La distruzione delle spiagge nell’attuale periodo di transizione climatica:

proposta di restauro geoambientale duraturo

 

Valerio Buonomo, c/o Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Università di Napoli Federico II.

Franco Ortolani, Ordinario di Geologia, Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Università di Napoli Federico II.

Silvana Pagliuca, Ricercatrice CNR-ISAFOM, Ercolano, Napoli.

 

 

*        Geological evidences of Cyclical Climatic-Environmental Changes in the  Mediterranean Area (2500 BP-Present Day)

 

*        CLIMATE CHANGE AND BEACHES DESTRUCTION IN THE MEDITERRANEAN AREA

 

*        Impact of climate change on water resources in Southern Italy

 

*        Geological evidences of Cyclical Climatic changes and catasthrophic events in the Neapolitan urbanised area

 

*        GEOENVIRONMENTAL MODIFICATIONS IN THE AREA AFFECTED BY The “original”  26 January 2003 Biferno River flood (Molise, Southern Italy)

 

*        PROPOSAL OF LASTING BEACHES GEOENVIRONMENTAL RESTAURATION IN CAMPANIA REGION IN THE PRESENT PERIOD OF CLIMATIC TRANSITION

 

*        THE CLIMATIC RISK FOR THE CIRCUMMEDITERRANEAN AREA

 

 

Premessa

Evoluzione delle spiagge

Evoluzione del clima e dell’ambiente nelle ultime migliaia di anni

Proposta di restauro geoambientale duraturo

Conclusioni

 

 

 

 

 

 

*   Premessa

L’importanza economica delle spiagge è aumentata soprattutto negli ultimi 50 anni in concomitanza con l’aggravamento dell’erosione. Attualmente si assiste alla distruzione di una insostituibile risorsa ambientale e socio-economica autoctona (la spiaggia) mentre è massima la domanda di fruizione di una spiaggia con acqua marina “pulita”. Si tenga presente che l’Italia (figura 1), tra le nazioni Europee che si affacciano sul Mediterraneo, ha le spiagge più lunghe (oltre 3500 km).

 

        

Figura 1                                                                        Figura 2

 

Il 40% delle spiagge italiane (figura 2) e’ in erosione irreversibile e negli ultimi anni si sono persi 4 milioni di metri quadrati di sabbia pari a circa 5 miliardi di euro.

Oltre a perdere fruitori nazionali, che si dirigono sempre più verso spiagge degne del nome, si riduce sempre più il numero dei turisti stranieri che frequentano i lidi nazionali.

Oggi si deve parlare di una vera e propria industria delle spiagge italiane, con fatturato di circa 13 miliardi di Euro l’anno, circa l’1% del Pil italiano (dati Nomisma, 2005). Il fatturato per mq varia da alcune decine di Euro ad oltre 1000 Euro. Si calcola che ogni metro quadrato di arenile recuperato produca un reddito generale per la collettivita’ di 1200 euro mentre per ogni euro speso per il restauro delle spiagge si avrebbe un ritorno di 50-100 euro nei primi 3-5 anni.

Le spiagge, molto spesso non hanno le dimensioni ottimali mancando circa il 25% della dimensione ideale a causa dell’erosione.

Il restauro geoambientale delle spiagge mediante ripascimento duraturo assume notevole importanza economica e ambientale dal momento che in seguito all’ampliamento di 35 m di una spiaggia lunga 1 km si può ricavare da un minimo di un milione di euro a 2,8 milioni annui con un ampliamento di 45 metri. Dopo un anno dal ripascimento, i ricavi aumentano del 12-15 per cento per gli arenili medi e grandi e fino al 18% per le spiagge piu’ piccole (dati Nomisma, 2005).

 

 

*      Evoluzione delle spiagge

Le spiagge costituiscono la parte affiorante di un prisma, costituito da sedimenti sabbiosi e/o ghiaiosi, costruitosi nelle ultime migliaia di anni (Olocene) mentre stava avvenendo la risalita delle acque marine in concomitanza con la deglaciazione iniziata circa 15.000 anni fa (figura 3).

I sedimenti costieri olocenici possono avere uno spessore variabile da 15 ad oltre 30 m lungo i litorali che delimitano le pianure alluvionali; lo spessore è generalmente minore lungo le Pocket Beach che rappresentano spiagge di limitata lunghezza e profondità, addossate ad un substrato roccioso ed in esso incastrate. Negli ultimi 2500 anni le spiagge sono state interessate da sensibili modificazioni (figura 4).

 

*      Evoluzione del clima e dell’ambiente nelle ultime migliaia di anni

Ricerche multidisciplinari di geoarcheologica ambientale sono state effettuate nell’area mediterranea per gettare luce sul significato climatico dei differenti tipi di sedimenti che si sono accumulati negli ultimi 2500 anni e che ricoprono numerosi siti archeologici, non influenzabili dagli interventi umani, in un’età compresa tra il Periodo Arcaico e il Medioevo, ubicati a diverse latitudini e in aree geografiche con differenti condizioni morfoclimatiche.

