Gambatesa-La
Storia
Inizialmente non volevo inserire la
storia di Gambatesa, il sito doveva essere costituito solo dalle
foto e dai video. In un secondo momento avevo pensato di inserire
il link con il collegamento al sito di Robert Angelo, qui avevo
trovato una pagina ben fatta dedicata alla storia del nostro
paese. Alla fine ho pensato di trascrivere questa pagina, visto
che è
sempre sconsigliabile inserire collegamenti ipertestuali esterni.
Storicamente è certo che, nei tempi addietro,
esistevano, nell'attuale territorio comunale, degli agglomerati
abitativi, risalenti alcuni all'epoca dei romani. Ne sono
testimonianza ritrovamenti di monete, sepolture e resti di mura
d'età romana, nonché ruderi e notizie di fonte ecclesiastica
riguardanti i borghi: Chiusano, Salandra e Vipera. La stessa
origine del centro abitato di Gambatesa va collocata in epoca
anteriore all'invasione longobarda. Tuttavia l'indagine storica ha
preso avvio finora dal periodo in cui il paese assunse il nome di
Gambatesa. La parte fondamentale della storia di Gambatesa ha
inizio nel sec. XIII con Riccardo da Gambatesa o di Gambatesa,
uomo di fiducia della corte angioina di Napoli e di quella papale
di Roma. Dotato di grande abilità diplomatica e militare acquistò
fama di saggio reggitore e di valoroso condottiero di esercito
soprattutto nel governo e nella difesa di Genova contro gli
assalti dei fuoriusciti ghibellini, capeggiati da Cane della
Scala, Marco Visconti di Milano e da Castruccio Castrocani degli
Antelminelli, signore di Lucca. Per questi ed altri suoi meriti
ottenne da Roberto d'Angiò, re di Napoli, non pochi titoli e
feudi. Riccardo di Gambatesa, non avendo eredi maschi ma solo due
femmine (Sibilia e Margherita), ottenne che il suo primo nipote
Riccardello, figlio appunto di Sibilia e di Giovanni Monforte,
aggiungesse al cognome paterno Monforte anche quello di Gambatesa,
dando così inizio alla nuova casata feudale dei
Monforte-Gambatesa. Dalla fine del sec. XIV a tutto il XV la
storia non registra fatti di una certa importanza. Con la
conquista del regno di Napoli da parte degli Aragonesi, il feudo
di Gambatesa passò, nel 1484, ad Andrea Di Capua, duca di
Termoli. Con i Di Capua, che adottarono una linea politica di
liberalità, iniziò per Gambatesa un lungo periodo di relativa
tranquillità, di operosità e di benessere, durante il quale si
ebbe un notevole sviluppo della pastorizia stanziale e di quella
trasmigrante, cui si accompagnò un forte incremento demografico
ed edilizio. La buona congiuntura socio- economica favorì
l'emergere di alcune famiglie borghesi. Tra queste raggiunse la
massima notorietà, tra la fine del '500 e gli inizi del '600, la
famiglia Eustachio, per la cospicua attività svolta nel campo
della medicina e in quello ecclesiastico-pastorale. Ferrante Di
Capua Iuniore, duca di Termoli, anteriormente al 1583 vende
Gambatesa a Francesco Lombardo proprietario terriero di Troia.
