La storia è racconto attraverso i libri I testi che accompagnano la presentazione sono in genere quelli diffusi dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati 42 |
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GLI ULTIMI SOLDATI DEL RE
Di Eugenio Corti Edizioni Ares, Milano 1994 |
Recensione Mons. Maggiolini: Si tratta del racconto della risalita dell'Italia, da parte dell'esercito regolare - il "Corpo italiano di Liberazione (CIL)" - dopo l'otto settembre 1943 con gli "Alleati", fino a quasi tutto il 1945. Una vicenda spesso ignorata dalla storiografia "ufficiale" riguardante la "Liberazione": storiografia che, invece, accentua il ruolo dei "Partigiani", rossi o bianchi che siano, al punto da dimenticare l'aiuto giunto dall'estero e il ruolo svolto da ciò che, per senso del dovere e della fedeltà alla parola data a una monarchia traballante e a un governo confuso e pasticcione, rimaneva delle forze armate legali della Nazione. La prospettiva scelta, e vissuta dal Corti, si presta a una valutazione storica negativa, almeno nell'ultima sezione del libro, soprattutto nei confronti dei partigiani comunisti. E qualche riga di giudizio l'autore non è riuscito a tenere nella penna. Meglio lasciar parlare i fatti già più che eloquenti. Ma si è di fronte a una menda comprensibilissima. Tornando al romanzo e alla sua forma artistica: non è retorica affermare che il tema sul fondale è il destino dell'uomo "impastato di contraddizione". Per di più, il narratore considera questo destino in una situazione paradossale ed eccessiva quale è la guerra e il timore di una guerra civile: come se un medico auscultasse un malato sul lettino di un ospedale. Ne viene l'irrompere incessante della morte quale interrogativo che rimane sospeso in modo persistente e angosciante. E, prima della morte, il male, il dolore, il peccato, e Dio imprecato e tuttavia accolto a fatica e con gioia: con la speranza indomita di una gioia che verrà e che già da adesso si annuncia, particolarmente con l'amore a una fanciulla: un amore che si ignora se ricambiato. Mi esprimo quasi a "tesi". Ma non c'è nulla di meno sistematico di un romanzo come questo. Discutano pure i critici sulla qualifica di scrittore cattolico, di cattolico scrittore e astrazioni simili. Corti se la cava in una riga, affermando che il realismo porta sempre ad accordarsi con il cristianesimo: fino a poter chiedere l'impossibile. Comunque, non ci si attenda una narrazione "devota" in senso spregiativo. Il cuore dell'autore si sente "scarnificare dalla pena" e "opprimere dalla stanchezza e dalla viltà". Eppure. Descrivendo un suo compagno di armi che, tornato a casa, non trova più nessuno dei suoi cari, Corti incalza: "Perché Dio lo tormentava a quel modo? C'era la risposta, si capisce: allo stesso modo Dio stava mettendo tremendamente alla prova interi popoli incolpevoli. E questo era pienezza di cristianesimo. Ma ora che alla prova era sottoposto il mio amico, io faticavo molto ad accettarla". In un frangente drammatico sembra l'autore quasi bestemmi o almeno comprenda la bestemmia. Mons. Maggiolini | |
La vicenda del Corpo italiano di liberazione |
Traduzioni: I temi russi di Corti, I più non ritornano, Cavallo rosso, Processo e morte di Stalin, trovano riscontro anche nelle edizioni russe, che a dire il vero, nonostante l’epoca sono un po’ clandestine come i vecchi samisdat. Esaurita una edizione (un manuale di 200 pagine in cirillico, 7.000 copie di prima tiratura) si passa alla seconda beninteso senza alcun diritto d’autore. Visti i tempi che corrono in fatto di regole e diritti nella patria del socialismo e dell'uguaglianza non resta che prenderla in ridere. |