 

Figura 3

 

Figura 4

 

I sedimenti che ricoprono le superfici antropizzate e le aree urbane delle ampie pianure alluvionali, stabili per molti secoli, indicano che in intervalli di tempo di circa 100-200 anni di durata, l’ambiente è stato caratterizzato da una marcata instabilità geomorfologica che ha determinato intensi fenomeni erosivi e dissesti lungo i versanti, nonchè il trasporto e accumulo di ingenti volumi di sedimenti nelle pianure alluvionali e lungo le coste. In tal modo, grazie al consistente accumulo di sedimenti, si è determinata l’aggradazione rapida della superfice del suolo delle pianure e una marcata progradazione dei litorali sabbioso-ghiaiosi. E’ evidente che l’accumulo generalizzato di ingenti volumi di sedimenti, per uno o due secoli, nelle grandi pianure alluvionali costiere (dalle aree pedemontane alla linea di costa) al di sopra di superfici antropizzate e stabili geomorfologicamente per molti secoli, costituisce un evento eccezionale.

I diversi cambiamenti ambientali sono avvenuti contemporaneamente nella parte arida e umida della zona mediterranea e si sono verificati durante brevi intervalli di tempo di durata variabile da circa 100 a circa 200 anni. Inoltre, è stato evidenziato che lo stesso tipo di variazione ambientale si è manifestato ogni 1000 anni circa; è stato anche accertato che l’impatto ambientale è variato in relazione alla latitudine.

I periodi più freddi e piovosi (figura 5) sono stati chiamati Piccola Età Glaciale Arcaica (500-300 a.C.), Piccola Età Glaciale Altomedievale (500-700 d.C.) e Piccola Età Glaciale (1500-1750). I periodi più caldi e aridi sono stati chiamati Effetto Serra Romano (150-350 d.C.) ed Effetto Serra Medievale (1100-1270). I periodi climatici di transizione da una piccola età glaciale al successivo periodo caldo-arido sono stati caratterizzati da condizioni ambientali favorevoli alle attività umane.

 

Figura 5

 

La correlazione dei dati geoarcheologici evidenzia che vi è una stretta correlazione tra i periodi freddo-umidi e prolungati minimi di attività solare e tra i periodi caldo-aridi e una marcata e prolungata attività solare (figura 5).

I minimi significativi e prolungati di attività solare hanno determinato le Piccole Età Glaciali mentre i massimi significativi e prolungati hanno dato origine ai periodi più caldi “Romano” e “Medievale” caratterizzati da desertificazione fino a 41-42° N. L’ultimo periodo freddo denominato Piccola Età Glaciale (raffreddamento massimo tra il 1570 e il 1740) si inquadra in una fase di 290 anni di scarsa attività solare (circa 180 anni di minimo, complessivamente) tra il 1420 (inizio del minimo di Sporer) e il 1715 circa (fine del minimo di Maunder). Il periodo caldo medievale si è avuto in concomitanza con una fase di notevole attività solare tra il 1100 e 1270 circa che ha concluso un lungo periodo caratterizzato da un elevato numero di macchie solari, della durata complessiva di 330 anni e iniziato intorno al 920 d.C..

Gli impatti ambientali più significativi che si sono verificati nell’Area Mediterranea durante i periodi caldo-aridi sono rappresentati dalla desertificazione delle aree costiere fino a circa 42° N e dall’incremento dell’accumulo delle sabbie calcaree. Durante questi periodi l’Europa centro-settentrionale ha goduto di condizioni climatiche miti e favorevoli allo sviluppo dell’agricoltura. Impatti ambientali simili sono attesi nel prossimo futuro in seguito all’accentuazione dell’effetto serra che si sta registrando negli ultimi decenni in concomitanza con un’intensa attività solare che, secondo la naturale ciclicità millenaria, potrebbe concludersi con il primo “massimo di attività solare” del terzo millennio.

I periodi freddo-umidi (Piccole Età Glaciali) hanno determinato sensibili modificazioni ambientali contribuendo significativamente alla costruzione delle pianure alluvionali costiere e dei litorali.

Le ricostruzioni paleoambientali mettono in evidenza che l’attuale periodo di variazione climatica rappresenta il periodo di transizione tra una Piccola Età Glaciale e il successivo incremento dell’effetto serra, come ciclicamente e naturalmente si è già verificato nei millenni passati.

Nel prossimo futuro, pertanto, è da attendersi un ciclico e naturale incremento dell’effetto serra che si accentuerebbe indipendentemente dall’inquinamento atmosferico provocato dalle attività umane.

