Gruppo Biblico di Evangelizzazione

IX Incontro:
Camminare nello Spirito e annunciare il Vangelo
 



Capitolo 8Indice

9.1 La lotta spirituale e lotta sociale

Dal momento in cui é rinato per fede, il cristiano deve aspettarsi una lotta spirituale molto dura, soprattutto subdola e nascosta. Perché deve lottare? Contro chi o che cosa deve lottare? Il fatto che tu sia rinato significa che Satana non ha più il potere assoluto di sottometterti alla sua volontà in qualità di schiavo! Ma tu stesso puoi metterti, consapevolmente o inconsapevolmente, al suo servizio, farti suo servo. Satana ti metterà difronte circostanze nelle quali il cuore dell'uomo inizia a tremare, a dubitare della salvezza, dell'amore di Dio, di te stesso. Da un piccolo dubbio Satana riesce giorno dopo giorno e anno dopo anno a farci perdere la realtà delle cose: o diventiamo fanatici della fede, anteponendo i principi alle persone, oppure pensiamo che tutto quello che abbiamo vissuto é stato frutto dell'età, di un momento, di ingenuità o del caso. In ogni caso Satana é riuscito a separarci da Dio, a renderci innocui, anzi spesso contro-testimonianti. A Dio non servono paladini della fede, che in suo nome combattano battaglie politiche, o sociali, contro altri uomini: non c'é cosa peggiore di un cristiano fervente che si é dimenticato che Dio é Padre di TUTTI. Dio desidera dei Figli, e sa difendersi benissimo da solo.

La lotta primaria del cristiano é quella contro gli spiriti del male (Ef 6,12 : La nostra battaglia non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti). Non si tratta di spostare la battaglia dal campo socio-politico a quello spirituale, ma di rendersi conto che le ingiustizie sul piano sociale hanno origine da una corruzione spirituale. Se non combattiamo la fonte del male, ogni altra battaglia sarà inutile. Penso che i cristiani, prima di tutto, non si dovrebbero preoccupare di combattere per la Verità, ma per la Pace. Nelle beatitudini Gesù non proclama beato chi combatte per l'affermazione del cristianesimo sull'ateismo o sulle altri religioni, ma proclama beato chi porta la Pace. Quindi non si tratta di convertire, ma di annunciare, non si tratta di dividere, ma di unire. Paolo stesso diceva che avrebbe voluto essere anatema per Dio se questo fosse andato a vantaggio dei fratelli (Rm 9,3). In che modo i cristiani riusciranno a vincere il male? Semplicemente trasformandolo in bene (Rm 12,21). Qualsiasi cosa facciamo teniamo presente questo principio.

Il piano spirituale non deve, però, essere indipendente da quello sociale, ma quest'ultimo, secondo me, é subordinato al primo : non possiamo portare la Parola di Dio se non operiamo per una salvezza totale, intera, dell'uomo, per la sua liberazione completa da ogni tipo di ingiustizia; ma non possiamo liberare definitivamente e completamente l'uomo se non gli presentiamo Gesù Cristo come Salvarore personale: Egli é il vero rivoluzionario vivente. La prima libertà é interiore, ad essa segue quella esteriore. Come si spiega altrimenti la gioia che é riuscito a mantenere e a comunicare Massimiliano Kolbe all'interno del lager di Auschwitz (tanto per fare un esempio), se non grazie ad una grande libertà interiore? Certamente Dio vuole che l'uomo sia libero dalle oppressioni, ma questa libertà può essere cercata solo come conseguenza dalla libertà dal peccato e da Satana, che é la fonte (diretta o indiretta) di ogni male e di ogni ingiustizia.

Per la riflessione:

Secondo te, é più importante la giustificazione personale o la giustizia sociale?


9.2 Vivere per fede e sperare per fede

Una cosa molto importante è distinguere la fede dalla speranza e vedere quale rapporto c'è tra le 2 virtù teologali. Spesso confondiamo la fede con la speranza e viceversa: pensiamo che <<fidarsi>> voglia dire <<sperare che>>, ma la speranza di per sé non é certezza, ma incertezza. La fede si rivolge al passato e la speranza al futuro. Nella fede si fa conto di possedere già ciò che ci viene promesso (Mc 11,24). La speranza invece riguarda ciò che ancora non possediamo.

