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SI SVEGLIO' E PORTO' DENTRO IL LATTE

di Immagini&Parole

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1

Si svegliò e portò dentro il latte.
Lo bevve.
Era solo. Viveva in un monolocale di periferia, piano terra, quartiere residenziale. Sempre deserto. Pochi negozi. Molti palazzi. Fatiscenti. Nel pomeriggio la zona si riempiva di gente di ogni tipo, tutti diversi: dimensione, razza, moda, cultura. Lo trovava affascinante e curioso al tempo stesso, mentre alla finestra si riempiva di latte. Il latte era la sua bevanda, il suo cibo, la sua disintossicazione, mentre osservava tutto quel gran casino e si rilassava e si divertiva, si sentiva contento. Aveva un piccolo stereo che aveva ricevuto in dono la notte di Natale, ascoltava sempre le stesse canzoni. Radio. De Gregori, Venditti, Cocciante, era eternamente sintonizzato sulla stessa musica. Lo stereo l'aveva ricevuto in dono da sua madre, la sua migliore amica, la quale l'aveva buttato fuori di casa perché non aveva alcuna intenzione di mantenerlo a vita, non era soddisfatta di lui. Manuel viveva nel suo monolocale da quasi tre mesi e al mattino girava con l'autobus e a piedi alla disperata ricerca di un lavoro. Si ricordava uno dei dialoghi più aggressivi e decisivi che aveva avuto con sua madre, Rita, gli rimbalzava spesso in tessa e si ci era cucito dentro.
Rita sta preparando due toast, Manuel beve il suo latte, colazione. Rita sembra estremamente stanca e vecchia, stacca la spina del tostapane, si volta, lo osserva aggressiva.
"Qual è il problema, mamma?"
"Penso spesso a tuo padre ultimamente e trovo che vi somigliate. Non lo sopporto."
Manuel beve il latte. Rita deglutisce e sospira, guance gonfie, occhi sempre più cattivi.
"Tuo padre era un tipo che non mi amava affatto."
"Io non l'ho mai conosciuto."
"Mi sono stancata di averti sempre in giro. Devi andartene Manuel. E' ora che ti crei qualcosa di tuo, io non posso occuparmi di te a vita."
"Io non l'ho mai conosciuto."
Rita si siede e mangia i suoi toast, nervosa bevuta di caffè.
Manuel ricorda suo padre, un uomo bruno e barbuto, con due occhi scuri e sinceri che lo guardano, foto in bianco e nero. Suo padre non sorride. Non ricorda nient'altro di lui.

Indossa una camicia e un paio di jeans e si avvia alla fermata dell'autobus. L'autobus arriva un'ora dopo sotto un cielo cocente, estate, caldo. Sul mezzo di trasporto due vecchietti, barbosi e trascurati. Manuel li conosce. Siede accanto a quello più grasso. Giovanni. Ha tatuato sul braccio una croce e racconta sempre le sue avventure di marinaio. Dice che ha lavorato per dodici anni come mozzo in una nave dal nome impronunciabile(Nautilus 9/ Sabaudia 10)e che poi si è impiegato come maggiordomo per un tizio brutto e volgare che lo chiamava così pagandolo in nero, poco. Manuel ammira Giovanni e si rilassa sentendolo parlare delle sue avventure. Pietro, l'altro vecchietto, è un tipo asciutto che non dice niente. Sorride. Manuel certe volte si chiede se i due abbiano qualcosa a che fare col padre che non ha mai conosciuto.
"Ancora in cerca di un lavoro, tu?"
"Diciamo."
"Tua madre?"
"Mi telefona spesso. Ci vogliamo bene." Ironico.
"Spesso mi chiedo qual è la vostra destinazione. Da tre mesi vi trovo sempre sullo stesso autobus ma cambiate fermata? Dove scendete?"
"Non ho capito."
"Niente."
"Una volta una donna bionda mi aspettava nel suo ingresso e io lo sapevo. Mezza nave era gelosa di lei, si chiamava Carmela."
"Una prostituta."
"No."
"E come mai tutti la conoscevano e tu sapevi che lei ti aspettava?"
"Lo sapevo, ma non era una puttana. Era una splendida ragazza bionda di cui sono ancora innamorato."
"E' deceduta?"
"Certe volte fai domande del cacchio, Manuel."
"Hai una sua foto?"
"Somigliava alla Monroe."
L'altro vecchietto sorride e abbassa la testa.
"Non capisco dove siete diretti, ma perché ogni volta scendete sempre in un punto diverso?"
"Abbiamo un sacco di impegni Manuel. Noi ci siamo fatti la nostra vita, la tua è appena cominciata e già fai lo stonato."
L'altro vecchietto annuisce. "Mi ha regalato un anello." Aggiunge Giovanni.
"Non hai una sua foto?"
"Comunque, quella sera sono arrivato in orario e lei mi aspettava con la porta aperta." Era distesa nel suo ingresso, bionda, angelica, in una pozza di sangue. Ricordo che ho pianto a lungo. Poi sono andato via."
Pietro, Giovanni e Manuel appariano paralizzati adesso. Pietro sorride, poi. Mordace.
Sull'atubos sale una ragazza e Manuel la guarda. Una qualunque, carina.
"Non hai mai avuto una ragazza, dico bene?"
"Ho 26 anni, ne ho avute, Giovanni."
Manuel scambia il suo numero di cellulare con quello della brunetta carina, Veronica, - alla fine lo cancellerà dalla memoria del suo telefonino- Quando termina conoscenza e breve conversazione si volta per guardare i due vecchietti. Nessuno.
"C'è stata una fermata qui?"
"No, qui non c'è nessuna fermata, lo prendi ogni giorno o no questo autobus?"
"Non sempre, certe volte resto a casa. Eppoi spesso mi confondo."
Lei ride, "Che strano che sei."
Stranissimo. Hai l'orologio? 11: 30. Veronica sei un tipo divertente, hai un bel sorriso. Fermata. Manuel saluta Veronica, scende.

