1_ Modernità, Archeologia e Information Technology
La crisi che oggi siamo obbligati ad affrontare è quella di cercare una connessione tra la città storica e la stratificazione di quella moderna, poiché vivendo un periodo di rilevante e veloce progresso tecnologico ed informatico abbiamo a disposizione dei mezzi di comunicazione e progettuali capaci di ridurre e forse annullare il definitivo distacco tra dimensioni temporalmente distanti “anni luce”.
Molte metropoli moderne vogliono imporsi come capitali della cultura europea o mondiale e, per riuscirci, devono compiere questa operazione di forte integrazione per un più congruo sviluppo urbano.
La crisi è ancor più lampante se pensiamo alla situazione italiana, ove qualsiasi reperto Storico-Archeologico diviene un “soprammobile urbano” di pregio da lasciare nella sua ieraticità, per la paura di sporcarlo con i “fumi del progresso”. Le colpe oggettive istituzionali lasciano indietro tutto questo mondo che sembra appartenere ad un layer intangibile sovrapposto alla nostra percezione della realtà.
Bisogna però effettuare una distinzione tra due campi di Manufatti:
_il primo concerne tutti quei luoghi, siti, monumenti con potenziale di alta trasformabilità, ovvero quelle Architetture che presentano in seme la possibilità di essere rifunzionalizzate ed integrate all’interno delle dinamiche urbane moderne, mediante proposte di destinazioni d’uso;
_il secondo riguarda tutti quei luoghi, siti, monumenti che non godono delle suddette potenzialità ma che sopperiscono a questa mancanza con un forte grado di comunicazione ed informazione, anche se in maniera latente davanti ai nostri occhi.
Ed è per ovvie ragioni che la nostra attenzione si debba spostare a questo secondo gruppo, visto che lo sviluppo del primo campo è congelato solamente da un’attenzione istituzionale alquanto morbosa. D’altronde il secondo campo comprende tutte quelle Architetture che, anche sbloccati i vincoli di protezione, rischiano di rimanere isolate proprio perché non riescono a distaccarsi dalla loro funzione base di museo di se stesso. Ovviamente la nostra percezione è fortemente influenzata da un certo fascino ruskiniano per il rudere, per la decadenza delle Architetture e per il concetto di tempo che corrode ogni umana creazione. In questa corsa al tempo l’uomo sostituisce continuamente il moderno all’antico in quasi tutti i campi di ricerca, tranne per pochi eletti che godono della potenza di conservare la “memoria storica”. Ciò significa che sia l’uomo che la città, intesa come macchina urbana, hanno il bisogno di ricordare il loro percorso fino ad oggi per potersi confrontare con l’incognita del futuro; questo però non deve essere un alibi a conservare qualsiasi cosa venga messa a nuova luce da scavi archeologici, o a rinchiudere parti di templi o basiliche all’interno di musei statici e poco comunicativi.
Sul concetto di comunicazione bisogna quindi discutere e lavorare: ovvero bisogna domandarsi quanti e quali luoghi hanno ad oggi una scarsa “potenza comunicativa” non per loro carenza di valore ma per l’utilizzo che facciamo di essi.
Soffermiamoci per un attimo sulla nostra realtà quotidiana: ovunque dalle strade al luogo di lavoro, fin dentro le nostre case, siamo pervasi da quantità incalcolabili di possibilità di comunicazione; attraverso tutti i mezzi moderni, forniti dall’Information Technology, qualsiasi oggetto o concetto, anche il più scevro da qualsivoglia significato, decuplica la sua potenza comunicativa, fino a diventare soggetto immancabile nelle nostre vite. La vera potenza della comunicazione moderna è quella di riuscire a trasformare anche l’impossibilità di esprimere in necessità di parlare.
Questo, che effetti potrebbe avere sull’integrazione dell’Archeologia all’interno del costrutto urbano?
Riflettendo su quello finora detto, le tecnologie diverrebbero le corde vocali che permetterebbero a questi resti di tornare a parlare, di informare di se stessi gli utenti che spesso hanno una percezione errata del passato Architettonico: come ad esempio le convinzioni di architetture prive di qualsiasi colore (architetture greche), o le perfette murature romane in opus a facciavista. Chi è specialista del settore ovviamente non risente del problema di queste lacune, al massimo può risentirsi della mancanza di verità, ma la realtà in cui viviamo è quella di una società di massa che utilizza l’informazione, soprattutto quella passiva (ovvero il bombardamento mediatico giornaliero), come mezzo di conoscenza e formazione.
