Genetica:

 

Socci insiste coi suoi "perchè" sull'embrione, e nega il moralismo senza morale
 

Un embrione (si definisce così fino all’ottava settimana di vita) ha un cuore che batte, se gli viene toccata la bocca si volta dall’altra parte, insomma il cosiddetto embrione è un essere vivente, non un organo né un tessuto • Voi ritenete di no? Pensate che sia solo materiale biologico qualsiasi, come un capello? E perché allora lo si può sopprimere, ma non lo si può commercializzare? • Forse fa orrore la parola "commercializzare"? • Eliminare un embrione o un feto non pone dunque alcun problema etico, venderlo e comprarlo sì. Che filosofia morale è questa? E’ lecito chiedere che venga spiegata?
 

 
di Antonio Socci


Al Direttore
Le domande – vecchie talpe – hanno questo di bello: puoi condannarle, eluderle, maledirle, zittirle, puoi convocarle in "Commissione di vigilanza", ma una volta formulate le domande girano per il mondo e lavorano come un tarlo nelle teste. Stanno lì, inquietanti, in attesa della risposta. L’altro giorno – per dire – mi ha chiamato Enrico Mentana per chiedermi se andavo al Tg5 a dare "la risposta" che l’on Melandri non aveva dato: non ho potuto, non essendo a Roma. Ci provo ora.

Ma occorre una premessa. Ieri, sull’Unità, Maurizio Mori ha fatto un altro tentativo per esorcizzare la carica sovversiva della domanda: ha tentato di dimostrare che era irrazionale. L’articolo era pacato e civile (gliene sono grato). Ma non è riuscito nell’impresa, perché ruotava attorno a un colossale errore scientifico che invalida tutto il suo ragionamento. Un errore circa l’embrione.

Io avevo ricordato che l’inizio della vita di un nuovo essere umano è scientificamente accertato: è l’istante del concepimento, quando si ha biologicamente un "nuovo arrivato" (come direbbe la Arendt) con un Dna totalmente distinto dal padre e dalla madre, un Dna dove sta scritto tutto della nuova creatura (dal suo volto, al colore dei suoi capelli e – sì caro Mori – anche tono di voce, statura e temperamento): da quell’istante c’è al mondo un nuovo essere, unico e irripetibile.

Ebbene, sostiene Mori che "la stessa situazione di Dna unico e irripetibile si dà già anche prima della fecondazione, ad esempio nel caso in cui si abbia uno spermatozoo in una pipetta pronto per essere iniettato in un ovocita".

E’ un errore clamoroso. Un essere umano, per essere tale, deve avere 46 (o, in certi casi, 47) cromosomi: l’embrione ce li ha, lo spermatozoo no, ne ha solo 23. Inoltre quest’ultimo non ha affatto un Dna unico e irripetibile, come invece possiede un embrione, ma ha solo metà del Dna del padre. In nessun modo dunque si può paragonare uno spermatozoo a un embrione. Peraltro un embrione (si definisce così fino all’ottava settimana di vita) ha un cuore che batte, se gli viene toccata la bocca si volta dall’altra parte, insomma il cosiddetto embrione è un essere vivente. Lo dice la ragione (non il dogma cristiano) e lo dice la scienza. E per la verità anche il diritto: dalla Raccomandazione 874 del Consiglio d’Europa che difende "i diritti di ogni bambino alla vita dal momento del concepimento" fino all’art 462 del Codice civile che riconosce titolari – per esempio - del diritto all’eredità anche i figli soltanto concepiti, in base al principio del diritto romano per cui "infans conceptus pro nato habetur, quoties de eius commodis agitur".

Ma lo dice anche il buon senso, che parla dentro ciascuno di noi. Tutti – e per prime le madri - sappiamo che già quel piccolossimo essere che si chiama embrione e poi feto – è una creatura umana. Che siano soprattutto i cattolici a dover difendere oggi la ragione e la scienza non deve sorprendere. Già Chesterton – che era, anche per la stazza, un Ferrara inglese d’inizio secolo – prevedeva il destino della nostra generazione: "Tutto sarà negato, tutto diventerà un credo", si negheranno "le pietre della strada; riaffermarle diventerà un dogma religioso… fuochi verranno attizzati per dimostrare che due più due fa quattro. Spade verranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate".

Ebbene, nel nostro piccolo abbiamo sguainato la spada proprio per dimostrare che due più due fa quattro, che un embrione ha 46 cromosomi e uno spermatozoo solo 23. Che un embrione, se nessuno lo sopprime, per sua dote naturale si sviluppa in essere umano, senza soluzione di continuità, mentre così non è per nessun organo umano, per nessun materiale biologico e nessuno spermatozoo. Nessuno di noi è mai stato un fegato, un polmone, uno spermatozoo o un capello o un’unghia, mentre tutti noi siamo stati un embrione, il quale è un essere umano nuovo, unico e irripetibile.