Nel ristorante ci sono due uomini e una donna grassa e sdentata alla cassa. La madre dei due uomini, la proprietaria.
"Io ho un appuntamento per quel lavoro di tuttofare. Mi chiamo Manuel Grande."
"Factotum, sì." Si fa avanti il primo dei due uomini, si presenta.
"C'è un caldo terribile. Angelo Gigi."
Piacere. L'attività va bene? Domanda inopportuna, un punto in meno sulla possibilità di avere questo posto di lavoro. Io ho un disperato bisogno di soldi. Vivo solo. Non ho nessun aiuto economico e cerco un lavoro da circa tre mesi. Niente.
"Cosa sai fare."
"Un po' di tutto. Ho fatto un corso di elettricista, ho lavorato sei mesi in una pizzeria, facevo le pulizie e consegnavo le pizze."
Siedono a un tavolo. Angelo Gigi ha una faccia incupita. A Manuel non piace quella faccia.
"Hai un titolo di studio?"
"No. La scuola non mi è mai piaciuta. Preferisco la musica."
Due punti in meno sulla possibilità di ottenere il posto di lavoro.
La donna grassa col suo sorriso sdentato arriva e si presenta.
Francesca.Scompare dietro la cassa. L'altro uomo arriva e si presenta.Enrico.Scompare con la sua Malboro a manetta nella cucina. Che ne pensi di questo ristorantino. Chiede Angelo. Locale rustico. Ha qualcosa di abbozzato che lo rende rustico e incantevole.
"Un bel ristorante."
"Ti faremo sapere."
"Speravo almeno di poter provare per qualche settimana."
"Qui non si prova, Manuel."
Tre punti in meno.
Manuel aspetta a lungo l'autobus che lo riporti nel monolocale in affitto. Ma più di tutto pensa ai due vecchietti un po' misteriosi che lo aspettano ogni giorno su quell'autobus benedetto. Immagina la bionda morta e distesa in una pozza di sangue, Giovanni paralizzato e piangente e confuso, gli viene in mente la canzone dei Quintorigo. BENTIVOGLIO ANGELINA. Ricorda le note e quello che significa per lui. A casa paga il condominio e si distende nel letto ad aspettare il momento giusto per chiedere soldi a sua madre, ascolta musica. Alice.

La Radio per Manuel ha un valore affettivo. Grigia. Uno degli ultimi doni spontanei di sua madre, pensa. Il tetto del monolocale è incolore con buchi e ragni dappertutto. MUSICA. RicordaVeronica.
"Mi è piaciuto il tuo modo di salire sull'autobus."
Lei sorride.
"Mi chiedevo qual è la tua canzone preferita."
"Il cielo in un stanza"
"Abbiamo una cosa in comune, anch'io sono un patito di musica italiana."
"A me piace anche altra musica."
"Metallara?"
"No, inglese, francese, spagnola. Amo la musica commerciale, non mi piace, a parte qualche canzone, la musica italiana né quella metallara."
I suoi occhi sono verdi. Affascinanti.
"Stai andando a mare?"
"Tu."
"Io no."
"C'è stata una fermata qui?"
"No, qui non c'è nessuna fermata, lo prendi ogni giorno o no questo autobus?"
"Non sempre. Certe volte resto a casa. Eppoi spesso mi confondo."
Lei ride, "Che strano che sei."

