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INCUBI

di Marco

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Il diciassettesimo capitolo

18

Finora l'ho lasciato parlare, senza alcuna interruzione, perché ero come incantato dalle sue parole seducenti, e ciò nonostante crude. Si tratta di un mini-pamphlet sulla guerra, dove si nota l'impronta dell'autore nelle espressioni volutamente colorite e ripetitive che servono per coinvolgere emotivamente l'ascoltatore. Adesso, però, non è più tempo di definire la guerra, ma di CAPIRLA fino ai meandri oscuri della psiche umana. Perciò, come un attore recita a teatro dopo aver ascoltato il monologo insopportabile della moglie, tocca a me cogliere la palla al balzo:
"Penso che la classificazione dei tre tipi di guerra possa resistere a qualsiasi assalto denigratorio dei critici. Spesso i conflitti sono giudicati con lo stesso metro di giudizio, "è una guerra giusta" se la giudichiamo moralmente necessaria, mentre "è iniqua" o "tirannica" se va contro i nostri interessi o le nostre più intime convinzioni. D'altro canto, i tentativi di giudicare la conflittualità in maniera oggettiva si scontra con i paraocchi della morale, perché la morale generalizza i conflitti nell'unica equazione "violenza=prepotenza".
Sai qual è l'assurdità di questa generalizzazione? Che vengono condannati i contendenti senza possibilità di appello, mentre contemporaneamente si trascura di valutare la dimensione geopolitica del conflitto. Detto in parole più semplici, non si fa nulla per fermare una guerra e contemporaneamente la si condanna. Una simile regola sarebbe accettabile in politica, dove i cittadini esprimono opinioni qualunquiste ed hanno solo l'arma del voto elettorale, ma in guerra la considero intollerabile!
In ogni caso, c'è una domanda che mi frulla per la testa da un po' di tempo: come può essere giudicata la guerra dal punto di vista della morale? Faccio l'esempio dell'attentato a New York: la morale araba elogia l'eroismo di Bin Laden nella sua crociata contro l'Occidente satanico, mentre la morale occidentale vede nella Guerra del Golfo un giusto intervento contro un tiranno feroce e anacronistico. Quale delle due morali si avvicina alla verità oggettiva? La suddivisione dei conflitti in tre tipi non aiuta in questo senso, a meno che non accettiamo l'ipotesi dell'homo-machina, che utilizza la guerra come strumento per far valere se stesso o per reprimere qualcosa che intimamente è giudicato ripugnante.".
"Una bella domanda. In effetti me lo sono chiesto anch'io, e non posso dare una risposta definitiva. Nel tentativo di scervellarmi, ho rischiato addirittura di rinnegare le mie idee in fatto di religione. Perché, ecco… Ogni persona può lottare per la propria sopravvivenza o per affermare le proprie idee, ma nessun elemento può dimostrare che le idee di quella persona siano effettivamente fallaci. In un certo senso è lo stesso discorso degli dei: esistono finché il popolo li venera, poi muoiono, anche se non sappiamo se siano proprio loro i veri dei. Dalla mancanza di una regola universale valida, dovremmo necessariamente giustificare sia i popoli che impongono i sacrifici umani, sia gli uomini che combattono in nome di un ideale, vero o presunto che sia.
L'apparente contraddizione con le mie certezze in fatto di fede sta proprio nel rapporto tra scienza e metafisica. Ricordati quanto ho affermato sul Dio che legifera scientificamente: l'errore dei teologi sta nell'affermare la superiorità dei precetti religiosi A PRIORI, cioè a prescindere da qualsiasi dimostrazione concreta, mentre io affermo che l'impossibilità di affermare una verità suprema va ammessa solo DOPO aver trovato i limiti della scienza. Le leggi che governano la materia sono limitate: scopriamo queste leggi, dimostriamone i limiti, e finalmente potremo dire metafisicamente che nessuna verità può esistere, oppure potremo affermare che l'unica verità va oltre l'intuizione umana e si chiama DIO.".
"Ehm… i miei dubbi rimangono, non perché non sia convinto anch'io che la scienza vada riaffermata, ma perché sei tu che rischi di commettere l'errore opposto, e cioè di escludere a priori che scienza a fede siano incompatibili. Non credo che si possa dimostrarlo con certezza. Vedi, se il Dio afferma che lo scopo della comunità è mantenerne la purezza della razza attraverso l'alta prolificità, e scientificamente è dimostrato che la virtù demografica va a cozzare con le altre virtù perché provoca guerre e sconvolgimenti sociali, allora dovremmo dubitare che queste altre virtù possano essere definite tali: dovremmo piuttosto rievocare la "guerra come sola igiene del mondo" come virtù conseguente alla virtù demografica. Ma contemporaneamente potrei ragionare sul fatto che una comunità che voglia mantenere la propria potenza contemporaneamente alla propria purezza, una tale comunità dovrà necessariamente fondarsi sui progressi medico-scientifici. Eppure la scienza al servizio della guerra va a cozzare con la sopravvivenza stessa della razza, perché le armi diventano sempre più potenti e temibili. Hitler stava cercando di costruire la sua bomba atomica prima degli Stati Uniti. Insomma, non si può avere contemporaneamente l'alta prolificità e la potenza della comunità, a meno di non riaffermare ottimisticamente che il Dio è superiore alla scienza e difenderà la razza dalla distruzione!".
