LA TONNARA DI CAMOGLI
, di Annamaria “Lilla” Mariotti
Camogli, città di naviganti o città di pescatori?
Tutte e due le cose e tutte e due derivano da tradizioni antiche, che
vengono da molto, molto lontano nel tempo. Quando mi trovo al di là
dell’oceano mi piace descrivere la mia città come “an old fishermen
village” (un vecchio borgo di pescatori), oppure “a town with
ancient maritime traditions” (una città con antiche tradizioni marinare).
Il nostro indimenticabile concittadino, Gio Bono Ferrari, (indimenticabile
perchè fondò nel 1938 il Museo Marinaro, scrisse “La Città dei Mille
Bianchi Velieri” e molti altri libri) non era d’accordo su queste
descrizioni che già venivano usate in passato, le trovava limitative,
ma io mi permetto oggi di non concordare con lui, che disse questo nel
lontano 1934, perchè secondo me invece spiegano perfettamente la vera
essenza di Camogli, borgo di pescatori e città di naviganti.
C’era chi sceglieva la via del mare, sui mille bianchi
velieri, come armatore, capitano, marinaio o mozzo, e facendo a ritroso
tutta questa strada , partendo da mozzo per arrivare ad essere almeno
capitano, se non addirittura armatore, perché così una volta andavano le
cose. E c’era invece chi sceglieva di restare e di fare la vita del
pescatore, altrettanto dura e pericolosa di quella dei naviganti; il
mare poteva essere molto pericoloso anche qui, sulle porte di casa, quando
il libeccio soffiava e portava i grandi cavalloni che si infrangevano alla
base delle case che una volta delimitavano l’odierna Via Garibaldi dal
lato mare. Questo mare non era meno difficile da affrontare per le
piccole barche dei pescatori Camogliesi dei “40 ruggenti” che dovevano
affrontare i loro concittadini che doppiavano Capo Horn sui grandi velieri.
I pescatori di Camogli non si limitavano a buttare le reti
nel loro golfo, alcuni partivano a Giugno con i leudi, diretti
alla Gorgona per la pesca delle acciughe, che loro chiamavano “la crociera
dei cento giorni”. I padri, appena finita la scuola, imbarcavano
anche i loro figli sui leudi e su quelle barche restavano per tre
mesi, pescando e salando acciughe che poi venivano portate a Livorno dove i
barili erano venduti a mercanti inglesi che, dopo un'accurato controllo del
contenuto, li inviavano in Inghilterra.
Poi c’era la pesca della tonnara, antichissima. Le prime
notizie della tonnara di Camogli si hanno nel 1603, ma probabilmente è
anche più antica. Nel 1300 era già in funzione una tonnara tra Santa
Margherita e Portofino. come risulta da alcuni documenti
dell’Archivio di Stato dai quali veniamo a sapere che tra il 1383 e il
1385 alcuni pescatori di Portofino furono multati per avere venduto o
nascosto del tonno contro le leggi dell’epoca. Nel 1388
nell’inventario del Portofinese Oberto Graziano, barbiere, figura un
barile di tonnina sott’olio. La tonnara di Santa Margherita
era ancora in funzione nel 1875, dopodichè cessò di operare.
Ma torniamo al 1603, anno in cui un solenne Decreto del
Magistrato dei Censori stabiliva che “delli tonni che si fossero presi
alla tonnara di Camogli se ne dovesse dare agli abitanti di Camogli e di
Recco per loro uso dieci di un rubo, venticinque di due, sei sino a
cento rubi”. Il rubo è una misura antica che
corrisponde a circa 8 Kg e che, tra i pescatori di Camogli,
viene usata ancora ai giorni nostri.
Questo uso fu rinnovato con altri Decreti nel 1634, 1671, 1707 e 1709.
Si sa anche di una diatriba del 1712 tra Camogli e Recco. Il 20
Settembre di quell’anno il Capitano di Recco svela degli inconvenienti
causati dall’allora Amministratore della Tonnara Gio Bono Olivari a causa
della sua imperizia. Pare che non avesse rispettato la ripartizione
dei tonni come indicato nel decretato del 1603 che era ancora in
vigore. Questo dimostra come Camogli e Recco a quell’epoca
fossero molto vicine se dovevano dividersi il pescato.
In altre notizie d’archivio del 1612 si legge “....
anno 1612. Si introdusse l’appalto della tonnara di Camogli, con che
dovesse l’appaltatore provvedere di pesci il Comune e non potesse
salariare in marinai ed inservienti che persone della parrocchia...”
