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Fabrizio De Andre'
Non al denaro
non all'amore
né al cielo
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.DORMONO
SULLA COLLINA
Dove
se n’è andato Elmer
che
di febbre si lasciò morire
dov’è
Herman bruciato in miniera.
Dove
sono Bert e Tom,
il
primo ucciso in una rissa
e
l’altro che uscì già morto di galera.
E
cosa ne sarà di Charley
che
cadde mentre lavorava
e
dal ponte volò e volò sulla strada.
Dormono,
dormono sulla collina
Dormono,
dormono sulla collina.
Dove
sono Ella e Kate
morte
entrambe per errore,
una
d’aborto, l’altra d’amore.
E
Maggie uccisa in un bordello
dalle
carezze di un animale
e
Edith consumata da uno strano male.
E
Lizzie che inseguì la vita
lontano,
e dall’Inghilterra
fu
riportata in questo palmo di terra.
Dormono,
dormono sulla collina
Dormono,
dormono sulla collina.
Dove
sono i generali
che
si fregiarono nelle battaglie
con
cimiteri di croci sul petto.
Dove
i figli della guerra
partiti
per un ideale
per
una truffa, per un amore finito male.
Hanno
rimandato a casa
le
loro spoglie nelle bandiere
legate
strette perché sembrassero intere.
Dormono,
dormono sulla collina
Dormono,
dormono sulla collina.
Dov’è
Jones il suonatore
che
fu sorpreso dai suoi novant’anni
e
con la vita avrebbe ancora giocato.
Lui
che offrì la faccia al vento,
la
gola al vino e mai un pensiero
non
al denaro, non all’amore né al cielo.
Lui
sì sembra di sentirlo
cianciare
ancora delle porcate
mangiate
in strada nelle ore sbagliate.
Sembra
di sentirlo ancora
dire
al mercante di liquore
"tu
che lo vendi, cosa ti compri di migliore?".
.UN
MATTO
(dietro
ogni scemo c’è un villaggio)
Tu
prova ad avere un mondo nel cuore
e
non riesci ad esprimerlo con le parole,
e
la luce del giorno si divide la piazza
tra
un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e
neppure la notte ti lascia da solo:
gli
altri sognan se stessi e tu sogni di loro.
E
sì, anche tu andresti a cercare
le
parole sicure per farti ascoltare:
per
stupire mezz’ora basta un libro di storia,
io
cercai d’imparare la Treccani a memoria,
e
dopo maiale, Majakowsky e malfatto,
continuarono
gli altri fino a leggermi matto.
E
senza sapere a chi dovessi la vita
in
un manicomio io l’ho restituita:
qui
sulla collina dormo malvolentieri
eppure
c’è luce ormai nei miei pensieri,
qui
nella penombra ora invento parole
ma
rimpiango una luce, la luce del sole.
Le
mie ossa regalano ancora alla vita:
le
regalano ancora erba fiorita.
Ma
la vita è rimasta nelle voci in sordina
di
chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di
chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
una
morte pietosa lo strappò alla pazzia.
.UN
GIUDICE
Cosa
vuol dire avere
un
metro e mezzo di statura,
ve
lo rivelan gli occhi
e
le battute della gente,
o
la curiosità
di
una ragazza irriverente
che
si avvicina solo
per
un suo dubbio impertinente:
vuole
scoprir se è vero
quanto
si dice intorno ai nani,
che
siano i più forniti
della
virtù meno apparente,
fra
tutte le virtù
la
più indecente.
Passano
gli anni, i mesi,
e
se li conti anche i minuti,
è
triste trovarsi adulti
senza
essere cresciuti;
la
maldicenza insiste,
batte
la lingua sul tamburo
fino
a dire che un nano
è
una carogna di sicuro
perché
ha il cuore toppo,
troppo
vicino al buco del culo.
Fu
nelle notti insonni
vegliate
al lume del rancore
che
preparai gli esami.
diventai
procuratore
per
imboccar la strada
che
dalle panche d’una cattedrale
porta
alla sacrestia
quindi
alla cattedra d’un tribunale,
giudice
finalmente,
arbitro
in terra del bene e del male.
E
allora la mia statura
non
dispensò più buonumore
a
chi alla sbarra in piedi
mi
diceva Vostro Onore,
e
di affidarli al boia
fu
un piacere del tutto mio,
prima
di genuflettermi
nell’ora
dell’addio
non
conoscendo affatto
la
statura di Dio.
