Gallerie
Dal
di sotto. Gli scrittori di avventure lo sanno bene: ambientare un racconto sottoterra significa conferirgli immediatamente un potere evocativo di gran lunga superiore di quello dei racconti "solari"."Visita l'interno della terra e, guardandoti in giro, scoprirai la pietra dell'occulto", dicevano i seguaci dell'ALCHIMIA; simbolicamente "visitare l'interno della terra" significava "guardare dentro se stessi", ma la frase può essere interpretata anche in modo letterale. Proprio sottoterra si trovano le "pietre nascoste" che costituiscono i TESORI e i filoni di minerali; sottoterra si svolgevano i riti di iniziazione ai culti misterici; sottoterra riposano i morti; sottoterra si trova il collegamento tra le civiltà che ci hanno preceduto e la nostra. E' sottoterra che, attraverso labirintiche gallerie fitte di trabocchetti, i signorotti medioevali riuscivano a trasferirsi in luoghi sicuri nel momento del pericolo, e i moderni dittatori si rifugianio in attrezzatissimi bunker al riparo dai bombardamenti atomici; è sottoterra che Cristiani si nascondevano nelle CATACOMBE; è sottoterra che, secondo la tradizione, si trovano le immense gallerie che collegano Agharti con i centri di culto dell'"Antica religione" sparpagliati nel mondo; è sempre sottoterra, infine, che scorrono le misteriose correnti terrestri che, per alcuni, costituiscono le vene del nostro pianeta. Da Ansedonia a Damanhur. Il volume Città sotterranee di Fabrizio Ardito elenca ben "quindici itinerari sotto strade e piazze d'Italia". Sotto ogni città vive e pulsa, infatti, un'altra metropoli, fatta di cunicoli, di acquedotti, di cisterne, di cave abbandonate da secoli, di abitazioni dimenticate, di tunnel della Metropolitana, e, soprattutto, di misteri: i misteri di un altro mondo che spesso riflette quello della superficie (cunicoli, fognature, passaggi sovente portano cartelli con il nome delle vie sovrastanti), perennemente immerso nelle tenebre e popolato da una vasta umanità indaffarata. La disciplina della "speleologia urbana" si sta rapidamente diffondendo in numerose città e sono sempre in maggior numero gli ardimentosi che, al buio delle grotte, preferiscono quello dei sotterranei costruiti dall'uomo. Quali sono gli itinerari che Fabrizio Ardito consiglia agli aspiranti speleologi urbani? Li elenchiamo nello stesso ordine in cui sono descritti nel volume: i segreti del porto di Cosa, presso Ansedonia; le mura venete di Bergamo, le cisterne di Cagliari; alla ricerca del Tesoro di porsenna a Chiusi; le gallerie di Torlonia; l'acquedotto di Lanuvio; le cave, le cisterne e le sedi dei culti mitriaci di Napoli; l'acquedotto di Narni; nel cuore della rupe di Orvieto; i sotterranei di Roma; i "bottini" (serbatoi) di Siena, la città sotto cui, circondato da leggende, scorre il fiume Diana; le cisterne di Todi; i condotti presso il Trasimeno; gli acquedotti di Trieste; le vie d'acqua di Velletri. E - aggiungiamo noi - l'immensa e percorribilissima rete fognaria di Milano, o il sottosuolo di TORINO, particolarmente denso di misteri di carattere magico, o ancora l'incredibile città sotterranea della comunità Damanhur "presentata al mondo" il 14 Ottobre 1992 da un servizio di "Canale 5". La struttura di quest'opera nel sottosuolo di Valchiusella, nel Canavese, è imponente: tremila metri cubi di spazi utili, con uno sviluppo di trenta metri nel sottosuolo (l'equivalente dell'altezza di una casa di undici piani), una disposizione in cinque livelli collegati tra loro da centocinquanta metri di gallerie; quattro grandi ambienti a rappresentare simbolicamente i principi contrapposti maschile e femminile, l'acqua, la terra, il cielo; una cupola in vetro dal diametro di otto metri e mezzo e dalla superficie di cento metri quadrati. In ogni ambiente si trovano mosaici, vetrate, affreschi, per un totale di ottocentosettanta metri