LUDWIG (1973)
di Luchino Visconti


Soggetto, sceneggiatura: Luchino Visconti, Enrico Medioli, con la collaborazione di Suso Cecchi d’Amico; aiuto regista: Albino Cocco; assistenti alla regia: Giorgio Ferrara, Fanny Wessling, Luchino Gastel, Louise Vincent; direttore della fotografia: Armando Nannuzzi; operatori: Nino Cristiani, Giuseppe Berardini, Federico Del Zoppo; scenografi: Mario Chiari, Mario Scisci; arredatori: Enzo Eusepi, Corrado Ricercato, Gianfranco De Dominicis; costumista: Piero Tosi; truccatori: Alberto De Rossi, Goffredo Rocchetti; montatore: Ruggero Mastroianni; segretaria di edizione: Renata Franceschi; commento musicale: Robert Schumann, Richard Wagner, Jacques Offenbach; direzione musicale: Franco Mannino, con l’Orchestra stabile dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia;  fonici: Vittorio Trentino, Giuseppe Muratori; direttore di produzione: Lucio Trentini; produttore esecutivo: Robert Gordon Edwards; produzione: Mega Film, Roma / Cinétel, Parigi/ Dieter Geissler Filmproduktion Divina-Film, Monaco;  distribuzione: Panta Cinematografica.
1a proiezione: Bonn, 18 gennaio 1973
Produzione nuova versione: Ohonte Cinematografica/RAI; distribuzione nuova versione: Sacis
durata: 264'
INTERPRETI E PERSONAGGI:
Helmut Berger (Ludwig), Romy Schneider (Elisabetta d’Austria), Trevor Howard (Richard Wagner), Silvana Mangano (Cosima von Bulow), Gert Frobe (Padre Hoffman), Helmut Griem (Durkheim), Isabella Telezynska (la regina madre), Umberto Orsini (il conte von Holnstein), John Moulder Brown (il principe Otto), Sonia Petrova (Sofia), Folker Bohnet (Joseph Kainz), Heinz Moog (il professor Gudden), Adriana Asti (Lisa von Buliowski, la prostituta), Marc Porel (Richard Hornig), Nora Ricci (la contessa Ida Ferenczy), Mark Burns (Hans von Bulow), Maurizio Bonuglia (Mayer)


Soggetto:
Nel 1864 il giovane Ludwig von Wittelsbach viene incoronato re di Baviera. Infatuato di Wagner e della sua musica, tra i primi atti del suo regno Ludwig invita accanto a sé il musicista, mosso dal desiderio di aiutarlo in un momento difficile. Dopo alcuni anni che non si incontravano, Ludwig rivede la cugina Elisabeth, consorte di Francesco Giuseppe imperatore d’Austria, per la quale nutre una profonda sublime passione ideale. Nonostante l’affinità che li unisce, l’amore impossibile suggerisce alla donna di stornare i sentimenti del giovane sovrano verso la sorella Sophie. Convinto da Cosima von Bulov, amante di Wagner e come lui avida e cinica, il re dilapida la Tesoreria di Stato per mettere in scena le opere del musicista. L’ostilità della corte per Wagner, i clamori della sua relazione con Cosima, le polemiche sulla smisurata munificenza del sovrano, le aspre critiche degli oppositori al governo inducono il re ad allontanare Wagner da Monaco. Tutto dedito a edificare teatri per l’arte, Ludwig trascura ogni altro aspetto della vita politica. Nonostante la sua ferma opposizione, nel 1866 la Baviera partecipa al conflitto austro-prussiano. Rifiuta di occuparsi di una guerra non voluta e si allontana dalla capitale. Il fratello Otto che vi partecipa torna dal fronte sconvolto e squilibrato. Il colonnello Durckheim recando la notizia della fine delle ostilità invita il sovrano a trovare una ragione di vita nell’umile svolgimento del proprio compito quotidiano. Una sera sorprendendo un servo fare il bagno nudo in un lago, Ludwig rimane turbato. Comunica alla madre l’improvvisa decisione di sposare Sophie che egli però non ama, trascura ripetutamente e non perde l’occasione di umiliare. Dopo lo sterile incontro con una prostituta incaricata dalla corte di mettere fine alla verginità del re, e intrecciata nel frattempo una relazione con il suo valletto Hornig, Ludwig rompe il fidanzamento e rinuncia al matrimonio. Il conte Holnstein cerca di convincere il re che per la Baviera non c’è altra soluzione che accettare di entrare a far parte della Confederazione Germanica guidata dalla Prussia di Bismarck. Chiuso negli inutili castelli che fa costruire, Ludwig passa il suo tempo tra orge coi servi e recite teatrali, invecchiato e deluso, assediato dalla decadenza fisica, rifiuta di ricevere la cugina Elisabeth che cerca di raggiungerlo. Una perizia psichiatrica dichiara il sovrano infermo di mente. Il consiglio di Stato guidato da Holnstein depone il re. Durante una passeggiata nei pressi del castello di Berg dove è stato internato. Ludwig scompare insieme allo psichiatra professor Gudden incaricato di sorvegliarlo. Le ricerche con le fiaccole, nella notte del 13 giugno 1886, portano alla scoperta dei due corpi sulle rive del lago di Starnberg. Holnstein comunica che il re si è ucciso.



