Quattro registi per conoscere da vicino cosa sta accadendo in Italia nel mondo cinematografico

 

ALCUNE PROPOSTE DEL CINEMA ITALIANO

 

CATERINA VA IN CITTA'

di Diego Latini

 

Uscito nelle sale ad ottobre, “Caterina va in città” è un film che narra le vicende dei giovani, in particolare la vita indipendente e ribelle degli adolescenti.

Caterina Iacovoni, nativa di Montalto di Castro e protagonista della storia, si trasferisce a Roma, poiché i suoi genitori ereditano una casa da alcuni parenti. L’approccio con la capitale è difficile; una così grande metropoli le spalanca le porte, non certo delle migliori.

La sua vita così tranquilla inizia a diventare confusa e movimentata, persino malinconica e ribelle. Amica di due compagne di scuola in conflitto tra loro, Caterina è divisa in due e costretta a sentire insulti reciprochi, stando dalla parte dell’astenuta. Le differenze politiche si fanno nette e drastiche: in classe si sente parlare spesso di sinistra, di destra, di anarchia, di teste rapate, completamente estranee ad un’adolescente riservata e dal carattere un po’ chiuso.

Nel film il regista ha fatto vivere a Caterina quello che con estrema rarità non può capitarci di sentire, o che addirittura ci coinvolga in prima persona, nel quotidiano.

Feste, giochi, amici, shopping, hobby e sport (le maggiori attrattive per un adolescente) sono sfrontatamente sostituiti dalla politica, dal comunismo, dal fascismo, dall’anarchia.

In quella Roma che le sembra così “malfamata”, la vita di Caterina prende una svolta decisiva: inizia a comprendere l’importanza che quella il cui sinonimo è diplomazia, furberia, accortezza diventa una delle cose più importanti. Con essa si può salire come si può peraltro cadere, si può guadagnare o si può perdere, essere graziati o condannati; un’arte (se così si può definire) che diventa oggetto di privilegio o di umiliazione.

Il padre della sua amica Daniela (deputato di AN) è soggetto ad ogni grazia e favore; lo stesso padre di Caterina fugge da casa per essere stato fischiato e mortificato al Maurizio Costanzo Show (oltre che ad altri motivi familiari).

Insomma, la politica è protagonista dell’ eccezionale film di Virzi come lo è ormai nella vita.

 

 

IO NO

di Carlotta Ballarin

 

Questo film racconta la storia di due fratelli che stanno sempre insieme: il padre aveva un hotel che funzionava molto bene; i due ragazzi sono completamente diversi e questa differenza è evidente anche dopo la morte del padre: il più grande, Flavio, si mette a dirigere l’albergo. E’ sempre intellettuale e responsabile, sposato, con due bambine, abita in una villa e ha due cani. L’altro fratello, Francesco, il più giovane, è un ragazzo che giorno per giorno si programma il futuro. Flavio e la moglie, ogni sera, gli presentano una ragazza, ma nessuna di queste gli va bene. Una sera, finalmente conosce il grande amore della sua vita, la maestra di danza delle sue nipotine, che si scoprirà in seguito amante del fratello. Per loro comincia una nuova e bellissima vita: vanno a vivere in Africa dove crescono attraverso molte esperienze, ma soprattutto la nascita della figlia, che viene chiamata come la moglie di Flavio per chiudere definitivamente il vecchio capitolo della relazione tra lui e Claudia. L’unico a non perdonare Francesco è Flavio che lo accusa di aver sposato la donna amata da lui e lo abbandona per sempre. Purtroppo Claudia muore per un tumore al cervello: chi gli è vicino è proprio la cognata che si occupa della nipotina perché Francesco non riesce a pensare che al suo dolore. A un certo punto si rende conto che l’unico modo per riprendersi è tornare nei luoghi dove è stato tanto felice; trascorre dei mesi da sbandato e da disperato finché non incontra un vecchio africano con cui attraversa il deserto e che gli fa capire che lui deve vivere per sua figlia. Francesco decide così di tornare a casa, ma il piccolo aereo su cui vola precipita e lui perde la vita. A sua figlia resterà solo una bellissima lettera nella quale il padre le racconta il grande amore che provavano per lei lui e sua  madre. La bambina crescerà con gli zii, ma sviluppando l’amore per la musica e per i suoi genitori.

E’ un film molto bello e molto triste, è difficile non commuoversi, ma ti fa capire che tutti anche dopo traumi enormi possono farcela, ma ci vuole sicuramente anche l’aiuto di una persona cara.

 

 

 

 

BUONGIORNO NOTTE e LA MEGLIO GIOVENTU'

di Davide Toffoli

 

Buongiorno Notte di Bellocchio e La meglio gioventù di Giordana sono senza dubbio due casi cinematografici del 2003: si è parlato molto di entrambi, con giudizi non sempre concordanti e, se il film di Giordana è stato unanimemente apprezzato (nonostante fosse diviso in due episodi si è rivelato un successo anche al cinema, non solamente in televisione per la quale tra l’altro era appunto concepito), quello di Bellocchio non ha riscosso certo lo stesso successo. Già a Venezia, dove si è giustamente scelto di premiare come miglior film “Il ritorno”, si è purtroppo e a sproposito sentito parlare di atteggiamento ostile della critica a causa del delicato tema trattato (il rapimento di Aldo Moro). Ma ad essere onesti ciò che limita il film non è un atteggiamento ostile (cosa si sarebbe dovuto dire del coraggiosissimo “Piazza delle Cinque Lune” tanto apprezzato dai pochi che sono riusciti a trovarlo nelle sale e fatto sparire subito, proprio perché lascia davvero poco all’immaginazione) bensì il fatto di voler fare poesia su un argomento che di poetico non ha nulla: la pagina del sequestro Moro, mistero mai del tutto chiarito della storia italiana, ha prima di tutto bisogno di essere “raccontato”, “spiegato” alle nuove generazioni, mentre il film di Bellocchio evoca, sottintende, da per scontato… Adotta insomma un linguaggio “per iniziati” che taglia fuori una gran fetta di spettatori, tutte quelle persone alle quali non è mai stato permesso di approfondire sull’argomento (una per tutte, la scena della seduta spiritica, incomprensibile per chi non sappia o ricordi che le forze di polizia ricorsero ad una Medium per tentare di scoprire dove fosse il covo del leader DC). Bellocchio fa poesia (stupendo il parallelo tra la corrispondenza tra Moro e i familiari e il libro “Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea” sul comodino di una brigatista). Ma la Storia si racconta… come riesce a fare bene e da più punti di vista  “La meglio gioventù”.

 

 

 

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