I misteri della luna
di
Francesca Mele
L'evocazione, la descrizione di un mondo fantastico, surreale e allegorico, i paesaggi immersi in un'oscurità da romanzo gotico, l'espressione dei volti angosciata e ombrosa - tematiche già presenti in artisti quali Moreau, Dürer, Bosch, Botticelli, Baldung, Delvaux, Salvator Rosa, - si arricchiscono nella Mele di connotazioni salentine.
Tutte le figure dei dipinti della Mele non sono collocate in uno spazio concreto, esse vengono fuori da un angolo del quadro o dal centro stesso, anzi si potrebbe dire dall'interno o dall'inferno dell'immaginazione da una porta dimensionale che materializza l'essenza e smaterializza la forma.
Non ci sono, nei quadri della Mele, soltanto paesaggi naturalistici, ma anche elementi architettonici, chiese, colonne, capitelli, rosoni del barocco leccese. Fu tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento che vennero realizzate e portate a termine le chiese più affascinanti di Lecce con i loro segreti arcani. Basti pensare alla colonna diabolica di S. Matteo, mai finita dallo scultore, o allo schema del mondo ermetico racchiuso nella facciata della Chiesa di S. Croce o al pozzo del viandante nel convento di Santa Chiara. E fu proprio in quest'epoca che maggiormente si fece sentire l'oppressione della Controriforma e dell'Inquisizione cattolica lasciando tracce profonde nell'immaginario collettivo dei salentini, caratterizzando la loro vita e donando ad alcuni la capacità di vedere, oltre l'illusionismo baroccheggiante, tra i giochi di luci e di ombre della pietra leccese le radici di un popolo che anela liberarsi dal senso opprimente del peccato ("Voglia di volare").