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...METTIAMOCI “NA TOPPA”

 

 

 

Ohi, ma questo scoglio ieri non c’era!!! Chi ce lo ha messo?? Di sicuro, il C.R. per vedere se stavo attento…

 

Capita, capita, caro esploratore, di incagliarsi.. e magari di aprire un bel buco nello scafo!!

 

E allora, dopo i riti propiziatori per non andare a trovare le carpe sul fondo, si tira finalmente la barca a secco, si ringrazia il Capo Riparto ( per la simpatica sorpresa) e ci si rimbocca le maniche!! Sì, perché lo scout è laborioso ed economo, ma soprattutto è sempre pronto, e si è portato al campo il materiale per riparare la sua imbarcazione!

 

No? Non avete neanche idea di come chiudere quel buco, figuriamoci poi se nella cassa di Sq.  ci stavano  resina,  lana di vetro,  rulli e tutto il resto!!

 

Bèh, allora, caro esploratore, vatti a mettere gli scarponi, perché sei rimasto a piedi! E dato che ci sei leggi Tracce, perché oggi vediamo come si lavora la vetroresina…

 

Innanzitutto scopriamo come si fa uno scafo in VTR: nel cantiere navale il resinatore prepara lo stampo della nostra barchetta lucidandolo bene bene con la cera. Poi stende uno strato di alcool  distaccante e quando è asciutto ci vernicia sopra; in genere utilizzando un tipo di vernice chiamato gel-coat. Adesso viene il bello: quando il gel-coat ha “tirato” si comincia l’operazione detta laminazione, ovvero vengono stesi degli strati di lana di vetro bagnandoli con la resina uno sopra l’altro, secondo uno schema preciso deciso in fase di progettazione.

 

 

 

 

La lana di vetro è una fibra che viene tessuta principalmente in due modi, creando due prodotti dalle caratteristiche meccaniche diverse: nel MATT le fibre sono disposte in ordine casuale e pressate, nel TESSUTO le fibre vengono ordinate e tessute con un regolare intreccio trama-ordito. ne risulta che il MATT è più economico ma molto meno resistente, il TESSUTO presenta buone caratteristiche meccaniche (non a tutte le sollecitazioni) ma è  più costoso. Entrambi vengono confezionati in vari spessori, ovvero in diverse grammature per metro quadro ed in genere usati accoppiati. In ogni caso la lana di vetro viene imbevuta di un collante, la resina, che una volta indurita “crea” un materiale (VETRO-RESINA appunto) che unisce le caratteristiche di entrambi, un po’ come si fa con il cemento e il ferro nel cemento armato. Di resine ne esistono tantissimi tipi, creati per soddisfare le più diverse esigenze della cantieristica, ma a noi ne interessa praticamente uno solo, che è la comune resina poliestere. Tornando al nostro stampo, una volta che si è indurito il tutto si estrae la stampata dallo stampo. Questa operazione è possibile grazie all’alcool distaccante. La stampata risulta già perfettamente verniciata (vi ricordate il gel-coat messo per primo?), va rifinita, unita ad altre parti provenienti da altri stampi, ed infine lucidata, ed il più è fatto!!

 

Sì ma adesso Gianni ha “trovato” uno scoglio e nella nostra bellissima barca c’è una falla!

E allora?? Allora  si rimboccano le maniche, si apre la cassetta e…ah! Già, la cassetta! Cosa ci deve essere?

 

 

 

 

Vediamo un po’:

1. guanti in lattice

2. carta vetrata di varia grana: dalla 80 alla 240, è utile un tassello di legno

3. acetone

4. resina poliestere con il suo catalizzatore

5. fibra di vetro vari pezzi sia di matt che di tessuto

6. due pennelli medi

7. rullo di metallo

8. 2 contenitori graduati almeno da 1 litro

9. cilindro graduato o siringa

10. gel-coat con il suo catalizzatore. (o vernice adatta)

11. alcuni stracci

12. nastro di carta gommata

13. pennarello indelebile

14. stucco da carrozziere o da VTR, e spatole per modellarlo

15. forbicioni e taglierino

 

Da dove si comincia?  …sembra scontato, ma prima di tutto bisogna trovare il buco!! O meglio, bisogna valutare l’entità del danno e che tipo di intervento fare, ma soprattutto se siamo in grado di fare un buon lavoro o è meglio affidarci a qualcuno più capace.