Venne a interrompere questo periodo di crescita la terribile peste
del 1656-57, che ridusse la popolazione locale da 291 famiglie
(1455 abitanti circa) del 1648 ad appena 70 famiglie (350 abitanti
circa) censite nel 1669. Durante il sec. XVIII il Comune di
Gambatesa dovette subire non poche angherie ed usurpazioni da
parte della nuova famiglia feudale dei Ceva-Grimaldi, per cui
molti cittadini furono costretti ad emigrare altrove. Nel 1799
Gambatesa aderì alla Repubblica Partenopea e ne visse i
tumultuosi avvenimenti. Fu assalita e saccheggiata dagli abitanti
di Celenza, di S. Marco la Catola e di Casalvecchio, sostenitori
della causa borbonica, i quali rivolsero il loro furore
soprattutto contro i beni dei Rotondo, impegnati politicamente e
militarmente nella difesa degli ideali repubblicani. Immediata e
cruenta fu la risposta dei Rotondo: Celenza in particolare pagò
duramente la sua azione di aggressione. Con la restaurazione della
monarchia borbonica, Prosdocimo Rotondo, che nel governo
repubblicano ricoprì l'altra carica di Presidente del Comitato
delle Finanze, fu impiccato, a Napoli, nella piazza Mercato il 30
settembre del 1799, mentre i suoi fratelli subirono la confisca
dei beni e l'esilio. Nel 1806, con la fine della feudalità, i
cittadini vennero sollevati dai gravosi oneri feudali, ma, seppure
potettero venire in possesso di un loro pezzo di terra, furono
caricati da altri oneri non meno pesanti. Inoltre brigantaggio,
carestie, colera, terremoti ed altre calamità naturali
contribuirono, per tutto il sec. XIX e parte del XX, a rendere
dura e insicura la vita soprattutto del ceto meno abbiente.
Durante i moti del 1848, i fratelli Giacomo e Domenico Venditti
svolsero un'intensa attività politica per la realizzazione degli
ideali liberali. Nel 1891 per l'imposizione di una nuova tassa (la
focatica), la popolazione esasperata, dette vita ad una violenta e
minacciosa sommossa contro le autorità locali. Dopo la seconda
guerra mondiale Gambatesa si è via via sviluppata ed ha avuto un
notevole incremento edilizio; oggi è un accogliente centro di
duemila abitanti prevalentemente agricolo, ma con potenziali
proiezioni verso l'artigianato e l'industria.
CASTELLO MEDIOEVALE, SEC.
XII-XVI Il Castello, posto sull'altura del colle Serrone,
al centro del quartiere storico, ha subìto lungo i secoli varie
trasformazioni. Da Castello-fortilizio a Castello-residenza
feudale in epoca medioevale, fu trasformato, nel sec. XVI, in
Castello-palazzo rinascimentale dalla famiglia feudataria dei Di
Capua. Divenne poi proprietà baronale-marchesale e quindi
proprietà privata. Oggi rientra nei beni appartenenti allo Stato.
La continuità di "sede-residenza" ha preservato il
Castello da quel degrado cui sono andati incontro diversi castelli
e fortezze del Molise. È ben visibile l'originaria massiccia
struttura medioevale di forma quadrata con la merlatura guelfa sul
lato Sud-Ovest e le torri angolari in direzione Nord-Est, mentre
sono di stile rinascimentale il portale bugnato, le finestre e la
loggetta con tre archi a tutto sesto che si aprono sulla facciata
Nord- Ovest, aggiunta nel XV-XVI secolo. L'interno si presenta
oggi, dopo i recenti restauri, come una pregevole pinacoteca per
l'abbondanza di affreschi, eseguiti da Donato da Copertino (Decumbertino)
e discepoli nel 1550 su commissione di Vincenzo I di Capua, duca
di Termoli e conte di Gambatesa. Espressione del manierismo
cinquecentesco, il ciclo dei dipinti, raffigurante paesaggi,
grottesche, tendaggi, pergolati, scene mitologiche e allegoriche,
costituisce nel suo insieme una testimonianza di arte aulica di
notevole livello artistico. Di particolare interesse, per il
richiamo agli effetti plastici della tradizione michelangiolesca
della scuola romana del secolo XVI, sono le figure allegoriche
della Carità, Fortezza, Prudenza e Giustizia.
CHIESA DI S. NICOLA SEC.
