La storia è racconto attraverso i libri

I testi che accompagnano la presentazione sono in genere quelli diffusi dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati
 

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SCANDALO SOMALIA:
ANATOMIA DI UN FALSO

Il caso Carlini: un militare in ostaggio
Maria Lina Veca


"Editrice Nuovi Autori"
MILITARI SCOMODI, DIRITTI NEGATI
IL CASO EMBLEMATICO DEL COLONNELLO CARLINI, MILITARE IN OSTAGGIO DELLE ISTITUZIONI

 

 

La Somalia sembra ormai lontana ed irreale… così come sembrano lontane ed irreali le accuse che furono rivolte in un passato prossimo, che sembra invece assai remoto, a Franco Carlini, tenente colonnello dei Bersaglieri, nome in codice "Quercia 1", già comandante dell'Ambasciata italiana a Mogadiscio fino al 10 marzo 1994. Fu "sbattuto" in prima pagina (Panorama) nel giugno 1997 dal racconto di un somalo che lo indicava come assassino e violentatore di un bambino di 13 anni, racconto che si inseriva, all'epoca, in una campagna denigratoria del comportamento dei militari italiani impegnati nella missione IBIS 2 in Somalia. Il caso del colonnello Carlini, fin dal primo momento, apparve come una gigantesca "bufala", senza alcun riscontro obiettivo, orchestrata ai danni di un ufficiale integerrimo e decorato per fini che, a tutt'oggi, ci sfuggono.
Carlini finì nel “tritacarne” di un’accusa - eclatante quanto imprecisa, abietta quanto inverosimile - formulata da un somalo che era stato suo dipendente durante la missione. Ne uscì soltanto nell’aprile del 2001 con il provvedimento di archiviazione del giudice Salvini che, nel chiudere il caso, lanciò il suo “J’accuse” contro le istituzioni che “non hanno collaborato con la Magistratura”, "per negligenza o altro" dichiarò apertamente.
“La giustizia non esiste e la legge non è uguale per tutti – scriveva un giovane bersagliere a Carlini - quello che è certo è che un uomo, un militare decorato, è lì, da anni, senza che le istituzioni abbiano mosso un solo dito per alleviargli il peso di 'infamanti accuse, che lo hanno consumato giorno per giorno. Addirittura, una delibera del COIR sul tema, che fu portata all'attenzione del COCER, ebbe come risposta che del caso Carlini “non si era a conoscenza.”
Carlini finì al Museo di Castel Sant’Angelo, come sepolto vivo poi nel 2002 (sembra per interessamento dello stesso Presidente della Repubblica) è stato destinato alla Cecchignola poi in Bosnia. Perfetto, tutto bene, tutto risolto… Non tanto, perché ci risulta anche che dalla Bosnia il Carlini è rientrato, così come è arrivato, perché “in esubero”. Ma come è possibile? Non sarebbe stato forse umiliante per qualunque persona , ma soprattutto per chi ha già subito il peso di una vicenda tanto grave, risultare in esubero e rientrare il giorno dopo l’arrivo, perché nessuno è riuscito a trovare ad un militare super-operativo un posto adeguato nella missione? Non lo si poteva sapere prima della partenza, che Carlini era in esubero?. Difficile contattarlo per saperne di più; si è chiuso in un totale mutismo. La disillusione e l’infinita amarezza della vicenda evidentemente cominciano a pesare troppo. Ma ricordiamo un colloquio avuto tempo fa con Carlini… ci disse: "Sa, alcuni generali mi hanno mandato a dire che loro del mio caso non sono informati, in quanto non leggono i giornali" Quest'affermazione è stata ribadita anche di fronte a centinaia di persone durante un’assemblea dei Cobar e Cocer (sindacati) dove qualcuno ha rappresentato il caso Carlini e si è sentito rispondere che i generali non sono tenuti a leggere il giornale. Già, in passato, un giornalista del Corriere della Sera, parlando di un Generale di corpo d'armata, si era chiesto cosa mai potesse leggere la sera questo Generale: Pinocchio, Agata Christie o l'Annuario dei Generali…. Carlini adesso è nuovamente inquisito, da una Procura Militare perché qualche generale si è ritenuto oggetto di diffamazione continuata ed aggravata per essere stato “accusato” di non leggere i giornali o di leggere Pinocchio. Sembra un racconto di fantascienza, un gioco al massacro. Ci risuonano in mente le parole che il colonnello pronunciò quando iniziammo ad occuparci della sua vicenda: "…sarebbe molto grave, se qualcuno avesse detto, scritto, o anche solamente pensato, che il caso Carlini, eclatante ma falso, sia servito a coprire altri fatti meno eclatanti ma veri..." Maria Lina Veca