Ora la Scrittura ci dice che "il giusto vivrà per fede" (Rm 1,17) che significa : chi é stato reso giusto da Dio vivrà mediante la fede e grazie alla fede. L'atto di fede é stato necessario per la nostra rinascita spirituale, ma lo é anche successivamente, per continuare a vivere. Ma che significa vivere per fede? Significa andare in chiesa tutte le sere, recitare tutti i giorni il rosario? Confessarsi tutti i giorni? No! Niente di tutto questo. Non si tratta semplicemente di essere religiosi, non si deve diventare bigotti: a chi piace la discoteca può continuare a frequentarla, chi fa teatro continuerà a farlo; significa, piuttosto, vivere in simbiosi con Dio in ogni cosa, prendere le decisioni insieme a Lui, passando dall'IO al NOI, credere sempre nella sua presenza, anche quando le impressioni e le circostanze della vita ci gridano il contrario. Significa non vivere più per se stessi, ma per Colui che ci ha comprati a caro prezzo (1 Cor 6,19-20). Una vita nuova, uno scopo nuovo. Le cose che si facevano prima non perdono valore, ma vengono relativizzate: adesso c'é una realtà che vive in noi, al confronto della quale tutto il resto sembra spazzatura (Fil 3,8).Il cristiano rinato, non é più sotto la Legge, ma sotto la Grazia (Rm 6,14), cioé non deve più obbedire ad una Legge scritta, non deve obbedire alla Morale, ma direttamente a Dio: lo Spirito Santo stesso sarà per lui la Legge e la Morale. Adesso riesce a capire l'amore che Dio ha per lui e il suo desiderio sarà principalmente quello di conformarsi alla Sua volontà. Con questo non voglio dire che dobbiamo buttare via la Morale per ascoltare lo Spirito: certamente se fossimo costantemente uniti a Dio, lo Spirito stesso ci guiderebbe verso l'amore, ma dato che non siamo costantemente ripieni di Spirito e la nostra coscienza si oscura , é bene che la Chiesa ricordi sempre agli uomini ciò che é giusto e ciò che non lo é; essa, infatti è il Corpo di Cristo (1 Cor 12,13), unione di tutti i fedeli, in essa abita e vive una pienezza di Spirito che gli uomini singolarmente non possono avere.

Tuttavia non possiamo essere solo ancorati al presente: il cristiano deve sperare; non perchè lo sperare sia un obbligo morale, ma perchè la sua nuova natura lo porta necessariamente a sperare. Di che speranza si tratta? Non é forse ingenuo continuare a sperare contro ogni logica? Si, può essere illogico. Sperare non significa sperare per tutto altrimenti sarebbe illusione, ingenuità. Il fondamento della nostra speranza é la fede (Eb 11,1): possiamo sperare perché abbiamo già sperimentato l'amore di Dio, possiamo guardare gli avvenimenti guardando oltre il presente, nella consapevolezza che <<tutto concorre al bene di coloro che amano Dio>> (Rm 8,28), perchè sappiamo che Dio è in noi. La speranza ci proietta in avanti, ci costringe ad uscire dal nostro guscio, ci costringe a fare i conti con la radice della nostra fede. La speranza ci consente di rendere relativa ogni cosa, se proviene dalla fede: un giorno mentre ero in autobus stavo riflettendo sul brutto voto ricevuto per lo scritto di un esame. Ne ero rattristato e deluso, finché non sentì dentro di me come una voce che mi diceva: <<Non puoi essere triste, Io ti ho dato la vita eterna>>. In fondo avevo fatto del mio meglio per qell'esame, quindi non dovetti far altro che ringraziare il Signore perché grazie a quell'esame andato male, Dio mi aveva parlato e mi aveva rassicurato (Col 3,1-2). Chi smette di sperare muore.

Per la riflessione:

1. Che cosa significa vivere per fede?

2. Che rapporto c'é tra fede e speranza?

3. Quale speranza ci può essere senza la fede?


9.3 Tutto concorre al bene (Rm 8,28)

Questo versetto va letto insieme a 1 Ts 5,18: <<in ogni cosa rendete grazie>> ed é stato per me oggetto di litigio e di incomprensione nei confronti di Dio, finché la mia mente si é aperta ad una verità splendida. Ci hanno, giustamente, sempre insegnato a distinguere il male dal bene; il male é male, e il bene é bene. Qui si dice che Dio va ringraziato <<in ogni cosa>>; non si dice di ringraziare <<nonostante le cose>>, ma <<in ogni cosa>>, comprese cioé le disgrazie e le cose più orribili che ci possono capitare. Possiamo davvero ringraziare Dio per il male che riceviamo, per una guerra, l'incidente di un nostro parente o dell'amico più caro? Allora la colpa sarebbe di Dio ! Al solo pensarci trema tutto il nostro interiore, perché stiamo toccando la radice dell'esistenza.

