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Il record
dei "no"
Tratto da "Lo scrittore" di G.Cerone
…Ma torniamo
a me e alla mia battaglia contro il sistema. Dunque, il 10 ottobre
1993 è comparso sulla Stampa di Torino un lungo articolo che mi
riguardava. In prima pagina. Il dott. Giorgio Calcagno, che non
saprò mai come ringraziare, ha ricostruito tutta la mia storia,
partendo proprio dai rifiuti editoriali. Ecco l'articolo
Il mio libro
ha il record dei "no"
E' riuscito ad
accumulare, in pochi anni, centotredici rifiuti editoriali, per
cinque libri, di poesia e narrativa. Si chiama Giuseppe cerone,
quarantunenne, lucano, professore di inglese in una scuola media del
Cilento. E' lo scrittore più inedito, in una società letteraria dove
i grandi autori sono quasi tutti scomparsi, ma dove la macchina
dell'editoria arriva a sfornare trentamila libri nuovi ogni anno.
Giuseppe cerone non è, propriamente, un poeta della Domenica. Non
appartiene a quella temibile tribù dei manoscrittari con Gattopardo
nel cassetto che tendono l'imboscata a Umberto Eco dopo la tavola
rotonda e poi gli mandano telegrammi di insulti perché non ha
convinto il grande editore a pubblicarli. Accanto ai centotredici no
degli editori, Cerone può esibire quasi altrettanti sì di critici,
scrittori, docenti universitari, che gli hanno inviato lettere di
stima, incoraggiamento, alcuni di esplicito consenso.
Nel suo archivio domestico, ad Agropoli, dove vive da quindici anni,
le lettere degli editori sono quasi tutte uguali: "Abbiamo letto con
interesse il suo dattiloscritto, ma i nostri attuali programmi non
ci consentono…" Ce ne sono cinque della Rizzoli, quattro della
Mondadori, e poi via di Garzanti, Rusconi, Frassinelli, fino ai più
piccoli. Solo pochi, come Raffaele Crovi di Camunia, gli dicono che
il libro proprio non gli è piaciuto. Altri, come Adelphi, esprimono
il loro disinteresse con il silenzio.
Le lettere degli scrittori sono di tipo diverso e comprendono il
Gotha della nostra letteratura, da Ceronetti a Malerba, da Siciliano
a La Capria. Alcuni si limitano a manifestare la loro simpatia per
il personaggio. Altri apprezzano il suo sforzo, lasciandogli capire
che sono dalla sua parte, senza poter promettere nulla. Ma più d'uno
si sbilancia, con un giudizio . "La scrittura è pregevole, semplice
e al tempo stesso densa", gli scrive Geno Pampaloni. "Mi sembra
interessante lo stile e una certa sanguigna disperazione che circola
tra le pagine" , precisa Saverio Vertone. "Continui a scrivere-
incoraggia Claudio Magris-. Il racconto che mi ha mandato rivela,
nella sua brevità ed essenzialità, una notevole forza". Telegrafico,
ma più gratificante di tutti, il sommo Carlo Bo: "Ho letto con
ammirazione ". Roberto Pazzi, grande collezionista di rifiuti
editoriali prima di arrivare al successo, sembra capire il suo più
sfortunato imitatore del Sud: "Mi piace la capacità del suo
linguaggio di andare dritto al cuore delle cose" E i suoi libri
continuano a rimanere dattiloscritti.
Giuseppe Cerone è il tipico giovane meridionale, con amore per la
cultura, che vive da sempre nell'isolamento. E' nato a Muro Lucano,
di famiglia contadina, ancora oggi i fratelli di suo padre coltivano
la terra. Il suo era un centro di undicimila abitanti, poi si era
spopolato; si è venuto riprendendo solo dopo il terremoto del 1980,
che fatto duecento morti ma ha portato tanti miliardi. "Per avere
uno sviluppo, il mio paese ha dovuto aspettare il terremoto.", dice
il professore, con la triste ironia che affiora anche dalle sue
pagine.
