La storia è racconto attraverso i libri

I testi che accompagnano la presentazione sono in genere quelli diffusi dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati

43

TRE MESI DI SPIONAGGIO OLTRE PIAVE

Alessandro Tandura

Edizione 1934 da Longo & Coppelli- Ed. 1993  Kellermann Editore di Vittorio Veneto

  Antefatto: Nella notte tra il 29 e 30 maggio 1918 dal campo di Marcon, decollava un Voisin (aereo). Se un osservatore fosse stato presente, sarebbe rimasto stupefatto nel vedere cosa caricava questo aereo, pilotato dal capitano GELMETTI, con a bordo due Bersaglieri vestiti da contadini: il tenente CAMILLO DE CARLO e il soldato Giovanni BOTTECCHIA, (fratello di Ottavio Bottecchia il futuro campione di ciclismo), Medaglia di bronzo, anche lui Bersagliere, tutti nativi del luogo. Ma era il carico come detto che era molto singolare; tante gabbie di volatili abituati a volare di notte e di giorno ovunque con le proprie ali; erano piccioni viaggiatori. Dopo una pericolosa trasvolata notturna oltre il Piave sulle linee nemiche, e con un'altrettanto pericolosa azione, il pilota atterrò in un prato nei pressi dei campi di Aviano su piste illuminate per l'atterraggio (da partigiani). Il pilota scaricò i due avventurosi e il curioso carico, poi mentre lui decollava per ritornare alla base, i due attraversando campi e fossi con le gabbie in mano, superarono il Colle di Savarone, a Polcenigo guadarono la Livenza ed infine giunsero a Fregona, nella fattoria di De Carlo ove questi incontrò il suo anziano mezzadro che la gestiva. Trovato un nascondiglio sicuro, i due si mobilitarono per raccogliere notizie utilizzando vecchi, donne e bambini, sguinzagliati nei dintorni. Poi nella notte, di quando in quando, un piccione lasciava la gabbia per tornare alla colombaia dall'altra parte del Piave, portandosi dietro un foglietto arrotolato, denso di calligrafia minuta, con tutte le inestimabili informazioni per l'Ufficio "I" (informazioni) di Abano. Nel tentativo d'attraversare il Piave in piena Giovanni Bottecchia (decorato poi con medaglia d'Argento), fu fatto prigioniero e De Carlo rientrò rocambolescamente, passando dalla laguna di Venezia.

L’Italia aveva superato Caporetto e anche la Battaglia del Piave del Giugno 1918. La fiducia era tornata al contrario di quella del nostro avversario che era scemata. Il nemico, o i nemici come sarebbe meglio chiamarli, poiché a spararci addosso erano, polacchi, cechi, ungheresi, croati, bosniaci, sloveni etc.., non se la passava molto bene. Da qui ad essere sconfitto però ce ne passava con la stampella che gli passava il Kaiser. Sondare le effettive possibilità dell’Imperial regio esercito questa la parola d’ordine di quella estate del ’18. Il 29 luglio, una nuova coppia formata dai fratelli Giuseppe e Nicolò De Carli, dell’8° bersaglieri, era partita in idrovolante per la laguna di Caorle. Fatto prigioniero, Nicolò riesce a liberarsi avventurosamente ed a proseguire l'azione di spionaggio. La notte del 9 agosto 1918 un altro ardito, Alessandro Tandura fu paracadutato nella zona di S. Martino di Colle Umberto. Era quello uno dei primi lanci in assoluto e il primo per l'ufficiale che non sapeva neanche cosa fosse un paracadute. Dietro le linee questi uomini cercavano di sabotare ponti e ferrovie per far deragliare treni di munizioni e soldati o cambiare le segnaletiche stradali mettendo nel caos i trasporti.

     

“Noi abbiamo bisogno di gente che si infiltri tra le file del nemico per osservare e riferire. Il compito è estremamente difficile - aveva detto a Tandura il T. Col. Dupont dell’Ufficio “I” dell'8a armata, non glielo nascondo. Ma io conosco gli ufficiali veneti, so quanto stia loro a cuore di prendere la rivincita di Caporetto”.