Rispetto agli analoghi periodi dei millenni scorsi, le globali e naturali modificazioni climatico-ambientali si stanno verificando con un’atmosfera inquinata dalle attività umane. Le emissioni solari connesse all’incrementata attività, testimoniata dall’elevato numero di macchie, potrebbero conseguentemente determinare una variazione dell’incremento dell’effetto serra, di entità superiore a quello determinatosi durante il Periodo Caldo Medievale.

Il riscaldamento globale, iniziato dalla metà del XVIII secolo in concomitanza con una crescente attività solare, e la diminuzione delle precipitazioni piovose, accentuatasi nell’ultimo secolo, testimoniano che è già in atto lo spostamento verso nord delle fasce climatiche dell’emisfero settentrionale, come evidenziano chiaramente le riprese satellitari degli ultimi decenni relative al margine meridionale del deserto sahariano.

Una delle conseguenze di tale traslazione climatica si sta già avvertendo anche in Italia dove si registra l’inizio della mediterraneizzazione del clima della parte settentrionale della Pianura Padana e delle Alpi con la concentrazione delle precipitazioni piovose nel periodo autunno-inverno-primavera. Tale modificazione idrologica sommata alla diminuzione dell’alimentazione nevosa dei ghiacciai, determina una marcata diminuzione dei deflussi superficiali estivi con conseguenti magre dei fiumi principali.

Si aggiunga che la variazione climatica sta determinando anche l’incremento dello spessore del suolo e del sottostante strato alterato del substrato con la conseguente diminuzione del ruscellamento idrico superficiale e della ricarica dei bacini artificiali.

Un impatto di notevole importanza interessa i litorali. E’ evidente che per la prima volta, negli ultimi 1000 anni, l’uomo si trova ad affrontare un serio problema generale con un consistente impatto negativo sull’ambiente e sull’economia: quello dell’erosione e distruzione delle spiagge.

La costruzione dei litorali con sabbia silicea è avvenuta durante i periodi freddo-umidi, cioè durante le Piccole Età Glaciali. L’ultimo ripascimento naturale si è verificato tra il 1500 e la fine del 1800 (figura 6).

 

Figura 6

 

In particolare, i litorali alimentati da corsi d’acqua appenninici ed alpini sono stati riforniti abbondantemente di sedimenti prevalentemente tra l’inizio del 1700 e la fine del 1800.

A partire dall’inizio del 1900 l’alimentazione naturale è stata progressivamente sempre più scarsa e le spiagge hanno iniziato a “dimagrire” specialmente in corrispondenza degli apparati di foce dei fiumi dove si riscontrano i fenomeni erosivi più gravi che spesso hanno provocato la distruzione di oltre 1000 metri di spiaggia negli ultimi 100 anni.

La zona deltizia rappresenta lo “stomaco” della spiaggia dove si accumulano i sedimenti sabbiosi e ghiaiosi durante i periodi di abbondante alimentazione. Essa si ingrossa rapidamente durante la “mangiata” e poi progressivamente diminuisce mano mano che i sedimenti vengono “digeriti”, vale a dire ridistribuiti lungo il litorale dalle mareggiate che incidono obliquamente sulla costa.

Gran parte delle spiagge attualmente sono solo parzialmente e insufficientemente alimentate di sabbia grazie alla erosione o cannibalizzazione dei sedimenti delle aree deltizie che sono quelle interessate da erosione molto grave.

 

*      Proposta di restauro geoambientale duraturo

In relazione alla variazione climatica che con ciclicità millenaria sta determinando un incremento dell’Effetto Serra, si prevede che l’erosione delle spiagge durerà almeno 100 - 150 anni.

In questo quadro riveste un ruolo di primaria importanza l’individuazione delle vie di dispersione obliqua e concentrata della sabbia, ancora presente sulle spiagge, al fine di mitigare le perdite, specialmente nelle Pocket Beach.

 

I dati più significativi da tenere presente per individuare linee di intervento tese a conservare e a restaurare in modo duraturo le spiagge sono i seguenti:

*      la costruzione dei litorali con sabbia silicea è avvenuta durante i periodi freddo-umidi, cioè durante le Piccole Età Glaciali.

*      l’ultimo ripascimento naturale si è verificato tra il 1500 e la fine del 1800.

*      le spiagge attualmente sono parzialmente e insufficientemente alimentate di sabbia da parte dei corsi fluviali; si assiste ad una alimentazione parziale, nell’ambito del litorale, grazie alla erosione o cannibalizzazione dei sedimenti delle aree deltizie che sono quelle interessate da erosione molto grave.

*      il periodo in cui prevale l’erosione, costituisce una fase nell’ambito dell’evoluzione plurisecolare naturale delle spiagge.

