Todo modo (1976)
di Elio Petri


Soggetto: dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia; sceneggiatura: E. Petri (collab. scenegg.: Berto Pelosso); direttore fotografia (Eastmancolor): Luigi Kuveiller; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Franco Carretti; direttore produzione: Stefano Pegoraro; assistente regia: Umberto Angelucci.
Produttore: Daniele Senatore per Cinevera.
Interpreti: Gian Maria Volonté (“M”), Marcello Mastroianni (don Gaetano), Mariangela Melato (Giacinta, moglie di “M”), Ciccio Ingrassia (Voltrano), Franco Citti (l’autista di “M”), Cesare Gelli (Arras, vice questore), Tino Scotti (il cuoco), Adriano Amidei Migliano (Capra-Porfiri), Giancarlo Badessi (Ventre), Mario Bartoli (primogenito Lombo), Nino Costa (prete giovane), Guerrino Crivello (speaker TV a circuito chiuso), Marcello Di Falco (Saccà), Giulio Donnini (Bastante), Aldo Farina (Restrero), Giuseppe Leone (Martellini), Renato Malavasi (Michelozzi), Riccardo Mangano (cardinale Beccaris), Piero Mazzinghi (Caprarozza), Lino Murolo (Mozio), Piero Nuti (Schiavò), Loris Perera Lopez (Lombo sr.), Riccardo Satta (Lomazzo), Luigi Uzzo (Aldo Lombo), Luigi Zerbinati (Caudo), Renato Salvatori (dottor Scalambri), Michel Piccoli (“lui”).
Incasso: £ 856.746.000 Incasso riveduto 1993: £ 7.984.875


Dichiarazioni

Quando girammo "Todo Modo" Volontè divenne evanescente, camminava come se fosse sulle nuvole, parlava a bassa voce, non ti guardava negli occhi, tutto preso com'era dal personaggio di Moro. Il suo fu uno sforzo di concentrazione eccezionalmente intenso. I critici ne parlarono come di un Noschese, e anche la gente dell'ambiente, sempre tanto benevola. Per quel personaggio, Volontè e io ci servimmo molto della moviola. Avevamo radunato molti pezzi di repertorio su Moro. Io, per scrivere il copione, avevo studiato alcuni suoi dilaganti discorsi. Posso assicurare che abbiamo censurato moltissimi dei comportamenti di Moro, che sarebbero risultati troppo irriverenti nella loro comicità, e invece erano proprio suoi. Moro si abbandonava spesso a rituali assai elaborati, nell'incontrare altri uomini politici, o delegazioni straniere, o altri. Ne venivano fuori dei veri balletti. lo credetti fosse meglio puntare su una maschera che simboleggiasse tutti i democristiani, pur partendo dai buffi, esitanti, cinesi rituali di Aldo Moro. I primi due giorni di lavorazione di "Todo modo" furono cestinati da me, d'accordo col produttore e con lo stesso Volontè, perché la somiglianza di Gian Maria Volontè con Aldo Moro era nauseante, imbarazzante, prendeva alla bocca dello stomaco. In quell'immagine risultava tutta l'insidiosità, l'astuzia dell'uomo politico. Dissero la battuta di Alighiero Noschese, gli amici. A nessuno venne in mente di constatare che in fondo, nel film, ci voleva un certo coraggio a prendere un uomo politico, analizzare il suo comportamento face-to-face, e trasformarlo nella maschera dello sfascio, della catastrofe. E nemmeno si volle riflettere sulla non casualità della scelta di Moro, nella quale era implicito un giudizio politico sulla sua grande abilità di incantare le sinistre, per poi incastrarle, e snaturarle, e asservirle. (Elio Petri)
Ecco, quando io parlo di esigenza mia di rapportarmi, di collegarmi con la cifra e il linguaggio di un autore per una determinata esperienza, parlo proprio del mio sforzo di fare coincidere i moduli di un'espressione che passa attraverso la mimica e il lavoro dell'attore con tutti gli altri segni che sono dell'insieme. Se uno non facesse questo sforzo, questo tentativo, si troverebbe poi con grossi squilibri. Quindi, per "Todo modo" mi calai nella grossa esagerazione delle sfaccettature del personaggio perché quello era un segno che lo percorreva dal principio alla fine. Questo segno riguardava tutti i personaggi del film; erano maschere, in fin dei conti, in cui si sentiva proprio tutto il gusto e il divertimento di Petri per l'espressionismo, c'erano suggestioni proprio da cabaret tedesco espressionista. (Gian Maria Volontè)
Moro era l'uomo che aveva prima irretito i socialisti e stava irretendo i comunisti, riuscendo a creare questa sensazione di movimento nella stagnazione. Era una specie di Gattopardo all'ennesima potenza. Naturalmente era un uomo che, probabilmente, avendo una coscienza più sottile, viveva drammaticamente e angosciosamente questo suo ruolo. Tuttavia le responsabilità, per un uomo di sinistra, restano; ma forse anche per un uomo di destra perché in un certo senso, poi, la sua rottura con la destra era reale. Ovviamente da questo ad pensare che un avversario politico vada ucciso ce ne corre! Anche perché l'avversario politico sopravvive in te, oltre tutto. Insomma, un avversario politico fa parte della realtà da combattere e da cambiare, anche della propria intima realtà. Quindi Todo modo non era certo un invito a uccidere Moro. Per questo tipo di uomo politico e di esercizio del potere c'era nausea, disgusto, non odio, la stessa nausea e disgusto che puoi provare ogni sera guardando il telegiornale, vedendo e sentendo parlare la stessa gente che sta lì dà trent'anni e passa...No, il film non era terroristico. Semmai nel film aleggiava il terrorismo ignaziano, perché avevo portato alle estreme conseguenze l'idea del libro di Sciascia, e quindi, anche se lo spettatore non se ne rendeva conto, il film funzionava come un esercizio spirituale, era strutturato proprio sulla base legli esercizi spirituali, che sono un'occasione di terrorismo inaudito. Todo modo uscì per puro caso in piena campagna elettorale. Lo avevo girato negli ultimi mesi del "75, quando non si prospettavano campagne elettorali, poi invece ci furono le elezioni anticipate. Naturalmente la casa di distribuzione si pose il problema se farlo uscire o meno, e poiché avrebbe provocato scandalo era meglio metterlo subito in circolazione. Se fosse uscito dopo sarebbe stato letto in un altro modo. E poi era l'epoca dei compromesso storico, quindi in privato i comunisti ti dicevano che gli piaceva, ma in pubblico lo attaccavano. (Elio Petri)