La storia è racconto attraverso i libri

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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Canzoni Popolari raccolte da
 Savino Rabotti

«Alzati, che si sta alzando la canzone popolare: se c’è qualcosa da dire ancora, ce lo dirà».
Non è il caso di buttarla in politica, ci mancherebbe: in questa sede non fa testo il fatto che il brano inciso da Ivano Fossati (intitolato appunto La canzone popolare) sia stato scelto, nell’ormai lontano 1996, come inno elettorale dell’Ulivo. Detta come va detto, la canzone, proprio se è popolare, non è di destra e non è di sinistra. Appartiene a tutti.
E forse questo è il senso dell’intelligente lavoro di Savino Rabotti, una ricerca attenta di quanto ci unisce, sommando il presente al passato. Il senso di appartenenza, per una comunità, spesso affonda le sue radici in sentimenti genuini, quasi infantili, ma non necessariamente insignificanti. Da Vecchio scarpone a O macchinista, passando per Va pensiero e accarezzando addirittura Fratelli d’Italia, sono le canzoni a creare la colonna sonora del nostro esistere. Poi, si capisce, un’affermazione del genere si offre nuda alla spada del cinismo: figuriamoci se non siamo sul terreno dei luoghi comuni, della retorica a buon mercato, eccetera eccetera. Ma, ecco il punto, si può sopravvivere senza luoghi comuni? Non è forse vero che, dai nostri bisnonni ai bisnipoti di dopodomani, sempre ci siamo ritrovati (e sempre si ritroveranno i nostri eredi) in un coro, in una intonazione allegra accompagnata da una schitarrata? E perché dovremmo vergognarcene?
In un’epoca dominata dall’iPod, in un’era sequestrata dai computer e dalla musica digitale, il coraggio di Savino Rabotti è maestosamente estremo. Ha colmato il vuoto delle nostre pigrizie, riempiendo di testi, i testi originali, quei brani. Non sapendo mai se l’estro dell’autore (che in buona sostanza ha realizzato ciò che nei giorni post moderni si chiama compilation) sia stato aiutato dalla geniale mostruosità di un motore di ricerca (ci sono segreti che meritano di essere custoditi), in ogni caso Savino è la versione naif di Google, è la nostra risposta a Yahoo!, è la versione in carne e ossa di YouTube.
Insomma, chi aveva smarrito un verso della Montanara, o chi aveva sperduto le liriche de La Valsugana, recupererà nelle pagine che seguono un tesoro, un patrimonio di memoria che poi è la nostra tradizione, la nostra quotidiana fatica di vivere. La canzone popolare, sempre evitando di buttarla in politica, era priva di una sua Bibbia, di una summa definitiva e non contestabile. Adesso, grazie a Savino, finalmente ce l’ha.
 Dalla prefazione di Leo Turrini

Incontri editrice - Via Indipendenza 30 - Sassuolo mail incontrieditrice@email.it

In questa presentazione troverete per ovvi motivi 6 canzoni popolari del soldato e una di ispirazione partigiana. 

Savino Rabotti nasce a Castellaro di Vetto d'Enza il 13 marzo 1935. Lavora nella scuola, nell'industria e nell'informatica. Si interessa di storia locale, dialetto, poesia raccogliendo con altri scrittori le tradizioni, le parlate (satire, preghiere, filastrocche, proverbi etc) e sta preparando il Vocabolario dialettale del medio Appennino Reggiano. E' iscritto alla Associazione Scrittori Reggiani e al Circolo Artistico Val d'Enza. Ha pubblicato anche una raccolta di versi "Virgulti" e organizza il concorso di poesia dialettale " Casa Torre di Castellaro" col fratello Brenno. Nel 2003 è uscito "Il Profumo della mia terra" primo classificato nella sezione libro edito saggi al concorso Ignazio Silone 2005
  E LA BANDIERA DEI TRE COLORI  
ADDIO, MIA BELLA, ADDIO

Addio, mia bella, addio,
che l’armata se ne va,
e se non partissi anch’io
sarebbe una viltà.
Non pianger, mio tesoro,
forse ritornerò;
ma se in battaglia io moro
in ciel ti rivedrò.

La spada, le pistole,
lo schioppo li ho con me:
allo spuntar del sole
io partirò da te.
Il sacco è preparato:
sull’òmero mi sta;
son uomo e son soldato:
viva la libertà.

Io non ti lascio sola:
ti resta un figlio ancor;
nel figlio ti consola,
nel figlio dell’amor.
Squilla la tromba, addio,
l’armata se ne va;
un bacio al figlio mio;
viva la libertà.