*      in relazione alla variazione climatica, che con ciclicità millenaria sta determinando un incremento dell’Effetto Serra, si prevede che l’erosione delle spiagge durerà almeno 100-150 anni. La variazione climatica, come accaduto in passato, dovrebbe comportare un aumento dei venti di origine meridionale e una conseguente modificazione del trasporto dei sedimenti lungo il litorale (cioè dai quadranti meridionali verso quelli settentrionali).

*      i ripascimenti con sabbia sono molto costosi e non duraturi;

*      i giacimenti di sabbia marina sono assolutamente insufficienti per il ripascimento delle varie migliaia di chilometri di litorali interessati dall’erosione.

*      in corrispondenza di interruzioni morfologiche delle spiagge, naturali (es. promontori) o artificiali (es. moli), la sabbia, oltre ad accumularsi, può venire dispersa irreversibilmente verso il mare aperto.

E’ evidente che i problemi ambientali attualmente connessi all’erosione costiera rappresentano una conseguenza dell’antropizzazione di una parte di territorio estremamente variabile in natura, aggravati da interventi dell’uomo realizzati lungo la costa e nei bacini idrografici.

 

Il quadro ambientale definito consente di mettere a punto le seguenti previsioni relativamente all’evoluzione dei litorali:

 

Scenari futuri con Opzione Zero:

*      si assiste alla distruzione delle spiagge, ai cambiamenti della linea di riva e delle proprietà dei privati cittadini e alla conseguente e progressiva perdita irreversibile di una risorsa ambientale autoctona di grande pregio ambientale e socio-economico;

 

Scenari futuri con interventi non duraturi ripetuti:

*      si interviene realizzando altre barriere artificiali, di vario tipo;

*      si fanno ripascimenti con sabbia una tantum;

*      si eseguono ripascimenti con sabbia ripetuti;

 

Scenari futuri con interventi duraturi:

*      si attuano ripascimenti duraturi con ghiaia e ripascimenti ripetuti con sabbia;

*      si realizzano ripascimenti duraturi sperimentali, monitorati, con ghiaia (e sabbia) in corrispondenza dei tratti di litorale più significativi e interessati da grave erosione.

 

La distruzione delle spiagge può essere contrastata efficacemente e in modo duraturo, senza alterare la bellezza delle spiagge, solo rifornendo artificialmente i litorali di sedimenti.

Finora sono stati eseguiti vari ripascimenti artificiali di sabbia. Nessuno è stato duraturo nonostante l’elevato costo. Il ripascimento con sabbia sarebbe l’ideale intervento da effettuare, ripetutamente. Il problema vero è rappresentato dall’elevato costo dell’intervento, dalla limitata durata nel tempo e dalla mancanza di giacimenti di sedimenti che siano in grado di soddisfare le varie migliaia di chilometri di spiaggia gravemente compromessa dall’erosione. 

Solo nel Lazio, Liguria e Toscana il fabbisogno stimato nell’ambito del progetto europeo Beachmed e’ di oltre 150 milioni di metri cubi di materiale per la ricostruzione (21,50 per ciascuna delle coste di Lazio e Toscana e 111,18 per la Liguria) e 1,7 milioni di metri cubi l’anno per la manutenzione nelle sole tre Regioni italiane.

Visto che i giacimenti di sabbia presenti sui fondali marini finora individuati sono limitati, il gruppo di studio coordinato dagli scriventi ha eseguito ricerche tese alla individuazione e valutazione tridimensionale dei sedimenti, con caratteristiche litologiche simili a quelli presenti sulle spiagge, affioranti lungo le fasce costiere, che potrebbero rappresentare potenziali giacimenti da utilizzare per i ripascimenti duraturi.

Si è proceduto alla valutazione della loro utilizzabilità per il ripascimento delle spiagge mediante la definizione delle caratteristiche ambientali degli affioramenti e la  individuazione degli interventi atti a rendere possibile la loro utilizzazione e a garantire un adeguato ripristino ambientale. Sono stati valutati i volumi potenzialmente utilizzabili ed i costi connessi al prelievo, lavorazione, trasporto e ripristino ambientale dei luoghi di prelievo.

La ricerca ha riservato una particolare attenzione alla individuazione delle caratteristiche fisiche naturali delle spiagge stabili, di elevato valore ambientale e socio-economico, che caratterizzano la costa tirrenica della Campania, Basilicata e Calabria.

I dati ambientali originali acquisiti hanno consentito di individuare adeguati interventi (ripascimenti duraturi) che consentano di garantire la difesa e il restauro geoambientale sostenibile delle spiagge (Pocket Beach di lunghezza variabile da alcune centinaia di metri a circa 10 km, tratti di lunghi litorali particolarmente interessati dall’erosione) attuando anche la conservazione dei sedimenti sabbiosi e il restauro geoambientale delle aree interessate da attività estrattiva dismessa.