quadrati di superfici decorate; colori, materiali e orientamento del "Tempio di Damanhur" sono stati scelti per attingere il maggior beneficio possibile dalle correnti terrestri su cui esso sorge. Ma il fatto più sorprendente è che il fantastico complesso non è stato edificato da qualche civiltà del passato, bensì ai giorni nostri (vi si trova, tra l'altro, un potente sistema di areazione, in grado di cambiare completamente l'aria cinque volte ogni ora); per quindici anni tutti gli appartenenti della comunità ("Fratelli che vivono insieme aiutandosi costantemente con la fiducia, il rispetto, la chiarezza, l'accettazione e la solidarietà reciproci") sono stati coinvolti in un lavoro paziente e segreto, in quanto, incredibile ma vero, nessuno degli abitanti della zona si è mai accorto di ciò che stava accadendo sotto ai suoi piedi. A differenza di ciò che
si trova in superficie, soggetto a distruzioni e
rimaneggiamenti, molte opere ipogee sono sostanzialmente
integre; e, nel nostro paese, le loro tipologie e le
tecniche costruttive con le quali sono state realizzate
sono tra le più varie d'Europa. Basta pensare a quante
culture si sono avvicendate sul nostro territorio:
nuragica, etrusca, fenicia, greca, celtica, romana, senza
dimenticare l'influsso culturale e architettonico
esercitato dal vasto mondo dell'Islam. Acquedotti ipogei si
trovano dovunque: utilizzato fino al 1945, quello romano
della Formina prelevava l'acqua da una sorgente di Narni,
che raggiungeva la capitalo dopo un tortuoso percorso di
oltre tredici chilometri. La Formina è ancora in buona
parte visitabile, con gallerie adorne di stalaniti e
panneggiamenti calcarei dai colori variegati; purtroppo
alcune costruzioni ne hanno distrutto alcuni tratti,
privati hanno aperto brecce per irrigare gli orti e
cacciatori hanno interrotto i cunicoli per ricavarvi
trappole per gli istrici. Trieste, l'antica Tergeste
romana, possedeva ben tre acquedotti, dei quali rimangono
pochi tronconi; sul tracciato di uno di essi é stato
tracciato l'acquedotto settecentesco denominato
Teresiano. Per quasi due millenni l'acqua dell'Acquedotto
del Setta ha rifornito, senza quasi bisogno di
manutenzione, la città di Bologna. Restaurato nel secolo
scorso e adeguato alle esigenze del capoluogo emiliano,
è tutt'ora in funzione, tanto che gli è stata dedicata
una mostra: "Acquedotto 2000. Bologna, l'acqua del
duemila ha duemila anni". Completamente sotterraneo,
preleva l'acqua a più di venti chilometri dall'antica
Bonomia. Pur arricciando il naso, non si può ignorare l'importanza delle opere fognarie, di solito accuratamente evitate dagli speleologi. La condotta fognaria più nota è la "Cloaca Maxima" di Roma. Costruita circa duemilacinquecento anni or sono, è ancora attiva e la volta originaria, in conci squadrati di grandi dimensioni, non mostra segni di cedimento. Vanto dell'ingegneria e della tecnologia degli antichi romani, le cloache della capitale sono state esplorate e studiate a partire dal secolo scorso al fine di raccogliere elementi per la ricostruzione del tessuto urbano dell'urbe in età imperiale. Anche a Pavia parte
della rete fognaria è stata costruita ai tempi
dell'antica Roma e, a quanto sembra, funziona tutt'oggi. Nella zona di Nardò, in Puglia, i pozzi vengono chiamati 'trozze' e possono raggiungere una profondità di sessanta metri. Fino al secolo scorso venivano scavati a mano dai 'trozzari', i quali, oltre ai vari strumenti, utilizzavano lo "sciamarro", una sorta di pesante piccone quasi privo di curvatura. In Brianza (Lombardia) all'interno delle cantine di case coloniche e ville padronali, si può rinvenire il pozzo, generalmente rivestito in mattoni, da cui si attingeva l'acqua anche dai piani superiori. Calandosi in quello che
appare un semplice pozzo, può capitare di ritrovarsi
all'interno d'una camera, più o meno vasta: la cisterna.
