A farmi definitivamente decidere di intraprendere il viaggio in Sudafrica con
Giovanni, amico fin dai banchi delle scuole superiori, anche lui grande appassionato
di viaggi, fu l’incontro con Suor Giovanna, presentatami da Donatello e Vittoria,
due amici del Gruppo Missionario: i suoi racconti ci hanno convinto del viaggio più
di mille libri, forti anche del fatto che in quel periodo avremmo trovato anche lei.
Da allora, una volta raccolte le idee sull’itinerario, preparare il viaggio non fu
difficile. Prima di giungere a Città del Capo dove ci attendeva Suor Giovanna, abbiamo
visitato la parte Orientale del Sudafrica. Johannesburg, Pretoria, il Parco Kruger,
uno dei più grandi e ricchi di fauna di tutto il Sudafrica, grande quanto la nostra
regione Veneto, famoso per i Grandi Cinque: leone, ippopotamo, rinoceronte, elefante
e bufalo. E poi Durban, città portuale moderna sull’Oceano Indiano dove vi soggiornò
per alcuni anni Gandhi, di ritorno dall’Inghilterra dove terminò i suoi studi.
Dopo Durban, ripartiamo per Città del Capo, dove passiamo altri quattro giorni, e dove
finalmente riusciamo ad incontrare Suor Giovanna, che ci aspetta all’aeroporto.
Sbrigate le formalità del ritiro bagaglio e della vettura, seguiamo Suor Giovanna
verso Belhar, nei sobborghi di Città del Capo, e verso la Chiesa, ex deposito di
armi dell’esercito abbandonato da anni. C’erano solo i muri esterni, il tetto mancava
per buona parte. Nei mesi in cui Suor Giovanna si è trattenuta in Italia, l’edificio
è stato completamente ristrutturato e adibito a chiesa, casa del parroco e ad aule
per l’asilo e gli incontri con le famiglie ed i ragazzi. Dopo una breve visita alla
chiesa, lasciamo Suor Giovanna per recarci in albergo, senza però tralasciare di
accordarci per Domenica, per partecipare alla messa della mattina.
In quella occasione abbiamo conosciuto alcune persone della comunità di Suor Giovanna;
la funzione religiosa si è svolta per noi italiani in una forma un po’ inconsueta:
prima della Messa vera e propria, alcune persone hanno parlato dall’altare ed è stata
l’occasione per ricordare anniversari e compleanni dei presenti e ricevere gli auguri
da parte di tutta la comunità. A dir la verità sia io che Giovanni abbiamo capito ben
poco di ciò che è stato detto, per fortuna poi Suor Giovanna ci ha riassunto il
discorso. Lei stessa ha avuto l’occasione per raccontare i mesi trascorsi in Italia,
e di far sorridere la comunità quando ha detto che si era meravigliata di aver trovato
parecchi extracomunitari provenienti dall’Africa che parlavano il dialetto bergamasco.
Al termine della messa alcuni membri della comunità ci salutano calorosamente
ringraziandoci e dicendoci di essere contenti di vedere amici italiani. Ci rechiamo
poi a casa di Suor Giovanna, perché ovviamente non si può rifiutare l’ospitalità
anche dal punto di vista culinario (e non solo spirituale), per gustarci un bel piatto
di pasta come l’Italia comanda… ed anche un buon caffè. Nel pomeriggio ci rechiamo
in una zona meno elegante di Belhar a trovare una famiglia cattolica che fa parte
della comunità di Suor Giovanna: restiamo impressionati dalle dimensioni ridotte
dell’abitazione, una stanza per la cucina ed una per dormire, ma ciò che non
scorderemo è stata la cordialità, l’ospitalità e la giovialità di tutta la famiglia,
atteggiamenti che non facevano trasparire le condizioni di estrema povertà in cui
vivono.
La sera poi salutiamo calorosamente Suor Giovanna, ringraziandola della giornata che
abbiamo passato con lei. Il nostro viaggio prosegue, ma l’incontro con Suor Giovanna
resterà ancora per molto tempo nei nostri cuori. Così come non dimenticheremo tutto
il Sudafrica: una nazione moderna ed industrializzata, ma il 70% della popolazione
vive come in un paese del Terzo Mondo; L’apartheid non fu solamente una forma di
razzismo radicata nella mentalità della gente e nemmeno la sola negazione del diritto
al voto: fu una segregazione voluta, creata e legiferata. La condizione di vita dei
neri non può certo cambiare da un giorno all’altro, ma il riconoscimento dei diritti
civili è stato sicuramente un passo importante ed obbligato. Quello che nessuna legge
riuscirà a fare però, è cercare di cambiare la mentalità della gente che da anni
ormai considerava i neri come degli essere inferiori.
L’apartheid culturale sarà il nemico di domani.
Stefano
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