XIV-XV Edificata sotto il titolo di S. Sebastiano
"fuori la Terra di Gambatesa", è stata officiata, dal
1586 al 1653, dai Minori Conventuali di S. Francesco, detti della
Scarpa, che abitavano l'annesso convento. Danneggiata dal
terremoto del 1688 venne ristrutturata nel 1696 e riconsacrata con
il titolo di S. Nicola nel 1701. I recenti restauri del 1987 hanno
riportato la chiesetta al suo originale splendore di piccolo
gioiello di arte sacra romanico-rinascimentale dalla linea
architettonica semplice e linda. All'interno pregevoli tele di
scuola napoletana del '600, '700 e d'epoca anteriore. Tra queste
la tela dell'Immacolata, impreziosita da una cornice finemente
intagliata e dorata. Particolarmente suggestiva la piccola abside
per la sua nuda struttura romanica: è la parte più antica e
originale della chiesa. Nella muratura esterna sono visibili
elementi funzionali e decorativi di materiale di riporto
appartenenti ad antichi edifici diruti.
LA CROCE DI S. NICOLA SEC.
XIV Di particolare importanza storico-artistica la Croce
greco-romanica posta davanti alla chiesa di S. Nicola. Collocata
su una tozza colonna ottagonale con massiccia base quadrata, la
Croce, ricavata da un unico blocco di pietra viva, è inscritta in
una ruota dalle flessuose linee curve. Su una faccia della croce
è il Cristo Crocifisso tra la Madonna, S. Giovanni ed un teschio;
sull'altra faccia il Cristo trionfante che benedice, circondato
dai simboli dei quattro evangelisti. Pur se modesta l'esecuzione
scultoria delle figure, non manca un certo plasticismo specie
nella raffigurazione degli animali e un certo senso tragico
risalta dall'atteggiamento della Vergine. Significativi alcuni
elementi della simbologia propria dell'iconografia cristiana
medievale; la ruota: immagine dinamica e pienezza totalizzatrice
dell'ordine creato, che rota attorno all'Eterno; il tetramorfo:
figura dell'annuncio del Cristo al mondo attraverso i quattro
Vangeli; il teschio: figura di Adamo. La Croce per la sua
struttura e lavorazione si richiama alle tipiche croci di pietra
celtiche con le loro ruote attorno al Crocifisso.
CAPPELLA-SANTUARIO DI MARIA
SANTISSIMA DELLA VITTORIA SEC. XI-XIV Chiesa campestre, ad
una navata, situata nelle vicinanze del tratturo Castel di
Sangro-Lucera. Un'antica tradizione popolare ne attribuisce la
costruzione alla volontà dell'imperatore Federico Barbarossa. In
origine forse Abbazia con annesso monastero. Probabilmente
rovinata dal terremoto del 1279 o da altri eventi, fu fatta
ricostruiore dalle fondamenta dal conte Riccardo di Gambatesa
verso il 1313. Fu tenuta e officiata fino al 1653 dai Canonici
Regolari Lateranensi del Monastero di S. Agnello di Napoli, i cui
Abati sono stati titolari commendatari dell'omonimo feudo di S.
Maria della Vittoria fino al 1781. Il loro stemma, l'Agnello
crocifero, è raffigurato con forte realismo nella lunetta del
portale. L'importanza del Santuario, e non solo come centro di
fede e di culto, è testimoniata dalle indulgenze locali concesse
dai papi Clemente V nel 1313 e Giovanni XXII nel 1317, ambedue su
richiesta di Riccardo di Gambatesa, e da Innocenzo XII nel 1694.
Pur avendo subito, lungo i secoli, vari rifacimenti, la chiesetta
conserva ancora la linearità della primitiva struttura
architettonica d'impronta rurale che mostra elementi di
transizione dal romanico al gotico, leggibili nella facciata
liscia e compatta e nel portale in pietra nuda con arco a sesto
acuto. All'interno di pregevole il soffitto a capriata e la statua
lignea della Madonna della Vittoria del 1714. Del monastero
restano solo dei ruderi. * Ideazione e testo di Salvatore Abiuso
con la collaborazione di Palmiro Di Maria Edito a cura della Cassa
Rurale ed Artigiana di Gambatesa - via Nazionale Appula si
ringrazia la Curia Arcivescovile di Campobasso la Sovrintendenza
Archeologica e per i Beni Architettonici Artistici e Storici del
Molise per aver autorizzato la pubblicazione delle foto.
La
storia di Gambatesa in Inglese
History of
Gambatesa, English Language