ELENA LEDDA
Elena Ledda (Selargius, Cagliari 1959) è una delle voci più importanti della scena tradizionale italiana. Enfant prodige, inizia a cantare giovanissima con un gruppo di Quartucciu con cui resterà fino a 16 anni. A quell’età comincia studi classici di canto al Conservatorio di Cagliari dove, già da due anni, sta frequentando il corso di oboe. Dal ‘77 al ‘79 collabora con la Cooperativa Teatro di Sardegna che allestisce una serie di spettacoli basati sull’opera di Brecht e Wedekind. L’esperienza la spinge a formare nel
1978 il quartetto Quelli dell’Orco Nuovo, che interromperà l’attività
nel 1983, prima di ricostituirsi nel ‘94 con il nuovo nome Scaramella. È del
1979 il suo primo album, Ammentos, una raccolta di pezzi tradizionali in cui è accompagnata dal fratello Marcello Ledda alla chitarra e Mauro Palmas alle launeddas. Lo stesso anno entra nel gruppo
Suonofficina, formato dallo stesso Palmas, con il quale intraprende una lunga attività concertistica nei più importanti
festival italiani, svizzeri e tedeschi. Il nuovo disco, Is Arrossas,
del 1984, vende solo in Sardegna quindicimila copie. Durante quell’anno collabora al disco dell’astro nascente new age Andreas Vollenweider, conosciuto tre anni prima in Svizzera, e alle registrazioni del nuovo lavoro di
Suonofficina, Iandimironnai, che tre anni dopo in Germania otterrà il premio della critica. I
Sonos, nel 1987, rappresentano la naturale evoluzione di Suonofficina, inaugurando il progetto di gruppo-aperto in cui suoneranno nomi della statura di Riccardo Tesi, Riccardo Lay, Sandro Satta che, l’anno dopo,
contribuiranno all’album Sonos, edito anche in Germania, USA e Giappone. Coautrice con Palmas e Alberto Balia dello spettacolo
Far away wave, allestito in Australia, Ledda collaborerà dapprima con Lester Bowie, quindi con Don Cherry durante la successiva tournée. Dopo un’intensa attività live tra
il 88 e il 1992, che la vedrà impegnata soprattutto in Francia, la cantante otterrà un prestigioso contratto con la Silex e nel 1993 pubblicherà
Incanti disco in cui interverranno Palmas, Tesi, Frongia, Pisu e Lobina. Seguiranno concerti in Francia, Algeria, Bulgaria, Italia (prevalentemente in Sardegna) e progetti in cui saranno coinvolti i migliori musicisti etnici e jazz in attività,
da Lucilla Galeazzi a Enrico Rava, da Richard Galliano a Antonello Salis, Paolo Fresu, i Fratelli Mancuso, Maurizio Geri, Gabriele Mirabassi.
Da segnalare l’importante partecipazione nel 1995 al progetto Canti randagi, tributo all’opera di Fabrizio De André, con la rilettura di
Tre Madri (Sas tres Mamas) e la pubblicazione nel 2000 dell’album
Maremannu, che ha raggiunto le prime posizioni in Germania nella classifica “World Music Top 30" mentre in Francia ha ricevuto l’importante premio “Choc” e il premio “Bravo!”. Oltre a comparire in numerose compilation di
world music Elena Ledda ha collaborato in studio con numerosi artisti tra cui Enzo Favata,
per Jana (1992) e Ajò (1995), Andrea Parodi (Abacada) e Lino Cannavacciuolo
(Segesta). Il suo nuovo disco, Amargura, uscito nel 2005 si
è avvalso degli arrangiamenti di Lino Cannavacciuolo.
Discografia
1979 Ammentos (Durium)
1984 Is Arrosas (Key Records)
1988 Sonos (Play Game Music)
1988 Sonos (Biber Records)
1993 Incanti (Silex)
1999 Sonos Langanos (Condaghes) con M. Palmas
2001 Maremannu (Biber)
2001 Maremannu (Felmay Records)
2001 Sonos ( Felmay Records)
2005 Amargura (Aquadia)
La voce della Sardegna: intervista con Elena Ledda
lunedì 06 settembre 2004
Elena Ledda, cantante in lingua sarda per vocazione,
impegnata politicamente a difendere la lingua e la cultura della
Sardegna (è stata assessore al Comune di Quartu col sindaco
Milia, proprio in questo settore), di gran lunga la più nota voce
della Sardegna all’estero, dato che i suo cd oggi, come le
musicassette ieri, sono da sempre prodotte in Svizzera, in Francia
e in Germania e non di rado scalano le classifiche in quei paesi,
mentre da noi, dico specialmente Italia, vengono allegramente, se
non ignorate, certamente prese sottogamba. Ma neppure questo, come
sentiremo nell’intervista, è sufficiente a toglierle il
buonumore e l’eterno sorriso che le illumina il volto. Ci siamo recati a casa sua con
l’idea di farle domande precise sulla sua attività ma, come si
vedrà, abbiamo spaziato a tutto campo sull’attualità dei
problemi della Sardegna, della lingua e della cultura in
particolare.