.UN
BLASFEMO
(dietro
ogni blasfemo c’è un giardino incantato)
Mai
più mi chinai e nemmeno su un fiore,
più
non arrossii nel rubare l’amore
dal
momento che Inverno mi convinse che Dio
non
sarebbe arrossito rubandomi il io.
Mi
arrestarono un giorno per le donne ed il vino,
non
avevano leggi per punire un blasfemo,
non
mi uccise la morte, ma due guardie bigotte,
mi
cercarono l’anima a forza di botte.
Perché
dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,
lo
costrinse a viaggiare una vita da scemo,
nel
giardino incantato lo costrinse a sognare,
a
ignorare che al mondo c’è il bene e c’è il male.
Quando
vide che l’uomo allungava le dita
a
rubargli il mistero d’una mela proibita
per
paura che ormai non avesse padroni
lo
fermò con la morte, inventò le stagioni.
...mi
cercarono l’anima a forza di botte...
E
se furon due guardie a fermarmi la vita,
è
proprio qui sulla terra la mela proibita,
e
non Dio, ma qualcuno che per noi l’ha inventato,
ci
costringe a sognare in un giardino incantato,
ci
costringe a sognare in un giardino incantato.
.UN
MALATO DI CUORE
-Cominciai
a sognare anch’io insieme a loro
poi
l’anima d’improvviso prese il volo.-
Da
ragazzo spiare i ragazzi giocare
al
ritmo balordo del tuo cuore malato
e
ti viene la voglia di uscire e provare
che
cosa ti manca per correre al prato,
e
ti tieni la voglia, e rimani a pensare
come
diavol fanno a riprendere fiato.
Da
uomo avvertire il tempo sprecato
a
farti narrare la vita dagli occhi
e
mai poter bere alla coppa d’un fiato
ma
a piccoli sorsi interrotti,
e
mai poter bere alla coppa d’un fiato
ma
a piccoli sorsi interrotti.
Eppure
un sorriso io l’ho regalato
e
ancora ritorna in ogni sua estate
quando
io la guidai o fui forse guidato
a
contarle i capelli con le mani sudate.
Non
credo che chiesi promesse al suo sguardo,
non
mi sembra che scelsi il silenzio o la voce,
quando
il cuore stordì e ora no non ricordo,
da
quale orizzonte sfumasse la luce.
E
fra lo spettacolo dolce dell’erba
fra
lunghe carezze finite sul volto,
quelle
sue cosce color madreperla
rimasero
forse un fiore non colto.
Ma
che la bacia questo sì lo ricordo
col
cuore ormai sulle labbra,
ma
che la baciai, per Dio, sì lo ricordo,
e
il mio cuore le restò sulle labbra.
-E
l’anima d’improvviso prese il volo
ma
non mi sento di sognare con loro
no
non mi riesce di sognare con loro.
.UN
MEDICO
Da
bambino volevo guarire i ciliegi
quando
rossi di frutti li credevo feriti
la
salute per me li aveva lasciati
coi
fiori di neve che avevan perduti.
Un
sogno, fu un sogno ma non durò poco
per
questo giurai che avrei fatto il dottore
e
non per un Dio ma nemmeno per gioco:
perché
i ciliegi tornassero in fiore,
perché
i ciliegi tornassero in fiore.
E
quando dottore lo fui finalmente
non
volli tradire il bambino per l’uomo
e
vennero in tanti e si chiamavano gente
ciliegi
malati in ogni stagione.
E
i colleghi d’accordo i colleghi contenti
nel
leggermi in cuore tanta voglia d’amare
mi
spedirono il meglio dei loro clienti
con
la diagnosi in faccia e per tutti era uguale:
ammalato
di fame incapace a pagare.
E
allora capii fui costretto a capire
che
fare il dottore è soltanto un mestiere
che
la scienza non puoi regalarla alla gente
se
non vuoi ammalarti dell’identico male,
se
non vuoi che il sistema ti pigli per fame.
E
il sistema sicuro è pigliarti per fame
nei
tuoi figli in tua moglie che ormai ti disprezza,
perciò
chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l’etichetta
diceva: elisir di giovinezza.
E
un giudice, un giudice con la faccia da uomo
mi
spedì a sfogliare i tramonti in prigione
inutile
al mondo ed alle mie dita
bollato
per sempre truffatore imbroglione
dottor
professor truffatore imbroglione.