Manuel passò la serata a ingozzarsi di latte. Era il suo cibo. Passò poca gente. Qualche vecchietto calvo e grosso. Lui rimase alla finestra a criticare col pensiero un po' tutti e a farsi qualche risata, non trovò affatto la forza di chiamare sua madre. Aveva pochi soldi in tasca, era bisognoso di affetto principalmente. Bisognoso del padre che non aveva avuto. Guardò la sua fotografia a lungo e cominciò a piangere a ritmo di musica. Italiana. Pensò alla fame nel mondo e si sentì peggio, pensò a tutto ciò che di negativo gli stava attorno. Poi alla sua solitudine. Poi ai Soldi. Condominio pagato. Affitto pagato. Pulizie pagate. Cibo poco. Gli bastava. Vomitò nella tazza del cesso e vennero fuori i suoi debiti. Un debito lungo a forma di dollaro. Mancanza di amore. Era passato dalla grinta aggressiva di sua madre a quella piuttosto fatiscente che era la sua. Vomitò un dollaro lunghissimo. Stava sempre peggio. Si coricò e vomitò anche un po' di latte. Chissà se e quando sarebbe venuta l'amica di Rita, sua madre, che gli faceva le pulizie. dannata disoccupazione, fottuta mancanza. Tramonto. Vagamente incolore.
Stava sempre molto più peggio sempre.
Il telefono squillò. Manuel guardò il numero, non lo riconobbe e non rispose.
Il telefono squillò. Manuel guardò il numero, lo riconobbe e rispose.
"Rita."
"No."
Voce maschile.
"Chi sei?"
Pensò a suo padre, assurdo.
"Chi sei?"
"Sono un amico di tua madre. Componi questo numero 348..649."
"Che ci fai a casa sua."
"Sono un amico, vivo con lei."
Manuel memorizzò il numero che quella strana voce da caverna ripetè senza che lui riuscisse a trovare una risposta alle sue insistenti domande.
"Chi mi risponde?"
"Fallo."
La comunicazione s'interruppe. Manuel accese lo stereo e lo mise a tutto volume. Ora sudava, aveva caldo e freddo assieme e non provava nessun dolore. Compose il numero. Gli vennero in mente l'inferno, il paradiso, non li immaginò entrambi. Non aveva idea di come fossero. Compose il numero e rispose una donna.
"Ciao, scemo."
"Chi sei?"
"Sono Veronica."
"Ah. Credevo di avere un numero diverso."
"Quale?"
"Sì. Ma ho anche ricevuto uno strano squillo."
"Fregatene. Abbassa lo stereo."
"L'ho spento."
"Sei da solo?"
"No, sono con amici e stiamo parlando dei vecchi tempi."
Lei disse: "Stai male? Non ti sento bene."
"Penso spesso a mio padre."
"Continua…"
"E a mia madre. Si chiama Rita, lei mi aiuta economicamente ma è stufa di avermi tra i piedi. Dice che somiglio a mio padre, che non combino mai nulla di buono."
"Ho capito. Hai bisogno di sfogarti."
"Pensavo che domani si potrebbe andare a mare assieme."
Disse Manuel.
"Con chi sei?"
"Sono con un gruppo d'amici. Te l'ho detto."
Lei rimase in silenzio.
"Vieni a mare o no?" aggiunse Manuel.
Domani. Ore 10. appuntamento sull'autobus. Fine conversazione. Musica a tutto volume.
Sentendosi decisamente meglio.

MANUEL GRANDE
STRANISSIMO.
Si alzò e comiciò a ballare pensando che era ora di smettere di seppellirsi nei sensi di colpa, nelle fissazioni e nelle mancanze di amore. Gli passò ben presto la voglia di ballare e si addormentò a stereo acceso. MANUEL STRANISSIMO.

Sognò i due vecchietti dell'autobus, barbuti e malcurati, un altare e una donna bionda e insanguinata in piedi oltre esso, sotto una croce. Aveva un anello al dito. Anche Giovanni aveva un anello al dito, era bruno, sembrava ringiovanito. Non era malcurato, era vestito da marinaio. L'altro vecchietto era molto serio. Giovanni si avvicinò all'altare e pregò Carmela affinché giocasse a briscola con lui. Ci giochiamo spesso. Disse qualcosa di simile. Carmela rifiutò e la croce scomparve. Giovanni riprese a invecchiare e ostentò tutta la sua debolezza, dovuta all'età.
Pietro piangeva. L'altare si riempì di sangue. Giovanni disse. "Abbiamo lo stesso anello."
"Il mio è diverso dal tuo." Disse lei. Pietro tirò fuori dalla tasca un mazzo di carte e lo lanciò a Giovanni. Le carte divennero colombe e il sangue andò asciugandosi. Rapidamente. L'altare scomparve. Ricomparve la croce. Carmela disse, "il mio anello è simile al tuo ma non è lo stesso."
Rimase angelica a guardare dozzine di colombe bianche che volavano immense, in una luce sconvolgente che veniva dalla croce, illuminando tutt'intorno. Giovanni era tornato giovane e bruno, vestito da marinaio. Disse: "Giochiamo a briscola?" Carmela rispose che preferiva guardarlo negli occhi. Purezza. C'era qualcosa di puro nel suo sguardo. In quello di Giovanni. Amore.
Il vecchietto che sorrideva, scomparve. L'anello di Carmela scomparve. Rimase la luce.

Manuel si svegliò e portò dentro il latte.
Lo bevve.

Il secondo capitolo