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Dalla quarta di copertina Ed. 1994: Gli ultimi soldati del Re d'Italia sono quelli che dal 1944 al 1945, inquadrati nell'esercito regolare, hanno combattuto insieme con gli "Alleati" contro i tedeschi. Non con odio, ma spinti da senso del dovere, amore per la patria, desiderio di finire al più presto una guerra che lacerava i corpi e le coscienze. La storia di questi uomini, negli annali dell'Italia ufficiale, occupa un ruolo minore: fin qui si è preferito proporre, o anche imporre, la storia parallela della resistenza partigiana. E' una delle ragioni per cui, con Gli ultimi soldati del Re, E. Corti coglie ancora una volta di sorpresa il panorama storico e narrativo italiano. Già vi era riuscito nel 1983 con Il cavallo rosso: il grande romanzo "cattolico", rispettoso della storia ma non dei miti elaborati dagli storici, italiano ma internazionale, corale e felice nel dipingere i singoli. Gli ultimi soldati del re è una sorpresa analoga. Era ancora tutta da raccontare la storia delle emozioni e dei sentimenti che si manifestavano in quanti - soldati, fra i quali l'autore, e civili -, anziché polemizzare con le autorità legittime, si diedero in ogni modo da fare per uscire dalla sconfitta e dal caos. |
The last soldiers of the king |
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sunto da
http://www.kattoliko.it/Corti/Art_28.htm
Eugenio Corti nasce a Besana in Brianza il 21 gennaio 1921, primo di dieci figli. Il padre Mario è un industriale del tessile che si è comprato la fabbrica da operaio. Frequenta il collegio San Carlo di Milano (ginnasio e liceo classico): nonostante i genitori avessero stabilito per lui studi di ragioneria (per lavorare nella ditta familiare). La guerra interrompe anche per lui la scuola. Agli inizi di febbraio 1941, Corti si presenta alla caserma del 21° Reggimento Artiglieria Divisionale a Piacenza per un primo addestramento di sei mesi. Seguiranno altri sei mesi alla Scuola allievi ufficiali di Moncalieri, dove diventa sottotenente. Nel frattempo inoltra la richiesta di essere destinato al fronte russo, così motivata: "Avevo chiesto di essere destinato a quel fronte per farmi un'idea di prima mano dei risultati del gigantesco tentativo di costruire un mondo nuovo, completamente svincolato da Dio, anzi, contro Dio, operato dai comunisti.". Corti arriva in Russia con l’Armir in tempo per essere protagonista della disfatta del dicembre ’42. Questi 28 giorni sono i più drammatici della vita di Corti, narrati ne “I più non ritornano”: solo la sera del 16 gennaio riesce ad uscire dall'accerchiamento russo con pochi altri superstiti. Viene ricoverato prima a Leopoli, base italiana di transito, poi a Merano. L’armistizio lo coglie nel Lazio da dove riesce ad aggregarsi dopo una lunga marcia ai reparti del nuovo esercito “Gli ultimi soldati del Re”. Nel dopoguerra si laurea in legge e pubblica il primo libro sulla Russia. L’impegno del lavoro in azienda non gli impedisce di scrivere e da alla luce “Processo e morte di Stalin, scritto tra il 1960 e il 1961, sulla tragedia russa. I tempi non sono propizi per attacchi riservati solo alle caste di partito e Corti viene emarginato dal mondo della cultura. Agli inizi degli anni '70, Corti matura la decisione di dedicarsi completamente alla scrittura: la mastodontica opera cui sta per mettere mano, Il cavallo rosso, non consente nessun'altra occupazione. Gli undici anni di studio ed elaborazione dell'opera, infatti, assorbono completamente l'artista: leggendo il libro risulta evidente l'enorme sforzo storico e documentario compiuto dall'autore per offrire un romanzo che presenti una assoluta fedeltà agli avvenimenti. Nel 1983 il testo de Il Cavallo Rosso raggiunge la forma definitiva. Sorgono tuttavia problemi di pubblicazione, di natura politica ed economica (il manoscritto supera le 1500 pagine). Corti pertanto si rivolge a Cesare Cavalleri, direttore delle Ed. Ares. Il romanzo riscuote un grande successo in Italia (finora sono state già pubblicate 19 edizioni) e all'estero, con traduzioni in spagnolo, francese, inglese, lituano, rumeno e russo. |