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- IL GATTO -
(di Jorge Valvedano)

E come accade ormai da centinaia e centinaia di generazioni, è giunto il momento di trasmettere a voi ciò che un perfetto sconosciuto trasmise a me, vi chiederete cosa è? Sicuramente niente di materiale, niente che possiate tenere nelle vostre mani, ma che conserverete nei vostri cuori e che crescerà, crescerà sempre più, giorno dopo giorno a vostra insaputa e fregandosene del vostro consenso, fino al punto che sarete costretti a tramandarla a qualcun altro e in cui possa crescere un’altra volta ancora.
Vi starete, certo, chiedendo cosa possa essere questa eredità così potente, forse una magia o un incantesimo? No niente di questo genere, semplicemente una piccola ed indifesa STORIA, che affonda le sue radici in un tempo lontano, molto lontano di quasi duemila anni fa, un periodo in cui accadevano cose strane e meravigliose.
Già da qualche mese giravano voci di un certo uomo, un nazareno che sin da bambino aveva mostrato doti particolari e saggezza non comuni per un povero figlio di falegname, ma non è di Lui che narra questa storia.
La nostra attenzione si sofferma su un’altra abitazione della stessa città di quell’uomo, su una casa un po’ particolare il cui proprietario, che non è altro il padre del nostro ragazzo, gestisce un traffico non molto legale di amore libero, se ben pagato.
In questa casa crebbe il ragazzo, dall’età di 4 anni, adottato da colui che ne divenne il padre e da decine di madri al servizio del primo cliente che mettesse piede nella sua abitazione, certo non era la famiglia ideale, ma almeno era una famiglia.
A 5 anni ben istruito dalle sue dieci madri aveva già imparato a leggere e scrivere e a fregare gli spiccioli dalle borse dei clienti indaffarati in chi sa quale strano affare in quella casa; a 8 anni aveva iniziato a fare qualche lavoretto per racimolare qualche soldo e data la sua esile corporatura veniva ingaggiato per intrufolarsi nelle case di altri e recuperare alcuni souvenir, assai graditi ai suoi committenti.
A 13 anni era diventato famosissimo e richiestissimo per questa sua abilità, tra la gente che conta in certi ambienti, e nessuno ormai lo chiamava più per nome, neanche suo padre: per tutti era semplicemente il GATTO.
Molti psicanalisti moderni direbbero che la strada intrapresa dal nostro giovane uomo non è altro che la conseguenza della sua infanzia infelice e la mancanza di amore, ma per lui tutto ciò non vale. Perché la sua vita è semplicemente normale, o almeno così è sempre cresciuto; senza che mai nessuno lo riuscisse a convincere di vivere in un mondo senza morale e senza valori.
Ai bambini che giocavano con lui, che per prenderlo in giro  gli dicevano, che le sue dieci madri tutte insieme non riuscivano a dargli l’affetto, che ognuna di loro dava da sola ad un unico cliente, lui gli rispondeva: << Non lo so dipende da questo affetto ricevono i vostri padri dalle mie madri>>. Qualcosa di straordinario sarebbe dovuto accadere affinché nella sua vita potesse nascere un cambiamento.