Oggi, dare un’informazione significa condizionare la vita del singolo soggetto così come quella di una comunità; non fare informazione, o farla in maniera errata, significa che un determinato fatto può essere anche non esistito: a testimonianza di questa affermazione pongo come, un fatto di cronaca nera supportato dall’informazione dei media, possa coinvolgere l’intero globo terrestre, e come un altro di uguale o addirittura superiore gravità non supportato da comunicazione lasci nella totale indifferenza l’umanità.
Deduzione logica è che l’Archeologia non esiste per la comunità globale se non è supportata da una quantità adeguata di informazioni; se essa non esiste per la comunità, non può essere rispettata dallo sviluppo urbano delle nostre città.
Allora perché non intervenire con progetti che sfruttino le infinite potenzialità dell’Information Technology per superare questo gap?
Con un uso calibrato di questi mezzi si potrebbe scavalcare il concetto di tempo che slega queste due realtà attualmente sovrapposte, concretizzando la “macchina del tempo di Wells”; vivendo questi nuovi luoghi si avrebbe una esperienza empatica e culturale maggiormente significativa di qualsiasi libro, documentario televisivo o ricostruzione digitale chiusa nei limiti fisici di uno schermo da 19 pollici.
2_Progetto: Fori Imperiali a Roma e interattività
La maggior parte dei ragionamenti e delle soluzioni progettuali nascono sempre dalla constatazione personale di situazioni di crisi che coinvolgono la nostra sfera quotidiana o comunque delle quali siamo adeguatamente informati; dunque il problema, analizzato nella prima parte, non può sottrarsi a questa dinamica.
La constatazione della realtà romana di questi anni mi porta a riflettere sull’immobilità della cultura architettonica in materia di reperti Storico-Archeologici. Ovviamente le motivazioni, delle più disparate, variano da colpe oggettive istituzionali, a paura di errare nel creare una crasi tra pregio storico-archeologico e supporti tecnologico-informatici.
La situazione turistica romana è una realtà oggettiva mondiale, ovvero il fascino dell’antico richiama milioni di visitatori all’anno nella capitale italiana; ovviamente il fascino della rovina, come suddetto, diviene pregnante nella valutazione della qualità artistico-architettonica della città, dimenticando o non conoscendo le reali potenzialità comunicative di un determinato sito sul suo passaggio nei secoli/millenni. Passeggiando per Roma si ha la sensazione che due realtà, su piani dimensionali diversi, abbiano trovato casualmente una sovrapposizione nella città. I problemi che ne derivano sono innumerevoli, e sarebbe inutile discuterne in questa sede; la crisi però più sconcertante è che siti del valore dei Fori Imperiali, non abbiano altra possibilità di esistere se non come musei della propria decadenza: l’utente è condizionato, a mio parere, a vedere la bellezza del sito per un fattore indotto, ovvero è condizionato dal concetto ruskiniano misto al senso di rispetto profuso da questi luoghi. Io apprezzo quella colonna in rovina perché mi offre una verità incommensurabile: l’uomo lillipuziano messo a confronto con la maestosità e la forza del tempo e della natura; è la condizione umana che si rispecchia nell’Architettura.
Una visione innegabilmente affascinante, che non va cancellata, ma al quale vanno accostati/sovrapposti nuovi layer che diano all’utente la possibilità di interagire empaticamente e sensorialmente con il sito. Queste nuove formulazioni sono già state espresse in musei interattivi, dove diviene fondamentale stimolare verso la conoscenza il fruitore, ponendolo al centro dell’azione ludica: l’utente trasforma l’ambiente, e non è più costretto a sottostare a regole predeterminate da una condizione statica. Estendendo l’applicabilità di questo nuovo metodo progettuale, lo si potrebbe trasferire in siti archeologici, quali appunto i Fori Imperiali, dove attraverso stimolazioni multisensoriali (suoni, visioni olografiche, odori, ecc.), ovviamente supportati dalla progettazione di componenti architettonico-tecnologiche, si possa offrire una ampia gamma di possibilità interattive all’utente con il sito. Egli diverrebbe il protagonista, colui che sceglie quale dimensione storica visionare, quale layer sovrapporre alla realtà non più solo decadente del sito.