Sono da poco finite le riprese del Ludwig quando, nel luglio del 1972, Visconti è colpito da trombosi. La malattia gli paralizza il braccio e la gamba sinistra, e lo costringe in una umiliante condizione di dipendenza. Ma la preoccupazione di portare a termine il film lo aiuta a reagire: durante la convalescenza — trascorsa a Cernobbio presso la sorella Ida — fa sistemare in casa una moviola e procede al montaggio. Quando però i produttori impongono lunghi tagli per ridurre la durata del film entro i termini contrattuali, Visconti è troppo stanco per combattere. Il Ludwig è distribuito in una edizione mutilata, che il regista si rifiuta di vedere. Più tardi il film andrà addirittura disperso. Poi in seguito all’istanza di fallimento della società produttrice, nel 1978,  i diritti del film vennero messi all’asta. Suso Cecchi d’Amico, insieme a Enrico Medioli, si fece promotrice di una società costituita da alcuni abituali collaboratori di Visconti (tra i quali Franco Mannino, Mario Garbuglia, Piero Tosi, Ruggero Mastroianni, Umberto Tirelli, Lucio Trentini nonché donna Uberta Visconti, sorella del regista) che decisero di acquistare il film con lo scopo di ridargli la dimensione e il respiro ampio e grave con cui Visconti l’aveva concepito. Seguendo i copioni originali e i ciak di ripresa, si procedette quindi al recupero delle parti tagliate e alla loro ricomposizione nell’ordine cronologico voluto dal regista e secondo il montaggio che presumibilmente ne avrebbe fatto l’autore. L’edizione restaurata non presenta capitoli totalmente inediti. Il ripristino dell’integrità di molte sequenze mutilate ha però completato il profilo di alcuni personaggi e meglio definito i loro rapporti. Soprattutto, l’opera di ricostruzione, restituendo a ogni parte l’intenzionale durata originaria, ha dato un diverso ritmo allo scorrere del tempo.