Il tramonto ormai era sceso sul paesino da qualche ora, quando il Gatto entrò in azione.
Aveva ancora in testa le indicazioni del suo cliente, che gli rimbombavano come un eco ininterrotto, distingueva perfettamente ancora ogni singola parola: <<Mi raccomando Gatto, non puoi sbagliare, se riuscirai a portare a termine questa missione, potrai essere ammesso nella nostra organizzazione, ma se sbaglierai cerca di non farti più vedere, qua e in tutta la Galilea. Te lo ripeto per l’ennesima volta quello che voglio è un rotolo di pergamena, contenuto in una scatola lignea con intarsi dorati. Non ti puoi sbagliare, l’hai capito qual è? Non è difficile arrivato là troverai due case gemelle, ma quella a destra è quella di quel falegname, quel tipo strano, là non entrare tanto non c’è niente, a meno che non ti vuoi portare via qualche mobile.
Tu devi andare a sinistra, lì c’è quello che ti ho chiesto mi raccomando lo riconoscerai anche perché il contenitore è chiuso da un sigillo di ceralacca su cui sono incise le iniziali A.F.. Te lo dico per l’ultima volta: NON PUOI SBAGLIARE, o altrimenti Gatto perderai una delle tue mitiche sette vite>>
La cosa strana sapete qual è? E che normalmente il nostro ragazzo riceveva minacce del genere, diciamo che erano le normali istruzioni del suo lavoro ed era per questo che tutti si rivolgevano a lui: era semplicemente il migliore; ma quella volta, anche se ciò che gli era stato chiesto era molto semplice, sentiva che qualcosa sarebbe andata storta si era attivato quel suo sesto senso da gatto, quello che lo avverte dei pericoli. “E se fosse una trappola? Se fossi divenuto scomodo a qualcuno? Avevo rubato documenti o cose troppo importanti?”
Accompagnato dallo scorrere veloce e rapido dei suoi pensieri, si ritrovò di fronte alle due case gemelle, qual era? Quella a destra? O diamine come aveva detto quel tizio! Tutti quei pensieri lo avevano tormentato facendogli dimenticare l’indicazione più importante. <<Riflettiamo - pensò il Gatto - Una delle due case è quella di quel poveraccio di un falegname, quindi dovrebbe essere quella più scarna e anche un po’ più brutta. Quella di destra, entrò lì.>>
Ecco che il Gatto entra in azione: con un solo salto riesce a scavalcare la recinzione esterna, atterra nel cortile interno senza alcun rumore e agile come un felino si ritrova già all’interno dell’abitazione. Si rannicchia per qualche minuto nell’angolo più buio della stanza, quel tanto che gli serve per adattare i suoi occhi a quella oscurità. I minuti scorrono e gli oggetti pian piano diventano più chiari, si iniziano a distinguere gli spazi vuoti da quelli pieni e a definirsi i contorni.
Le sue pupille diventano sempre più grandi alla ricerca di quel poco di luce lunare proveniente dalla finestra, i suoi occhi iniziano a brillare come quelle di un vero gatto ed è così, che dopo un tempo sufficiente, il nostro ragazzo ancora rannicchiato in quell’angolo è in grado perfettamente di vedere ogni cosa in quella stanza. Lo sguardo scorre veloce sulle mensole attraversa otri, contenitori, vettovaglie ed altri oggetti non ben identificabili, ancora immobile in quella posizione quasi invisibile ad un occhio non allenato vede quell’oggetto, il contenitore intarsiato, il sigillo. Tutto torna. Con uno scatto felino afferra l’oggetto e si lancia verso la finestra, il tutto in una frazione di secondo, ma nel fare questo movimento una mensola cede, il ragazzo non riesce ad arrivare alla finestra ricadendo nella stanza, con un ultimo sforzo si rilancia nel suo angolo.
Alcuni secondi ancora di silenzio e poi le voci addormentate dei proprietari. Il rumore dei passi che si avvicinano ed entrano nella stanza, il Gatto riesce a vedere l’uomo che entra, ma non sembra che avvenga il contrario. L’uomo è piuttosto alto una folta barba e capelli piuttosto lunghi, ma soprattutto anche a lui di notte brillano gli occhi come i gatti. Lo sguardo dell’uomo, ancora al buio, comincia ad attraversare la stanza, come qualche minuto prima aveva fatto il ragazzo, si ferma un istante sulla mensola, ormai, a terra con tutto il suo contenuto fatto a pezzi, quindi si sposta rapidamente verso l’angolo dove il ragazzo rannicchiato si ripara dietro ad un grosso mobile pieno di scaffali, si sofferma qualche istante lì, che per il ragazzo sembrano eterni e poi continua il suo giro per la stanza. Il cuore di Gatto batte così forte, che sembra potersi sentire a tre metri di distanza il suo respiro e fermo da qualche minuto ed ogni suo processo vitale sembra bloccato, quasi ghiacciato, si potrebbe dire che è morto per qualche minuto, ma ecco che lo sguardo va via esce dalla stanza, ed in un istante la vita riprende nel piccolo corpo del giovane, questa nuova linfa vitale gli permette di fare un salto strepitoso, raggiunto il tavolo con un piede riprende la spinta e raggiunge la finestra lì si ferma un secondo, volge la testa verso l’interno e il suo sguardo felino incrocia lo sguardo dell’uomo ancora sulla soglia della stanza, aveva sbagliato i tempi perde l’equilibrio e cade nel cortile, ancora dolorante scavalca la recinzione e fugge il più velocemente possibile.
Ritorna a casa che la notte ha lasciato il posto al giorno che nasce, deve riposare che all’indomani deve consegnare la refurtiva. <<E’ stata una serata impossibile>> e con questo pensiero si addormentò.
La mattina seguente, si svegliò con abbracciato ancora il prezioso cofanetto, lo ispezionò guardo l’intarsio in oro, il sigillo in cera, le iniziali A.O.: <<Ma non erano queste! Ho sbagliato casa, Dannazione! E ora come faccio? A questo punto lo apro vediamo se c’è qualcosa che mi posso rivendere, a partire da questo cofanetto, che dovrebbe valere un bel po’. >>
All’apertura del cofanetto però le aspettative furono deluse immediatamente, all’interno c’era una semplice pergamena, con su scritto qualcosa, forse una storia o qualcosa del genere, nessun documento importante, qualche mappa o soldi.
Non sapendo cos’altro fare, il Gatto iniziò a leggere il racconto, che io trascriverò qui per voi:

