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Terenzio Formenti

" IO SONO L'ARCOBALENO DELLA NOTTE "

E' stata  questa la  mia prima  espressione poetica,  riconosciuta
come tale,  e proprio  per questo  vorrei  dedicarmi  a  far  luce
sull'immagine "arcobaleno  della notte",  anche se  so  che  forse
troverò solo colori.
    Due  sono state le grandi cose che mi ha regalato il mondo dei
sogni e   il  mondo dell'inconscio: la donna amata e la poesia. La
prima l'ho incontrata nel sogno e l'ho riconosciuta nella realtà e
la seconda  é venuta  a farmi dono di sé in una sera di pioggia di
stelle: il 14 Agosto del 1986.
    Per  la mia  professione di psicologo, che fa psicoterapia, mi
necessita   una   formazione   permanente,   cioè   una   continua
elaborazione delle  mie problematiche personali; mi trovavo perciò
in quel  periodo a  frequentare un  laboratorio  sul  corpo  e  le
emozioni in una tenuta nella zona di Alessandria. Avevamo lavorato
tutto il  pomeriggio sul corpo attraverso il massaggio e alla sera
ci venne  proposta una  rappresentazione di  "teatro dell'essere".
Esso consiste  nel presentarsi  in scena  e  trovare  il  modo  di
esprimere, il  più spontaneamente  possibile, il    proprio  "sè".
Ricevuta questa  indicazione, io  ho avuto subito l'intuizione che
avrei rappresentato  l'arcobaleno della  notte.  Hanno  cominciato
immediatamente a nascermi dentro molte immagini che si inseguivano
l'una all'altra  e   così mi  é venuto  spontaneo darmi  una veste
scenografica. Nel  guardaroba del  teatro ho  trovato la veste del
fuoco: una  tunica nera  a fiamme rosse; ho aggiunto un berrettino
da giullare  di corte,  di quelli  a spicchi di vario colore con i
campanellini sulle  punte, e  mi sono fornito di due campanelle di
bronzo squillante,  meglio conosciute  come "campanelle  siamesi".
Quando è giunto il momento di presentarmi sotto i riflettori, dopo
aver suonato  alcuni rintocchi  con questo  strumento musicale, ho
cominciato a  declamare le immagini che mi si erano presentate nel
frattempo e quelle che nascevano in quel momento.

udite   udite gente
odi tu uomo che vieni da lontano
odi tu donna che vivi a me vicino

io sono l'arcobaleno della notte
nato dalle tenebre in questa sera di magia
 mi chiederete quali sono i miei colori
 chiudete gli occhi e li vedrete

sono il pianto di un bimbo nella notte
 la luce negli occhi di due innamorati che si cercano nel buio
    i sospiri, i sussurri, i baci di un incontro d'amore
 un fuoco d'artificio che nasce dal buio e muore nel buio
           sulle rive di un lago in una notte di festa

sono gli occhi di una tigre in amore che bramisce nella giungla
     le luci di Broadway e di Chinatown
     gli occhi di un gatto    che miagola alle stelle sul tetto di
una baita
       una  falce di  luna     che taglia la segala in un prato di
montagna
     gli occhi di una volpe     che ha deciso che questa notte non
ammazzerà
     gli occhi di una lepre     che rassicurata bruca l'erba di un
prato tenero  i  palpiti di luce di una lucciola  che cerca la sua
compagna fra i cespugli
sono i  fantasmi e  i folletti  buoni       che compongono i sogni
della notte
 uno gnomo     che gioca a nascondino con le sue immagini
 la serenata di un grillo del focolare
 un fuoco fatuo     che illumina le paure di un viandante
 le favole di un nonnino     narrate alla luce dei tizzoni ardenti
 un vulcano     che proietta nel cielo i suoi lapilli di gioia
     il pianto di stelle nella notte di San Lorenzo

 sono un piccolo uomo
 ma sono anche     l'arcobaleno di questa notte di magia
 un frammento di infinito