Paraulas:
Da dove inizia la sua storia ?
Elena Ledda:
La mia storia personale e quella professionale si intrecciano
perché ho iniziato a cantare da bambina. Mi ricordo che quando
avevo dodici anni andavo già in giro per fare gli spettacoli e
ogni volta era una sorpresa perché il pubblico si aspettava una
donna adulta e invece ero solo una ragazzina.
Paraulas:
Come ha iniziato a cantare in sardo?
Elena Ledda:
Ho iniziato a cantare in sardo perché provengo da una famiglia
contadina. I miei nonni e i miei genitori erano contadini, e mio
fratello fa il contadino tutt’oggi. E quindi era più facile,
per noi, essere più vicini a una certa cultura che affonda le sue
radici proprio in quel mondo e di conseguenza è stato naturale
per me avvicinarmi ad un certo tipo di musica. E poi fu mia zia,
che si chiama come me e abita non distante da casa mia, ad
iniziarmi in un certo modo alla musica sarda. Anche lei cantava.
Paraulas:
Che genere di studi ha effettuato?
Elena Ledda:
Dopo qualche anno di attività ho sentito come un’esigenza di
studiare musica. Il conservatorio in quel periodo stava a
Cagliari, in Castello, e per me non è stato facile, anche perché
fare quel genere di studi in quel periodo era considerato un po’
come una pazzia. Non ho potuto studiare canto dall’inizio, perché
era permesso solo dall’età di sedici anni. Allora ho iniziato
con l’oboe a quattordici anni, e quando ho raggiunto l’età
prevista sono stata spedita dallo stesso maestro di oboe nella
classe di canto a studiare quello che più mi si confaceva.
Paraulas:
Ma al conservatorio di certo non studiava canto in sardo.
Elena Ledda:
Certo che no. In ogni caso, nemmeno in quegli anni ho trascurato
la cantata in lingua sarda. Ho portato avanti parallelamente le
due cose fino ai ventitré anni, quando ho finito gli studi e ho
scelto definitivamente la mia strada. Ogni tanto ho piacere ad
unirmi ad un gruppo che fa canto rinascimentale e barocco, ma la
mia vita è la musica sarda.
Paraulas:
Cantare in sardo, però non può essere solo un piacere personale.
È anche un modo per valorizzare la nostra cultura.
Elena Ledda:
Certo, ma questo aspetto è entrato in gioco successivamente.
Quando ho iniziato ed ero una bambina non potevo avere
consapevolezza di quanto fosse importante dal punto di vista
culturale quello che stavo facendo. Ora sì, mi rendo ben conto
della rilevanza del mio lavoro sotto tutti i punti di vista.
Paraulas:
La musica quindi può fare molto.
Elena Ledda: Certo,
soprattutto perché in Sardegna viviamo una situazione in cui
regna una non-politica culturale e linguistica. E quindi è ovvio
che un gruppo come i Tazenda, che vanno a Sanremo a cantare in
sardo, fanno molto di più di tanti politici pagati fior di
milioni. È ovvio che soprattutto nell’ambito dei giovani,
sentire un gruppo rock che canta nella nostra lingua, significa
automaticamente che non si deve avere vergogna a conoscerla e
parlarla. È una situazione a cui si sta
cercando di porre rimedio, ma finché non ci sarà consapevolezza
politica, sarà una lotta troppo difficile da portare avanti. La
nostra peculiarità culturale e linguistica è la vera forza dello
sviluppo in Sardegna, in tutti i sensi.
Paraulas:
La lingua, quindi, prima di tutto?
Elena Ledda:
Io porto ad esempio sempre due casi, quello di Francesco Masala e
di Gramsci. Sono una donna di sinistra, ma non ho difficoltà ad
ammettere che anche il PCI è ampiamente responsabile di questa
situazione. Ti spiego. Gramsci nella sua corrispondenza dal
carcere scriveva di insegnare la lingua sarda ai figli, perché
riteneva indispensabile che un bambino dovesse avere la possibilità
e la ricchezza di esprimersi nella propria lingua madre. Ed è
sempre stato ignorato. Di Masala invece ricordo il racconto dei
suoi primi giorni di scuola. Lui dice, "Arrivammo a scuola
che parlavamo il sardo, ed eravamo intelligenti ed allegri. Dopo
qualche giorno che ci costrinsero a parlare solo l’italiano
diventammo tutti muti e tonti!". E di Masala che ne abbiamo
fatto? Nel panorama intellettuale sardo è considerato poco meno
di un matto.
Paraulas:
Quale lingua, dunque?
Elena Ledda:
Per carità, dobbiamo parlare della fantomatica Lingua Sarda
Unificata? Io ebbi la proposta ancora prima che venisse firmata e
il mio unico giudizio è che scientificamente era un’idiozia.
