialmente significativa era la presenza dei frammenti
di intonaco rosso nell'una e nell'altro».
Poi la professoressa Guarducci fa questa confessione che rivela la sua
serietà scientifica:
«Debbo dire, a questo punto, che già mi era balenata nella
mente l'idea, ovvia del resto, che il loculo del muro "G" fosse
destinato in origine ad accogliere le reliquie di Pietro, e che quest'idea
si presentò in seguito, come ipotesi, anche ad altri studiosi.
Allora però, davanti ai resti recuperati, io mi sentii fortemente
scettica...».
La professoressa voleva evidentemente che il riconoscimento di quelle ossa
fosse condotto con estremo rigore scientifico e da diversi specialisti
nelle varie scienze mediche, paleoantropologiche, storiche, ecc. E di fatto
tali esami iniziarono subito e si protrassero per ben 10 anni, fino al
giugno del 1963.
Nel 1956, come antropologo fu scelto dalle autorità della Fabbrica
di San Pietro il celebre professor Venerando Correnti che, dopo aver esaminato
altri reperti ossei (che risultarono però appartenere a più
persone) prese a studiare le ossa contenute nella cassetta che chiamò
VMG perché sapeva che provenivano dal Vano del Muro "G".
Ed ecco il risultato dei suoi studi:
le ossa appartenevano ad un unico individuo;
esse appartenevano a un individuo di sesso maschile e di robusta costituzione vissuto circa 2000 anni fa;
l'età dell'individuo oscillava tra i 60 e i 70 anni;
esse costituivano, in volume, circa la metà del totale dello scheletro e rappresentavano tutte le parti del corpo, cranio compreso (27 frammenti), esclusi i piedi;
tutte le ossa erano incrostate di terra;
alcune ossa sporgenti presentavano tracce
regolari di colore rossastro che facevano pensare a un involucro di tessuto.
Ora, tutte queste caratteristiche si adattavano perfettamente ella persona
di Pietro.
Continua la professoressa Guarducci:
«Pensai anche al graffito del "Muro
rosso" "PETROS ENI'"(Pietro è qui dentro),
esistente nell'interno del loculo, al di sopra delle ossa.
Si fece allora strada nella mia mente un illuminante pensiero: che fossero
veramente quelle le ossa di Pietro?...
L'affascinante idea andava sempre più affermandosi. Tutti gli
elementi convergevano verso tale soluzione con impressionante coerenza,
tanto che già il 25 novembre 1963 potei annunciare a Paolo VI che,
con estrema probabilità, le ossa di Pietro erano state identificate».
Intanto le indagini scientifiche venivano estese
al campo merceologico e chimico, condotte dalla professoressa Maria Luisa
Stein e dal professor Paolo Malatesta dell'Università di Roma e
portarono, per quanto riguardava i tessuti, a risultati importanti.
Esse dimostrarono che si trattava di un finissima stoffa tinta con autentica
porpora di murice e che l'oro era autentico e purissimo: lo stesso tipo
di tessuto porporino intrecciato con oro nel quale venivano avvolti i corpi
degli Imperatori o dei personaggi degni di altissimo onore!
Anche la terra incrostata alle ossa fu sottoposta ad esame petrografico
dai professori Carlo Lauro e Giancarlo Negretti: si trattava di terra (sabbia
marnosa) perfettamente analoga alla terra del campo "P", il che
confermava la provenienza di quelle ossa dal Loculo interrato che giaceva
sotto l'edicola del II secolo.
* * *
A conclusione di tali accertamenti e di altri
rigorosissimi fatti negli anni seguenti da scienziati di tutto il mondo,
Paolo VI, durante l'udienza pubblica nella Basilica Vaticana del 26 giugno
1968, annunciò ai fedeli che le ossa di Pietro erano state
ritrovate e identificate.
Il giorno seguente' giovedì 27 giugno 1 l968, le reliquie del corpo
di Pietro furono solennemente riportate nel Loculo del muro "G"
dove Costantino le aveva deposte sedici secoli prima e da dove, 27 anni
prima, mons. Kaas le aveva inconsapevolmente tolte, salvandole però
in tal modo da quasi sicura dispersione.
Le ossa dell'Apostolo erano precedentemente state racchiuse in 19 contenitori
di plexiglas a tenuta stagna, legati da un filo di rame argentato fermato
con il sigillo della Fabbrica di San Pietro.