L’esempio più evidente e documentato di ripascimento naturale e longevo è rappresentato dalla spiaggia di Vietri sul Mare (SA) che nell’ottobre 1954 fu interessata dall’accumulo di circa 300.000-400.000 metri cubi di detriti trasportati dalle colate di fango che devastarono i versanti del Torrente Bonea nella notte tra il 25 e 26 (figura 7). In quell’occasione si verificarono varie colate detritico-fangose in coincidenza con una eccezionale evento piovoso (circa 350 mm in 6 ore tra le 20 del 25 ottobre e le 2 del 26 ottobre) che provocò alcune decine di vittime tra Cava dei Tirreni e Vietri sul Mare. I detriti (ghiaioso-sabbiosi) determinarono un istantaneo ripascimento che incrementò di oltre 100 metri la spiaggia (figura 8 e figura 9a,b,c,d). Dal 1954 ad oggi la linea di riva ha subito un arretramento medio di circa 20 metri, come è agevolmente riscontrabile dal confronto delle carte topografiche, mappe catastali e foto aeree.

 

                        

Figura 7                                                                                           Figura 8

 

   

Figura 9 a                       9 b                                      9 c                                       9 d

 

Le indagini hanno evidenziato che i sedimenti che hanno determinato il rinascimento naturale sono costituiti da ghiaia con matrice sabbiosa (figura 8).

Da una ricerca diretta, mediante rilievi trentennali e confronto di foto aeree e carte varie, è emerso che le spiagge ghiaioso-sabbiose simili a quelle di Vietri sul Mare,  della costiera Amalfitana (figura 10°) e della costa tra Scario e Punta Infreschi nel Cilento (figura 10b), Maratea in Basilicata (figura 10c), Praia a Mare e Scalea in Calabria, sono le più stabili in quanto i sedimenti grossolani, più pesanti della sabbia, non vengono erosi e asportati obliquamente alla spiaggia dalle correnti indotte dalle forti mareggiate.

 

  

Figura 10  a                                     Figura 10 b                          Figura 10c

 

Al fine di verificare la possibilità di effettuare interventi di restauro ambientale di tratti significativi di litorale e di cave dimesse, è stato effettuato uno studio teso al recupero della fascia costiera compresa tra i comuni di Vico Equense e Portici nel Golfo di Napoli. In particolare è stata valutata la possibilità di effettuare un restauro geoambientale delle cave di roccia calcarea di Pozzano-Punta Orlando e di altre cave di rocce vulcaniche lungo i margini del Somma-Vesuvio al fine di ricavare un ambiente restaurato utilizzabile per varie attività e di ottenere sedimenti necessari per la costruzione di una nuova fascia costiera ricostituendo una linea di riva che aveva caratterizzato l’area prima dello sprofondamento avvenuto al passaggio tra il periodo romano e quello medievale (figura 11).

 

restauro golfo di napoli

Figura 11

 

Il restauro della zona costiera vesuviana ha una notevole importanza anche per migliorare sensibilmente le condizioni di sicurezza ambientale dell’area in relazione al rischio vulcanico. Lo studio ha registrato che i fronti d’acqua urbani della fascia costiera vesuviana da Torre Annunziata a Portici sono degradati e non adeguatamente valorizzati, spesso veri e propri “ostaggi” di interventi strategici realizzati nella seconda metà del XIX secolo, come ad esempio la linea ferroviaria Napoli-Salerno costruita lungo la costa, all’epoca disabitata.

Si tratta di una serie di centri abitati costieri, praticamente senza accesso al mare; di un mare senza spiagge, deturpato da opere protettive affioranti.

La fascia costiera di Pozzano, all’estremità sudoccidentale del territorio comunale di Castellammare di Stabia che rappresenta l’inizio della Costiera Sorrentina, è deturpata dalle cicatrici provocate da una secolare attività estrattiva lungo i versanti attualmente instabili e fonte di pericoli (crolli di massi rocciosi, colata rapida di fango e detriti del gennaio 1997). Come è noto in tale area è stato realizzato solo il recupero dei manufatti dell’ex cementificio, attualmente adibiti ad attività alberghiere; nella figura 12 a sinistra è riprodotta una immagine di alcune decine di anni fa quando era ancora in funzione il cementificio di Pozzano e a destra è proposta la situazione attuale di Pozzano, vista dal mare, dopo la trasformazione del cementificio in albergo mentre il versante della cava è ancora degradato e instabile (figura 13 in alto).

Lo studio è stato teso a valutare un intervento di restauro e messa in sicurezza dei versanti impostati su roccia calcarea (figure 12 e 13), mediante un adeguato terrazzamento, che preveda l’utilizzo dei detriti che si renderebbero disponibili per realizzare, oltre al ripristino della spiaggia locale, estremamente limitata in ampiezza e caratterizzata da sedimenti ghiaiosi (figura 13 in basso) anche altri restauri ambientali delle spiagge presenti lungo il litorale da Vico Equense a Portici. 