Maria Lina Veca, romana, giornalista, è laureata in Lettere e specializzata in Paleografia, Diplomatica e Archivistica presso l'Archivio Segreto Vaticano. Ha diretto e coordinato numerosi uffici-stampa in occasione di eventi e convegni nazionali e internazionali. Ha collaborato con numerose testate, fra le quali "II Giornale d'Italia", "L'Opinione", "II Giornale del Mattino". È vicedirettore del settimanale on-line "L'Aspide". Dirige il periodico di bioetica "Utopia". Vive a Roma e collabora con il quotidiano "Rinascita".

http://www.tibereide.it/articoli_dettaglio.asp?articolo_id=324&articolo_categoria=1

  "Fra noi ci sono uomini e donne ricchi di valori morali ed etici, semplici ed immediati, schivi della mondanità e dell'esteriorità, gelosi della propria intimità, umili nell'atto e determinati nell'azione, che si sentono appagati nei loro desideri e aspirazioni se, superate durissime selezioni, riescono ad indossare la divisa delle forze armate. Queste donne e uomini accettano di buon grado pesanti regole e limitazioni, con un giuramento di fedeltà che non ammette deroghe, affinchè più unita e solida sia la compagine a cui appartengono. Tutto questo perchè le Forze Armate siano uno strumento su cui il proprio Paese possa fare ampio e pieno affidamento, senza alcuna riserva, fino a chiedere ai suoi iniziati il massimo sacrificio: la vita. Fra questi uomini io riconosco Franco Carlini. (...) Caro Franco (...) sono convinto che la sozzura che ha imbrattato la via della verità sia già stata lavata dalla tua sofferenza e, domani, non ci sarà traccia nei nostri cuori della tragica bugia".

Dalla prefazione di Silvano Bigongiari (già Comandante del 3° Bersaglieri)

Recentemente si è dato il permesso all'Etiopia, eterno nemico della Somalia, di invadere il paese e di farne una provincia fedele, mentre le organizzazioni umanitarie internazionali Ong sono deputate a sostenere l'imperialismo etiopico ed evitare che la situazione interna peggiori dal punto di vista sanitario e alimentare. Forse così facendo sperano che si creino nuovi posti di lavoro, un prossimo "Cliente" urgente nel corno d'Africa.  Come si dice - se Maometto non va alla montagna, e' la montagna che va da Maometto - Naturalmente, a differenza di altre volte, sui mass media regna un silenzio di Tomba.

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  La Somalia è oggi uno dei "Paesi-canaglia" contro i quali si scatena il delirio di G.W. Bush: torna anzi di attualità la riflessione sulla missione IBIS. Torna di attualità proprio perché le ombre (Ilaria Alpi, i morti per tumore – Pizzamiglio, Bronzi – Li Causi, Mandolini) \non si sono mai diradate, perché si parla oggi di "ritorno a Mogadiscio", perché i commandos britannici e statunitensi, insieme ad esponenti dei nostri servizi (gli stessi di allora?) sono adesso in Somalia.
Il Direttore della CIA George Tenet ha definito la Somalia come "una potenziale base terroristica e di operazioni per al-Qaeda" e il Gen. Tommy Franks si è recato recentemente nel Corno d'Africa, confermando che "gli Stati Uniti potrebbero programmare una grande operazione, sebbene non della portata di quella realizzata in Afghanistan."
Nello stesso tempo la "MERIP Press Information" pubblica una nota di Dan Connell intitolata "Nuvole di guerra sulla Somalia" ed Hollywood celebra "Black Hawk down", "Corvo Nero giù", la "patinata" rievocazione di Ridley Scott della disfatta americana a Mogadiscio.
"La missione del 92-94, prima "Restore Hope", poi "IBIS", non intaccò gli interessi economici dei "signori della guerra" , non venne bloccato il traffico delle armi né il sistema delle estorsioni, né la conflittualità fra bande". Un intervento militare "punitivo" alla ricerca di non meglio identificate "basi terroriste" o "fiancheggiatori" servirebbe di nuovo a coprire scenari inquietanti di traffici di armi, di occultamento di scorie radioattive, di "affari" più o meno sporchi, dove si intrecciano presenze "strane" di faccendieri, commandos, servizi e "uomini d'affari"?
La Somalia è ancora, come ai tempi di "IBIS", un inferno, dove domina l'odore della morte, dove non c'è neanche una sorgente d'acqua, dove si baratta tutto e tutto si compra per pochi dollari, dove i pozzi sono proprietà privata, dove parlare di assistenza sanitaria è una follia, e quel poco che esiste è affidato all'eroismo di organizzazioni di volontari.La Somalia si trova tuttora fra gli ultimi Paesi del mondo nella classifica relativa all'indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. Maria Lina Veca