Il saggio "Mi farò una casa nel vento" è uscito nel 1994.
Di esso il poeta e Direttore editoriale delle "Edizioni del
leone" di Venezia, Stefano Valentini, dice
"Caro Formenti, grazie per "Mi farò una casa nel vento", che
ho letto subito e che mi è piaciuto molto. Ho trovato
calzante e fluido il filo di discorso che lega le poesie e
introduce a ciascuna di esse con brevi e sentite parole.
Complimenti e un caro saluto".
Terenzio Formenti
" MI FARO' UNA CASA NEL VENTO "
Parto da questo titolo di una mia poesia per parlare di un
argomento che mi appassiona:- qual'è il mio senso della casa
visto attraverso le mie poesie ? L'idea mi è nata leggendo
il libro di Gaston Bachelard che parla della "Poetica dello
spazio". In esso c'è un capitolo specifico sulla casa.
Alcuni concetti colti qua e là hanno stimolato questa mia
curiosità. Faccio alcuni riferimenti. La casa fornisce un
riparo e uno stimolo al proprio bisogno di sognare. Essa
protegge il sognatore, gli permette di sognare in pace. In
essa, chiuso nella sua solitudine, l'essere, in preda a
passione, prepara le sue esplosioni .
Nella casa l'inconscio è alloggiato bene. Esso è alloggiato
nello spazio della sua felicità. La casa che più spesso
appare nei sogni della notte è la casa originaria, potremmo
dedurre che la casa originaria è per i sogni non solo
tecnicamente la prima, ma anche quella " definitiva ". Essa
deve conservare la sua penombra, ed è da questa penombra che
nasce tutto ciò che ad essa si riferisce. Potremmo dedurne
anche che la casa è qualcosa fuori dal tempo, che ha
particolarmente molto a che fare con l'intimità e pertanto
con la poesia che più delle altre forme letterarie la
esprime.
Bachelard ad un certo punto del suo libro riporta anche
alcuni testi di René Cazelles: " Quando cesserò di cercare
l'estenuante felicità nell'introvabile casa in cui respira
il fior di lava, in cui nascono le tempeste?... La mia casa
la vorrei simile a quella del vento marino, tutta palpitante
di gabbiani..." In tal modo un'immensa casa cosmica si trova
in potenza in ogni sogno di casa. Da ogni suo angolo si
irradiano i venti, dalle sue finestre volano via i gabbiani.
E' così che il poeta porta l'universo ad abitare nella sua
casa e porta se stesso ad abitare nell'universo.
Riporto ora la poesia che è nata da un verso di una canzone
di Bob Dylan e che ho usato anche come titolo di questo
articolo. Essa dice:
mi farò una casa nel vento
giocherò con le nubi
mi poserò sul vecchio baobab
mi confonderò con la sabbia del deserto
fischierò tra le rocce canzoni d'amore
e finalmente stanco
adagiato sulle onde
mi lascerò cullare
dolcemente.
E' questa poesia infatti che, collegata con quanto letto nel
libro, ha fatto scattare la molla che mi ha portato a
frugare nella mia vita e nelle mie poesie.
A questo punto mi sembra sicuramente utile un po' di storia
sulle case da me abitate nel corso della mia vita.
Sono nato a Bagolino, un paese di montagna a 700 m.
d'altezza in una casa " dal piccolo poggiolo " e qui ho
vissuto i primi due anni della mia vita. La casa, costruita
all'orlo inferiore del paese, si protende, sola e senza
ostacoli , sulla valle. In una mia recente poesia così la
presento:
sotto la gronda
dell'ultima casa
protesa sulla valle
sta il mio rifugio
piccola stanza
nido di rondini
tornate alla culla
del primo pigolare.
A due anni scendo a Brescia e vado ad abitare in una casa
del centro chiusa in mezzo ad altre case, con un cortile
piccolo e buio cintato da alte muraglie. Il ricordo di
questa casa è un passero da nido che muore soffocato perchè
si è infilato nello scarico della piccola fontana senz'acqua
che c'era nel cortile. A otto anni trasloco in una casetta,
a Porta Venezia, che ha, fra le altre, una finestrella,
chiusa da una inferriata, che da su un grande parco privato.
Aggrappato alle sbarre di questa finestrella, credo di aver
passato parecchio tempo, a scrutare, fantasticare e sognare,
ad occhi chiusi e aperti, i misteri di questo immenso
giardino, fatto di tenebre, ombre, e sole.