Intanto sottolineamo che si ringrazia Dio non perché Egli abbia voluto farci soffrire, Dio aborrisce il male. Non ha voluto neanche punirci. Niente di tutto questo: Egli non é in alcun modo la fonte del male, di nessun male: il 99% dei mali dell'uomo sono causati dall'ingiustizia dell'uomo stesso. Il restante 1% é dovuto alla natura: ma anche qui potremmo discutere a lungo sulle previsioni che oggi si possono fare sulle calamità naturali, sui rischi evitabili, su responsabilità varie, comprese quelle sanitarie.

Diciamo quindi che Dio ha permesso il male, non l'ha voluto. Ci chiediamo il perché di un tale male, ma non troviamo risposte. Ad un certo punto la nostra mente deve smettere di razionalizzare fino all'eccesso. Dio sta dicendo: <<non preoccuparti più del tuo passato, guarda piuttosto al futuro, a quello che adesso puoi fare per migliorare la situazione, e soprattutto abbi fiducia in me>>. Che cosa? Avere fiducia in Te? Dopo quello che mi hai fatto? Davvero, questa potevi risparmiartela; se davvero tu mi avessi amato non avresti permesso che mi accadesse niente di male e invece...

Ma Dio ci risponde, <<amami, abbi ancora fiducia in me, perché tutto questo, che é male, potrà diventare bene, se solo tu mi ringrazi>> (Rm 8,29 e 1 Ts 5,18). Davvero possiamo sperimentare che se ringraziamo Dio in ogni cosa e non nonostante le cose, liberiamo la sua potenza trasformatrice. Il primo cambiamento avviene in noi, siamo liberati e iniziamo a vede le cose in una nuova prospettiva. Non si tratta semplicemente di essere ottimisti nel futuro, quanto avere la consapevolezza che Dio sta portando avanti un progetto su di noi e lo fa nel modo migliore possibile. Alla trasformazione interiore a volte succede anche quella esteriore, ma non dobbiamo ringraziarlo per questo: lodarlo e ringraziarlo non é una merce di scambio; dobbiamo ringraziarlo gratuitamente, come gratuitamente Egli ci ha salvato; lo ringraziamo come segno della fiducia che abbiamo in Lui.

In una famiglia americana viveva un uomo che da 10 anni era alcolizzato. La famiglia era disperata, aveva tentato tutte le soluzioni per farlo smettere di bere; l'avevano supplicato in ogni modo; erano ricorsi a mille stratagemmi; avevano pregato a lungo che Dio li liberasse da questo supplizio e avevano commissionato anche a degli amici di pregare per loro. Il risultato di tutto questo? Niente, il niente più assoluto.

Un giorno questa famiglia conobbe Merlin Carothers, pastore metodista, il quale parlò loro della potenza della lode e propose loro di lodare Dio perché aveva permesso che quell'uomo fosse un alcolizzato. I familiari erano scandalizzati, pieni di rabbia e di stupore per tale proposta. Poi una volta calmatisi hanno pensato che in fondo non avevano più niente da perdere facendo ciò. Così riunitisi in preghiera ringraziarono di cuore il Signore, per la prima volta non gli chiesero di cambiare quella situazione, ma riconobbero, che anche se non capivano assolutamente niente, si fidavano di Lui, e credettero che Egli conducesse bene la loro vita e per questo lo lodarono e lo ringraziarono.

Dopo pochi giorni quell'uomo trovò la forza di reagire all'alcool e oggi é un membro attivo nell'evangelizzazione. Pura coincidenza?