.UN
CHIMICO
Solo
la morte m’ha portato in collina
un
corpo fra i tanti a dar fosforo all’aria
per
bivacchi di fuochi che dicono fatui
che
non lasciano cenere, non sciolgon la brina.
Da
chimico un giorno avevo il potere
di
sposar gli elementi e farli reagire,
ma
gli uomini mai mi riuscì di capire
perché
si combinassero attraverso l’amore.
Affidando
ad un gioco la gioia e il dolore.
Guardate
il sorriso guardate il colore
come
giocan sul viso di chi cerca l’amore:
ma
lo stesso sorriso lo stesso colore
dove
sono sul viso di chi ha avuto l’amore.
Dove
sono sul viso di chi ha avuto l’amore.
Che
strano andarsene senza soffrire,
senza
un volto di donna da dover ricordare.
Ma
è forse diverso il vostro morire
voi
che uscite all’amore che cedete all’aprile.
Cosa
c’è di diverso nel vostro morire.
Primavera
non bussa lei entra sicura
come
il fumo lei penetra in ogni fessura
ha
le labbra di carne i capelli di grano
che
paura, che voglia che ti prenda per mano.
Che
paura, che voglia che ti porti lontano.
Ma
guardate l’idrogeno tacere nel mare
guardate
l’idrogeno al suo fianco dormire:
soltanto
una legge che io riesco a capire
ha
potuto sposarli senza farli scoppiare.
Soltanto
una legge che io riesco a capire.
Fui
chimico e, no, non mi volli sposare.
Non
sapevo con chi e chi avrei generato:
son
morto in un esperimento sbagliato
proprio
come gli idioti che muoion d’amore.
qualcuno
dirà che c’è un modo migliore.
.UN
OTTICO
Daltonici
presbiti, mendicanti di vista
il
mercante di luce, il vostro oculista,
ora
vuole soltanto clienti speciali
che
non sanno che farne di occhi normali.
Non
più ottico ma spacciatore di lenti
per
improvvisare occhi contenti,
perché
le pupille abituate a copiare
inventino
i mondi sui quali guardare.
Seguite
con me questi occhi sognare,
fuggire
dall’orbita e non voler ritornare.
(
I° cliente)
Vedo
che salgo a rubare il sole
per
non aver più notti,
perché
non cada in reti di tramonti,
l’ho
chiuso nei miei occhi,
e
chi avrà freddo
lungo
il mio sguardo si dovrà scaldare.
(
II° cliente)
Vedo
i fiumi dentro le mie vene,
cercano
il loro mare,
rompono
gli argini,
trovano
cieli da fotografare.
Sangue
che scorre senza fantasia
porta
tumori di malinconia.
(
III° cliente)
Vedo
gendarmi pascolare
donne
chine sulla rugiada,
rosse
le lingue al polline dei fiori
ma
dov’è l’ape regina?
Forse
è volata ai nidi dell’aurora,
forse
è volata, forse più non vola.
(
IV° cliente)
Vedo
gli amici ancora sulla strada,
loro
non hanno fretta,
rubano
ancora al sonno l’allegria
all’alba
un po’ di notte:
e
poi la luce, luce che trasforma
il
mondo in un giocattolo.
Faremo
gli occhiali così!
Faremo
gli occhiali così!
.IL
SUONATORE JONES
In
un vortice di polvere
gli
altri vedevan siccità,
a
me ricordava
la
gonna di Jenny
in
un ballo di tanti anni fa.
Sentivo
la mia terra
vibrare
di suoni
era
il mio cuor,
e
allora perché coltivarla ancora,
come
pensarla migliore.
Libertà
l’ho vista dormire
nei
campi coltivati
a
cielo e denaro,
a
cielo ed amore,
protetta
da un filo spinato.
Libertà
l’ho vista svegliarsi
ogni
volta che ho suonato
per
un fruscio di ragazze
a
un ballo
per
un compagno ubriaco.
E
poi la gente lo sa,
e
la gente lo sa che sai suonare,
suonare
ti tocca
per
tutta la vita
e
ti piace lasciarti ascoltare.
Finì
con i campi alle ortiche
finì
con un flauto spezzato
e
un ridere rauco
e
ricordi tanti
e
nemmeno un rimpianto.
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