Dal Diario di Gian Battista Conenna:
Sabato 12
settembre 1943. Scarsità di viveri. ¼ galletta e 5 fichi secchi.
Incendi dei boschi in continuo aumento.
Domenica 13 settembre 1943. Storia dei 10
conigli e del cesto di pesche.
Martedì 28 settembre 1943. Da Skoplje
entriamo in Albania. Baratto una camicia vecchia: 20 uova e un pane. Da
Kóssovo scritto a casa. Graziani ha fatto un discorso contro Badoglio.
Lunedì 11 ottobre 1943. Sosta alla stazione
di Leopoli (Ucraina). Ore 14 ancora senza viveri e senz’acqua: patate al fuoco. Ore
17 scendiamo dal treno; campo alla Fortezza di Leopoli. Dormiamo in
baracca freddissima.
Giovedì 4 novembre 1943. Gen. C. A. Cutarri
ci ha parlato lasciandoci il dilemma: riconoscere la repubblica e
combattere per loro, o prigionieri. Ho scelto no.
Domenica 28 novembre 1943. Scritto due ore
per lo spaccio ufficiali: ricompensa ¼ di pagnotta che arriva molto a
proposito. E' ormai certo che in cucina non ci danno tutto ciò che ci
spetta.
Domenica 10 settembre 1944. Mangio delle erbe
crude con un po’ di sale. Il rancio è confezionato bene, malgrado i vermi
nei funghi.
Mercoledì 6 dicembre 1944. Continuano
frequentissime incursioni aeree. Sotto certi aspetti siamo diventati tutti
pettegoli e cattivi come ragazzini perversi.
Lunedì 3 settembre 1945. Nessuna disinfezione
né disinfestazione: la sola spolverata di insetticida. Unica assistenza
arrivata: quella spirituale. Ore 15,20 arrivo al Brennero. Sosta
imprecisabile: siamo eccitati, e poi via verso Verona
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Da La Repubblica Letteraria Italiana.
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Rubrica diari, carteggi etc..
Diario e lettere del maggiore Gian Battista Conenna 1941-1945, a cura di
Massimo Borgogni, collana “Parole di guerra” n. 4, Siena, Edizioni
Cantagalli, 2004
Il libro ci immerge in una microstoria legata ad uomo, travolto
insieme a tanti altri da un drammatico evento e costretto a un penoso
viaggio coatto e a una terribile prigionia, in lager sepolti nell’oblio. I
documenti che parlano di questa microstoria escono dalla marginalità di
una raccolta isolata e si confrontano, in termini drammaticamente
concreti, con la macrostoria che è fatta di famosi protagonisti, di alta
politica, di diplomazia. La ricerca incentrata su una microstoria è un
punto di vista privilegiato, per cogliere con esattezza le relazioni
esistenti tra fede politica e religiosa, qualità morali e appartenenze
sociali. Tante microstorie simili, messe insieme, impongono la rilettura
di interi capitoli di macrostoria; sembra che, osservati in campo lungo,
cioè visti da un punto periferico, da un particolare accadimento, i grandi
eventi, i grandi temi della storia siano più comprensibili, meno astratti
e che d’altra parte la microstoria, uscendo da circostanze marginali e
locali, assuma caratteri sempre più generali, di livello storico
superiore.
In quest’ottica si pone il Diario di guerra e le lettere alla moglie
Dorina Nannini (indirizzate a Siena, via del Paradiso) di Gian Battista
Conenna (1906-1974), ufficiale bersagliere del Regio Esercito in servizio
permanente effettivo, che l’8 settembre 1943 era addetto allo Stato
Maggiore del comando di Rodi. Ebbe immediatamente sentore che qualcosa di
irreparabile stava accadendo. Prima di essere catturato dai tedeschi, ebbe
il tempo di mettersi in tasca qualche pacchetto di “cartine” per avvolgere
sigarette e alcune matite: un piccolo tesoro che gli avrebbe permesso di
stendere un diario. Una cartina al giorno: su ogni cartina c’era posto
solo per tre righe. Conenna rifiutò di collaborare, sia con i tedeschi sia
con i repubblichini, per «mantenere quella che la coscienza gli dettava
essere la via del dovere e dell’onore militare», cioè per applicare alla
lettera la formula del giuramento militare che l’obbligava ad essere
fedele al Re, ad osservare lo Statuto e adempiere i doveri dello stato di
militare, per il bene inseparabile del Re e della Patria.
Con un gruppo di
italiani “non collaborazionisti” fu trasferito in volo ad Atene; poi, in
un vagone “bestiale”, attraverso Grecia Macedonia Albania Serbia e
Bulgaria, fu deportato a Belgrado; un vecchio battello fluviale a ruote lo
portò a Vienna da dove, in ferrovia, fu trasferito nella cittadina ucraina
di Leopoli. Non gli fu riconosciuto lo stato di prigioniero di guerra,
quindi di protetto dalla Convenzione di Ginevra del 1929 e, come gli altri
prigionieri, fu dichiarato Internato Militare Italiano (I.M.I.) e ritenuto
colpevole di tradimento. Dimenticato, come i suoi compagni, dalla Croce
Rossa Internazionale, fu poi trasferito in altri campi di concentramento,
in Polonia, a Norimberga, a Berlino e infine ad Altengrabow, dove rimase
fino all’arrivo delle truppe di liberazione, russe e poi americane. A
settembre 1945, dopo due anni di prigionia devastante e umiliante, tornò a
casa, a Siena. Nelle sue scarne annotazioni rivela capacità di
osservazione e di sintesi su quanto sta accadendo, in lui e intorno a lui,
grande forza morale, speranza anche religiosa nel futuro e un pizzico di
toscana ironia. Suo costante impegno è di non perdere mai la dignità
umana. (f.s.) |