Anch'io posso portare una piccola testimonianza in favore del principio della potenza della lode, ma chiunque può sperimentarla. Quando studiai per la prima volta tale principio, mi ribellai con tutte le mie forze a tale idea di Dio, non riuscivo a concepire il pensiero di ringraziare il Signore per le cose orrende che ci capitavano. Per me voleva dire sminuirne la gravità, smettere di combattere, accettare passivamente la situazione, diventare fatalista(<<se é successo questo, si vede che doveva accadere>>). Piano piano, questo principio cominciò a penetrarmi, fin quando riuscii ad accettarlo, almeno filosoficamente. Capii, che la frase precedente non ha niente a che vedere con il principio della lode. Dicendo che <<doveva accadere>> non diciamo grazie a Dio, non attribuiamo all'evento alcun aspetto positivo, e, soprattutto non si faceva alcun atto di fede nei confronti di Dio Padre. Capii anche che il principio della lode era il modo più sublime di dimostrare la mia fede in Dio. Ma voglio sottolineare che lo capii, lo capii filosoficamente, non lo avevo ancora sperimentato nella vita. accusato di cose che ritenevo completamente ingiuste, anzi ero
accusato di cose che non facevo, almeno secondo me. La discussione diventava sempre più animata, tanto che saltammo perfino il pranzo. La rabbia ci aveva coinvolti completamente, io rincorrevo mia madre in camera per litigare, poi lei faceva altrettanto con me nella mia, e la cosa andò avanti fino al pomeriggio. Credetemi, ero esausto, soprattutto ero pieno di rabbia per le cose che venivano fuori e che non avevano alcun senso, sia da parte mia che da parte di mia madre; finché ad un certo punto sento come una voce dentro di me che mi dice: <<ringraziami per quello che ti sto facendo>>. Pensai che stavo diventando matto. Ringraziare? Di che cosa? Di litigare dalla mattina con mia mamma? Per motivi inutili? No, ero troppo arrabbiato. Dopo mezz'ora sentii ancora quella voce, ma rifiutai di lodare Dio. La terza volta mi arresi, ero troppo esausto. Allora pensai: <<in fondo che cosa ho da perdere, peggio di così ... >>. Mi misi a pregare, dissi a Dio che non riuscivo a capire quale utilità, nella mia vita e nella vita di mia madre, potesse avere quel litigio furibondo, ma lodai e ringrazia Dio, per questo. Non lo ringrazia, nonostante il litigio, ma per il litigio. Posso giurare che non avevo ancora finito di ringraziare Dio, che mia madre era entrata in camera mia, con le lacrime agli occhi, dicendomi di smettere di litigare e che non capiva come mai lo stessimo facendo. Ci siamo pentiti entrambi, ci siamo perdonati e rappacificati.

Pura casualità ? Può darsi, ma ripongo la mia fiducia in Dio.

Per la riflessione:

1. Scrivi interamente i versetti:

- 1 Ts 5,18 :

- Rm 8,28 :
 
 

Adesso in virtù di questi 2 versetti, ti consiglio di metterti in preghiera, 
di fare una lista delle cose più spiacevoli e orrende che ti sono capitate nella tua vita. 
Poi loda e ringrazia Dio per tutte quelle cose, 
e perché tramite esse sei arrivato/a a questo punto della tua vita. 
Abbi fiducia nella sua Parola.

 


9.4 Preghiera rivoluzionaria !

Nel corso della mia crescita spirituale ho avuto modo di conoscere un altro modo di agire, un altro tipo di azione, più efficace dell'azione stessa: è la preghiera. Mio cognato non trovava lavoro da circa un anno e mezzo; una sera venne fuori una discussione: la questione era: "A Dio stanno a cuore i nostri problemi quotidiani? Si interessa solo della nostra vocazione o interviene anche nella vita di tutti i giorni?". Ne venne fuori una "sfida" nei confronti di Dio stesso: se entro breve tempo mio cognato avesse trovato lavoro, questo sarebbe stato il segno che Dio ci ama fin nelle piccole cose.

Mi misi daccordo con una donna, secondo Mt 18,19. Per 14 giorni pregammo intensamente; lei fece anche dei digiuni: il Signore vide la nostra fede e agì: mio cognato ricevette a casa 2 proposte di lavoro nel suo campo e presto ricominciò a lavorare seriamente.

Mi chiedo: "perchè quella volta il Signore mi ha ascoltato e altre volte no?". Non possiamo considerare il Signore come un pozzo dei desideri e non possiamo chiedergli cose che gli possano dispiacere (1 Gv 5,14), ma del resto Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio Padre e per la fede Dio ci ha adottato come suoi Figli legittimi: quindi possiamo rivolgerci a Lui come ad un Padre e chiedergli quello che vogliamo. In che modo Egli può venirci incontro?