E la bandiera dei tre colori
è sempre stata la più bella:
noi vogliamo sempre quella,
noi vogliamo la libertà.
E la bandiera- gialla e nera
qui ha finito di regnar,
e la bandiera- gialla e nera
qui ha finito di regnar.
Tutti uniti in un sol patto
stretti intorno alla bandiera,
griderem da mane a sera
Viva, Viva il tricolor.
Di questo inno risorgimentale non conosciamo né l’autore del testo né quello della musica. Per uno di qui fenomeni strani che segnano il destino delle cose questo è stato un canto che ha accompagnato tutti gli eventi del Risorgimento fino alla seconda guerra mondiale e oltre.

<<<< Si tratta di una delle più note canzoni risorgimentali italiano. Fu composta dal fiorentino Carlo Bosi nel 1848, assunta come inno nella battaglia di Curtatone poi ripresa nel 1859. È nota anche col titolo L’addio del volontario. Il testo originale presenta cinque strofe in più, inserite fra la quarta e la quinta: Non è fraterna guerra / la guerra che farò; / dall’italiana terra / l’estraneo caccerò. //L’antica tirannia / grava l’Italia ancor; / io vado in Lombardia / incontro all’oppressor. // Saran tremende l’ire, / grande il morir sarà! / Si mora! È un bel morire / morir per libertà. // Tra quanti moriranno /forse ancor io morrò; / non ti pigliare affanno: / da vile non cadrò. // Se più del tuo diletto / tu non udrai parlar, / perito di moschetto / per lui non sospirar (Mercuri-Tuzzi, I, pag. 119).

ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA

Era una notte che pioveva
e che tirava un forte vento.
Immaginatevi che grande tormento
per un alpino che sta a vegliar.
Immaginatevi che grande tormento
per un alpino che sta a vegliar.

A mezzanotte arriva il cambio
accompagnato dal capoposto.
«Ohi, sentinella, ritorna al tuo posto
sotto la tenda a riposar»!
«0hi; sentinella, ritorna al tuo posto
sotto la tenda a riposar»!

Quando fui stato sotto la tenda
sentii un rumore giù per la valle:
sentivo l’acqua giù per le spalle,
sentivo i sassi a rotolar.
Sentivo l’acqua giù per le spalle,
sentivo i sassi a rotolar.

Mentre dormivo sotto la tenda
sognavo d’esser con la mia bella:
invece ero di sentinella,
a fare la guardia allo stranier.
Invece ero di sentinella,
a fare la guardia allo stranier.

 

LE CAMPANE DI SAN GIUSTO    
SUL PONTE DI BASSANO BELLA, CIAO!

Per le spiagge, per le rive di Trieste
suona e chiama di San Giusto la campana:
l’ora suona, l’ora suona non lontana
che più schiava non sarà.
Le ragazze di San Giusto
cantan tutte con ardore:
«O Italia, o Italia del mio cuore,
tu ci vieni a liberar»!

Avrà baci, fiori e rose la marina;
la campana perderà la nota mesta:
su San Giusto sventolar vedremo a festa il vessillo tricolor.
Le ragazze di San Giusto
cantan tutte con ardore:
«O Italia, o Italia del mio cuore,
tu ci vieni a liberar»!

 

Drovetti G.-Arona C.

La canzone si riferisce alla liberazione di Trieste che nel 1948 era stata dichiarata territorio libero (Cioè non dipendente dall’Italia), mentre Dalmazia, Istria e parte della Venezia Giulia, in seguito al trattato di Parigi, erano state occupate dalla Jugoslavia di Tito.

Origine della "Canzone del Grappa": FAMIGLIA CRISTIANA, N°44 - 3 novembre 1963, a cura di di Myriam Costa

Sul ponte di Bassano,
là ci darem la mano.
Là ci darem la mano
ed un bacin d’amor (tre volte).
Per un bacin d’amore
succedon tanti guai.
Non lo credevo mai
doverti abbandonar (tre volte).
Doverti abbandonare,
volerti tanto bene.
E un mazzo di catene
che m’incatena il cuor (tre volte).
Che m’incatena il cuore,
che m’incatena i fianchi;
io lascio tutti quanti,
non mi marito più (tre volte).

Di questo canto esistono alcune versioni ufficiali e un >>> nugolo di imitazioni. La versione partigiana, la più nota in Italia, è stata composta sulle montagne liguri nell’estate 1944, ed ebbe grande diffusione, ancora non sopita, durante e dopo la seconda guerra (Mercuri-Tuzzi, 11, pag. 63). Anche per la musica i critici sono discordi. Vi è chi la considera una canzone slava o russa, chi trentina (identificata con La mia nonna l’è vecchierella) o anche bergamasca (Beltrami). Dal punto di vista letterario alcune immagini sono il rifacimento di passaggi di altre canzoni (La pesca dell’anello, Addio, Morettin ti lascio, il fiore di Teresina, La bella la va al fosso). Si ha notizia anche di una Bella ciao alla Crouzet, canto di protesta delle operaie della ditta omonima di Milano.

