Il Cile ha visto nascere, e scomparire, in un tempo
brevissimo e violento, una generazione di cineasti tra le più complesse
e interessanti che coniugavano la volontà di unire sullo schermo cinema,
sperimentazione e militanza politica. Cose che oggi sono separate e lontanissime
l'una dall'altra. Fra i nomi più importanti, Raul Ruiz, Patrìcio Guzman
e soprattutto Miguel Littin. Nato a Santiago del Cile nel 1942, Littin
studia arte drammatica e scenografia fra il 1959 e il 1962 all’Università
del Cile. Nel 1962 collabora con Joris Ivens a Valparaiso e
Il treno della vittoria. Nel1963 lavora come regista per la televisione
(Canal Nueve). Nel 1965 gira Por la tierra ajena, cortometraggio
sui problemi dei giovani marginali. Nel 1968 insegna nel dipartimento di
studi audiovisivi dell’Università del Cile. Partecipa attivamente
all’organizzazione dei Festival del Cinema latino-americano iniziati nel
1966. Nel 1969 gira il suo primo lungometraggio, El chacal de Nahueltoro,
analisi del funzionamento della giustizia di classe sulla base di un fatto
di cronaca autentico: un omicidio commesso da un contadino. Riscuote grande
successo di pubblico. Nel 1970 è eletto presidente del Sindacato
dei Lavoratori del Canal Nueve dove conduce una vigorosa campagna in favore
dell’elezione di Salvador Allende. Con i suoi compagni riesce a tenere sotto
completo controllo le informazioni trasmesse da questo canale di destra;
permette così che almeno un canale televisivo a Santiago presenti
il punto di vista di Unità Popolare. Nel 1971 è nominato da
Allende direttore dell’Ente cinematografico di Stato, la Chile-Films.
Nel 1971 realizza Compañero presidente, documentario che si
basa su una lunga intervista a Salvador Allende, realizzata da Regis Debray,
sul processo politico cileno e la linea da seguire da parte del Governo
di Unità popolare. Nel 1972, le sue posizioni politiche, sempre più
vicine al M.I.R., e le sue concezioni radicali di un cinema popolare e rivoluzionario
lo inducono a rassegnare le dimissioni dalla direzione della Chile-Films.
Il suo non è revisionismo, ma sincero tentativo di applicare le preoccupazioni
ideologiche alla storia dei suo paese, nel tentativo di rivendicare la specificità
della condizione latino-americana, e liberarla definitivamente da retaggi
colonialisti. Nello stesso anno dirige il lungometraggio La Tierra prometida,
cronaca di una sanguinosa rivolta contadina di inizio secolo. Littin ha
appena finito le riprese quando si verifica il golpe militare di Augusto
Pinochet. Il regista fugge a Cuba, dove finisce il montaggio del film che
si chiude con una frase di Che Guevara: "Anche chi ha sbagliato,
chi non ha compreso, chi non ha saputo, chi è rimasto per via ha contribuito
in qualche modo alla rivoluzione". Nel 1973, dopo il colpo di stato,
che lo sorprende all’estero, risiede per qualche tempo a Cuba, per poi trasferirsi
nel 1974 in Messico, dove gira il suo nuovo film: Actas de Marusia.
Interpretato da Gian Maria Volonté, il film racconta il tragico sciopero
dei 1907 nelle miniere di salnitro. Nel 1978 ha diretto El recurso del
metodo, in seguito La viùda de Montiel (da "I funerali
della Mamà Grande" di Gabriel Garcia Marquez) e Alsìno
y el condor. Nel 1985 gira Acta general de Chile. Con trucco
e documenti falsi, il regista, il quale figurava in una lista di 5.000 esiliati
con proibizione assoluta di rientro in patria, si reca clandestinamente
in Cile, filmando migliaia di metri di pellicola - compreso l’interno del
Palacio de la Moneda - con tre équipes europee entrate legalmente
nel paese e altre sei della resistenza interna. Nel 2000 esce un suo nuovo
film, Terra del fuoco, presentato al Festival di Cannes e interpretato
da Ornella Muti. |