Innanzitutto non possiamo pensare che Egli possa esaudire un figlio che col suo peccato ha rifiutato il suo amore: il peccato ci separa da Dio, dunque occorre prima di tutto essere in pace con Lui (Is 1,15-17).

Inoltre, quando ci accostiamo a Lui nella preghiera lo dobbiamo fare senza basarci sui nostri sentimenti, nè tantomeno sulle nostre sensazioni: l'unica base può essere il Sangue versato una volta per tutte da Gesù Cristo.

Quando poi preghiamo dobbiamo pregare nella fede e non nella speranza: questo è l'errore che compiono la maggior parte delle persone. Quando diciamo : "prego perchè finisca la guerra in ... " la maggior parte delle volte significa "spero che la guerra finisca ... ".

Ma Dio non è onorato dalla nostra speranza, ma dalla nostra fede. La fede è il fondamento di ciò che non vedamo ancora (Eb 11,1) e in Rm 1,17 è scritto che "il giusto vivrà per fede". Ancora in Eb 11,6 si dice che "senza la fede è impossibile essergli graditi". Se andassimo da nostro padre dicendogli <<spero che tu mi faccia questo favore>>, nostro padre prende semplicemente atto della nostra speranza. Ma se andassimo dicendogli <<grazie babbo per ciò che farai, perchè ti conosco mi fido di te. So che prenderai sul serio la mia richiesta, per questo già da adesso ti ringrazio>>. Quanto più nostro padre sarebbe spinto da questa ventata di amore e di fiducia a fare ciò che gli abbiamo chiesto, nonostante che lui ritenga quel favore di poco conto, ma per la nostra insistenza ce lo concederà. Quando preghiamo quindi, facciamolo nella fede, cioè con la gioia, considerando ciò che chiediamo come se già lo avessimo (Mt 21,22).

Infine quando chiediamo qualcosa al Padre, non facciamolo come nella magia, per la quale si chiede a Satana qualcosa una sola volta. Dio è onorato dalla nostra fede, non dalle nostre formule e la nostra fede si esprime anche nella perseveranza della richiesta. La perseveranza purifica le nostre preghiere, separando quelle di poco conto da quelle a cui teniamo veramente: voglio dire che se una richiesta la riteniamo molto importante siamo disposti anche a pregare molto.

Tuttavia non dobbiamo riempire le nostre preghiere con un sacco di parole (Mt 6,7-8), quasi che fossero esse a permetterci di ottenere i favori di Dio: nella preghiera ci deve sempre essere spazio per il silenzio in cui Dio stesso Parla al nostro spirito; la maggior parte delle volte non siamo coscienti di questo, ma avviene (Sal 16,7). Ma dobbiamo perseverare, perchè solo così, il Signore ci ha garantito di poter otterene ciò che vogliamo (Lc 11,5-10)

Infine è necessario chiedere nel nome di Gesù Cristo: cioè non per le nostre virtù, per i nostri meriti, ma solo e unicamente nel nome di Gesù Cristo.

Per la riflessione:

Quali cose sono importanti per una preghiera rivoluzionaria ?


9.5 Il Grande Mandato

Dopo aver scoperto quali grazie il Signore ha in riserbo per noi, dopo aver sperimentato il suo amore, la salvezza e la Vita Eterna, come possiamo tenere tutto questo per noi? Come possiamo non farne partecipi altre persone, bisognose anch'esse di conoscere Gesù e di riconoscerlo come loro personale Signore e Salvatore? Credo che un cristiano che non parli mai della sua esperienza di salvezza, che non parli di Gesù, come sistema di vita, non sia rinato davvero per fede. La gioia che ti prende è talmente grande che esce fuori di te, si trasmette, anche se tu non lo volessi.

Prima di ascendere al Cielo definitivamente, dopo la discesa dello Spirito, Gesù disse gli apostoli le sua ultime volontà. Perchè sono importanti? Perchè sono le ultime parole che Gesù ci ha lasciato, e si sa, è proprio prima di lasciarsi che si dicono sempre le cose più importanti, quelle che ci stanno più a cuore:

<<Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con vuoi tutti i giorni fino alla fine del mondo>> (Mt 28,19-20). Tralasciando i verbi al gerundio che ci indicano il modo in cui fare qualcosa, i verbi principali sono: <<andate>> e <<ammaestrate>>.