... Tornai a Ludwig perché, con La caduta degli dei e Morte a Venezia, avrebbe rappresentato una sorta di mia trilogia sulla Germania moderna: la trasformazione radicale di una società che soccombe per cedere il posto a una nuova società, la disgregazione di una grande famiglia, l’evoluzione psicologica di un personaggio, in questo caso un personaggio eccezionalmente complesso, in quanto del tutto al di fuori della norma. Il sovrano bavarese soffriva di vari complessi, da quello materno a quello di grandezza, ma, essendo completamente incapace di vivere e di controllare la realtà, ne aveva ricavato frustrazioni e squilibri tali da restarne schiacciato. Con la madre, Luigi II di Baviera aveva intrattenuto rapporti acutamente conflittuali, tanto è vero che quando si decise, pur essendo cattolico, a respingere il dogma dell’infallibilità del Papa e a scacciare i gesuiti dalla Baviera, proprio in quel momento la madre si convertì al cattolicesimo. Inoltre aspirava a essere una sorta di sovrano rinascimentale, un moderno Lorenzo de’ Medici, ma non si rendeva conto che il mondo in cui viveva era completamente diverso dal mondo del Rinascimento italiano. Ludwig è un personaggio carico di simpatia proprio perché è un vinto, una vittima della realtà, indifeso di fronte agli eventi che si accavallano nella sua corte. In Baviera esistono tuttora dei club giovanili all’insegna del culto per il sovrano bavarese. Un altro degli aspetti affascinanti della sua vita è dato dai suoi rapporti con Wagner, e non a caso a questi rapporti ho dedicato molta attenzione nel film. Bisogna ricordare che Wagner era sospetto ai ministri bavaresi: aveva un passato rivoluzionario, odiava i tedeschi che non accettavano la sua musica... Poi trova un uomo, un re, che gli dice: «Vuoi un teatro? Prendi tutto il danaro che ti occorre». In effetti, aver capito che Wagner era Wagner è già qualcosa. Era pazzo Ludwig? No. Non apparteneva al suo tempo, certo, ma aveva una mente brillante. Bismarck, che non era uno sciocco, rispettava la sua intelligenza. Non vi è dubbio che il suo primo atto politico, quello di chiamare Wagner alla sua corte, sia stato illuminato. Anche Elisabetta era un personaggio affascinante, che oltretutto fece una morte orribile, sgozzata come un maiale... una donna il cui fascino fisico è ancora leggenda. Cocteau era affascinato dal personaggio. Ludwig aveva la mentalità del costruttore. Herrenchiemsee e Linderhof sono bellissimi, per quanto diano corpo a un sogno settecentesco nel bel mezzo del XIX secolo; Neuschwanstein invece è brutto, totalmente wagneriano. Come architetto aveva idee molto avanzate. Da uomo che amava lo spettacolo, costruiva nella vita una pompa che solo lui poteva apprezzare. C’era in Ludwig qualcosa di un Medici, ma non aveva un Michelangelo che lavorasse per lui. E il suo tempo non era il Rinascimento, ma un’epoca kitsch, in cui l’Europa era borghese è tutta presa da pensieri di conquista e supremazia, non di sublimazione intellettuale. Sono affascinato dalla personalità di un uomo che, certo, era un sovrano che credeva nella monarchia assoluta, ma anche un infelice, una vittima. Quello che mi ha attratto è il suo lato debole, la sua incapacità di vivere nel quotidiano. Ludwig suscita compassione anche quando crede d’essere il vincitore. Ma perde nel suo rapporto con Wagner, in quello con Elisabetta, in quello con l’attore Kainz, il suo ultimo favorito... M’interessa Ludwig come caso clinico; la vicenda di un uomo che vive al limite estremo della eccezionalità, al di fuori di ogni regola. E lo stesso vale per Wagner ed Elisabetta. Sono affascinato da questa storia di «mostri», di esseri al di fuori della realtà quotidiana. Ma, quanto ad affinità tra me e i miei personaggi, non ne vedo alcuna. Io non mi sento un debole, un perdente. Da tutti i tradimenti e le lotte che ho dovuto sopportare, io sono uscito indenne. mentre Ludwig è andato in pezzi. Il sentimento che vorrei suscitare con questo film è la pietà. (Luchino Visconti)
Ludwig è stato per me particolarmente, eccezionalmente faticoso, sia in fase di preparazione sia in fase di realizzazione, per le incertezze degli altri, per tutte le difficoltà che ho dovuto superare prima di girarlo e quando lo giravo. Un giorno si faceva, un giorno non si faceva più. E poi, sai, mi hanno rotto i nervi soprattutto le incertezze degli altri, cioè il non essere mai sicuri che il giorno dopo si incominciava, ecc. ecc. Non è stato facile giungere a una conclusione anche perché il film costava troppo. Non è che voglia criticare il produttore, anzi debbo dire che il produttore ha fatto di tutto per realizzarlo. Lo sforzo è bello, però prima di fare il film questo sforzo mi ha fatto un po’ male. Sei mesi di lotta. Su e giù, si fa e non si fa. Poi la ricerca dei luoghi, l'inizio delle riprese, sempre di notte, in climi terribilmente freddi. In verità il freddo non mi dispiaceva, ma avrà forse influito sulla mia salute. (Luchino Visconti)