Header image  
 
  
 
 
 
 

 
 
La fontana greca

Costruita fra il IV ed il III secolo A.C., è situata all’inizio della città nuova, non molto distante dalla Chiesa del Canneto. Le sue facciate raffigurano personaggi e vicende della mitologia greca antica, l’espressione di un mondo che seguiva il culto di Bacco, Ermes, Venere ed altri credendo nelle leggende e nelle favole, che tuttavia erano in sé una regola di vita.

La fontana presenta due facciate: una a nord, di fattura non antica , ed una a sud molto antica ed interessante. La prima facciata comprende le rappresentazioni  delle armi della Casa di Carlo III  e lo stemma civico con una scritta su marmo che dice : “ Aquaeductum \et fontem hunc vetustae collapsum\D.nicolaus Doxi Stracca Generalis Syndicus\ ad publicam civium viatorumque commoditatem\ aere publico reficendum curavit\ Anno Domini MDCCLXV”, (Questa fontana mal ridotta per la sua vetustà, Don Nicola Doxi Stracca General Sindaco, si preoccupò di restaurare a spese dell’Università, per comodità dei cittadini e viandanti . Nell’anno del Signore 1765). La facciata rivolta verso sud è composta in basso da quattro basi, tra le quali sono inserite tre finte vasche sostenute da tre puttini ciascuna. Sul finto orlo di quest’ultime vi sono dei fori che un tempo servivano per i getti d’acqua, la quale veniva raccolta in un’ampia vasca sottostante. Sulle quattro basi vi sono altrettanti piedistalli che sorreggono due statue maschili e due femminili a 3/4 di altezza. Quest’ultime si alternano come sesso e ciascuna di esse e sovrastata da un capitello corinzio. Le statue sembrano sostenere l’architrave, il  fregio, la cornice e l’attico. Posti di fronte alla facciata, sul lato sinistro dell’osservatore, è raffigurata  la metamorfosi di Dirce. Dirce fu moglie di Lico, re di Tebe, che spinta dalla gelosia si comportò  figli di Antiope  catturarono Dirce e la legarono alle corna di un toro inferocito, che la uccise facendo scempio del suo corpo. Dionisio, spinto dalla pietà, trasformò  Dirce in fonte. L’artista, in questo contesto, voleva suscitare terrore  per l’insana passione della gelosia.  

Nella parte centrale della fontana, è rappresentata la metamorfosi di Salmace. Quest’ultima era una ninfa perdutamente innamorata del figlio ermafrodito di Ermes e di Afrodite, la quale un giorno lo abbracciò stretto e pregò gli dei  di essere unita a lui per l’eternità. Gli dei accolsero le preghiere di Salmace  e fecero dei due corpi una sola fusione. Sopra i due amanti sono raffigurati Venere e Cupido, i quali sembrano compiaciuti dell’accaduto. L’artista, in questo caso, voleva far capire quanto possa essere pericolosa una passione sfrenata e quanto la seduzione dei sensi possa far perdere ogni dignità. Infine, sul lato destro, vediamo raffigurata la metamorfosi di Biblide, che travolta da una forte infatuazione per il fratello Cauno  lo perseguitava professandogli il proprio desiderio innaturale. Cauno  per non far degenerare la situazione preferì abbandonare  la casa paterna . Biblide, dopo qualche tempo, scoprì il nascondiglio di Cauno ed ivi cercò ancora di sedurlo, alchè Cauno la ripudiò con tale durezza, da farla vergognare a tal punto che si consumò letteralmente in lacrime. L’artista, probabilmente, voleva  suscitare orrore per ogni tipo di passione innaturale e far aspirare la gente a quel pudore che non ebbe Biblide. Sopra l’architrave sono inoltre raffigurate alcune delle dodici fatiche d’Ercole. Tutta l’opera è, ovviamente, segnata  in modo grave dalle erosioni e dal tempo, ma le figure mitologiche appena descritte, presentano anche delle vere e proprie mutilazioni dovute probabilmente alla mano dell’uomo. Si pensa, infatti, che il pudore della gente del tempo non potesse tollerare  quelle nudità e quelle situazioni immorali, in cui erano raffigurate.

La maggior parte della Fontana  è costituita da pietra dura di Corinto, una pietra molto simile al marmo, mentre altre parti, probabilmente aggiunte in seguito, sono composte da calcari più teneri e dal caratteristico Carparo di Gallipoli. Si dice che la Fontana sia stata cambiata di posto per ben tre volte. Fu eretta per la prima volta nella zona delle Fontanelle e vi rimase fino agli inizi del 1500; la seconda volta fu ubicata nei pressi della chiesetta di San Nicola ,al porto, da dove fu spostata nel 1560 perché il mare le procurava enormi danni erosivi. La sua terza e definitiva posizione fu quella attuale che delimitava il confine della città vecchia. Fino a quando la città di Gallipoli non fu raggiunta dalla rete idrica dell’Acquedotto Pugliese, gli abitanti usavano raccogliere l’acqua piovana in delle cisterne site in casa, scavate nella roccia  e la adoperavano per vari usi domestici. Mentre per quanto riguarda l’acqua potabile, ricorrevano agli “acqualuri” (gli antichi venditori d’acqua), i quali attingevano l’acqua dalla Fontana Greca e tramite delle botti dette “valiri” riempivano i vasi di terracotta della gente detti “pisari”, dietro un modesto compenso in danaro. Un tempo una fonte di vita insostituibile, oggi effige del tempo che fu.