Fino al tempo di Gesù, Dio veniva adorato soprattutto in Gerusalemme e tutti gli ebrei dovevano recarvisi spesso. Con la venuta di Gesù, il movimento è esattamente all'opposto: gli apostoli partiranno da Gerusalemme per annunciare la notizia della resurrezione di Cristo, della remissione dei peccati, della salvezza per fede, in tutta la terra. Oggi, purtroppo, stiamo ancora in chiesa ad aspettare che la gente si avvicini: non era questo l'insegnamento di Cristo, non era : <<aspettate coloro che vi manderò>>, ma <<andate in tutto il mondo>>.

Il secondo aspetto è <<ammaestrate>>. Non si tratta di comportarci da maestri, in quanto uno solo è il maestro ed è Gesù Cristo, ma essendo proprio Lui IL MAESTRO, si tratta di portare Lui. Non si devono annunciare dei concetti astratti, ma Gesù: Egli è la buona notizia, Colui che può cambiare il mondo, che ha spaccato la storia in 2 parti, che è risorto dai morti. Nessuna idea è capace di rivoluzionare il mondo intero, nessuna utopia può trasformare radicalmente una situazione spiacevole, una persona infelice: solo Gesù può rivoluzionare.

Dunque se Gesù ci ha detto di portare il Vangelo in tutto il mondo perchè non farlo anche oggi? Perchè non cominciare da coloro che ci stanno vicino? Ricordiamoci che senza evangelizzazione non può esserci fede (Rm 10,17). Vogliamo tenere la fede solo per noi?

Il dono dello Spirito Santo ci è stato dato affinchè Gesù possa vivere la sua vita di resurrezione in noi e attraverso noi. Che cosa faceva Gesù durante la sua vita sulla terra? Evangelizzava. Certo, operava guarigioni, miracoli ed esorcismi. Ma tutto questo non era fine a se stesso, ma per preparare il cuore a ricevere la salvezza. Ogni volta che Gesù ha guarito qualcuno ha sempre detto : <<Va la tua fede ti ha salvato/a>>.Non dice <<La tua fede ti ha guarita/o>>, ma <<La tua fede ti ha salvato/a>>, dimostrando che con la guarigione fisica c'era sempre anche quella spirituale, una rinascita per fede. In ogni cosa quindi evangelizzava, per portare tutti alla salvezza.

Così, se Gesù vive in noi, attraverso l'opera dello Spirito, vuole continuare a salvare attraverso noi. Possiamo impedirglielo?

Per la riflessione:

1. Perchè è importante evangelizzare?

2. Che differenza c'è, secondo te, tra evangelizzare e convertire?

3. Leggi Atti 1,4-8 : gli apostoli erano stati con Gesù 3 anni, ma ancora mancava loro qualcosa di fondamentale. Che cosa? Perchè non è bastato stare con Gesù 3 anni ? Che ruolo ha lo Spirito in tutto questo?


9.6 Vivere nella signoria di Gesù Cristo (Robert Munger)

7° episodio : Appendi questo dipinto nella tua mente.

Mi rivolsi a Lui dicendo:

- "Maestro, io so che questa stanza ha bisogno di radicali trasformazioni: mi aiuteresti a farla diventare ciò che dovrebbe essere per portare ogni pensiero sotto il Tuo controllo ? ".

- "Certamente", mi rispose. "Prima di tutto prendi tutte le cose che stai leggendo, guarda quelle che non sono nè utili, nè buone, nè pure, nè vere, e gettale via, ed ora, sui ripiani vuoti metti i libri della Bibbia. Riempi la biblioteca con le Scritture e meditale giorno e notte (Gs 1,8). Per quanto riguarda i dipinti appesi al muro, avrai delle difficoltà nel giudicarne il valore autentico, ma esiste una via d'uscita".

Egli mi diede un ritratto a piena dimensione di Sè stesso e mi disse:

- "Appendilo in un luogo centrale, al muro della tua mente".

Feci proprio così e scoprii, attraverso gli anni che quando la mia attenzione è centrata su Cristo stesso, la Sua purezza e la Sua potenza provocavano la ritirata delle immagini impure. Ed è così che Egli mi ha aiutato a portare i miei pensieri sotto il Suo controllo.

