LO SVEZZAMENTO E L’ALLEVAMENTO ALLO STECCO

 

Tratto da I FRINGILLIDI edito FOI

 

Lo svezzamento inizia quando i piccoli cominciano a lasciare il nido. Nel caso in cui i piccoli uscissero dal nido quando non sono ancora abbastanza cresciuti per scaldarsi autonomamente, sarà opportuno rimetterli nel nido stesso, coprendoli con una mano fino a quando non smettono di spingere per saltare di nuovo fuori all'impazzata. (meglio se per compiere l'operazione si oscura la stanza e si toglie la mano dolcemente). Il vantaggio di lasciare il nido il più tardi possibile sta nel fatto che i genitori imbeccano tutti i piccoli ciclicamente, mentre quando sono fuori dal nido imbeccano chi si avvicina loro per chiedere l'imbeccata. In questa situazione il più piccolo, il più debole, chi si rintana in un angolo della gabbia e chi sbatacchia qua e là richia di restare a gozzo vuoto. Se i piccoli in questa fase smettono di essere alimentati, potranno essere riuniti a dei coetanei in un'unica gabbia con un maschio ottimo imbeccatore, oppure imbeccati allo stecco con una siringa o con un bastoncino. Dato che, in questa fase, i soggetti sono ormai grandicelli, potrebbe accadere che non aprono il becco con facilità; allo scopo basterà metterli in una scatola coperta da un panno scuro, che non lasci passare la luce. Dopo un'oretta, scoprendoli velocemente, si vedrà che i soggetti colpiti dalla luce apriranno prontamente il becco; se ciò non avviene, non resta altra soluzione che forzarli avvalendosi di uno stecchino ed alimentarli forzatamente con una siringa. Se, invece, accettano quello che gli viene porto in punta di stecco è più semplice, e lo svezzamento sarà veloce. Infatti, basterà iniziare ad appoggiare la punta dello stecco sul contenitore del pastoncino o su uno spicchio di mela, che i giovani inizieranno subito a beccuzzare incuriositi. Molte volte, un ritardo nello svezzamento è dovuto al fatto che i piccoli non stanno bene ( in genere infezioni intestinali), per cui l'imbecco dovrà contenere l'opportuno antibiotico.

Tali infezioni sono la regola quando non si usa la griglia sul fondo della gabbia o il fondo stesso non è ben pulito, e i soggetti si alimentano con semi contaminati dalle feci. A svezzamento avvenuto, i piccoli potranno essere alloggiati da soli, in gabbie di parcheggio, per essere immessi in voliera con i consimili dopo una decina di giorni, e cioè quando ormai si alimentano sistematicamente con i semi secchi; in questa fase è importante fornire la scagliola e poco più, fino al termine della muta, perchè un'alimentazione troppo proteica danneggerebbe sicuramente l'intestino, e bene lo sa chi alleva i Verdoni che, se alimentati con sola Scagliola superano brillantemente la muta, mentre negli altri casi sono invece destinati quasi sempre a morire. In tale infausta ipotesi, il periodo più critico è l'inizio dell'autunno, quando l'aria rinfresca e le infezioni intestinali "esplodono". Nel caso in cui si utilizza la sola femmina, quando questa ricomincia a covare ed i piccoli non sono ancora svezzati, si dovrà togliere il nido in modo che l'istinto ad imbeccare vinca su quello di covare (alcune femmine, però, si scondizionano e vanno in muta). Se anche questo tentativo dà esito negativo, si dovrà tentare con l'allevamento a mano sopra descritto. La pappa da utilizzare per l'allevamento artificiale può essere la più varia: è evidente che se il piccolo non ha ricevuto alimenti per diverse ore, le prime imbeccate dovranno essere piuttosto liquide per reidratarlo (allo scopo va bene la mela frullata unita all'albume di un uovo sodo). Per le imbeccate successive la liquidità potrà essere minore, per cui, per ottenere la pappa, si potrà usare del tuorlo d'uovo liofilizzato allungato in acqua, o del pastoncino da mantenimento inumidito con latte o succhi di frutta. Il tutto deve essere ad una temperatura non inferiore ai 20 -20°C e se la pappa è conservata in frigo, andrà allungata con dell'acqua calda fino a che l'amalgama non è tiepido. Questo tipo di allevamento ha successo se i piccoli hanno superato la settimana di vita e la madre, pur non alimentandoli, li riscalda o se i piccoli sono già completamente impiumati, per cui gli interventi eseguiti nei primi giorni di vita possono servire da correttivo, ma da soli sono pressochè inutili. Come ho già detto, preferisco usare il pennellino impregnato o lo stecco, ma quando i piccoli sono molto cresciuti e non vogliono aprire il becco, è giocoforza usare la siringa. La stessa dovrà essere modificata allargando il foro d'uscita, e infilando sulla parte esterna della tipica protuberanza un tubicino in gomma morbida. Messa la pappa nel cilindro della siringa si infilerà lo stantuffo onde far uscire un po' dell'imbecco e saggiarne la consistenza. Il tubicino in gomma, passando per la bocca senza provocare escoriazioni, finirà direttamente nel gozzo e lì, con una leggere pressione sullo stantuffo, si "pomperà" la pappa fino a quando il gozzo sarà moderatamente pieno. La reticenza ad aprire il becco normalmente viene vinta al sentire la pappa in vocca, per cui la siringa può servire in questa prima fase per poi passare all'allevamento allo stecco vero e proprio. Le imbeccate artificiali dovranno susseguirsi ogni due ore circa, fino a svezzamento avvenuto, e se la madre non copre più i piccoli questi, per essere riscaldati potranno essere tenuti in un contenitore di polistirolo o nella gabbia infermeria. Dato che la loro crescita on è stata normale, indipendentemente dalle loro caratteristiche estetiche, tali soggetti andranno eliminati dall'allevamento.