"Vedo che stai imparando in fretta. Mi sarebbe piaciuto avere un allievo del genere! Peccato che solo in un caso su mille docente e studente riescono a trovare un'unità d'intenti come se fossero due camerati e non due estranei. Però ti pregherei di essere più cauto con certe negazioni, arriveremmo a negare qualsiasi cosa, eppure sappiamo benissimo - e Platone ce lo insegna - che le idee sono concetti veri ed esprimibili, e negando ogni cosa rischieremmo di negare anche i fondamenti della logica e dell'emotività insiti in ogni essere vivente, fondamenti che ci aiutano nello sforzo di maggiore obiettività filosofica.
Giustificherei fondato il tuo ragionamento solo se facciamo un po' d'ordine nel nostro dialogo. Dovremmo infatti inserire un nuovo tipo di classificazione della guerra: tra guerra voluta e non voluta, o meglio tra guerra voluta e guerra necessaria. È necessaria proprio perché non voluta. Se ricordi il ciclo demografico dei sistemi patriarcali, un eccesso di popolazione provoca una scarsità di risorse a cui rimediare con la guerra di conquista. In tal caso, la domanda dovrebbe essere: perché mantenere l'alta prolificità se provoca la guerra? Dalle molteplici risposte che il potente di turno poteva dare, si può capire se si trattasse di un conflitto voluto o meno:
1) fare tanti figli è doveroso per difendere la purezza della razza.
2) l'alta prolificità è necessaria per compensare l'alta mortalità dovuta alle carestie e pestilenze.
3) bisogna potenziare lo Stato.
4) la guerra è l'unica risposta quando ai confini ci sono orde di barbari che minacciano la tranquillità della tua famiglia.
Le risposte 1 e 3 sono filosofiche perché affermano a priori la necessità di una guerra, a prescindere da qualsiasi considerazione: con simili individui non è possibile un dialogo perché conoscono solo il linguaggio della violenza, e a mio avviso sono loro che VOGLIONO la guerra a tutti i costi. Le risposte 2 e 4 sono scientifiche perché implicano la possibilità, anzi la volontà, di un'alternativa, e non per se stessi quanto per amore della propria patria, della propria famiglia, dei propri figli. In questi casi, i soggetti DEVONO fare la guerra per difendere quanto hanno di più caro, una virtù degna di rispetto!
Orbene, nel caso della guerra voluta la moralità scade a livelli infimi, perché è solo edonismo, mentre nel caso della guerra necessaria la morale si eleva ai massimi onori: gli eroi senza macchia e senza paura che sacrificano la propria felicità o addirittura la propria vita in nome di un ideale.".
"Scusami, ma proprio non riesco a convincermi: affermi di non sostituirti al tribunale divino ma giudichi con troppa facilità; inoltre non direi che la purezza della razza implichi una depravazione dei costumi, semmai si tratta di un aspetto tipico di ogni sistema patriarcale! ".
"Purezza della razza o sopravvivenza? L'hai detto anche tu che le due cose sono incompatibili: la sopravvivenza implica una sorta di compromesso con l'ambiente che ti circonda, mentre la purezza implica una dichiarazione di guerra a tutto l'ordine esistente. Ma se dimostriamo che tra il fare pochi figli o il farne tanti per vederne morire la metà non corre nessuna differenza, allora la questione non è la prolificità ad ogni costo quanto la possibilità di perpetuare la propria specie. Il problema è garantirsi una discendenza, e l'ambiente può facilitare o meno il compito: se facilità, non c'è bisogno di una numerosa discendenza che può essere compromettente, quanto un giusto rapporto tra prolificità e mantenimento dei figli, ovvero tra popolazione e risorse. C'è una battuta che ho letto da qualche parte e che recita così: "Come facevano Noè e figli a sopravvivere nell'Arca? Mangiavano conigli!".".
"Ma il Dio che noi ipotizziamo debba esistere approva o meno la guerra? In alcune comunità, come gli ebrei e gli arabi, è un Essere violento e vendicativo, in altre, come gli antichi egiziani e romani, è il capo di una vasta schiera di Dei guerrieri e che incoraggiano la guerra come volontà di potenza, in altre ancora, come i cristiani e gli indiani, la o le divinità sono pacifici e insegnano la giusta armonia con la natura e le specie viventi che la popolano!".
"Battaglia affascinante, la nostra: tu difendi l'idea dell'homo-machina e dell'assenza di una divinità, io cerco di dimostrare il libero arbitrio dell'uomo e la presenza di un Dio che governa il cosmo! La mia unica risposta è che tutto è relativo, su questo povero mondo. Ho già affermato che gli Dei esistono finché ci sono comunità che li venerano. Allo stesso modo, le linee filosofiche che impregnano i quattro sistemi individuati, tribale, patriarcale, borghese e comunista, si mantengono rettilinee finché i sistemi filosofici continuano a dimostrarsi necessari per l'uomo.
