Società

Le parole del Papa e noi

 
«Il giorno che un pronunciamento del Papa passerà quasi inosservato fuori dalla Chiesa, finalmente non saremo più un paese clericale».

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di Michele Serra



Ogni volta che si riaccendono polemiche su  divorzio, aborto, etica sessuale e procreativa, trovo esagerato e fuori luogo il risentimento dei laici. Le parole del Papa riguardano i cattolici. Sono a loro beneficio e - nel caso - sono un loro problema. Un libero Stato non dovrebbe sentirsi minimamente chiamato in causa dai pronunciamenti di una libera Chiesa, e così i cittadini non credenti (o anche i tanti che sono credenti, ma non confessionali) per i quali le opinioni del Papa hanno un evidente interesse culturale, ma zero riflessi sulla vita privata, la morale, i comportamenti.

Tanta suscettibilità (ieri i quotidiani erano strapieni di Papa e divorzio) rivela, temo, un profilo etico ancora molto fragile, e insicuro, da parte degli italiani che vivono fuori dalla Chiesa. Come se avessero da opporre, all'etica della Chiesa, solo una non-etica. Come se le ragioni pro-divorzio (che sono profondamente etiche: l'amore può essere solo una scelta, mai un obbligo) impallidissero di fronte ai crucifige. Il giorno che un pronunciamento del Papa passerà quasi inosservato fuori dalla Chiesa, finalmente non saremo più un paese clericale.

di  Michele Serra,
Il Foglio (4 febbraio 2002)

Commento:

 

Per essere «autorevoli, parlare all’anima, al cuore, alla testa» della gente bisogna avere qualcosa di significativo da dire: un’esperienza forte da proporre. Questa esperienza forte è la ragione per cui tutti, anche i laici, non possono fare a meno di ascoltare il Papa quando parla. Il “pensatoio” che non c’è in Italia, diversamente che in Inghilterra e negli Stati Uniti, non è innanzitutto quello di un club di specialisti, che comunque nemmeno in tali paesi si dimostra risolutivo. Il “pensatoio” che non c’è è quello che ha il coraggio di riproporre, in termini anche culturali e politici, un’esperienza personale e sociale umanamente utile.


Apparentemente non c’entra nulla, ma la condivisione con cui don Giussani raccoglie l’invito del Papa alla preghiera è profondamente dentro la nostra esperienza di uomini, finiti e quindi impossibilitati a risolvere. Questo è un messaggio forte: «Pregare non è come un’ultima spiaggia sul limitare di un mare di ghiaccio in cui sembra finire ogni umano impeto di desiderata risposta. […] La preghiera, che è domanda a Dio, è l’avamposto dell’uomo che si getta così disarmato nella quotidiana lotta»

(Luigi Giussani, «La lezione della carità», Corriere della Sera - 3 febbraio 2002).


Questo messaggio la gente lo ascolta perché lo capisce.


   
  • Nanni Moretti
    Lo schiaffo di un elettore
    La Repubblica (5 febbraio 2002)
    «Nel centro sinistra c’è bisogno di qualcuno che con la sua autorevolezza riesca a fare il pieno dell’elettorato potenziale del proprio schieramento, che sappia parlare all’anima, alla testa, al cuore degli elettori», ha detto Nanni Moretti sollevando un grande polverone nella sinistra italiana.

  • Michele Serra
    Le parole del Papa e noi
    Il Foglio (4 febbraio 2002)
    «Il giorno che un pronunciamento del Papa passerà quasi inosservato fuori dalla Chiesa, finalmente non saremo più un paese clericale».

  • Antonio Socci
    Il pensatoio che non c’è
    Il Giornale (8 febbraio 2002)
    «Ma dov’è quel retroterra intellettuale e specialistico, che in paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti ha sostenuto e alimentato la politica di rinnovamento di un intero Paese? […] Parlare di questo forse è più importante (anche se meno divertente) dell’ultimo sfogo di Moretti».

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