I BERSAGLIERI E IL CINEMA Arrivano i Bersaglieri di Luigi Magni |
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Regia di LUIGI MAGNI
Interpreti e personaggi: |
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CARLO BAGNO: PIO IX OMBRETTA COLLI: COSTANZA PIPPO FRANCO: PADRE PAOLO GIOVANNELLA GRIFEO: OLIMPIA VITTORIO MEZZOGIORNO:ALFONSO ENRICO PAPA: GUSTAVO GIOVANNA RALLI: NUNZIATINA MARIANO RIGILLO: LA MARMORA (Alfonso) UGO TOGNAZZI : DON PROSPERO |
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Le locandine sono tratte da http://film.spettacolo.virgilio.it/cinema/scheda.php?film=14318 |
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Roma (20 settembre 1870) I bersaglieri di La Marmora entrano nella capitale, È la breccia di Porta Pia che spacca a metà anche la società romana. Sullo sfondo, s'intrecciano amori, vendette, assassinii e tragedie. E tra le vicende personali di chi vive questi stravolgimenti, si assiste alla fine di un'epoca . Tra i protagonisti, un vecchio patrizio illuso, il principe (Ugo Tognazzi della nobiltà nera papalina), deciso oppositore dei Savoia che non accetta questi cambiamenti. Il destino sembra punirlo quando si ritrova ad ospitare lo zuavo (Vittorio Mezzogiorno) che gli ha ucciso il figlio. Lo zuavo Don Alfonso dell'Aquila d'Aragona, ignaro che i papalini hanno innalzato la bandiera bianca, uccide il bersagliere Urbano, della nobile famiglia S. Agata; quindi, ferito, va a rifugiarsi proprio nella casa del principe. Suo figlio è morto con la divisa di bersagliere a sua insaputa, ucciso da Don Alfonso che intanto s’è innamorato di sua figlia. Nella casa patrizia vivono, oltre al principe, sua moglie Costanza, la principessina Olimpia, la domestica Nunziatina e lo zio di Costanza, il prelato Don Pietro. L’attenzione di Don Prospero di S. Agata nell’accogliere e difendere il ferito è quasi maniacale da fanatico fedele al potere temporale. Ma alla stessa casa S. Agata perviene il tenente Gustavo Martini, di Desenzano del Garda, come Urbano appartenente al 34º Battaglione, il quale, avendo assistito alla morte del commilitone, intende portarne notizia alla famiglia e, soprattutto, alla giovane Olimpia, di cui l'amico gli ha sempre parlato. Il bersagliere finisce per trovarsi di fronte all'assassino e si confida con Olimpia e con Nunziatina; poi inizia un duello con Don Alfonso che, però è costretto a continuare, senza sparare, con Don Prospero. Il principe ha un collasso e, prossimo a morire, svela i suoi segreti mentre gli viene riferita la morte del figlio. Olimpia e Gustavo rimarranno soli, sotto gli occhi benevoli di Nunziatina. |
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Il regista Luigi Magni descrive, con un certo anticlericalismo, questo momento
storico
in una narrazione che
oscilla tra il satirico, il sentimentale e il grottesco. Possiede nei dialoghi il suo punto di forza; attentamente curati nel loro gergo sia esso romanesco, che napoletano o
lombardo-romagnolo. Quella
di "rivisitare" la storia d'Italia è una delle matrici di fondo
del cinema di Luigi Magni, con figure di corposa immediatezza e una marcata
vena di acredine. Luigi Magni conclude qui la trilogia iniziata nel 1969 con “Nell’Anno del Signore” e il successivo “In nome del Papa Re” (1977) anche se dieci anni dopo girerà “In nome del popolo sovrano” con Nino Manfredi e Alberto Sordi questa volta apparentemente molto stanchi, che la critica considerò come il terzo della trilogia.
Il regista mette in risalto l’aspetto aristocratico della Roma ottocentesca e papalina e infonde ai personaggi quel minimo di spessore drammatico che la vicenda richiede.
Pregevole è la resa degli attori. Fanno da coro una servetta
(GIOVANNA RALLI ) depositaria di antiche virtù popolari, e un prete (Pippo Franco), emblema della classe dirigente “forchettona” che farà l'Italia».
Le critiche sono tratte e riassunte dai siti cinematografici |