Quindi, dallo studio andammo nella sala da pranzo: la stanza degli appetiti e dei desideri. Qui, io ero solito trascorrere molto tempo e cercavo in ogni modo di soddisfare le mie voglie; io Gli dissi:

- "Questa è una stanza molto grande e sono certo che Tu sarai compiaciuto da ciò che serviamo".

Egli si sedette a tavola con me e domandò:

- "Che cosa c'è sulla lista? "

- "Bene", risposi, "i miei piatti preferiti: vecchie ossa, rimanenze di granturco, cavolo amaro, porri, cipolle e aglio d'Egitto". Queste erano cose che a me piacevano - cose mondane.

Quando il cibo fu posto davanti a Lui, non disse niente; ma osservai che Egli non ne mangiava. Io Gli dissi:

- "Maestro, non Ti piace questo cibo ? Che cos'è che non va ? " Egli rispose:

- "Io ho un cibo da mangiare di cui tu non sai... Se vuoi cibo che veramente ti soddisfi, ricerca la volontà del Padre e non i tuoi propri piaceri, nè i tuoi propri desideri, nè la tua propria soddisfazione, ma cerca di compiacere Me: questo sarà il cibo che ti soddisferà".

Quindi a quella tavola Egli mi fece assaggiare la gioia di fare la volontà di Dio. Che sapore! Che nutrimento e vitalità era per l'anima! Non esiste cibo simile in tutto il mondo perchè esso solo soddisfa pienamente. Da allora i miei pensieri e le mie azioni sono diventate costantemente e progressivamente sotto il suo dominio, e la gioia profonda non mi ha mai abbandonato, anche quando abbiamo dovuto affrontare grossi sacrifici e problemi.

Per la riflessione:

1. In che modo è possibile liberarci da pensieri e azioni impure ?

2. Quale cibo è veramente buono per noi ?

3. Perchè Gesù vuole cambiare i nostri gusti ?

4. Chi è che fa pulizia nella casa del protagonista ?


9.7 Il carisma più grande: amare in modo rivoluzionario !

Siamo giunti alla conclusione di questo studio che spero possa esservi stato di aiuto per avvicinarvi al Signore. Non possiamo però concludere se non trattiamo un altro argomento: la Chiesa corpo di Cristo e i carismi. Oltre ai frutti lo Spirito Santo può donare i carismi. I primi sono dovuti alla pienezza di Spirito, al dominio dello Spirito e sono quindi per tutti, i secondi invece, sono doni particolari che lo Spirito dà ad alcuni membri della Chiesa. In 1 Cor 12,8-10 Paolo elenca alcuni di questi doni (sapienza, scienza, guarigioni, miracoli, profezia, discernimento, lingue, interpretazione delle lingue). Non devono essere interpretati allegoricamente, Paolo non sta facendo un paragone o un esempiio: essi sono doni reali che Dio può fare a ciascuno di noi. Quindi preparatevi, perchè Dio può farvi uno di questi doni, e il merito non sarà vostro, come non saranno soltanto vostri i frutti che riceverete da questo carisma. Anzi Paolo insiste che essi non sono altro che una particolare manifestazione dello Spirito per l'utilità comune (1 Cor 12,7).

Paolo ci sta dicendo che dobbiamo essere altruisti? No! Ci sta dicendo molto di più. Quando il Signore ci chiede di <<amare gli altri come se stessi>>, possiamo dare 2 interpretazioni.

La prima dice: ama gli altri quanto te stesso, se ami te stesso puoi amare anche gli altri, è una bilancia che deve stare in equilibrio, è necessario amare contemporaneamente se stessi e gli altri, senza che la bilancia penda da una parte o dall'altra per non sfociare nell'egoismo o nell'autodissoluzione negli altri.

La seconda interpretazione è quella che preferisco e dice: ama gli altri come te stesso, perchè essi sono te stesso, sono parte di te; non esisti tu singola entità, questa è una illusione, un'autoconvinzione; la tua vita è strettamente collegata a quella di molte altre persone che vivono o che sono vissute prima di te.