Il restauro geoambientale del versante consiste nel realizzare in primo luogo una stabilizzazione del costone roccioso delle aree di cava dismesse effettuando una riprofilatura della parete acclive allo scopo di eliminare il pericolo di caduta dei massi (figura 14). Il taglio dei gradoni verrebbe effettuato in modo da lasciare scabra la parete dell’alzata di ogni scalone, mentre la pedata, con larghezza di 20m circa, dovrebbe avere una inclinazione verso monte tale da condizionare il ruscellamento delle acque meteoriche verso l’interno del versante e soprattutto favorire il riporto e l’accumulo di suolo per rinverdire tutto il versante con l’impianto di idonee specie vegetali. Sulle pedate dei terrazzi e lungo le apposite scabrosità delle alzate verrebbe sistemato terreno vegetale per garantire la crescita di vegetazione autoctona.

                        

Figura 12                                                                                         Figura 13

A

 

La figura 15 evidenzia la morfologia attuale del fronte di cava dopo l’intervento di restauro mediante terrazzamento che riprodurrebbe le tipiche sistemazioni dei versanti della penisola sorrentino-amalfitana (figura 15 in basso). La figura 16 evidenzia l’aspetto attuale del litorale di Pozzano, visto da Castellammare di Stabia mentre la figura 17 rappresenta una simulazione del restauro ambientale del litorale e delle cave dell’area illustrata nella figura precedenti. La figura 18 schematizza la morfologia attuale della zona emersa e sommersa a valle della cava di Pozzano mentre la figura 18 illustra la morfologia dopo l’eventuale intervento di restauro geoambientali; è evidente che i nuovi sedimenti svolgerebbero  il duplice ruolo di garantire il supporto per la superficie balneare fruibile e di difesa dell’area costiera.

                                                   

Figura 14                                                             Figura 15

 

         

Figura 16                                                                         Figura 17

         

Figura 18                                                                    Figura 19

 

    

Figura 20 a                                     Figura 20 b                                      Figura 21

 

Le figure 20 a e b  e 21 evidenziano rispettivamente la morfologia costiera tipica del tratto di litorale compreso tra Torre Annunziata e Portici prima e dopo l’eventuale intervento di restauro geoambientali. In particolare le figure 20 a e b si riferiscono al litorale degradato compreso tra Torre Bassano e Torre del Greco. La figura 21 mette in evidenza i binari ferroviari della linea Napoli-Reggio Calabria, protetti dalle scogliere aderenti e parallele alla costa; in grigio è simulata l’ area che potrebbe essere interessata dal ripascimento.                

Con i lavori potrebbero essere estratti complessivamente fino a 5,6 milioni di m³ di roccia calcarea; una parte dei detriti potrebbe essere elaborata riducendo i frammenti di roccia alle dimensioni di ghiaia arrotondata per poi essere utilizzata per il ripascimento strategico del litorale sottostante così da ottenere una nuova e ampia spiaggia balneabile. Dai calcoli effettuati servirebbero circa 400.000 m³ di ghiaia per il ripascimento del litorale di Pozzano. 

Il restauro dei versanti metterebbe a disposizione una nuova superficie complessiva di 90.000 mq di cui 60.000 mq rappresentati dalle pedate dei terrazzamenti e 30.000 mq (già esistenti) costituenti i piazzali delle aree di cave.

Il restauro geoambientale del litorale per una lunghezza lineare di circa 3000 m - 4000 m, comporterebbe il recupero di una nuova superficie costiera, ad elevato valore ambientale e di grande pregio economico, di circa 270.000 mq che rappresenterebbe una protezione per l’ambiente antropizzato e l’occasione per ridisegnare il fronte d’acqua su basi ambientalmente sostenibili, per attività turistico-balneari, ricreative e di altro tipo (figura 22).

 

golfo di napoli

Figura 22

 

La ricerca ha messo in evidenza che la costruzione del Porto Turistico alla foce del Sarno determinerà l’interruzione del rifornimento di sedimento sabbioso al litorale di Castellammare di Stabia, già in grave erosione attualmente. Lungo tale tratto di costa andrebbe eseguito il restauro della spiaggia come proposto per Pozzano (figura 22) utilizzando in parte sedimenti provenienti dal restauro del fronte di cava di roccia calcarea e in parte sedimenti di roccia vulcanica ricavabili dal restauro delle cave presenti alla base del Somma-Vesuvio.

In particolare per la costruzione delle spiagge si è valutata la possibilità di effettuare il ripascimento fino alla batimetrica di cinque metri, usando pezzame roccioso calcareo per il riempimento fino al livello del mare e sedimenti selezionati ed elaborati di colore simile a quello della sabbia attualmente esistente per il ripascimento della spiaggia affiorante.

