La storia è racconto attraverso i libri

I testi che accompagnano la presentazione sono in genere quelli diffusi dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati

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Carlo Benfatti
Il fenomeno del reimpiego negli anni della ricostruzione
Edizioni Bottazzi Suzzara e Museo Polironiano - San Benedetto Po
Benfatti è nato a Poggio Rusco (Mn) nel 1939. Dopo alcune esperienze nel campo industriale e commerciale, si è iscritto alla Facoltà di Magistero di Padova. Conseguita la laurea, ha cominciato a insegnare in un istituto superiore di Mantova dove vive tutt'ora. Al mestiere di insegnante ha sempre accompagnato la ricerca storiografica. Ha pertanto collaborato sia col Museo Civico Polironiano di San Benedetto Po che
coll’istituto Provinciale per l Storia del Movimento di Liberazione nel Mantovano e Storia contemporanea. Al suo attivo vi sono le seguenti pubblicazioni: Storie della Val Piemosca, Mantova, Ed. L'Aquilone, 1979 (racconti di fantasia); Dal materiale di guerra allo strumento di lavoro, Suzzara, ed. Bottazzi, 1988

 

DAL MATERIALE DI GUERRA ALLO STRUMENTO DI LAVORO

dalla introduzione di Rinaldo Salvadori:  È sempre avvenuto nei secoli che il contadino abbia ascoltato con terrore i primi rumori di guerra. Infatti il contadino sa che dalla guerra non avrà mai alcun vantaggio; con buona probabilità il suo podere verrà invaso, il suo bestiame requisito o razziato, i suoi figli forzatamente arruolati o costretti a rifugiarsi e nascondersi in luoghi impervi, le sue donne offese. Se non si dimostrerà docile a collaborare al proprio danno, per rappresaglia i suoi beni verranno incendiati e distrutti. E evidente che il contadino, il proprietario, il mezzadro, il piccolo fittavolo è sempre stato assetato di pace, perchè la guerra coincide con la sua rovina. Sa pure che quando la guerra sarà passata dovrà lavorare di più, la minaccia della carestia non sarà scongiurata e le malattie si diffonderanno improvvise e devastanti. Solo in tempi recenti il contadino è riuscito a fare un po’ di borsa nera e a raccogliere carta moneta; ma poi, in genere, si è lasciato sorprendere dall‘inflazione e bene gli è andata se è riuscito ad acquistare un piccolo pezzo di terra. .. Anche nel corso dell’ultimo conflitto nessuno degli orrori tradizionali della guerra è stato risparmiato all’Italia. Specialmente negli ultimi due anni ('43-'45) la penisola è stata percorsa da un rullo compressore che, in un crescendo, ha sconvolto tutto il paese. Nelle campagne si sommò all’impoverimento della terra, per mancanza di concimi e di macchine, la devastazione delle opere di bonifica allo scopo di ritardare l’avanzata del nemico. Ai mali tradizionali si univano poi quelli nuovi come la lunga e sistematica occupazione nazi-fascista, la conseguente guerra civile, lo sfruttamento delle risorse agricole ed industriali. Le incursioni aeree completavano il quadro.…Appena i contadini sentirono nell’aria il ritorno della pace, uscirono dalle case e dai loro nascondigli per riparare subito i guasti fondamentali, servendosi dei vecchi arnesi rimasti o di quelli piovuti dal cielo o abbandonati ai margini delle strade. Nella ricostruzione di quei momenti attraverso la documentazione raccolta da Carlo Benfatti si evidenzia non solo il risultato di una operazione scientifica di ricerca storica, ma anche la scoperta di una sotterranea vena poetica; quando noi riusciamo ad individuare in un carro agricolo le parti riciclate di varie attrezzature belliche non possiamo sottrarci all‘impatto simbolico dell’oggetto; e non possiamo eliminare dalla mente la gioia improvvisa del contadino che fra gli ultimi incendi della guerra trascina a casa la sua preda, la nasconde per un po’ di tempo e poi incomincia ad usarla in modo nuovo; la conserva poi istintivamente per decenni, anche se le sue successive condizioni economiche gli consentirebbero di poterla buttare tra i ferri vecchi; ma come si sa il buon contadino non elimina mai ciò che potrà servire anche una sola volta in un improbabile futuro. L’abbondanza del materiale bellico trovato da Carlo Ben fatti costituisce una prova indiretta che l’ultima fase della guerra non si è svolta solo a Genova, a Milano e a Torino, ma anche e principalmente sugli argini e nella corrente del Po. Non abbiamo ancora avuto lo storico che abbia ricostruito gli avvenimenti apocalittici dei giorni della ritirata tedesca verso ed attraverso il Po. Ogni donna ed ogni uomo della zona ha il suo episodio da raccontare ed ha spesso un oggetto da indicare: l’elmetto trasformato in pentola ed il grosso bossolo in vaso da fiori. Sono passati alcuni decenni da quando Febvre invitava gli storici a non cercare la farina del loro pane nei soli documenti tradizionali: si può fare storia anche con i mattoni, le eclissi lunari, le pietre e i collari da tiro.

  L'Operazione Herring No.1 20-23 Aprile 1945, Mantova, ed. Sometti, 1a Ed. 1998; 2a Ed. 1995 ( ricerca storica sull'aviolancio dei paracadutisti italiani in Val Padana): Il Landini nella Valle del Po, Mantova, Sometti, 2000 (autobiografia fantastica di un conduttore di trattori); Monte Casale l'ultimo combattimento, Ponti sul Mincio, 30 Aprile 1945, Mantova, Sometti, 2002 (storia di un fatto d'armi nei giorni di liberazione nel Mantovano); La Resistenza della Provincia mantovana 1943-1945, Mantova, Sometti, 2005 (itinerari della lotta di liberazione a Mantova e in provincia); Una vita in riva al Po, Mantova, Sometti, 2006 (intervista simulata a un imbalsamatore di animali). Benfatti ha scritto inoltre diversi saggi di storia e antropologia apparsi sulle riviste "Studi di cultura materiale del Museo civico polironiano", "Civiltà Mantovana, serie 3", "Bollettino storico mantovano, nuova serie".