Questa serviva a raccogliere e conservare 1'acqua
piovana, che, opportunamente filtrata e decantata,
diveniva potabile. Pozzi e cisterne rivelano sovente
straordinarie sorprese; a Bergamo, sotto un tombino, gli
speleologi del Gruppo "Le Nottole" hanno
ritrovato la duecentesca Fontana del Lantro, una cisterna
di tredici metri per dieci alta otto metri, con splendide
volte a crociera, in mattoni a vista, sorrette da
un'unica colonna centrale. Un tempo era alimentata
dall'acqua di due sorgenti, raccolta tramite opere
cunicolari. Nel Centro e nel Sud
Italia numerose grotte sono state trasformate in chiese
dedicate a San Michele Arcangelo (o, più semplicemente,
Sant'Angelo). A Sant'Angelo in Grotta (Isernia) si trova
anche un pozzo per la raccolta dell'acqua di stillicidio;
Sant'Angelo delle Ripe, detto anche "Romitorio di S.
Michele", è la più vasta delle grotte abruzzesi
dedicata al culto, e vi sono venuti alla luce numerosi
reperti preistorici. La Puglia è ricca di chiese
scolpite nella roccia, databili tra il VIII e il XV
secolo, nei cui interni si possono ancora ammirare
notevoli affreschi. Sempre in questa Regione, più d'una
ventina sono le chiese ipogee nella zona compresa tra S.
Basilio, Palagianello e Mottola; nella vicina Gravina di
Petruscio vi sono chiese del XIII secolo inserite nel
villaggio rupestre risalente al IX secolo. Degni di nota
sono anche i luoghi di culto sotterranei dedicati al dio
iranico Mitra, la cui religione trovò larga diffusione
nell'Impero Romano, e raggiunse l'apice nei primi secoli
dell'era cristiana (III e IV secolo). I mitrèi più noti
si trovano a Roma e a Napoli; un mitreo è stato
ritrovato anche in una grotta di Angera, sul Lago
Maggiore Sotto la chiesa di San Clemente (II secolo d.C.), a Monte Sacro Basso (Roma) si trovano almeno quattro "livelli" di sotterranei dedicati al culto mitraico, costruiti circa diciassette secoli fa e sfuggiti alle deturpazioni proprio perché ben nascosti. La volta assomiglia a quella di una grotta; ai lati si trovano sono i sedili per gli Adepti. Nel mezzo è l'ara (l'altare) con la rappresentazione del sacrificio: il dio Mithra uccide il toro, e un cane morde l'animale sacrificato, mentre un serpente ne lecca il sangue e uno scorpione gli afferra i testicoli. A titolo di cronaca, il gesto scaramantico delle corna si riferisce proprio al toro di Mithra. Il culto di Mithra
presenta molti punti di somiglianza con il Cristianesimo:
il dio nasce da una vergine, il 25 Dicembre, in una
grotta; la sua vita terrena dura trentatre anni; i suoi
seguaci celebrano in suo ricordo un pasto seduti alla
stessa mensa. Ma il fatto che una chiesa sorga proprio
sopra i sotterranei di Mithra, testimonia la definiva
supremazia del Cristianesimo sull'antico culto orientale.