Finita la mia declamazione e chiusa la serata, mi sono preoccupato
di mettere per scritto il tutto e così ho cominciato a giocare con
la poesia e non ho ancora smesso.
Potrei ora  rivolgere anche  a me  la domanda di quali sono i miei
colori e  provo a  rispondere. I  primi che  appaiono sono  quelli
della  magia,   poi  incontro   quelli  dell'amore,   dei   fuochi
d'artificio che  nascono e  muoiono, delle  luci della  ribalta  e
delle varie  Chinatown sparse per il mondo, quelli delle emozioni,
delle sensazioni,  dei sentimenti, degli occhi degli animali della
notte, dei  fuochi fatui,  della luna, dei fantasmi e dei folletti
buoni dei  sogni, delle  immagini di  uno gnomo, delle favole, dei
tizzoni  ardenti,   dei  lapilli  di  gioia  di  un  vulcano,  dei
pesciolini fosforescenti dell'oceano nelle sue profondità e quelli
delle serenate dei grilli del focolare.
Se dovessi  dire quali  sono le immagini che più mi colpiscono per
la loro  imprevedibilità, sceglierei  quella della  volpe "che  ha
deciso che  questa notte  non ammazzerà"  collegata a quella della
lepre che  "rassicurata bruca  l'erba di  un tenero prato". Questa
dinamica profonda  di  aggressività  distruttiva  e  tenerezza  mi
colpisce e  mi affascina.  Per il resto lasciamo parlare la poesia
così come é esplosa in una notte d'estate.
    Vorrei  provare ora  ad andare alla ricerca, nei vari libri di
poesie da  me scritti,  delle immagini  riguardanti  l'arcobaleno.
Esse potrebbero dirmi ancora qualcosa.
La seconda  poesia che  appare nel  primo libro da me intitolato "
Poesie nate d'estate " é:

ARCOBALENO

polvere di stelle inondata di sole
colori dell'universo
ordinati nel cielo da un pittore onnipotente
ponte di magia che raccorda i confini dell'universo
rigo musicale dell'armonia cosmica
taboga dell'immenso

 voglio costruire il mio arcobaleno
 scalarne la vetta
 e sprofondare in un mare di stupore e colori

Sono immagini  potenti. Nella  prima parlavo  di me,  qui parlo di
sole, di  universo, di  un pittore onnipotente, di ponte di magia,
di armonia  cosmica, di  taboga dell'immenso.  E così  non  ancora
soddisfatto del  mio arcobaleno  della notte,  trovo quì materiale
per costruire  anche quello  del giorno, alla ricerca di stupore e
di nuovi colori.
    A  proposito di  taboga, in una poesia successiva, nata mentre
sto passando  una serata  al luna park, parlando del taboga, che è
quel famoso  scivolo nel  quale seduti  su di un tappeto si vola o
quasi su  una lunga  serie di  gobbe,  provando  l'ebbrezza  della
velocità e dell'assenza di gravità, dico di lui:

arcobaleno lanciato verso il cielo
invito al rischio e all'ebbrezza
proposta di scendere dalla solitudine
e planare in una tazza rivestita di occhi
trepidazione... velocità... levitazione...
tappeto volante che mi rapisci
con la fantasia e l'immaginazione
in un viaggio alla ricerca di me stesso

    In un'altra poesia, scritta nello stesso periodo e dedicata al
sole, a lui rivolto dico:

tu
sole
che in una lurida pozzanghera
fai nascere l'arcobaleno

e successivamente,  nella poesia:  "Ciò che non si può ricordare e
ciò che  non si può dimenticare" parlo di "un arcobaleno che muore
in una pozzanghera".
Forse anche  l'arcobaleno, in una pozzanghera può morire ma in una
pozzanghera può  anche nascere.  Mi viene  in mente  un  verso  di
George Barker  che dice:  "il fango  canta perchè tutta la gioia é
magica".
   Dopo otto giorni dall'esplosione della prima poesia, finisco in
ospedale per  una peritonite improvvisa. Alla peritonite segue una
polmonite. Le  flebo non si contano più, ma la vena poetica non si
affloscia e la boccia di vetro mi dona un arcobaleno.

FLEBO

piccola bolla d'aria
che sali al cielo
nella boccia di vetro

piccola bolla di vita
che scendi nella vena
per darmi speranza

un raggio di sole
incide
la sfera magica
della sofferenza

é subito arcobaleno
ma nella volta
coorti di angeli
chinati sulla terra
accolgono le piccole bolle
anime... che lasciano la vita

cielo!
é ancora presto per la mia anima
    E ora passo volentieri a una poesia nata su di un verso di Bob
Dylan. In essa non si nomina la parola arcobaleno, ma si parla dei
suoi colori.