 

«Gli Inglesi avevano adottato speciali paracadute per trasportare informatori in territorio nemico. Li volemmo provare subito anche noi; ma ci volle qualche tempo per ottenerli. Furono esperimentati con successo il 28 giugno nel campo di aviazione di S. Pelagio, presso Padova; un capitano inglese si offrì di fare egli stesso la prova, che riuscì benissimo. Occorsero altre sollecitazioni ed altro tempo, per averne un certo numero, che furono regolarmente pagati dal Servizio Informazioni, e riuscirono preziosi, specialmente alla 3a Armata ... Non fu facile avere i necessari piccioni-viaggiatori, che servivano agli informatori, così trasportati, per la trasmissione di notizie ... mancavano i paracadute per cestini portacolombi. Ne facemmo confezionare appositamente"

     
Il pilota che lo aveva portato era William Barker dei Fucilieri a Cavallo del Re. Trascorso un anno a combattere nelle trincee chiese di essere trasferito ai RFC (aviazione) nell'Aprile del 1916. Cominciò come meccanico poi come osservatore nell'Agosto del 1916. Abbatté il suo primo aereo dal sedile posteriore di un B.E.2d.. da mitragliere. Pilota lo diventerà in 55 minuti di corso nel Gennaio del 1917. Un mese dopo era nuovamente in Francia a pilotare un R.E.8. Nel Novembre del 1917 il suo squadrone fu assegnato in Italia. E' in questo periodo (9 Agosto 1918) che, a bordo di un aereo, sorvola le linee Austriache per paracadutare Tandura.   Il lancio: “Le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto. La pioggia mi sferza il viso. Oso guardare in basso e vedo strade e campi che riddano (danzano) in un’altalena infernale. Mi smarrisco, perdo i sensi... E’ un attimo: ad un tratto, colpito fortemente al petto, mi trovo a terra, con le gambe all’aria. Lanciato nel vuoto da circa 1500 metri di altezza ero caduto in un vigneto, mentre infuriava il temporale”.

Dopo averlo lanciato Barker prosegue bombardando alcuni obbiettivi austriaci per dissimulare il vero scopo della sua missione.

     

  Nel campo di aviazione di Villaverla, nei pressi di Vicenza, un ufficiale inglese istruì quindi il tenente Tandura sull'uso del nuovo dispositivo di caduta. Nella notte fra il 9 ed il 10 di agosto, a bordo di un Savoia-Pomilio da bombardamento, il Tandura sorvolò la linea del Piave e, non prima d'aver tracannato una "grappetta", venne fatto cadere sul Col Visentin, a nord di Vittorio. Tandura raggiunse quindi la "sua" Vittorio, sede del comando della VI Armata austriaca e scelse come rifugio una grotta a nord della frazione di Vizza. Lì riuscì a raccogliere, aiutato da familiari e conoscenti ma anche da un certo Pagnini, ufficiale austriaco, addetto al Comando tappa di Vittorio, informazioni da trasmettere al Comando Supremo dando inizio a fughe, arresti e avventure rocambolesche mirabilmente descritte nella sua autobiografia. La sua permanenza in territorio occupato dal nemico ebbe un epilogo drammatico quanto rocambolesco. Catturato dagli austriaci e in procinto di essere trasferito in treno in prigionia vistosi perduto, tentò l'ultima carta: gettarsi dal finestrino del treno in corsa. Si riebbe, dopo alcune ore, sul fondo di una scarpata.
     

  TANDURA ALESSANDRO - Sottotenente (Ufficio "I") luogo di nascita: Vittorio (Veneto -TV):

Medaglia d'oro-Motivazione: Animato dal più ardente amor di Patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa: da un aeroplano in volo si faceva lanciare con un paracadute al di là delle linee nemiche nel Veneto invaso, dove, con alacre intelligenza ed indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di ufficiali e soldati nostri dispersi, e, animandoli col proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio di informazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte arrestato e due volte sfuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l’avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle sue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel momento in cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l’avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa, intera dedizione di tutto se stesso alla Patria. Piave - Vittorio Veneto, agosto - ottobre 1918

     

Tandura, di bassa statura ma 2 cm più alto del Re Soldato, volle arruolarsi in 1° categoria ma venne gravemente ferito sul Podgora. Rifiutò un'altra volta l'inabilità per una compagnia (333a)  mitraglieri. Nuovamente ferito fu promosso da Caporale a Sergente. Con quest'ultimo grado aveva accesso ai corsi ufficiali che frequentò con merito. Dopo la nomina a sottotenente, prese parte, con il 163° Fanteria, all’offensiva di Castagnevizza meritando la medaglia di bronzo al v.m. e una broncopolmonite; trasferito al 20° reparto d’assalto, combatté alle Grave di Papadopoli finché - la sera del 9 agosto 1918 - venne paracadutato a poca distanza da Vittorio.

 

Fu lui che accorse per primo sul luogo dove era caduto l’aereo di Coleman De Witt, pilota americano, precipitato in fiamme il 27 ottobre 1918 con 4 uomini d'equipaggio sul Caproni C44 (dai più giudicato inaffidabile); vide i cadaveri bruciacchiati del pilota americano del copilota James Bahl e dei 2 militari italiani Vincenzo Cutello e Tarcisio Cantarutti, e poiché stavano accorrendo gli austriaci, asportò dall’aereo una mitragliatrice mobile e numerose munizioni.