 

Quindi, armati di pennarello, si setaccia lo scafo alla ricerca di crepe, fessure, buchi ecc, delimitando in un rettangolo la zona su cui lavorare. Se il natante è stato in acqua salata è meglio lavare per bene tutto per togliere il sale che da fastidio alla resina e alle vernici che useremo poi. Poniamo il caso di dover chiudere la crepa che ci ha procurato lo scoglio di Gianni che abbiamo trovato e delimitato: è in una zona dello scafo in cui non abbiamo problemi a fare una “toppa” e decidiamo proprio di farla. Per prima cosa occorre raschiare via con la carta vetrata grossa tutta la vernice nell’area delimitata fino ad arrivare alla resina e mettendo allo scoperto le fibre di vetro, poi mettiamo attorno la carta gommata, per evitare di sgocciolare il resto dello scafo.

 

A questo punto infiliamo i guanti e tagliamo un pezzo di lana di vetro della giusta dimensione che sarà la nostra pezza. Tenete presente che il tessuto si adatta meglio alle curve rispetto al  matt, ma è più incline a formare bolle. comunque dobbiamo scegliere lo spessore della lana in base alla gravità del danno, della zona dello scafo ( ci sono punti che sopportano carichi elevatissimi e altri che praticamente non lavorano). Si possono fare anche due o più strati, ma è anche importante che la toppa non diventi un bassorilievo!!

 

Adesso bisogna preparare la resina: se ne versa in un recipiente graduato la quantità necessaria, e con la siringa o il cilindro graduato si dosa il catalizzatore, in genere il rapporto è del 2-3% (esso varia in base al tipo di resina, ma anche alla temperatura: più è caldo meno catalizzatore serve); si mescolano molto bene i due componenti e con il pennello si “spalma” dove abbiamo raschiato prima. Si adagia poi la nostra pezza di lana di vetro e  sempre con il pennello si inzuppa tutto per bene di resina facendo attenzione a non lasciare bolle d’aria. Per rimuovere le più ostinate ci si aiuta con l’apposito rullo di metallo.

 

Bisogna essere abbastanza veloci, precisi ed avere tutto a portata di mano, perché dopo 10 minuti circa, appena la resina comincia a tirare, gelifica e non si riesce più a lavorarla.

 

Finito di resinare si lava immediatamente tutto con l’acetone e si aspetta qualche ora che la resina catalizzi del tutto. È importante seguire sempre le istruzioni d’uso dei prodotti riportate sulle confezioni e i consigli del negoziante, perché le caratteristiche di resine e gel-coat variano da marca a marca e si può rischiare di dover ricominciare daccapo per un piccolo errore di dosaggio.

 

Una volta indurita, si toglie il nastro e si carteggia di nuovo con la carta fine, eventualmente  si stucca e ricarteggia per far sì di lasciare una superficie quanto più possibile liscia ed in linea con lo scafo, facendo attenzione a non portare via tutto il materiale che abbiamo messo prima!

 

A questo punto possiamo verniciare sia a gel-coat (che è da preferire anche se più difficile da usare) che con altri tipi di vernici specifiche  per la nautica.

 

Un ultimo avvertimento: fate attenzione a non sporcarvi con questi materiali, e se capita, pulitevi subito con l'acetone. I vestiti che userete è meglio che siano a maniche lunghe per proteggervi meglio (una sgocciolatura sulle coscie, con i peli, è veramente ostica da togliere). Soprattutto la prima volta vi sporcherete molto, scarpe comprese, e la resina non va via in lavatrice... poi non dite che non eravate stati avvertiti!

 

E finalmente, via! Si va! Verso nuovi orizzonti….

 

BUONA ROTTA

 

Manuel

Fano I

 

 

 

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