Questa interpretazione è confermata da Paolo, credo, quando ci dice che quanti siamo stati battezzati, lo siamo stati in un solo Spirito per formare un solo corpo (1 Cor 12,13). Non siamo più quindi unità indipendenti, ma siamo parte di un unico corpo in cui nessuno è indegno, nessuno è inutile. Pensiamo forse che certe parti del nostro corpo siano più necessarie di altre, ma quanto soffriamo se per un periodo non possiamo usare qualcuno di questi membri? Se siamo parte di un unico corpo, mettere il nostro carisma o le nostre capacità a disposizione degli altri non è più un dovere, ma una cosa naturale, anzi è necessario perchè il corpo non soffra (1 Cor 12,26).

Se quindi il carisma non è accompagnato dall'amore perde la sua efficacia, non raggiunge lo scopo percui il Padre ce lo ha donato. Questa è la grandezza di Dio: nella logica dei carismi non esiste più il più grande e il più piccolo, ma siamo tutti allo stesso livello: il francescano non è meno del salesiano, il salesiano non è più del domenicano, chi profeta non è più del guaritore, chi prega in lingue non è più di chi le interpreta, chi è vescovo non è pù del semplice cristiano: un unico corpo con diversità di carismi, per l'utilità comune.

Possiamo davvero amare, quindi, in modo rivoluzionario, perchè intanto abbiamo scoperto che la fonte dell'amore non sta in noi, ma in Dio: se quindi la vita di Gesù risorto è in noi, noi amiamo del suo amore, il quale è efficace, potente, fonte di gioia inesauribile: non potrai dire ho amato troppo e quindi mi sono esaurito, questo può accadere se tu sei la fonte, ma non se ami dell'amore di Dio (1 Gv 4,19).

Possiamo amare in modo rivoluzionario, perchè il nostro amore è fonte di vita per tutto il corpo di Cristo cioè la Chiesa, e non solo per quelle membra a cui noi ci rivolgiamo, ma per la Chiesa nela sua totalità. Anche se amassimo una sola persona, tale amore si riverserebbe su tutto il corpo, perchè siamo un solo corpo: se il mio piede sta bene, molto bene, tutto il corpo ne beneficia. Se il mio piede sta molto male, tutto il corpo ne soffre.

Possiamo amare in modo rivoluzionario perchè Paolo ci assicura che tra i carismi ne esiste uno superiore agli altri: è l'amore stesso (1 Cor 12,31 e 1 Cor 13,13). Dio può darci come carisma proprio quello dell'amore. Sebbene la fonte fosse Dio, amare fino ad ora era frutto della nostra volontà, anche se naturale. Ma se l'amore diventa un carisma in noi, allora davvero non siamo più noi ad amare, ma una nuova forza prorompente uscirà da noi, che a difficoltà riusciremo a reprimere. Se prima era un atto di volontà a farmi amare, adesso solo con un atto di volontà molto forte posso non amare. A questo carisma possono aspirare tutti, ce lo assicura Paolo (1 Cor 12,31).

Preghiamo quindi che lo Spirito Santo ci doni questo carisma, secondo la sua volontà. Ma se il Signore volesse darci altri carisma sia lodato il Signore, che sa in che modo possiamo essere utili al corpo.

Da qui vediamo che non è possibile per un cristiano rinato vivere il cristianesimo in meniera intimistica (a meno che questo non sia un carisma di Dio, come per gli eremiti), pensando soltanto alla propria preghiera e ad essere gentile con chi incontra. E' necessario, per proseguire nella crescita spirituale entrare in una comunità, vivere da fratelli ed essere fratello e compagno di TUTTI.



 
 

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità,
non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per essere bruciato,
ma non avessi la carità,
niente mi giova.
La carità è paziente, è benigna la carità;
non è invidiosa, non si vanta,non si gonfia,
non manca di rispetto, non cerca il suo interesse,
non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia,ma si compiace della verità.









Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà
e la scienza svanirà.

La nostra conoscenza è imperfetta
e imperfetta la nostra profezia.
Ma quando verrà ciò che è perfetto,
quello che è imperfetto scomparità.
Quando ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Ma divenuto uomo, ciò che era da bambino
l'ho abbandonato.
Ora vediamo come in uno specchio,
in maniera confusa: ma allora vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente,
come anch'io sono conosciuto.

Queste, dunque, le tre cose che rimangono:
la fede, la speranza e la carità;
ma di tutte la più grande è la carità!








Capitolo 8Indice

Per suggerimenti, consigli e domande scrivi a:
Scrivi a : gp.pancetti@iol.itGruppo Biblico di Evangelizzazione