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La formula magica è:

«Turismo residenziale»

 

di Vincenzo Pitaro

 

Tropea a Vibo, Le Castella a Crotone, Scalea a Cosenza, Scilla a Reggio, Soverato a Catanzaro.

Se il campanilismo serve a qualcosa, evviva il campanilismo!

Con la costituzione delle nuove province, ora, Soverato alza la testa: si considera la località balneare più «in» del Catanzarese e punta persino a conquistare il titolo di «capitale calabrese delle vacanze estive».

Il mare, da queste parti, è limpidissimo. E lo ripeteremo all’in­finito: voglia o non voglia quel detrattore di turno che ogni anno, puntuale, sbuca fuori all’ultima ora.

Tuttavia, c’è da chiedersi: sole e mare sono sufficienti per un turismo à la page? Una città con simili velleità di primato può legittimare le sue ambizioni con quella «manciata di strutture» ricettive che si ritrova e con i prezzi per l’affitto di un appartamento che, in luglio e agosto, ad esempio, salgono (verti­ginosamente e indisturbati) alle stelle?

No, di sicuro! Il rammarico di molti soveratesi sta proprio qui: Soverato avrebbe potuto costruire davvero le sue fortune turisti­che, ma finora non ha saputo o potuto farlo.

«Se vogliamo che la nostra città decolli veramente», dice qualche tour-operator, «dobbiamo essere in grado di vendere bene il nostro sole ed il nostro mare, la nostra spiaggia. Il turismo, però, come avviene in altri centri del nord Italia, deve produrre occupazione dodici mesi l’anno. Abbiamo bisogno cioè di turismo residenziale che si sviluppi attraverso la creazione di grosse strutture. Allo stato attuale, il turista può stare una settimana ma dopo, certamente, si annoia e riparte».

E’ vero. Ma qualcuno, a tutt’oggi, è riuscito a spiegare esau­rientemente il perché di questa sorta di «sindrome di fuga» che sembra colpire chi si affacci sul mitico e limpido mare Jonio soveratese?

A parte il carattere fortemente pendolare della popolazione bal­neare di questa zona, non accade troppo di frequente che qualche straniero (nonostante l’apprezzabile cortesia dei calabresi) decida di restare a Soverato un giorno in più dalla fatidica settimana. Ed è un gran peccato, perché in fin dei conti - come dicevamo all’inizio - il mare qui non è dei peggiori in quanto a pulizia, e, per di più, in qualche tratto, conserva pure il sapore «sauvage» dello scoglio. Soverato, inoltre, è in una posizione strategicamente felice rispetto ai luoghi più classici del patrimonio turistico calabrese. Il capoluogo di regione, le suggestive Serre, ecc., sono raggiungibili nel giro di pochi minuti di automobile. Eppure, trattenere i turisti oltre il massimo di sette-dieci giorni è un’autentica impresa.

Forse, uno dei motivi basilari è da ricercare nell’impossibilità di offrire una vacanza all’insegna del non solo mare, non potendo contare, ad esempio, su un grande spettacolo teatrale, un cinema con titoli recenti o su altre importanti occasioni di cultura e di spettacolo.

A risentire di una siffatta situazione, sono naturalmente l’eco­nomia e il commercio locali. Quando, poi, viene a mancare la più elementare informazione sulle risorse turistiche della zona, la misura si colma.

E’ quanto rileviamo incontrando, nei pressi di piazza Nettuno, due simpatiche danesine, la 26enne Vivi Olsen e la 29enne Lene Larsen. Entrambe vengono da Holbaek e si occupano di ricerca storica, a livello universitario. Dopo aver percorso in lungo e in largo l’Italia, sono approdate a Reggio per visitare i bronzi di Riace, hanno fatto tappa a Stilo per la Cattolica e poi si sono fermate a Soverato soltanto perché in attesa di amici prove­nienti dalla Grecia. Mentre Vivi si limita ad annuire, Lene (classica bellezza nordica, longilinea, con splendidi occhi acquamarina) in uno stretto inglese non riesce a mascherare una certa ansia di ripartire al più presto. Il bello (si fa per dire) è che alla nostra domanda sul perché non vadano a visitare il parco archeologico di Roccelletta di Borgia, l’adiacente basilica normanna o la tomba di Cassiodoro a Copanello, le due sgranano gli occhi ammettendo candidamente di non conoscerne nemmeno l’esistenza. Un’ammissione talmente disarmante da far trasalire anche la signora Licia Malerba, che gentilmente ci fa da inter­prete. Ella stessa, «calabrese di adozione» con la vocazione di globe-trotter condivisa col marito Sandro ed i figli Michele e Chiara, non avrebbe mai immaginato di dover estemporaneamente improvvisare, assieme a noi, il ruolo di informatore turistico delle attrattive calabresi, in sostituzione di Pro Loco ed analo­ghi uffici preposti allo scopo.

Parentesi chiusa. Più tardi, percorrendo il lungomare (che, manco a farlo apposta, si chiama «Europa»), è facile pure incontrare qualche camper in sosta di chi ha trovato per caso questo posto e si è subito innamorato. E così la sosta è divenuta una fermata più lunga. «Siamo di passaggio, torniamo da Agrigento. Abbiamo chiesto dove potevamo trovare una grande piazza», ammette sorri­dente la cinquantenne coppia francese. «Cercavamo un posto dove fermarci per la notte e ci hanno consigliato il lungomare. Al mattino, il primo sole ci ha portato le immagini di un mare splendido e non abbiamo resistito alla tentazione di bagnarci. Poi, un desiderio tira l’altro e ci siamo fermati una settimana. Sono fantastici questi luoghi!».