Verso i miei quattordici anni, costruiamo una casa in un
appezzamento di terreno che si trova dal lato opposto del
parco. Sul retro della casa c'è un piccolo prato e un muro
alto tre metri ci divide da questo immenso giardino popolato
da alberi secolari che dominano dall'alto il panorama della
pianura fino alla catena appenninica. Una pianta di pino,
che vive accanto al muro, lo supera con i suoi rami e
diventa il luogo dei miei sogni. Su questa pianta, ad una
altezza di cinque o sei metri dal suolo, costruisco una
minuscola casettina in legno, teoricamente non per me, ma
per gli uccelletti, i ghiri e gli scoiattoli. Qualche
ricordino che trovo di tanto in tanto mi da la conferma che
qualcosa di misterioso è avvenuto sulla pianta, durante la
mia assenza. Quando sono appollaiato sui rami, qualche
uccellino viene a farmi visita e si sofferma a guardarmi con
prudente curiosità. E' facile che avvenga qualche sommesso
scambio di versi, non solamente poetici, tra me e questi
simpatici visitatori. Da questa pianta, osservatorio,
bivacco e punto di partenza, inizio, di tanto in tanto, le
mie scorribande segrete nel parco. E' in questo periodo che
organizzo l'acquisto di un cedro del Libano da piantare nel
giardino davanti a casa. Anche lui avrà la sua storia e a
suo tempo la sua poesia.
A ventitré anni mi sposo e lascio la casa paterna per
tornarvi, dopo sei traslochi e con qualche figlio in più,
quando la pace eterna ha steso il suo manto su di essa.
Cominciamo ora ad andare pazientemente in cerca di poesie
che parlino della casa o che facciano pensare ad essa.
Blanchard direbbe: " Una simile casa è una sorta di casa
leggera che si sposta al soffiare del vento, ed è veramente
aperta, anche al vento di un altro tempo".
Provo ad usare un criterio storico cercando di incontrare le
poesie man mano nascono. La prima che mi sembra parli di
casa si intitola '' l'uccellino e il vento del Nord '' e
risale al 1986, l'anno nel quale ho cominciato a scrivere
poesie. La prima di esse era nata come declamazione
spontanea il 14 Agosto di quell'anno. Al 22 Settembre ero
finito in ospedale per una brutta peritonite e, a operazione
e degenza superate, dopo alcuni giorni che ero tornato a
casa, la penna mi regala questa poesia filastrocca che al
momento della stesura non so proprio da dove nasca e perchè.
Essa dice:
sono un uccellino dal becco spalancato
vivo di vento il vento del Nord
mi nutre di odori di muschi e licheni
di fiabe di boschi di gnomi e folletti
di buio di notti che incombono sempre
di color di tramonti che non muoiono mai
vento soffia più forte
che io possa venire da te
e scoprire il tuo nido.
Mi sembra che in questi versi io sia l'uccellino da nido,
rinato dopo la peritonite, che cerca alimento, vita e poesia
e che cerca la sua casa, che è anche quella del vento e
della poesia.
Passiamo ora alla seconda poesia, essa si intitola '' La
cisterna di San Gervasio ''.
A Bagolino, davanti al paese si innalza una montagna e ad
una certa altezza si vede una piccola chiesetta dedicata a
San Gervasio. Accanto a questa chiesetta viveva un eremita
che aveva la funzione di verificare che il paese non andasse
a fuoco. La chiesetta aveva una campanella i cui rintocchi
avrebbero significato allarme incendio. Ogni sabato egli
scendeva in paese a raccogliere l'obolo dei paesani. Accanto
a questa chiesetta, nella casa dell'eremita, c'era una
cisterna. A Bagolino era consuetudine raccontare ai bambini
che essi, prima di venire al mondo erano alloggiati nella
cisterna della chiesa di San Gervasio e che là i genitori li
andavano a prendere dall'eremita.
Su questa cisterna un giorno nasce questa poesia:
nella grande cisterna
un piccolo essere
nuotava tranquillo
in un giorno di sole a botola aperta
i suoi occhi spaziarono sulla valle
grandi prati boschi a perdita d'occhio
cime innevate di fresco
un paese una casa un piccolo poggiolo
un desiderio d'amore realizzò il mio sogno
e io mi trovai nel grembo di mia madre
in una casa dal piccolo poggiolo.