Nella realtà è più
facile trovare magazzini sotterranei, prigioni, pozzi,
cisterne e più raramente qualche "galleria di
fuga" che conduce all'esterno delle mura. Nei
sotterranei del Castello Sforzesco di Milano gli
speleologi dell'Associazione S.C.A.M. hanno rinvenuto
alcune gallerie che servivano a riempire e a svuotare i
fossati. Tutte le cannoniere interne alle mura venete di
Bergamo sono state esplorate e topografate dagli
speleologi del Gruppo "Le Nottole" che,
calandosi dagli spalti, vi sono penetrati dalle feritoie
per le bocche da fuoco, in quanto gli accessi originari
sono ormai stati sbarrati dalle opere urbane più
recenti. Sotto le mura fortificate di Treviso, edificate attorno alla metà del Duecento, ricostruite e riattate più volte e note con ben tre denominazioni ("Castello di Treviso", "di San Martino", "di San Marco"), si snoda una delle più vaste reti di sotterranei della penisola. Le gallerie sono di tre tipi: tra le abitazioni delle famiglie potenti (per la fuga in stato d'assedio, per incontri strategici segreti, per raggiungere i canali); tra i conventi (entro le mura della città ce n'erano una ventina), per usi civici (tra il Palazzo Comunale, i palazzi del Maggiore e Minor Consiglio, eccetera). Attraverso un passaggio che si apre nell'area di un'azienda locale, la "Camuzzi Gas", un gruppo di speleologi urbani ha recentemente raggiunto ed esplorato il labirintico sottosuolo della città; Giorgio Garatti ne ha tratto un volume fotografico intitolato "La misteriosa vita ipogea di Treviso Medioevale e del 1500 tra cunicoli e gallerie sotterranee". Un altro castello e un'altra città del triveneto sono al centro di una serie di verità, mezze verità e leggende a proposito di passaggi ipogei: dal castello cinquecentesco di San Giusto, a Trieste, si dipanerebbe una vera e propria ragnatela di gallerie che si estenderebbero sotto tutta la città fino a raggiungere il mare. Il numero di cunicoli accertati è notevole: il castello era collegato con Tor Cucherna, Santa Maria Maggiore, la Rotonda Panciera; tramite un altro passaggio con la Basilica di San Michele e l'Orto Lapidario. Un'altro passaggio collega il Teatro Romano con il Pozzo Romano di Porta Valle e un altro pozzo in via Galleria. Non è mai stato trovato il passaggio che condurrebbe al mare passando, probabilmente, dall'Arcivescovado e Villa Sartorio, così come non è mai stata trovata la sinistra "Camera Rossa". Con l'impiego massiccio delle artiglierie e della polvere da sparo, le fortificazioni medievali caddero in disuso o dovettero essere trasformate: I'alto muro "di cortina" divenne "bastione", ovvero più basso e più spesso, normalmente di pianta stellare. Uno dei metodi più usati per espugnare queste mastodontiche opere difensive fu quello di scavare sotto il bastione avversario una galleria, creare una camera (il "fornello" da mina) e stiparla d'esplosivo. Dal 1600 in avanti le fortezze vennero munite di gallerie di mina e contromina, che spingevano in ogni direzione fuori dal perimetro dell'opera. Le gallerie "di contromina" servivano a intercettare le gallerie di mina avversarie e a farle brillare prima che giungessero sotto i bastioni; quelle "di mina" potevano essere prolungate fin sotto le aniglierie avversarie per metterle a tacere. Durante l'assedio di Torino del 1706 gli assediati posero una mina sotto un grande cannone, che venne ingoiato dal cratere e fu poi trasportato all'interno della città come trofeo di guerra; sotto il capoluogo piemontese sono tuttora percorribili interi chilometri di queste gallerie. Insomma, ce n'è per
tutti i gusti; e a chi non bastasse il sottosulo
nazionale e decidesse di spostarsi in Europa consigliamo
di visitare Parigi, nei cui sotterranei Victor Hugo fece
vivere la famosa "corte dei miracoli" e Gaston
Leroux ambientò molte sequenze de Il fantasma
dell'Opera, o a Londra, con le sue labirintiche
gallerie della metropolitana, o addirittura Mosca. Qui la
metropolitana, tra le stazioni di Belyaevo e Medvedkovo,
copre il tratto-record di 38 chilometri; sempre nella
capitale sovietica - si è letto in molti articoli usciti
alla fine del 1991 - sarebbe stato scoperto un bunker
sotterraneo fatto costruire ai tempi di Stalin, con
scorte di cibo, acqua e ossigeno sufficienti a ospitare
120.000 persone per trent'anni. |