Davanti al Miramare (locale, che oggi si limita solo a fare un po’ di piano-bar ma che molti, addirittura, ricordano, sul finire degli anni 70, come una specie di «Bandiera gialla» nostrano) incontriamo invece Claudia, studentessa di Torino in vacanza da qualche  giorno sul litorale ionico. «È tanto tempo che veniamo qui», dice. «E poco per volta, ci siamo inseriti nel... territo­rio. Prima ci sentivamo un po’ esclusi, ora non più.  Purtroppo a Soverato non c’è altro. C’è qualche festicciuola, ma interessa solo i cittadini dei paesi limitrofi. Perché non vengono organiz­zate, che ne so?, manifestazioni in costume o tornei medievali, in questa terra che ha tutta la coreografia naturale per tale genere di spettacoli?».

Un signore veneto, che incontriamo nello stesso posto, ci pone un’altra domanda: «È vero che, anni addietro, qualcuno aveva pensato di costruire, nei pressi del lungomare, uno stabilimento termale?».

Sì, lo ricordiamo! Quel «qualcuno», aggiungiamo noi, coltivava un sogno: avrebbe voluto fare di Soverato un centro che, nelle stagioni intermedie, potesse offrire cura (di fanghi) e soggior­no. Le difficoltà incontrate, però, furono tante e l’iniziativa morì quasi sul nascere. Subito dopo, lo stesso turista veneto, dall’aspetto beninformato, ci suggerisce finanche l’idea di un gemellaggio con qualche città del Nord, allo scopo di richiamare un maggiore flusso turistico». L’idea, ancorché buona, non è poi tanto originale ma preferiamo riportarla ugualmente. Non si sa mai: un’eventuale iniziativa di questo tipo, se ben realizzata, potrebbe anche coinvolgere qualche antica repubblica marinara e far approdare a Soverato importanti imbarcazioni d’epoca. Il discorso, però, richiama subito alla memoria un altro problema: quello del porticciolo turistico.

Di un progetto che prevedeva la realizzazione di tale struttura, a Soverato, si era iniziato a parlare, in termini concreti, una quindicina di anni addietro. Oggi, avrebbe senza dubbio rappre­sentato anche un fatto occupazionale. Ma, a distanza  di ben tre lustri, ironia della sorte, il cassetto che custodisce il sogno di questo centro marinaro è ancora chiuso. La chiave burocratica è nelle mani della Regione. E, dopo anni di vane attese, più di qualcuno ancora attende il... miracolo. Visto come stanno le cose, quindi, c’è ancora tempo per i sogni? I miracoli, oggi, li fa l’uomo se riesce a programmare il futuro, che a Soverato si chiama Turismo, con la «T» maiuscola. Ormai la città, priva di altre industrie, è «condannata» a questa scelta, che, se realiz­zata concretamente, potrebbe produrre occupazione, con una garan­zia in più: quella della stabilità.

Sul turismo e su ciò che servirà a dare propulsione ad esso, insomma, l’amministrazione comunale dovrebbe puntare tutte le sue carte.

«Fino ad oggi», dicono i soveratesi, «si è solo pensato a conce­dere licenze a negozi e negozietti che, in ogni dove, crescono sempre più come funghi. Bene! Ma perché non si è mai preso a cuore, ad esempio, anche il problema rappresentato dalla mancata apertura di una seconda farmacia? Non è una vergogna, oggi, dover dire ai turisti che una città come Soverato ne possiede una soltanto?».

Un’altra idea che nessuno pare abbia ancora preso in considera­zione, è quella della creazione di un museo. Si potrebbe, perché no?, creare anche un centro congressi; si potrebbero organizzare sfilate di moda o manifestazioni  musicali e culturali di un certo livello che, con un’adeguata campagna pubblicitaria, porte­rebbero a Soverato un gran numero di persone da ogni parte d’Ita­lia.

«Sono idee e proposte interessanti», dice il prof. Volpi, di Milano, studioso di letteratura, in vacanza per la prima volta a Soverato, che incontriamo sulla rotonda del Miramare. «Ma temo che per realizzare qualcosa del genere occorrano chissà quanti anni. Per fortuna che avete una rendita continua di mare e sole, altrimenti rimarreste in attesa di miracoli, che non arrivano mai».

Poco distante, un gruppo di giovani si diverte sulla spiaggia. Sole e mare, per loro, sono sufficienti. Speriamo che siano in tanti ad accontentarsi così, in attesa (ma occorreranno davvero molti anni?) che i progetti diventino realtà e anche Soverato ritrovi la vocazione industriale nel turismo, per il quale an­drebbero fatti subito i necessari investimenti.

Il successo in campo turistico, d’altronde, non richiede ricette poi tanto sofisticate. Basta aver voglia davvero di... rimboccar­si le maniche!

 

(Vincenzo Pitaro su Calabria, mensile di notizie e commenti del Consiglio regionale, n° 117 )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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