Le indagini hanno evidenziato che interventi simili possono essere realizzati tra Torre Annunziata e Portici, restaurando la linea di riva romana mediante il ripascimento con sedimenti ricavabili dal restauro ambientale delle cave di rocce calcaree di Pozzano e di rocce vulcaniche vesuviane (figura 22).

Tale intervento consentirebbe di ricavare una nuova fascia costiera di circa 260 ettari. E’ evidente che, riuscendo a garantire la depurazione delle acque, tale nuova fascia costiera rappresenterebbe un territorio qualificato in cui realizzare spazi attrezzati, infrastrutture e attrezzature varie, carenti lungo tutta la fascia costiera. Considerata l’elevata redditività che caratterizzerebbe tale area costiera, una vera e propria “Riviera Vesuviana”, ricca di beni culturali e naturali, si intuisce che l’intervento di restauro potrebbe attirare anche i necessari capitali privati che consentirebbero di eseguire l’intervento in tempi brevi.

Gli studi sono stati estesi a tutta la fascia costiera della Campania ed hanno evidenziato che il restauro delle cave dimesse, nell’ambito di una oculata e moderna pianificazione territoriale regionale, potrebbe essere esteso alle cave a fossa di sedimenti alluvionali. Altri giacimenti di sedimenti utilizzabili per il ripascimento potrebbero essere costituiti dai sedimenti alluvionali fossili che caratterizzano gli alvei di vari corsi d’acqua, sempre in un piano di risanamento e restauro ambientale che individui e controlli le attività di rimodellamento ambientale.

L’indagine effettuata nella fascia costiera del Cilento, compresa nel Parco Naturale omonimo, ha rivelato interessanti soluzioni di restauro costiero che, abbinate ad interventi ‘mirati’ nell’entroterra, potrebbero riqualificare le spiagge di grande pregio ambientale, attualmente in via di distruzione a causa dell’erosione marina, come quelle di Scario (figura 23), Sapri (figura 24) e Agropoli (figura 25). Infatti il recupero di cave dismesse lungo la fascia costiera potrebbe essere eseguito in sinergia con il prelievo di sedimenti in vari tratti di valli sovralluvionate dei fiumi Tanagro, Alento, Bussento e Mingardo con la conseguente creazione di zone umide fluviali che ben si inserirebbero nel Parco (figure 26 e 27).

 

                          

Figura 23                                           Figura 24                                            Figura 25

 

      

Figura 26                                                                                 Figura 27

 

*      Conclusioni

Lo studio ha evidenziato che la fascia costiera compresa tra Castellammare di Stabia e Portici può essere valorizzata ridisegnando il fronte d’acqua, o meglio restaurando una linea di riva antica.

Lo studio ha valutato la possibilità di restaurare le spiagge con sedimenti selezionati che garantiscano una durata pluridecennale all’intervento, ispirandosi al ripascimento naturale avvenuto a Vietri sul Mare in poche ore tra il 25 e 26 ottobre 1954.

La morfologia delle nuove superfici restaurate simulerebbe la morfologia naturale delle aree costiere alluvionali, caratterizzate dalla spiaggia e da una retrospiaggia vegetata con andamento tipico delle dune.

Tale morfologia consentirebbe di realizzare aree attrezzate e di ospitare anche una nuova via di fuga coperta che consentirebbe un rapido collegamento, della zona a maggiore rischio vulcanico, con le aree circostanti a nord ovest e a sud est; tale soluzione assicurerebbe una via di evacuazione sicura, che non sarebbe messa fuori uso dall’accumulo di sedimenti piroclastici o di colate piroclastiche in caso di eruzione.

Va sottolineato che le spiagge hanno bisogno di interventi duraturi e immediati da programmare nell’ambito regionale in base alle priorità ambientali.

L’unico modo di intervenire è rappresentato dal ripascimento dei litorali con sedimenti di granulometria tale da non essere erosi ed allontanati dalle spiagge.

Tale metodo di rapida attuazione, consente di coniugare la tutela ambientale duratura e lo sviluppo socio-economico duraturo. Considerando che l’erosione dei litorali si accentuerà ancora per almeno 150 anni, va posto seriamente l’obiettivo di tutelare, conservare e valorizzare i litorali privilegiando le azioni tese a realizzare interventi duraturi, nel rispetto delle bellezze naturali e che contemporaneamente consentano di ottenere altri benefici ambientali.