1 L'archeologia è, tra le scienze, forse
la più ''concreta'': essa ha per oggetto realtà materiali,
visibili, palpabili. I reperti storici sono lì da vedere e ognuno
li può studiare, analizzare, datare in modo oggettivo col sussidio
di quasi tutte le altre scienze sperimentali come la fisica, la chimica,
ecc.
Essa è, a sua volta, una scienza sussidiaria della storia. É
vero che la storia ha le sue proprie fonti letterarie e di tradizione orale,
ma trova nella archeologia una fonte sussidiaria che conferma in modo oggettivo
e palpabile i dati delle altre fonti e talvolta li corregge e li precisa.
Ebbene, con il rinvenimento della tomba e delle ossa di Pietro, la
bimillenaria ed ininterrotta tradizione storica della venuta di
San Pietro a Roma, della sua permanenza come Vescovo, del suo martirio
e della sua sepoltura, riceve una conferma irrefutabile e consolantissima.
2 Inoltre non è chi non veda quanto questo rinvenimento conforti
ciò che da sempre la teologia cattolica ha sostenuto: ossia
che il Primato sugli altri Apostoli conferito da Cristo a Pietro si trasmette,
in forza della successione nella Cattedra di Pietro, ai Vescovi di Roma,
fino alla fine del mondo.
Si deve qui ricordare che tutto il mondo protestante aveva sempre negato,
cominciando dallo stesso Lutero, la presenza della tomba (e delle ossa)
di Pietro a Roma.
Ma questa negazione era evidentemente strumentale, dato che Lutero stesso,
il quale conosceva benissimo le tradizioni letterarie al riguardo, non
poteva ignorare la verità di questo dato storico.
Ma, tant'è, quando un'ideologia offusca la mente di un uomo questi
non arretra neppure davanti alla negazione e al capovolgimento delle più
evidenti realtà storiche!
Questa negazione ha percorso e sostenuto tutta la polemica teologica anticattolica
dei protestanti (e degli ortodossi), fino ai nostri giorni, ed il ritrovamento
della tomba e delle ossa di Pietro dovrebbe indurre al ripensamento gli
attuali negatori del Primato del Vescovo di Roma su tutta l'unica Chiesa
di Cristo!
Un bell'esempio di ravvedimento ci è offerto da un grande studioso
protestante, che fu anche Osservatore al Concilio Vaticano II, Oscar Cullmann:
dopo l'annuncio di Pio XII del ritrovamento della Tomba, egli uscì
a dire alla Guarducci: «Ma che tomba avete trovato? Non c'è
il nome, non ci sono le ossa...»; ma quando, quattordici anni dopo,
la stessa professoressa Guarducci gli sottopose la documentazione archeologica
della presenza del nome di Pietro accanto e nella tomba, e le ossa identificate
con assoluta certezza, allora sul suo volto si dipinse lo sbalordimento
e una mal repressa vena di disappunto, superato però subito dal
desiderio di sapere tutto sulla straordinaria scoperta (Cfr. O.C. pag.
99).
3 Da ultimo ci piace sottolineare l'enorme
portata ecumenica di questo ritrovamento archeologico.
Il vero ecumenismo non è il cammino verso l'Unione per giungere
alla Verità, ma è il cammino verso la Verità per giungere
all'Unione; perché la Verità precede e fonda l'Unione, come
Cristo, che è la Verità, precede e fonda l'unica Chiesa.
Il ritrovamento della tomba e delle ossa di Pietro sono un provvidenziale
richiamo a tutti noi su come dobbiamo condurre il nostro impegno
ecumenico: anzitutto nella fedeltà personale al Magistero
della Chiesa Cattolica; poi nella proposizione integrale dell'umica
Verità ai fratelli separati; e, solo dopo, nella ricerca fraterna
di un dialogo che appiani le loro difficoltà e li conduca
ad accettare la Verità tutta intera.
Non è certamente merito nostro se siamo nati e cresciuti nell'unica
vera Chiesa che Cristo ha fondato su Pietro; ma sarebbe nostro eterno demerito
se ci lasciassimo sedurre dal desiderio di far presto l'Unione e di farla
a qualunque costo. Quanti sbagli sono stati commessi e quanto tempo è
stato perduto da chi ha voluto percorrere questa via! Che le sacre Reliquie
del Principe degli Apostoli (le uniche fino ad oggi ritrovate di
un Apostolo!) ci richiamino costantemente a perseguire l'Unità solo
passando per la Verità, che è Cristo!
PREVIOUS | INDEX | HOME |