La scomparsa di Walerian Borowczyk
di Maurizio G. De Bonis
La notizia della scomparsa, all’età di ottantadue anni, di Walerian Borowczyk è stata pubblicata sulle pagine degli Spettacoli dei quotidiani italiani senza molto entusiasmo. Il grande regista polacco è andato via nel silenzio più assoluto, dimenticato, ghettizzato nell’ambito di quella che è stata sempre considerata una sorta di cinematografia porno, seppur più sofisticata rispetto alla media dei prodotti di questo genere. Ma il trattamento che è toccato a Borowczyk è esattamente quello riservato agli artisti che hanno costruito la loro identità su un concetto molto preciso: la libertà di espressione. L’autore di film come
Storia di un peccato e Interno di un convento ha sempre seguito una strada espressiva autonoma, personale. Il suo universo poetico può essere senza dubbio considerato sovversivo e anarchico, perché fuori dal controllo del mondo borghese e autenticamente visionario. Il suo era un cinema libertario e refrattario alle convenzioni, un cinema che attraverso la rappresentazione di un erotismo dalle connotazioni psicanalitiche veicolava messaggi rivoluzionari, di rottura degli schemi sociali.
La dimensione dei racconti visuali elaborati da Borowczyk trasportava lo spettatore in un’atmosfera delirante, caratterizzata da una vena poetica strettamente collegata alle pulsioni più intime e oscure dell’animo umano. Nei suoi film, però, non c’era però la raffigurazione banale della perversione sessuale, o semplicemente dei fantasmi erotici individuali, ma semplicemente l’utilizzazione del sesso come linguaggio espressivo, in grado di operare una sostanziale rielaborazione surrealistica del mondo. I suoi capolavori sono senza dubbio
Goto, l’isola dell’amore, del 1968, e La bestia, del 1975.
Il primo è uno straordinario affresco straniante che analizza il rapporto tra individui, società, potere, e sessualità. Si tratta di un’opera altamente poetica che è ambientata in un’isola sperduta, i cui abitanti non hanno nessuna relazione con il resto del mondo.
La bestia, invece, è la sua opera più contestata, criticata, censurata e combattuta dai regimi borghesi. E’ un pellicola fortemente visionaria, in cui il tema del desiderio sessuale appare stilizzato in forme poetico-visive chiaramente riconducibili all’ideologia creativa surrealista. La forza anarchica di questi lavori, come degli altri suoi lungometraggi
(Tre donne immorali? – 1979, Nel profondo del delirio – 1981,
Ars Amandi – L’arte di amare – 1983, Regina della notte – 1987) ha, come già detto, creato intorno a questa figura un vuoto pneumatico, un pesante isolamento. Era un regista di soft-porno (così affermavano molti) e dunque doveva essere destinato all’emarginazione culturale. A parte la superficialità di questa schematizzazione messa in pratica da molti, anche in ambito critico, ciò che veniva sempre (scientificamente) dimenticato era lo spessore culturale di questo artista. Walerian Borowczyk era entrato nel mondo dell’arte facendo il disegnatore e interessandosi alla pittura contemporanea. Partendo da questi campi di espressione, il (futuro) regista si è avvicinato al cinema d’animazione di cui è stato uno dei più geniali esponenti.
Le sue opere sono ancora oggi testi di studio fondamentali per tutti quelli che vogliono imparare l’arte sublime dell’animazione filmica. Ogni sua opera d’animazione contiene già chiaramente quello che sarà il nucleo centrale della sua poetica: l’eros, visto come luogo ideale dell’elaborazione del pensiero umano nell’ambito del quale sviluppare una poetica scevra da condizionamenti sociali, religiosi, politici. Tra le prove più significative di Borowczyk vogliamo segnalarvi
Théâtre de Monsieur et Madame Kabal – Le Concert del 1962. Si tratta di un’opera realizzata per la televisione francese in cui il regista si esprime attraverso l’animazione di una stravagante esecuzione musicale. Una figura femminile suona il pianoforte e mentre il pezzo si evolve la sua immagine subisce delle improvvise mutazioni. A questa situazione si collega l’omicidio di un individuo che viene smembrato, collocato all’interno dello strumento dal quale poi fuoriesce per ricomporsi in modo sorprendente. Purtroppo capolavori come quello appena descritto, vera e propria organizzazione filmica dei liberi meccanismi del sogno, sono difficilissimi da poter vedere in Italia, cosi come i suoi lungometraggi di finzione.
Agli appassionati non resta altro che rivolgersi al mercato dei DVD, ultimamente abbastanza sensibile, anche nel nostro paese, all'arte di questo sottovalutato esponente del cinema contemporaneo.
06-02-06
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