 

Considerata la gravità e la prevedibile durata pluridecennale dell’erosione costiera, gli interventi di restauro delle spiagge si devono basare sui seguenti aspetti:

 

*      eseguibilità immediata dell’intervento;

*      costo dell’intervento contenuto (con interventi eseguiti anche con una sinergia tra pubbliche istituzioni e privati) mediante interventi ispirati all’ingegneria naturalistica;

*      ripristino di linee di riva già esistite in passato;

*      ricostruzione di morfologie costiere naturali senza barriere artificiali emerse o sommerse;

*      durata nel tempo dell’intervento di restauro e ripascimento di alcune decine di anni.

 

In un attento programma di valorizzazione delle risorse ambientali e di sviluppo socio economico del territorio, il restauro ambientale del litorale consentirebbe il restauro di numerose cave dimesse.

Va presa in considerazione la possibilità di avviare, in tempi brevi, interventi legislativi adeguati e interventi sperimentali in aree significative e rappresentative.

Gli amministratori delle pubbliche istituzioni devono rendersi conto che la fascia costiera è un bene ambientale autoctono di inestimabile valore e che come tale va adeguatamente curato e pianificato.

Prendendo in esame il litorale Vesuviano, esso potrebbe essere restaurato in due tempi.

Il primo intervento sarebbe teso a ricostituire una linea di riva simile a quella romana e ad adeguare i porti, anche per una loro strategica funzione di “Via di Fuga Marina” in caso di emergenza vulcanica.

Il secondo intervento potrebbe riguardare il completamento della riqualificazione del fronte d’acqua la cui fruizione attualmente è minata anche da infrastrutture quali la linea ferroviaria

Il restauro delle spiagge, in accordo con le Istituzioni competenti, potrebbe essere perfezionato utilizzando i sedimenti elaborati ottenuti dal restauro delle varie cave di rocce vulcaniche presenti alla base del Somma-Vesuvio.

I sedimenti calcarei che costituirebbero le fondazioni del ripascimento potrebbero essere trasportati da Pozzano via mare ed accumulati direttamente lungo la costa.

E’ evidente che, riuscendo a garantire la depurazione delle acque, tale nuova fascia costiera rappresenterebbe un territorio qualificato in cui realizzare spazi attrezzati, infrastrutture e attrezzature varie, carenti lungo tutta la fascia costiera.

Considerata l’elevata redditività che caratterizzerebbe tale area costiera, una vera e propria “Riviera Vesuviana”, ricca di beni culturali e naturali, si intuisce che l’intervento di restauro potrebbe attirare anche i necessari capitali privati che consentirebbero di eseguire l’intervento in tempi brevi.

La stima dell’economia connessa al litorale di Pozzano evidenzia che, attualmente, nei tre mesi estivi il fatturato medio per metro quadrato di litorale è di circa 70 euro; quindi durante la stagione balneare si produce un fatturato medio complessivo di 2.100.000 euro (70 euro X 30ֹ000 m² della spiaggia attuale).

Tale fatturato aumenterebbe notevolmente se si considera la superficie di spiaggia dopo il ripascimento artificiale; infatti con i 110.000 m² di area complessiva della spiaggia restaurata il fatturato totale sarebbe di circa  7.700.000 euro all’anno.

Per costruire una nuova fascia emersa di 90 m di larghezza media e lunga circa 17 km da Torre Annunziata a Portici occorrerebbero circa 3˙000˙000 di metri cubi di sedimenti di cui circa 1,5 milioni non elaborati e di roccia calcarea trasportabile via mare da Pozzano e circa 1,5 milioni di metri cubi di sedimenti di roccia vulcanica che garantirebbero la rifinitura della parte visibile della spiaggia restaurata.

L’intervento consentirebbe di avere a disposizione una nuova fascia emersa costiera di circa 160 ettari.

Circa 80 ettari sarebbero costituiti dalla spiaggia balneabile e circa 80 ettari dalla retrospiaggia.

Il costo stimato per tale restauro è valutato intorno a 70 milioni di euro.

Considerando il fatturato annuo attuale per metro quadrato di spiaggia valutato per Pozzano (70 euro), in seguito al restauro e una volta adeguatamente sistemata la fascia costiera, disinquinando le acque e attrezzando la fascia di restrospiaggia, si potrebbe avere un fatturato annuo connesso agli 800.000 metri quadrati di nuova spiaggia stimabile intorno a 56 milioni di euro.

E’ evidente che la risorsa costiera può essere adeguatamente restaurata e valorizzata con una moderna capacità di governo che renda possibili interventi trasparenti, condivisi e di grande beneficio per uno sviluppo duraturo.

La nuova superficie costiera dovrebbe essere oggetto di una pianificazione unitaria, democraticamente basata sulle esigenze dei comuni e di tutto il territorio circostante, in modo da creare evidenti benefici ai cittadini dei comuni costieri e garantire uno sviluppo socio-economico  duraturo.

 

 

Prof. Franco Ortolani         fortolan@unina.it

dott. Valerio Buonomo      valerio.b@inwind.it