  (Lucien Febvre (Nancy, 22 luglio 1878 – Saint-Amour, 26 settembre 1956) è stato uno storico francese, conosciuto soprattutto per il suo ruolo nella fondazione della Scuola delle Annales)
 

I tedeschi arrivati al Po in fuga non trovarono di meglio che abbandonare tutto quello che di pesante e ingombrante avevano e guadagnare l'altra sponda nella presunzione di sfuggire ancora una volta verso un ridotto alpino che non esisteva più. Ponti non ce ne erano e molti annegarono. Nel percorso di ritirata spesso avevano bruciato sia i loro mezzi che tutto quello che trovavano per ritardare l'avanzata alleata. Verso il Po non ci fu tempo neanche per gli incendi (probabilmente avevano finito anche la benzina). I contadini, attenti che il materiale non gli scoppiasse in mano (trappole, ordigni inesplosi e altro), presero a smontare ruote, motori quando il mezzo stesso non si poteva proprio portare via per intero. Vennero poi i campi di raccolta che concentravano anche mezzi americani incidentati o obsoleti, sparsi un po' in tutta Italia per il recupero di migliaia di mezzi seminati dalla Sicilia al Po. Ne riparlerò in appositi capitoli - RECUPERI del dopoguerra nel sito http://digilander.libero.it/fiammecremisi/storia.htm  . I mezzi recuperati venivano dapprima convertiti al metano o alla nafta per essere recuperati sia al posto della trazione animale che per il piccolo cabotaggio della campagna. Restava un mondo di cose piccole, facilmente trasportabili, occultabili che prima della fine dell'estate aveva già preso la strada delle cascine. (AW)

   

Esempio 1: Pianale motorizzato (Muletto) ribaltabile portata 20/25 q.li. Cambio e differenziale Dodge accoppiati a un motore da 10 cv a petrolio.

  dalla presentazione delle interviste a cura dell'Autore:

Esempio 2: Sega a nastro, Pulegge da semicingolato Famo, piano lavoro corazza blindato. Funziona con un motore elettrico. Volantini stringi lama da Autocarri Opel.

  Il metallo requisito e scomparso in tempo di sanzioni faceva di nuovo capolino nelle campagne attraverso i residuati. Fabbri e falegnami, che avevano visto tempi migliori, erano diventati una miniera di soluzioni. Si progettava sul momento con quello che si aveva. Uno dei mezzi più usati e difficilmente riconoscibile dall'originale fu il Morris inglese (Al moris) trasformato in trattore ruotato con tagli e rettifiche. Mezzi modificati e già pronti all'uso poi dai campi passavano ai Consorzi Agrari. Una esigenza risolta in fretta fu quella delle pompe per alzare l'acqua della pianura mantovana al Po attuata  coi motori dei carri armati Sherman che vedranno anche altri utilizzi. Si compiva così quella meccanizzazione agricola rimasta ampiamente sulla carta quando Mussolini intraprese le sue guerre per un posto al sole. Si evidenziò anche, se ce ne fosse stato bisogno, la impreparazione industriale con cui affrontammo il conflitto contro giganti economici.  

La parola "Recupero" non era nuova nel vocabolario della lingua italiana, nella tradizione contadina e in campo militare, ma mai come in corso e post conflitto (II) assunse un valore così importante. Nella Grande Guerra (15-18) un vero e proprio recupero iniziò ad armi fumanti. Prima ancora che fossero predisposti i grandi cimiteri/ossari di guerra, il lavoro di recupero si estese anche ai resti dei soldati caduti e alle ossa di animali: lavoro pietoso, cupo, ma anche esposto al rischio di morte per gli ordigni inesplosi. Montagne disseminate di "relitti", umani e militari, sul recupero dei quali fiorì, per tutti gli anni 20 e 30, lo strano, pericoloso, macabro mercato dei "recuperanti". E difficile, per non dire impossibile, quantificare oggi questa "economia di recupero", sia per quanto riguarda la massa di denaro messa in circolazione che il numero delle persone occupate. La ricerca e la raccolta dei residuati bellici produssero un po' alla volta specifiche competenze, personali e di paese: i maschi adulti si dedicavano al “picàr”, cioè a scavare per trovare le trincee, i depositi e, dentro essi, i grossi calibri che generalmente venivano disinnescati e tagliati sul posto; bambini/e e ragazzi/e, dagli otto ai quattordici anni, andavano "alla spigola", in cerca delle schegge e dei piccoli calibri; le donne, infine, dovevano provvedere a portare in quota, spesso giornalmente, il cibo per i "recuperanti" e riportare a valle il carico della roba trovata. In alta montagna poi molto verrà recuperato in anni recenti con la regressione dei ghiacciai. Si recuperò anche quanto l'esercito Austriaco aveva abbandonato o fu costretto a consegnare in conto debiti di guerra.  Ma tutto questo non fu che la centesima parte di quanto avvenne durante e dopo il II conflitto. La differenza stava tutta nella tecnologia e nella meccanizzazione ora giunta a livelli inimmaginabili. Per esempi pratici si rimanda ai 3 capitoli del dopoguerra realizzati con il contributo e l'idea di questo libro. Walter Amici

 

 

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