In quel paese, quando lui era ragazzo, qualche libro era cominciato
ad arrivare, dopo il lancio degli Oscar. Il figlio dei contadini,
dodicenne, si è trovato Hemingway, Fitzgerald, poi Kerouac, poi
Bukovski, che lo hanno subito stregato. Per avvicinarsi ai suoi
miti, in mancanza di un'America troppo lontana, ha cercato di
conoscere il mondo inglese, andando a passare tutte le estati a
Londra. Per mantenersi faceva il cameriere nei ristoranti. Finchè è
arrivato agli studi di inglese veri, all'Università di Salerno. E
alla laurea con una tesi du Christopher Fry, che poteva essere un
buon biglietto da visita. C'erano dei maestri di grido, allora, a
Salerno: da Sanguineti a De Mauro, che è stato fra i primi a leggere
le sue pagine e il primo a scrivergli "Lei ha il merito di saper
raccontare".
Neanche il passaporto di De Mauro doveva bastargli. Dopo la laurea è
ripresa rapidamente per Cerone la vita di provincia, la scuola
media, ad Agropoli, dove ha messo su casa con la moglie, anglista
come lui; la nuova solitudine. Agropoli d'inverno ha 20mila
abitanti, d'estate 80mila, per l'invasione dei turisti; ma
all'appassionato di letteratura non offre nessuna possibilità di
contatti. Qui c'è una via dedicata a Franco Antonicelli, che ad
Agropoli era stato inviato al confino dal fascismo. Ma il nume della
città è un altro, il farmacista Bonifacio, inventore di quel
leggendario siero anticancro, poi proibito, che aveva fatto
accorrere gente da tutta Italia.
Da solo, in casa, cerone ha continuato a scrivere, memorie di
Lucania, esperienze di vita, fantasie.
Ha scritto anche un romanzo, "Amnesia di un professore", storia di
un uomo che vede la vita a sprazzi, tormentato dalla perdita della
memoria; un libro di racconti per gli alunni delle medie, "A
scuola,ragazzi". E ha attivato, instancabilmente, la posta. Per
spedire dattiloscritti ha speso milioni. "Un libro di cento pagine,
in fotocopie, mi costa diecimila lire- dice-. Più altre 6-7 mila
lire in francobolli" E ne ha mandati a centinaia. "Ma è il mio solo
hobby- si giustifica-. Non spendo in altro. Anche mia moglie è
diventata più tollerante."
Aveva sperato molto quando si era interessato a lui Luigi
Compagnone, che gli aveva anche dedicato un bell'articolo sul
Mattino di Napoli. Neppure quell'appoggio è stato sufficiente. Per
avere la soddisfazione di vedere un proprio libro stampato, ha
scelto anche lui la pericolosa via delle edizioni a pagamento, con
trenta piccoli racconti, Il muro lucano ( "Calvino ci insegna ad
essere brevi", spiega). Poi, quest'anno, un piccolo editore
torinese, genesi, gli ha pubblicato un volume di versi, Poesia
Circolare, con una prefazione molto convinta di Giorgio Barberi
Squarotti. Il poeta, sicuramente, c'è. La circolazione no.
E allora il professor Cerone ha deciso di giocare l'ultima carta. In
fondo nessuno aveva ricevuto tante bocciature, in Italia. "Ho
chiesto, per autoflagellarmi, di essere annoverato nel Guinness dei
Primati" Almeno lì, avrebbero dovuto stampare il suo nome. Dopo
dieci giorni gli è arrivata una lettera, molto gentile, da Londra. "Dear
Professor Cerone…" La Correspondence Editor della casa inglese lo
informava che il posto era già occupato. Il record apparteneva da
otto anni a uno scrittore americano, Bill Gordon, che di rifiuti ne
aveva avuti 176, per un suo libro intitolato, ironia delle ironie,
How many books do you sell in Ohio. Sconfitta inesorabile,
centoquattordicesimo rifiuto.
Giorgio Calcagno
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