Mi potrei domandare a questo punto quale possa essere la
casa originaria: la cisterna, il grembo di mia madre o la
casa dal piccolo poggiolo? O la mia casa è forse il mondo.
Nell'anno successivo, il 1987, una poesia me lo potrebbe far
pensare. Essa si intitola '' Il vagabondo " e dice:
acqua e vento negli occhi
sole nell'anima
giro il mondo
cercando me stesso
l'altro mi sorride
agli angoli
delle strade.
E' sempre nello stesso anno che nasce la poesia ''Mi farò
una casa nel vento'' che ho citato all'inizio di questo
piccolo saggio. In questa poesia c'è tutto l'universo che si
esprime e nel quale mi confondo. E' forse questa la mia
casa, assaporata guardando il parco dall'alto del mio pino?
Una casa nel vento, le nubi con cui giocare, un vecchio
baobab da sostituire al pino, la sabbia del deserto nella
quale e con la quale confondersi, le rocce fra le quali
essere vento e fischiare canzoni d'amore e infine le onde
dell'oceano dalle quali lasciarmi cullare, " ninna nanna
d'amore ".
Un giorno, leggendo poesie, incontro Paul Eluard e da lui mi
faccio prestare un verso per fare una poesia da dedicare a
Marisa, la donna amata.
L'ho incontrata nei sogni. E' un dono dell'inconscio. Un
mattino mi sono svegliato con una sensazione precisa, quella
di aver visto il volto della donna che avrebbe condiviso con
me il bene e il male, le gioie e le sofferenze della vita.
Quel giorno la incontrai veramente, ed è tuttora la mia
donna d'amore.
Il titolo di questa poesia è: '' Avrò notizie di te se
penetro nel sole ''.
avrò notizie di te se penetro nel sole
nel magma dei vulcani coglierò il tuo colore
ti cercherò nel fondo degli abissi
nel mormorio del vento ti ascolterò
adagiati sulla luna ci parleremo
ci culleremo nell'occhio del ciclone
perchè nel mondo dei miei sogni
ti ho incontrato.
E' questa la mia casa, o questa è la nostra casa; è una casa
di sogno o è la casa dei nostri sogni? Risposta non c'è, o
forse chissà, sospesa nel vento sarà.
In una successiva poesia, che si intitola ''Vento di
notte'', la casa è vento che si agita ululando nella realtà
e nei sogni.
un buio vento
s'inventa
ululando il cammino
le piante del giardino
si torcono gemono stridono
chi ha incontrato lo sguardo
del vento della notte?
Anche la pioggia fa parte della casa e viene ad abitarvi e a
far l'amore. Il titolo della poesia è ''Gocce sul mio
vetro''. Essa dice:
cade la prima goccia
sul mio vetro
attente le altre si fanno strada
ora impazzite
corrono si sfiorano si accarezzano si amano
piccole gocce sul mio vetro.
Anche la grandine visita la casa e la casa sente sul suo
corpo la visita della grandine e si fa grandine con lei. Il
titolo della poesia è ''Bianca grandine nella notte'':
grossi chicchi di grandine bianca
squarciano il buio della notte silente
testimone bendato
vedo immagini
scandire la lotta
del bianco e del nero
ora
fuori nel buio
bianca una coltre di morte
ha vinto le tenebre
Nella poesia ''Oggi'' ritorna il vento a vivere e a far
vivere la casa.
oggi il vento
immane gigante buono
accarezza dolcemente
le grandi piante del giardino
e sfiora furtivo i fili d'erba del prato.
Anche i sogni abitano - con il vento, la grandine e l'acqua
- la casa dei miei sogni.
Il titolo della poesia è "Nella notte un sogno è sceso a
danzare".
è sceso un sogno
corre tra i pensieri
fra i pori della mia pelle
accarezzando le rughe
piano sorride per non svegliarmi
dentro nell'anima
scatena tempeste
che domani forse
non saprò riconoscere
nella notte un sogno
è sceso a danzare con me.
Nella poesia "Questa notte'', l'universo continua a
intridere di sè la casa e i sogni:
questa notte
ho accarezzato l'aria
e la brezza mi ha baciato
preso per mano
da un refolo selvaggio
ho vagato sulla terra
con una folata di vento impetuoso
ho amoreggiato nell'occhio d'un ciclone.