Tandura ebbe, come detto, l’eroico sostegno della sorella e della fidanzata Emma Peterle a cui vennero conferite le medaglie d’argento al valore militare. L’eroico vittoriese morì in Africa nel 1937

Dal Secolo d’Italia - STORIA DEL PARACADUTISMO  Ass. Naz. Paracadutisti d'Italia Sez. Nord Friuli "O.M.d'I. Ten. Ferruccio Nicoloso".... Quanto agli italiani; fu soltanto nel 1917 che ebbero in consegna dagli inglesi un certo numero di paracadute Calthrop, ribattezzati Angel Guardian. Ma i nostri piloti espressero alquanto scetticismo verso l'ombrello di seta, quasi che, portandolo in volo, risultasse menomata la loro capacità di “cavalieri del cielo”. Cosicché a esserne equipaggiati furono gli osservatori dei Genio Aerostieri, i cui palloni frenati rischiavano di essere colpiti e incendiati dai velivoli nemici. Intanto il paracadute veniva preso in considerazione non solo come mezzo di salvataggio, ma anche come mezzo di trasporto da usare nelle missioni di informatori lanciati in territorio controllato dal nemico. Nella tarda estate dei 1918 si palesò la necessità di appurare da noi l'effettiva consistenza di alcuni reparti austriaci che fronteggiavano il settore della nostra VIII Armata. Vennero chiesti dei volontari e quattro ufficiali, i tenenti Alessandro Tandura. Ferruccio Nicoloso, Pier Arrigo Barnaba e Antonio Pavan, si misero a disposizione del Servizio informazioni dell'Armata, retto dal colonnello Dupont. I quattro vennero brevemente istruiti. Il primo a essere impiegato fui, Il 9 agosto, il tenente Tandura, nativo di Vittorio Veneto. L’aereo era un bimotore da ricognizione Savoia Pomilio S.P2, nella parte posteriore del quale era stato ricavato un sedile ribaltabile per mezzo di una leva che veniva manovrata dal pilota o dall'osservatore, posti a prua del velivolo. Il paracadutista era perciò costretto a viaggiare con i piedi penzoloni nel vuoto e con la schiena rivolta alla direzione del volo, in attesa che il suo sedile venisse ribaltato ed egli iniziasse la caduta. Il paracadute, racchiuso in un involucro sistemato sotto la fusoliera e collegato per mezzo d'una fune al cinturone del paracadutista, si sarebbe aperto a causa della trazione. Tandura, che portava con sé alcune gabbiette con piccioni viaggiatori riuscì a fornire ai nostri comandi preziose informazioni sulla consistenza dei reparti austriaci. Catturato dagli austriaci fuggi rientrando alla fine nelle nostre linee non senza aver prima compiuto ardite azioni di sabotaggio guadagnandosi la Medaglia d'oro al Valor Militare. Dopo Tandura, toccò a Nicoloso d'essere lanciato, la notte del23 ottobre, in vista della nostra offensiva finale; Purtroppo Nicoloso atterrò fuori della zona prevista, quella di Osoppo San Daniele Codroipo,ragion per cui la notte successiva veniva lanciato il tenente Barnaba, il quale portò felicemente a compimento la missione. Fu anch' egli decorato di Medaglia d'Oro, mentre a Nicoloso venne concesso l'ordine militare di Savoia.

     

Studente in chimica a Padova, venne chiamato alle armi nel ’42 e inviato sul fronte russo. Rientrato coi pochi che si salvarono venne destinato al 5° alpini di Merano come allievo ufficiale. All’atto dell'armistizio non ebbe esitazioni circa la scelta da compiere. Organizzò un movimento clandestino nel bellunese, poi al Natisone con quelli della Osoppo a cui concorse anche la madre, Emma Petterle (med. Argento). Uscito febbricitante per una missione il 28/6/1944 restò invischiato nello sganciamento e ferito a una gamba. Rimasto solo e ferito una seconda ed una terza volta. . . . . . . . >.

 

Il figlio Luigi (Luigino) Tandura nato nel 1921, caduto a Premariacco (Udine) il 28 giugno 1944. Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria: motivo del conferimento

Giovane combattente della lotta di liberazione, animato per suo sentimento e per tradizione familiare da vivo amore di Patria, si distingueva ripetutamente per fermo coraggio e per slancio generoso. Ancora febbricitante per ferite riportate in combattimento, chiedeva di partecipare ad un’ardita impresa. Riuscita l’azione si attardava coscientemente per coprire la ritirata dei suoi. Ferito ad una gamba continuava a combattere e, sollecitato a porsi in salvo, rifiutava di farlo. Rimasto solo, ferito una seconda ed una terza volta, teneva eroicamente il posto da lui scelto sino a che si abbatteva esanime sull’arma, ormai vuota. — Zona del Collio (Gorizia), 28 giugno 1944.

Torna all'indice libri