Ricordi che ho cercato di dimostrare come, per la divinità, è indifferente il tipo di vita che si conduce sulla terra? Anzi, tiene con maggiore considerazione l'intenzione di fare il male e non il male stesso. Spesse volte gli uomini confondono ciò che è una semplice emanazione delle loro leggi con le regole della divinità, e questo perché il legislatore che governa è anche connivente del sacerdote che consulta le stelle, a volte sono anche la stessa persona. Le leggi materiali sono una necessità del momento, e contraddirle significherebbe recare danno alla comunità nel suo complesso; se si tiene presente come la comunità sia la voce del Dio in terra, si capisce come è automatico attribuire al Dio anche le leggi materiali. Così, se la guerra si dimostrasse necessaria allora DEVE essere volontà divina; ma se fosse superflua allora DEVE essere l'incarnazione del diavolo: la crociata di Bin Laden DEVE essere volontà divina, mentre la guerra del Golfo DEVE essere l'incarnazione del Satana capitalista.
Penso di riuscire a dimostrare che in presenza di un ambiente simile, tutti i popoli tendono ad emanare le stesse leggi materiali, mentre le leggi della divinità sono valide in ogni ambiente. Ritorniamo per l'ennesima volta al sistema patriarcale. Ho schematizzato le frasi celebri delle comunità più note, il nazismo, il fascismo, l'ebraismo e l'islamismo. Ecco:
Ebraismo: "La terra promessa da Dio"
Ebraismo: "Crescete e moltiplicatevi"
Nazismo: "La razza eletta"
Nazismo: "La purezza della razza"
Islam: "La Legge Sacra"
Ebraismo: "I dieci Comandamenti"
Fascismo: "La predominanza dei doveri sui diritti"
Fascismo: "Credere, obbedire, combattere"
Ebraismo: "Uomo, tu lavorerai con il sangue e il sudore della fronte"
Ebraismo: "Donna, tu partorirai con dolore"
Fascismo: "Donna angelo del focolare"
Nazismo: "La guerra come sola igiene del mondo"
Islam: "La guerra santa contro gli infedeli"
Ebraismo: "Occhio per occhio, dente per dente"
Nazismo: "Anche i muri hanno orecchie"
Queste sono leggi materiali, conseguenti al processo di adattamento all'ambiente rurale. Si capisce che i moralisti che governano il sistema vogliano lasciare immutate le premesse che hanno permesso la conquista del potere, pertanto presenteranno questi comandamenti come eterni, e siccome anche il Dio è eterno, l'equazione è automatica: le leggi materiali sono un'emanazione della divinità. La fallacia di queste leggi si dimostra proprio nella contraddizione tra "Ama il prossimo tuo come te stesso" e "Uccidi lo straniero e il libertino".
Spesse volte troviamo delle pecche nelle leggi umane, pecche che vengono sistematicamente negate attraverso la censura. Ad esempio il tiranno dovrebbe essere infallibile, ma se i colpi di stato si ripetono con frequenza allora CHI dovrebbe essere il tiranno? Ancora: la pena di morte è applicata per alcuni reati contro la comunità, ma il fatto stesso di uccidere gli stranieri solo perché ubbidiscono alle loro comunità dovrebbe essere un crimine. Infine: è vietato commettere atti impuri perfino con gli animali, ma le razze inferiori giudicate allo stesso livello delle bestie vengono seviziate, stuprate, private dei loro beni. Almeno Hitler era più onesto quando affermava che la religione è solo un mezzo necessario per attrarre le masse e nulla più!
Ma osserviamo le leggi spirituali, che provengono dal cuore - sede simbolica dell'anima. Il cuore ti dice che la tua felicità non può cozzare con la felicità altrui, e pertanto se devi scegliere tra il salvaguardare la tua o l'altrui felicità allora sacrifichi te stesso. Necessariamente devi associare una simile legge alla volontà divina, indipendentemente dal sistema sociale in cui vivi. Ancora: l'istinto di procreazione e il mantenimento dei figli sono innati nell'uomo, e siccome la scienza non è altro che volontà divina allora anche questa legge è valida sotto qualsiasi sistema.
Ammetto una pecca in questo ragionamento: il problema dell'aborto e dell'infanticidio femminile. Però contemporaneamente dovresti essere tu ad ammettere che la natura richiede alcune forme di violenza ovvero che il peccato esiste, e pertanto il problema non sta nell'applicare la tolleranza zero quanto nel minimizzare la violenza e ricondurla a livelli scientifici, fisiologici. Nel caso dell'aborto significa semplicemente prevenire il crimine e non punirlo, prevenzione attuata attraverso l'uso della contraccezione o l'astinenza sessuale nei giorni in cui l'organo sessuale femminile è fertile. Il di più, a mio avviso, è peccato. Nel caso dell'infanticidio femminile, è la necessità del momento ad imporla: il nomadismo del sistema tribale o la carestia del sistema patriarcale. Per la divinità ciò è indifferente, perché se il cuore della bambina è puro allora la sua anima vivrà la beatitudine eterna.
Insomma, al cuore non si comanda, e il cuore sa benissimo cosa si debba intendere per virtù!".