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La relazione di coppia e le sue contraddizioni

Nella società odierna emerge con estrema chiarezza la crescente fragilità del sistema - coppia. I divorzi e le separazioni sono in costante aumento e, come scrive Maurizio Andolfi, quello che più sconcerta è la constatazione che non esiste più un periodo critico nell'evoluzione del rapporto di coppia: assistiamo a separazioni dopo un periodo brevissimo di convivenza, a rotture del rapporto all'arrivo di un figlio, a separazioni dolorose dopo 20 o 30 anni di vita in comune. Le ragioni di questa crisi sono molteplici e alcune, forse, sono da far risalire a quelle "contraddizioni" o "rovesci di medaglia" che la relazione di coppia porta con sé.

Ad esempio, costruire una famiglia in questi anni è forse più difficile che in passato in quanto ci si scontra con un mito molto presente nella società occidentale, che vede nella libertà individuale e nella propria autorealizzazione un obiettivo da raggiungere a tutti i costi: pertanto, tutto ciò che minaccia tale obiettivo, legami familiari compresi, va tenuto a debita distanza. Spesso tuttavia, concentrati su questo mito, si perde di vista il fatto che, in realtà, potrebbe essere proprio un legame familiare, magari una relazione di coppia matura e appagante, ad aiutarci a realizzare ciò che desideriamo fare o diventare. In questo senso anche la relazione di coppia, lungi dal rappresentare un ostacolo potrebbe diventare possibilità, trampolino di lancio, luogo dove dimezzare le fatiche e raddoppiare i guadagni. Un altro aspetto da non trascurare, e che potrebbe rendere ragione della fragilità del rapporto di coppia nel contesto odierno, è data dal fatto che le aspettative di ciascun partner relativamente al proprio rapporto di coppia, e a quanto può dare, sono oggi più elevate che in passato e questo espone con estrema facilità la relazione di coppia a cocenti delusioni. Infatti al proprio partner e alla propria relazione si chiede molto: ci si aspetta di ricevere empatia, comprensione, condivisione, sostegno, cura, protezione e soprattutto, in modo più o meno consapevole, ci si aspetta che il partner e il legame con lui appaghino i nostri bisogni più profondi.

Non a caso Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli ritengono che il rapporto di coppia si fondi non solo su di un patto dichiarato - un patto che ha nel matrimonio la sua visibilità a livello sociale, che è sostenuto dall'impegno e da una progettualità comune connessa alla volontà di dare continuità alla relazione - ma anche su di un patto segreto. Quest'ultimo rappresenta un intreccio inconsapevole di bisogni e speranze che nascono dalla storia personale e familiare di ognuno e che ciascun partner si aspetta di soddisfare all'interno della relazione di coppia. Sulla base di questo intreccio si concretizza la scelta reciproca.

Si tratta tuttavia di un patto segreto che a volte può essere praticato - rendendo così possibile ai partner, attraverso il loro incontro, di soddisfare i loro bisogni profondi, e di sperimentare una relazione appagante - e altre volte non può esserlo in quanto i bisogni che i due partner speravano di soddisfare reciprocamente vengono sistematicamente disattesi. In questo caso a prevalere all'interno della relazione di coppia saranno il disagio e il malessere e si potrebbe sperimentare quell'ambivalenza dei sentimenti descritta da Catullo nei famosi versi "Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.escio, sed fieri sentio et excrucior." ("Odio e amo, mi chiedi perché, non lo so, ma sento che accade e mi struggo"); oppure si potrebbe giungere a dire con Warkentin che "Tutto è permesso in amore e in guerra. E il matrimonio è tutt'e due".

E qui entra in gioco un'altra fondamentale "contraddizione": le relazioni più strette sono ad un tempo le più appaganti e le più rischiose, dove consolazione e ferite si dispensano in abbondanza. In effetti, come sostiene Luciano L'Abate, noi non veniamo feriti da estranei scortesi o da conoscenze occasionali. Possiamo essere offesi o contrariati da loro, ma il potere di ferire solitamente è riservato a poche persone: quelle per noi importanti, alle quali siamo legati da vincoli di attaccamento e di amore. Tendiamo a dimenticare la maleducazione e la scortesia di un estraneo, ma restiamo molto colpiti e amareggiati se la stessa maleducazione, scortesia o rabbia viene utilizzata nei nostri confronti da qualcuno che amiamo e che riteniamo per noi importante. Anzi, più il legame è stretto, più la possibilità di ferire ed essere feriti è alta. Si potrebbe quasi dire che sappiamo quanto amiamo qualcuno in base a quanto siamo vulnerabili nei suoi confronti.

Ma non è tutto, perché, paradossalmente, noi abbiamo bisogno di conforto e sostegno proprio da parte di coloro che possiamo aver ferito e che possono averci feriti. Da questo punto di vista non c'è da stupirsi se l'intimità, quando viene definita come la condivisione del dolore e della paura di essere feriti, è così difficile da raggiungere al punto che molti vogliono evitarla il più possibile, senza però rendersi conto che questo tipo di condivisione è quella che ci permette di vivere insieme anche le gioie e mantenere saldo il legame.

Condividere il dolore spaventa: non c'è nulla più del dolore in grado di metterci a nudo di fronte all'altro. Condividere il dolore con la persona che si ama significa entrare in relazione senza maschere e lasciare che l'altro tocchi con mano le nostre debolezze e fragilità. Significa anche fidarsi dell'altro e stimarlo capace di sostenerci e continuare ad amarci così come siamo. Ma non è automatico raggiungere questa condivisione, occorrono impegno, una profonda stima reciproca e soprattutto occorre che entrambi i partner si sentano in una posizione di uguaglianza, in una situazione in cui entrambi siano in grado di riconoscere l'uno di fronte all'altro la propria debolezza e vulnerabilità.

Del resto, un conto è giocare a carte scoperte da parte di entrambi, un conto è, per timore che l'altro possa ferirci, mantenere le difese, lasciare l'altro nel dubbio di essere, della diade, il solo vulnerabile. Sicuramente fidarsi a tal punto dell'altro da riuscire a condividere con lui le nostre fragilità, sentendoci comunque amati e sostenuti, significa avere buone potenzialità per poter vivere anche le situazioni di crisi e di difficoltà nella relazione come occasione di crescita e rilancio per le persone e il legame e non come momento di disgregazione. Gustave Klimt, "Questo bacio a tutto il mondo", 1902.

E si potrebbe pensare a questa come una terza "contraddizione", ossia, pensare, come sostiene Paolo Menghi, che una coppia sta bene non quando non ci sono situazioni di crisi e sofferenza, ma soprattutto quando è in grado di approfittare dei fastidi e delle eventuali sofferenze come stimolo a una spinta evolutiva e ad una comprensione maggiore dell'altro e del legame. Del resto, i legami non restano mai uguali, si modificano con il tempo e questo può essere fonte di crisi. Crisi in greco significa "separazione, scelta". Ogni cambiamento comporta delle scelte, comporta di rinunciare a qualcosa a favore di qualcosa d'altro. E anche questa può essere vista come un'occasione per continuare a scegliersi, per riscoprire in se stessi e nell'altro qualcosa di nuovo, di unico, di utile per perseguire un progetto comune che veda entrambi vincitori.

Probabilmente non c'è soluzione a queste e ad altre contraddizioni della vita di coppia. Forse, la vera sfida, per il mantenimento del legame, è quella di riuscire a guardare al proprio rapporto in tutte le sue sfaccettature, percependo l'intero e non solo una faccia della medaglia.

Questo materiale è stato preso dal sito http://www.benessere.com


 
 
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