Si badi che questo discorso non vuole arrivare alla promozione di un nuovo tipo di ripristino architettonico, che ridia alle architetture l’antico fasto; la reale intenzione è quella di iniziare a sperimentare concretamente l’utilizzo di avanzate tecnologie per permettere a determinati siti “morti”, di tornare ad essere interessanti, comunicativi: lo scopo è far rivivere l’Architettura del passato in un modo nuovo, moderno, in linea con le Architetture della crisi che gli attuali ricercatori/progettisti sperimentano in vari ambiti. E’ l’applicazione materiale di un nuovo “paesaggio mentale” che sta nascendo come sensibilizzazione verso questa problematica: si potrebbe menzionare il lavoro dello studio “Light Architecture” di Gianni Ranaulo, dove ho ritrovato un esempio di applicazione di nuove tecnologie che stimolano una partecipazione attiva/interattiva con i monumenti. L'Archeoscreen è solo una piccola possibilità rispetto a quello che si potrebbe attuare attraverso un nuovo approccio progettuale e sperimentale in materia.
L’essenziale è trovare cosa queste architetture devono comunicare: la potenzialità di questa idea/progetto è che non definisce un unico tipo di comunicazione, ma dei livelli di informazione sovrapposti che a discrezione del soggetto variano sulla realtà, mostrando quello che realmente in un determinato momento interessa. Sorpassa le sperimentazioni di ricostruzione digitale già effettuati in altre occasioni, risultate inadeguate e povere poiché mettevano in campo parametri predeterminati e non continuamente modificabili. Qui la scelta diviene varia, così come la vita del manufatto nei secoli, e va dalla sua nascita alla sua condizione attuale di rudere; ovviamente il pericolo di non avere adeguate informazioni per determinati stadi dell’evoluzione storica può divenire fondamentale per l’operazione. Ed è qui, in una ulteriore crisi, che la soluzione può nascere. Si potrebbero inserire una serie di parametri modificabili direttamente dal fruitore che a sua discrezione potrebbe ricostruire condizioni anche mai esistite; questo porterebbe ad un passo successivo la progettazione di questi spazi, non più visionati staticamente, ma elaborati attivamente come software ricchi di informazioni. Non è altro che dichiarare apertamente quello per cui i Fori Imperiali sono stati tramandati fino a noi: essere memorie di parte della storia dell’uomo.
3_Applicabilità e possibilità
L’applicazione di questo tipo di progettazione vuole essere una modalità di trattare l’immobilità di siti archeologici che hanno la sola possibilità di essere musei: ovvero la condizione dei Fori Imperiali. Ovviamente questo tipo di progettazione scadrebbe nel banale se volesse essere applicato ad Architetture con potenzialità funzionali diverse: mi viene da pensare ad esempio ad un Colosseo.
E’ ovvio che detto ciò il progetto è da sviluppare nella ricerca di una nuova musealità interattiva da applicare in siti con scarse possibilità di rappresentare qualcosa di diverso, se non la propria storia.
Infine uno sviluppo di questi mezzi potrebbe essere applicato in un’altra situazione di crisi non attinente con quello sinora detto: ovvero nello sviluppo di un nuovo concetto di cantiere interattivo, dove prefigurare l’innesto di una architettura nel contesto urbano prima ancora della sua realizzazione costruttiva.
L’intenzione non è quella di proporre più soluzioni progettuali in vari ambiti problematici, ma puntualizzare il concetto base di questa ricerca: l’Information Thecnology applicata all’Architettura può permettere una nuova fruizione della realtà, non più statica, ma mutevole e dinamica, pronta a coinvolgere attivamente l’utente in modo tale che qualsiasi manufatto, che esso sia del passato, del presente o del futuro, entri in simbiosi con le dinamiche della città moderna.
Ora non resta che ideare un vero e proprio progetto architettonico che sintetizzi questi concetti in qualcosa di concretizzabile. Under Construction
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