Certo, ci vogliono regole secondo le quali scrivere la grammatica.
Ma che non ci tolgano la x, altrimenti come facciamo? Come le
scriviamo parole come Genneruxi, luxi, paxi? E poi, le varianti di
vocabolario si devono mantenere tutte, come si fa a scegliere tra cherrere
e bolliri? Sarà il tempo a decidere.
Paraulas:
Torniamo a lei. Ha cantato probabilmente in ogni paese della
Sardegna e poi fuori dall’Isola. Quali sono stati i palcoscenici
più prestigiosi ?
Elena Ledda: Ho cantato in tutto il mondo, partendo de
is biddas fino ad arrivare a New York, in Australia e in
Brasile. Ma è solo il viaggio la differenza, quando sei sul palco
l’emozione è la stessa.
Paraulas: E il rapporto
con pubblici così diversi non cambia?
Elena Ledda:
La tensione che ti arriva dal pubblico è la stessa. C’è una
cosa che fa la differenza e che ora posso permettermi di
scegliere. Che sia in una piazza, ind unu aposentu, o in un
teatro non ha importanza, ma voglio cantare solo per un pubblico
che sia venuto a sentire la mia musica. Se mi chiamano a New York
o a Curcuris non fa differenza. Ma se il luogo non è appropriato,
come a volte capita quando i comitati vogliono infilare uno
spettacolo in mezzo al fumo e all’odore dei pesci arrostiti e
dei porchetti, beh, allora non canto.
Paraulas:
Hai diverse produzioni discografiche alle spalle. Sono
autoprodotte?
Elena Ledda:
Solo una è autoprodotta. Le altre sono tutte produzioni stampate
fuori dall’Italia, in Francia, Spagna o Svizzera.
Paraulas:
Il repertorio?
Elena Ledda:
Il repertorio è sterminato, per due ragioni. La prima è che non
si annoi la gente che viene a sentirmi, la seconda è che non mi
annoi io a cantare.
Paraulas:
Quali sono i pezzi forti?
Elena Ledda:
Dipende dal periodo. Ci sono stati anni che senza canto in re o
canto a curba non si andava da nessuna parte. Per quanto mi
riguarda, alcuni dei pezzi che in tutte le parti del mondo gli
ascoltatori preferiscono è sempre s’anninnia e su
duru duru. Sono i pezzi che la gente conosce di più, e anche
se non li ricorda bene appena sente le prime note la riconosce e
spesso inizia a cantare. Persino gli stranieri, anche se non
conoscono la canzone, riconoscono il tipo di melodia. È con
questi pezzi che vedo il cuore della gente aprirsi.
Paraulas:
E sa canzoni a curba? Non è annoiata la gente di sentire
sempre la stessa cosa?
Elena Ledda:
Sa canzoni a curba annoia se è cantata male. Si può e si
deve modificare, così come si deve modificare la gara in
logudorese. Si parla tanto di crisi de sa cantada campidanesa,
ma non è certo il solo genere ad essere in difficoltà. È ovvio
che chi si occupa principalmente di cantare in quel modo deve
pensare a porre un rimedio. Non si può mica fare la gara come si
faceva cento anni fa, che la gente andava a sentire quello anche
perché non aveva altro da fare! Oggi ci sono più stimoli ed è
ovvio che il pubblico sia più esigente. Vuole divertirsi, non
annoiarsi a sentire ancora le stesse cose. Prendi i temi, per
esempio. Da quando è che sono sempre gli stessi? Oggi non fanno
più ridere nessuno, perché il mondo non è quello che era, che so,
cinquanta anni fa! E poi un’altra cosa sia ben chiara. Non ci
sono poeti, solo gente che fa rime. A far tornare le rime sono
bravi tutti, ma c’è poca poesia, ed è un problema questo che
riguarda sia la cantata campidanese, che quella logudorese.
Oppure, prendi uno spettacolo che comprende un’ora di canto in
re. È una cosa che può interessare ad uno che è veramente
appassionato di canto in re, ma gli altri! Bisogna rinnovare
qualcosa! C’è gente
intelligente in giro, che sa guardare avanti. Vedrai che ci
riescono, senza tradire le radici. Ci scommetto perché ne sono
convinta.
Paraulas:
E lei? Quali progetti?
Elena Ledda:
Per me? La stessa cosa. Non posso e non voglio star ferma, la
gente s’annoierebbe anche del mio repertorio. Andare avanti con
la ricerca, andare al ritmo di questi tempi moderni. Chi si ferma,
diceva quello, è fregato. O no est aici? Ita m’indi naras?
Paraulas:
Hat essi’ aici, hat essi’aici! Si ddu naras tui, fait a inci
crei’! Grazias e a mellus biri.
Elena Ledda: In bonora a
tui puru!
Alessandra Pilloni
[Paraulas n. 15]
http://www.paraulas.it
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