Eutanasia:

 

L'utopia di vivere felici e vaccinati
 

 
Lucetta Scaraffia


L'altro ieri, sul supplemento domenicale de «Il Sole 24 Ore», Gilberto Corbellini ha affermato che la diagnosi di preimpianto degli embrioni non ha nulla a che fare con l'eugenetica di stampo nazista. La differenza starebbe essenzialmente nel consenso: i nazisti imponevano le pratiche eugeniche, mentre in questo caso si tratta di scelte individuali e libere.

Si tratta di un ragionamento discutibile: è proprio la costrizione a definire il carattere nazista di una pratica? Ma allora molte imposizioni da parte dello Stato - come le vaccinazioni, obbligatorie nel nostro paese per tutti i bambini - sarebbero una pratica nazista in quanto intervento obbligato sul corpo degli individui? Non sarà forse, invece, proprio la pratica in sé - e non la modalità costrittiva con cui viene esercitata - a costituire la prova dell'analogia con quanto fu messo in pratica dal nazismo?

L'eugenetica è stata una tentazione che ha accompagnato fin dall'origine il movimento di controllo delle nascite, sostenuta dall'evoluzionismo: se l'evoluzione è una legge naturale, perché non assecondarla? La messa in opera in modo massiccio di questa pratica è però stata realizzata solo dal regime nazista, sorretto da un'ideologia non soltanto totalitaria, ma anche fortemente impregnata di superomismo, cioè di una carica utopica negativa.

Il problema di fondo da considerare, infatti, è se si possa considerare lecito l'intervento umano per cambiare un corso fino a quel momento considerato immutabile, cioè un intervento umano creatore che vede l'uomo mettersi al posto del destino (Dio per i credenti) per decidere chi deve nascere e chi no. È questo in realtà il punto fondamentale della questione: se il desiderio individuale, anche condivisibile e positivo, possa giustificare un intervento di questa portata.

Anche chi sostiene questi interventi eugenetici, come Corbellini, è portatore di una utopia, quella «di vivere meglio e far vivere senza gravi sofferenze i bambini che vengono al mondo». Come se davvero la felicità fosse a portata di mano per chi ottiene un bambino sanissimo, meglio ancora se con gli occhi azzurri e biondo, e come se gli individui più sani fisicamente fossero anche i migliori dal punto di vista intellettuale e umano. Dimenticando che, con l'applicazione dell'eugenetica individuale e libera di cui parla Corbellini, probabilmente né il gobbo poeta Giacomo Leopardi né il paraplegico scienziato Stephen Hawking sarebbero mai nati.

Perché allora dobbiamo credere a questa utopia postmoderna, che promette felicità individuale a patto di non domandarsi mai quale possa essere l'effetto, per la società e per l'umanità, della realizzazione del nostro desiderio? Perché chiunque si oppone, come il ministro Sirchia, è deriso e insultato, senza neppure avere diritto al rispetto per chi sostiene un parere differente? Ma l'opinione pubblica è ormai assuefatta, come dimostra - al di là dei risultati cinematografici - persino la mostra di Venezia, dove un film sull'aborto è stato preferito a quello di Amelio su un ragazzino handicappato.
 

 

Clonazione: «L'utopia di vivere felici e vaccinati», Lucetta Scaraffia, Avvenire 14.9.2004

 

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