Voi ritenete di no? Pensate che sia solo materiale biologico qualsiasi, come un capello? E perché allora non si può commercializzare? Se è come un capello, perché non si può vendere e comprare come un capello?

L’on Melandri ha risposto: perché è inaccettabile "commerciare" in "organi umani". Ma l’embrione non è un "organo". I casi sono due: o è una nuova creatura umana o è solo materiale biologico come un capello e i capelli si possono vendere. Del resto, anche se erroneamente lo volessimo considerare un organo, ebbene gli organi – per esempio un rene – si può regalare: perché dunque non si possono regalare embrioni e anche feti a destra e a manca? Perché si può sopprimere un feto, ma – una volta soppresso - non si può usare, con la placenta, per esempio, per fabbricare creme cosmetiche?

Perché questa idea ci blocca e magari ci fa inorridire? O forse ciò che fa orrore è la parola "commercializzare"? In questo caso la situazione sarebbe questa: per sopprimere un embrione o un feto non si porrebbe alcun problema etico – secondo la mentalità dominante - ma per venderlo e comprarlo sì. Che filosofia morale è questa? E’ lecito chiedere che venga esplicitata, spiegata?

Forse è una morale il cui imperativo categorico è la demonizzazione del commercio, un’etica in cui il Male metafisico è l’attività economica? Mi viene in mente l’editoriale del Foglio dell’11 dicembre: il progressista condanna il darwinismo sociale, ma non quello naturale che "seleziona il robusto a scapito del fragile", il progressista odia il far west e invoca le regole, ma solo se si parla di Tv, non di fabbriche di bambini; il progressista demonizza la tecnica se vogliono manipolare i pomodori, ma si sottomette alla sua onnipotenza se "fabbrica" esseri umani.

Che filosofia è questa? Lo chiedo con sincero interesse. Mi parrebbe onestà intellettuale dichiarare la propria visione della vita e dell’etica da parte di chi legifera su vita e morte, procreazione e aborto. Perché no? Quale timore si ha? Traendo tutte le conseguenze, a quali autori si finirebbe in braccio?

René Girard scrive da tempo che il vero "profeta" del nostro tempo è Nietzsche, l’unico che abbia avuto il coraggio di esplicitare la sua contrapposizione neopagana al cristianesimo: "L’individuo fu tenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare, ma la specie sussiste solo grazie a sacrifici umani" (Frammenti postumi 1888-1889, pp. 257-258).

Ma questa strana cultura dominante vorrebbe usare l’eredità cristiana (la sensibilità per le vittime, i diritti dell’uomo) non dichiarando però che il suo orizzonte si contrappone radicalmente al cristianesimo. Del Noce riteneva che l’esito finale dell’illuminismo fosse De Sade, la "Filosofia nel boudoir".

Io non lo so, ma vorrei capire. Si può negare che esista una natura umana, con i suoi diritti inalienabili. Ma poi sarebbe bene non contraddirsi come ha fatto Capezzone a Excalibur, negando che esistano dei "diritti dell’uomo" in relazione al concepito, ma poi proclamando il dovere dell’Occidente di far osservare quegli stessi diritti nei regimi tirannici, esportando la democrazia.

Rivendico il diritto/dovere di porre queste domande e mi chiedo se non aveva ragione Augusto Del Noce: "è emerso nelle nostre società un fenomeno nuovo: il divieto di fare domande, come consapevole, deliberata e sapientemente elaborata ostruzione della ragione".

Porre queste domande in televisione fa scattare il meccanismo della censura (ma non del disinteresse perché poi su Rai 2 i programmi di intrattenimento non fanno uno share superiore a Excalibur). Parlare di queste cose in tv è da pazzi? E perché? Dobbiamo vedere solo comici che sputazzano sciocchezze sul solito politico?

Noi – nelle sole quattro puntate che siamo riusciti a fare dal 13 novembre ("sospesi" da due partite) – abbiamo proposto l’intervista (esclusiva) al cardinal Ratzinger su Islam, cristianesimo e scontri di civiltà, abbiamo portato Giampaolo Pansa a parlare del suo libro nel "triangolo rosso", abbiamo documentato la catastrofe umanitaria in corso in Africa e abbiamo posto questioni pesanti come queste. Anche alla Melandri. Ci è toccato l’ira e il disprezzo dei potenti, ma ne siamo fieri. Quella a cui partecipa Excalibur è una rivoluzione culturale, non un pranzo di gala. Viva la ragione!
 

 

Genetica: «Socci insiste coi suoi "perchè" sull'embrione, e nega il moralismo senza morale», di Antonio Socci, Il Foglio, 17 Dicembre 2003

 

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