  " tutti i colori che tu hai nella mente
     io te li farò vedere e tu li vedrai brillare "
     Bob Dylan

forse

non conoscevi
i colori
della tua mente

e mi hai inventato
perché io
te ne facessi dono

insieme
abbiamo peregrinato

   il tuo mondo
   il mio mondo
   il nostro mondo

e ora

i nostri colori
hanno imparato a giocare

e forse
ancora non si conoscono

Ciò che mi piace molto in questa poesia, indirizzata a mia moglie,
è senz'altro  l'ultima  frase.    Penso  proprio  che,  più  della
conoscenza, sia  la  disponibilità  all'altro  come  mistero,  che
permette a  due persone  che si amano di continuare a giocare, e a
due persone che giocano, di continuare ad amarsi.

ogni goccia
del mare
gioca
con la sua vicina

e forse

non la conosce

Ma mi  affascina anche  il verso: "e mi hai inventato perchè io te
ne facessi  dono".   E' meraviglioso essere inventati per amore ed
essere inventati per donare.
    C'è  un'altra poesia  che io  amo molto  e che  parla pure  di
arcobaleno. E' una situazione da favola. Sono in vacanze a Linosa,
isola che  allora era ancora deserta. Sto girovagando per l'isola,
tutto solo  e tutto  nudo; indosso  solo un  paio di scarponcelli,
necessari perchè  per spostarsi bisogna saltare da uno spuntone di
lava all'altro.  Sento che  dalla  scogliera  giunge  a  tratti  e
ritmicamente un boato e mi dirigo verso di esso...
LINOSA     ISOLA  DI  VULCANI

magma
freddo da millenni
scende a lambire il mare

una mareggiata selvaggia
invade
furiosa
un anfratto

un boato
di polvere di mare
disegna
un arcobaleno nell'aria

una rugiada    di colori
accarezza la mia pelle
e un brivido di sole
l'asciuga dolcemente

in un gioco eterno
si alternano
le stagioni... di questa magia

Mi pare  che la  poesia da  sola dica  e faccia  sentire tutta  la
"magia" del  momento e  perciò non  mi soffermo  oltre. A me basta
aver provato e provare tuttora, leggendo questa poesia, l'ebbrezza
di essere avvolto da un arcobaleno.
    Amo  i colori  dell'arcobaleno ma  li odio nell'iridescenza di
certi  tipi  di  occhiali  da  sole  e  delle  finestre  di  certi
grattacieli. Negli  occhiali da sole essa condanna alla solitudine
sia  chi   è  dietro   alle  lenti   ,   che   l'interlocutore   o
l'interlocutrice. Per  le finestre dei palazzi cito una mia poesia
che parla  di un  un'hotel di  Montreal cresciuto  ai bordi  della
Chinatown.

HOTEL FURAMA

sigillato
nella mia stanza...
di aria condizionata
vivo

mille occhi
mi guardano
e non mi vedono

iridescenti

gli specchi
delle mie vetrate
riflettono
il nulla
che ci separa
e confonde

vivi

solopiccoli gnomi
vestiti di luce
sgorgano dalla terra
e si arrampicano
su facciate
e pareti
di negozi e grattacieli


la "china town"
di Montreal
ha liberato
i suoi sogni

Lascio immaginare quale contrasto può nascere fra la situazione di
quest'hotel e  la fantasmagoria  , la  vita e  la  vivacità  delle
lettere dell'alfabeto  cinese "piccoli  gnomi, vestiti di luce che
sgorgano dalla  terra e  si arrampicano  su facciate  e pareti  di
negozi e  grattacieli". Se aggiungiamo a ciò la comunicatività con
la quale  i cinesi si partecipano l'uno all'altro la loro vivacità
avremo la  misura dello  stacco tra le due situazioni e fra le due
civiltà.
    E  giungo così  all'ultima poesia  che mi sembra possa fare da
sintesi e conclusione a quanto detto fino ad ora.

SCIOGLIERO' I FILI DI UN ARCOBALENO

scioglierò
i fili
di un arcobaleno
a insipidi tramonti li mescerò
ne intriderò il manto della notte

macchie di dolore cancellerò
a tristi giornate darò colore
a disperati pianti darò speranza

e tesserò un'amaca
nella quale un giorno
riposarmi
cullato
dal vento dell'eternità

    E  con i versi di questa poesia mi sembra di poter dar termine
alla ricerca su quell'arcobaleno che vive in me e che parzialmente
si svela e si partecipa agli altri attraverso le mie poesie.
 


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