In un magnifico giardino cresceva un bambù dal nobile aspetto. Il Signore del giardino lo amava più di tutti gli altri alberi. Anno dopo anno, il bambù cresceva e si faceva robusto e bello. Perché il bambù sapeva bene che il Signore lo amava e ne era felice.
Un giorno, il Signore si avvicino al suo amato albero e gli disse: «Caro bambù, ho bisogno di te».
Il magnifico albero sentì che era venuto il momento per cui era stato creato e disse, con grande gioia: «Signore, sono pronto. Fa’ di me l’uso che vuoi».
La voce del Signore si fece grave: «Per usarti devo abbatterti!».
Il bambù si spaventò: «Abbattermi, Signore? Io, il più bello degli alberi del tuo giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore, ma per favore, non abbattermi».
«Mio caro bambù», continuò il Signore, «se non posso abbatterti, non posso usarti».
Il giardino piombò in un profondo silenzio. Anche il vento smise di soffiare. Lentamente il bambù chinò la sua magnifica chioma e sussurrò: «Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, abbattimi».
«Mio caro bambù», disse ancora il Signore, «non devo solo abbatterti, ma anche tagliarti i rami e le foglie».
«Mio Signore, abbi pietà. Distruggi la mia bellezza, ma lasciami i rami e le foglie!».
«Se non posso tagliarli, non posso usarti».
Il sole nascose il suo volto, una farfalla inorridita volò via. Tremando, il bambù disse fiocamente: «Signore, tagliali».
«Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso fare questo, non posso usarti».
Il bambù si chinò fino a terra e mormorò: «Signore, spacca e strappa».
Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami e le foglie, lo spaccò in due e gli estirpò il cuore. Poi lo portò dove sgorgava una fonte di acqua fresca, vicino ai suoi campi che soffrivano per la siccità. Delicatamente collegò alla sorgente una estremità dell’amato bambù e diresse l’altra estremità verso i campi inariditi.
La chiara, fresca dolce acqua prese a scorrere nel corpo del bambù e raggiunse i campi. Fu piantato il riso e il raccolto fu ottimo.
Così il bambù divenne una grande benedizione, anche se era stato abbattuto e distrutto.
Quando era un albero stupendo, viveva solo per se stesso e si specchiava nella propria bellezza. Stroncato, ferito e sfigurato era diventato un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo Regno.

“Ma che robba è? Perché tenere una carta straccia senza senso come questa in un contenitore così? Quel tipo è proprio un pazzo” il Gatto deluso da quella piccola ed insignificante storia decide di strappare quel pezzo di pergamena, quando un’idea improvvisa gli balenò nella testa
“E se quella in realtà non fosse una storia senza senso? Se in sé nascondesse dei misteri o delle informazioni che mi facessero scoprire un bottino migliore? Certo però non che qui avvenga niente di particolare, c’è solo questo stupido di un bambù. Io proprio non lo capisco…ne lui ne questa storia, ma che vorrà dire?” E preso un carboncino scrisse a lettere ben leggibili:
perché?
Quindi arrotolato la pergamena raggiunse il padre e ne prese congedo dicendogli che doveva scappare e non sapeva quando sarebbe potuto ritornare, poiché aveva sbagliato un colpo e per un po’ sarebbe stato meglio sparire dalla zona. Il padre lo benedì e lo salutò con una lacrima negli occhi, in fondo gli voleva bene come un padre vero.
Con in mano solo la pergamena e nella sacca la custodia da rivendere, giunse nei pressi della casa di quel nazareno e lanciò nel cortile la pergamena, quindi trovò un punto nascosto dal quale si potesse vedere l’ingresso principale dell’abitazione e li si mise seduto e pensò:
“Finalmente gliel’ho restituita, ora vediamo che succede? Se veramente nasconde qualcosa lo scoprirò, non può sfuggirmi: niente e nessuno sfugge al Gatto. Se non nasconde niente forse capirò che significa e poi c’è quella frase che mi è rimasta nella testa e non vuole andare via…come diceva: <<PER USARTI DEVO ABBATTERTI>>, ma ciò non ha alcun senso.

(continua...)

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