Questa volta siamo a Bagolino. La luna, stanca del suo
peregrinare, entra nella mia e nostra stanza per far
nascere una poesia dal titolo "Una bianca mano"
nella nera notte profonda
un raggio di luna
fruga la stanza
il corpo i pensieri i sogni
una bianca mano
dona e chiede carezze
dammi oh notte
della luna i colori
che tu sola vedi
e io non ancora conosco.
Penso che su questa poesia ogni commento guasterebbe,
l'atmosfera parla da sola.
Ecco ora un sogno che tenta di farmi capire dove è la mia
casa e quale ne è l'estensione. Il titolo è '' L'altra
faccia della terra ''.
scoperchiata la scorza della terra
affacciato alla magica sfera
come in un planetario guardo
il mondo che palpita
nell'altro emisfero
sento l'immenso.
Anche di questa poesia mi sembra già chiaro il significato.
Siamo nuovamente nel giardino di casa e questa volta i
protagonisti sono il vento, '' immane gigante crudele '', e
il cedro da me adolescente piantato.
Sono in vacanze a Bagolino e su Brescia si abbatte un
nubifragio, forse il vento mi vuole punire per la mia
assenza oppure è venuto a trovarmi ma non ha calcolato la
sua potenza e così ha reciso la cima di un cedro del Libano.
Il resto ve lo racconta la poesia "Il cedro del mio giardino"
questa notte il vento
immane gigante crudele
ha divelto la cima del cedro
con me adolescente
acrobata un boscaiolo
monumento ne ha fatto
alla natura crudele
un ramo verde è rimasto
per chi solitario
vi costruirà il suo nido.
A questo punto partecipo una poesia che si riferisce alla
vera "casa natia". Quella della quale finora ho parlato,
come se fosse tale, è "il piccolo nido" che è stato ricavato
in due stanze che si trovano immediatamente sotto l'altra
casa, quella storica, quella del "piccolo poggiolo" .
stranito
mi aggiro tra le stanze vuote
della casa natia
abbandonata
come una vecchia ciabatta
aspetta che qualcuno
l'ami e faccia sua
nell'angolo d'una stanza
piccolo un lettino
dimenticato attende
chiudo gli occhi e sorgono
i sogni della mia infanzia
malinconico
lascio la mia casa
e colmo di ricordi
contento mi segue il lettino.
Questa poesia mi sembra indubbiamente molto significativa.
Con questa operazione di costruzione, sotto le ali della
casa natia " originaria ", di una nuova " casa natia " e con
la riappropriazione simbolica del mio lettino, colmo di
ricordi, ma contento, inizia una nuova vita, la " mia vita
".
Passo così a partecipare l'ultima poesia. Essa ha per
titolo: " I lampioni della mia strada " e dice:
camminando trasognato
percorro la mia strada
dietro a me
si perde come ombra
evanescente il mio passato
davanti a me
nata dalla luce
la mia ombra mi precede
e raggiunge la sua casa.
Questa poesia è certamente carica di significati consci e
inconsci e pertanto difficilmente spiegabile. La prima
intuizione che mi sembra di poter cogliere è che camminando
trasognato tra le ombre del passato, del presente e del
futuro, vado anch'io verso casa sotto la luce dei lampioni
della mia strada seguendo la mia ombra che sembra ne
rivendichi una priorità di appartenenza. Anche lei sa, come
dice Gaston Bachelard, che nella casa l'inconscio è
alloggiato bene, e che è nello spazio della sua felicità.
Esso, con tutti gli elementi che lo compongono, è realmente
presente nello "spazio casa" e questo emerge largamente dal
contesto delle poesie presentate. Penso perciò di poter
anch'io ora tranquillamente chiedermi parafrasando Cazelles:
quando cesserò di cercare l'estenuante felicità,
nell'introvabile casa, in cui respira il fior di lava, e in
cui nascono le tempeste?...
P.S. Le poesie sono tratte dai libri: "Poesie nate
d'estate", "Poesie portate dal vento", "Aquiloni", "Foglie
sparse", "Frammenti", "Gocce di rugiada", "Punti bianchi" e
"Amore in poesie".
Il libro di Gaston Bachelard si intitola "La poetica dello
spazio" ed è delle "Edizioni Dedalo".