Una mattina mi son svegliato
O bella, ciao, bella, ciao, bella, ciao, ciao ciao!
Una mattina mi son svegliato
ed ho trovato l’invasor.
O partigiano portami via
O bella, ciao...
O partigiano portami via
che mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
O bella, ciao ...
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
E seppellire quassù in montagna
O bella, ciao...
E seppellire quassà in montagna
sotto l’ombra d’un bel fior.
E tutti quelli che passeranno
O bella, ciao....
E tutti quelli che passeranno
grideranno: «O che bel fior»!
E questo il fiore del partigiano,
O bella, ciao...
È questo il fiore del partigiano,
caduto per la libertà.

 

 Nel 1918, fra i soldati in armi fiorì una gentile leggenda. Si diceva che la popolazione della Val Cismon, occupata dagli austriaci, cantasse sottovoce un bellissimo inno patriottico, in un anelito di liberazione. In realtà mani misteriose avevano scritto sui muri delle case: "Monte Grappa, tu sei la mia patria" e a questo primo verso si ispirò il generale Emilio De Bono (di cui abbiamo già raccontato la storia) per stendere gli endecasillabi dell'inno nazionale, che fu musicato dall'allora Cap. Antonio Meneghetti, nativo di Ancona, colonnello a riposo decorato con due medaglie d'argento e una croce al valore http://www.nsoft.it/bandamontegrappa/storia/c s.htm   .... "Ho saputo dal colonnello Jori che lei è un compositore" comincia subito il generale De Bono" Ha mai sentito parlare d'una canzone del Grappa, quella canzone che cantano le popolazioni della val Cismon?. "Conosco solo la frase: 'Monte Grappa, tu sei la mia patria ', a tutti nota e ripetuta da tutti i nostri soldati eccellenza" risponde il capitano Meneghetti. "E' parecchio tempo che sto cercando un compositore per affidargli una mansione di fiducia" continua il generale "e se lei che è un ufficiale, mi dà la sua parola d'onore intesa a conservare un segreto le confido subito di che cosa si tratta".
Avuta esplicita assicurazione, gli confida che data l'impossibilità di recuperare una canzone che probabilmente, esiste solo nella fantasia dei combattenti ha pensato di preparare i versi e di affidare la composizione della musica a lui. Anzi, estratto dalla tasca un foglietto di carta scritto a lapis glielo porge dicendo: "Capitano, i versi sono già pronti: glieli affido. Senta" soggiunge canterellando un'aria di cui il capitano musicista ravvisa subito la celebre fonte" che ne direbbe di questo motivo?" "Ma quella è l'aria del coro dei 'Lombardi alla prima crociata' eccellenza" osserva il capitano Meneghetti. "Ah!" esclama ridendo De Bono. "Lei ha ragione. Non ci avevo pensato. Vada, vada: la scriva lei, la musica. Il 24 agosto del 1918, sul prato davanti a villa Dolfin, sede del Comando del IX Corpo d'Armata operante sul Grappa, l'inno fu eseguito per la prima volta alla presenza di Vittorio Emanule III.

MONTE GRAPPA

Monte Grappa tu sei la mia patria,
sovra te il nostro sole risplende:
in te mira chi spera ed attende
i fratelli che a guardia vi sta.

Contro te già s’infranse il nemico
che all’Italia tendeva lo sguardo:
non si passa un cotal baluardo
affidato agli italici cuor.

Monte Grappa tu sei la mia patria,
sei la stella che guida il cammino,
sei la gloria, il valore, il destino
che all’Italia ci fa ritornar.

Le tue cime fur sempre vietate
per il piè dell’odiato straniero:
dei tuoi fianchi egli ignora il sentiero
che pugnando più volte tentò.

Monte Grappa...

Quale candida neve che al verno
ti ricopre di splendido manto,

tu sei puro ed invitto, col vanto
che il nemico non lasci passar.

Monte Grappa...

O montagna, per noi tu sei sacra,
giù da lì scenderanno le schiere
che, irrompenti a schierate bandiere,
l’invasore dovranno cacciar.

Monte Grappa...

Ed i giorni del nostro servaggio
che scontammo mordendo nel freno,
in un forte avvenire sereno
noi ben presto vedremo mutar.

Monte Grappa...

 

 

 

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