Nelle forre profonde della valletta di Poscante, dicono che vivesse una maga. Queste forre profonde sono quelle che si vedono ancor oggi tra il Passo del Monte di Nese e Perello; ancor si vedono rocce e precipizi, in fondo ai quali c'era una grotta ampia, dove viveva questa maga. Era una maga che di notte si aggirava per le contrade e intorno ai casolari sparsi sui pendii. Era cattiva e quando vedeva dei bambini piccoli se li portava via e più nessuno li vedeva. Un uomo che tornava una sera sul tardi dalla sua stalla verso casa, incontrò la maga che portava sulle spalle un sacco. Dentro il sacco c'era un bambino che piangeva. L'uomo si nascose ai margini della strada e lasciò passare la maga, si mise a seguirla di nascosto fino alla grotta dove viveva. La grotta era piena di bambini piccoli che piangevano e invocavano la mamma. Egli cercò di entrare per vedere meglio, ma si accorse che nella grotta c'era un mago. Era vicino al sacco dove c'era il bambino appena rapito. Il sacco era ancora legato. Il mago disse alla maga: "sento odore di piccolo cristiano", e la maga rispose: " è bello e grassottello e domani lo faremo cuocere come un maialino". Il mago si fregò le mani e continuò: "e dopo ci leccheremo i baffi". Il mago sciolse il sacco, tirò fuori il bambino e lo mise in una gabbia da solo; vicino c'era un'altra gabbia con altri bambini che i maghi tenevano per farli ingrassare perché erano troppo magri per essere mangiati. E per non farli scappare il mago aveva messo loro addosso una coperta e aveva legato alla frangia tanti piccoli campanelli; così se loro si muovevano, i campanelli si mettevano a suonare, svegliando il mago dal suo sonno. L'uomo che aveva visto e sentito tutto, coraggiosamente prese la sua decisione: si tolse la giacca, tirò fuori dalla tasca il suo coltello e si mise a tagliare a piccoli pezzetti la sua giacca. Lasciò andare a dormire il mago e la maga, e si mise a otturare tutti i campanelli senza far rumore per non farli suonare.
Poi tagliò le corde che tenevano
chiuse le gabbie e i bambini scapparono ad uno ad uno. Guidati da chissà
quale istinto corsero a precipizio ciascuno alla propria casa . Arrivarono
davanti alle loro mamme e ai loro padri che erano disperati, ma quando videro
tornare i loro bambini, felici sorrisero e furono tutti contenti.
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altra versione |
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C'era una volta una maga che abitava in una grotta nelle forre della valle di Poscante. Era sempre vestita di nero, calzava un paio di vecchi stivali tutti deformi e in capo portava un cappellaccio nero a larghe falde che finiva con una punta di color argento. Se ne andava in giro durante le notti stellate tra i casolari sparsi lungo i pendii della valle, tenendo sulla spalla destra un grande sacco, lo strumento del suo lavoro. Sì, proprio così: la maga vagava di notte alla ricerca di bambini piccoli, che metteva nel sacco per portarseli via. Questa fu infatti la scoperta che fece un contadino del posto, una sera più stellata del solito: egli vide la maga aggirarsi attorno alle case con il sacco sulle spalle e dentro il sacco c'era un bambino che scalpitava con veemenza e piangeva a dirotto, invocando l'aiuto della mamma e del papà. Appostatosi dietro ad un muretto, il nostro uomo vide la maga inoltrarsi nel bosco e pensò bene di seguirla fino al suo nascondiglio, la grotta buia e tetra situata in fondo alle forre della valle. Al riparo di un cespuglio, il contadino poté a fatica osservare l'interno della grotta, rischiarata da una fioca lanterna, e notò che la maga non era sola, ma con lei c'era un grosso e brutto mago e, nell'angolo più oscuro, una gabbia destinata di certo ad accogliere i piccoli bambini rapiti. Appena la maga fu entrata nella grotta, il suo compagno l'accolse con un risolino di gioia e un commento agghiacciante: Sete udùr de carne de cristianì, o che ghe n'è, o che ghe n'è sta, o che ghe nsarà!". E di rimando la maga: Sé che ghe n'è, e ndomà ma la farà rósté 'n del padelì! ". Il contadino, spaventato da questa terribile prospettiva, si agitò un po' dietro la siepe e ciò tradì la sua presenza. Così il mago e la maga, con quattro poderosi salti, lo acchiapparono, lo legarono di tutto punto e lo scaraventarono in fondo alla grotta. Nei giorni seguenti la maga continuò a fare le sue tristi spedizioni, tornando sempre con il sacco pieno. E così, giorno dopo giorno, notte dopo notte, la grotta divenne sempre più abitata, sempre più piena di bambinelli strappati ai loro genitori, che non smettevano di piangere e invocare il ritorno alle loro case. 1 bambini venivano tenuti nelle gabbie, come polli da ingrassare, e sulle spalle avevano una strana copertina alle cui frange erano attaccati dei campanellini, che avevano l'evidente scopo di avvisare i carcerieri di eventuali tentativi di fuga delle piccole vittime predestinate. Un bel giorno, quando ormai sembrava vicino il momento in cui il primo bimbetto sarebbe stato divorato, il contadino con grossi sforzi, riuscì a liberarsi dai lacci che lo tenevano stretto e, mentre i due maghi dormivano, mise in atto un rischioso tentativo di far scappare i piccoli prigionieri. Si tolse la camicia e la ridusse in sottili striscioline, che infilò nei campanellini perché non dessero più alcun suono, poi con infinita pazienza, per non far rumore, tagliò le sbarre della gabbia, consentendo ai bambini di mettersi in salvo. Aiutati dal contadino raggiunsero la valle e poi il paese, così poterono abbracciare, felici, i loro genitori. Poi venne organizzata una caccia al mago e alla maga, ma quando gli uomini del paese, armati di fucili, raggiunsero la grotta in fondo alla valle, la trovarono del tutto disabitata: i due furfanti se n'erano scappati da un'altra parte, alla ricerca di un altro paese da trasformare in terreno di caccia per il loro insano appetito... |