Ancora, nel 1618 quattordici marinai di
Camogli fecero società con un certo Benedetto Costa, proprietario di
tonnara a Santa Margherita, per gestirla insieme dividendosi i
“caratti”, ossia porzioni di essa. I Camogliesi si obbligavano a
fornire quattordici uomini per far la guardia alla pesca, mentre il Costa
impiegava quattro uomini, con la clausola che il primo tonno che fosse
entrato nella tonnara sarebbe stato offerto al Santuario della Madonna di
Nozarego, a Santa Margherita, per sciogliere un voto fatto dallo
stesso Benedetto Costa. Un altro Santuario trasse beneficio dalla
pesca della tonnara ; intorno al 1630 i proventi della pesca servirono
in parte per la costruzione del Santuario della Madonna del Boschetto a
Camogli che fu eretto sopra una preesistente cappella che ricordava
l’apparizione della Madonna ad Angela Schiaffino, una pastorella,
avvenuta in quella località il 2 Luglio 1518. Per
devozione, negli anni seguenti, i marinai, ma non solo, usavano portare al
Santuario i loro ex-voto, quadri che venivano appositamente commissionati
per rappresentare uno scampato pericolo in mare e in terra e che sono ora
riuniti nel chiostro del Santuario e formano una delle più belle collezioni
di ex-voto della Liguria.
Esiste in circolazione la riproduzione di una antica
stampa di Camogli risalente al 1624 che mostra un progetto per il
prolungamento del molo. Anche questi lavori furono finanziati con i
proventi della tonnara. Da tutte queste notizie storiche
risulta quindi che la tonnara di Camogli è stata in passato una fonte di
benessere per tutta la cittadinanza e che ora è l’unica e la più antica
ancora esistente in Liguria.
Da questi anni fino al 1801 non si trovano più documenti
che parlino della tonnara. In quell’anno, esattamente il 28 Agosto,
il Commissario del Governo scrive alla Municipalità del Cantone di Camogli
quanto segue : ....”Cittadini, dal vostro messaggio sono venuto a
cognizione che padroni di tartanoni e bilancelle osano perturbare il libero
esercizio della Tonnara. Il vostro usciere ha ordine di citarli al mio
Burrò (francesismo comune all’epoca) e voglio sperare che più non
succederà un simile inconveniente. Salute e Fratellanza.... firmato
Grondona”. Questo perché la zona di mare in cui veniva calata la rete
della tonnara doveva intendersi di esclusiva proprietà dei gestori della
stessa. Da un verbale di seduta tenuto nello stesso mese ed anno
risulta la nomina di una Commissione formata da due persone per
chiedere al Governo a nome della Municipalità di Camogli : “.... li
seguenti mezzi per sopperire alle spese cantonali e comunali
....Assegnazione di una porzione di utili di questa tonnara .....” Si
trova anche una lettera del 1808 con la quale : “Le Prefect du
Department de Genes, Membre de la Legion d’Honneur, comunica a Monsieur le
Maire de Camogli......" circa il diritto del Comune di
Camogli di percepire una data quantità di tonno dalla pesca
della tonnara ed autorizza il Maire a far citare l’agente della medesima
"…….nanti il giudice competente per quel tanto che ha omesso di
consegnare ......” Un’altro documento del 1817 comunica
: “......l’obbligo dell’appaltatore di consegnare dei
tonni gratis al Municipio ......” Questo probabilmente
era dovuto all’impegno da parte della Municipalità di sopperire ai
bisogni della popolazione meno abbiente. Documenti un po’ più
recenti, ma non databili, parlano del passaggio della tonnara da proprietà
privata a Cooperativa tra i pescatori.
Anticamente, inoltre, il tonno veniva lavorato a Camogli,
probabilmente su basi artigianali. In un vecchio quartiere di
Camogli “u Risseu” (che si può tradurre “Rissuolo”), che si
trova sul lungomare dove la Via Garibaldi si restringe nel vicoletto che va
verso il il Rio Gentile ed il levante, c’è un portone, il N° 72.
Questa casa in passato era chiamata “a frixaia”, nome
che può evocare un locale in cui si friggeva qualcosa, e questo può
essere, ma era anche il posto in cui il tonno veniva cotto e poi
messo sotto sale in barili che non erano solo venduti localmente, ma
che prendevano anche la via verso il Piemonte e la Lombardia e,
qualcuno dice, anche l'Inghilterra.
Lasciamo da parte per ora tutte queste notizie storiche,
interessanti e necessarie, ma anche un po’ noiose. Secondo me
servono per rendersi conto che quella estensione di reti e natelli (sono i
galleggianti, una volta di sugero e ora di plastica, che reggono a
galla le reti stesse) che vediamo stese sotto la chiesa di San Nicolò dalla
barca diretta a Punta Chiappa, hanno alle spalle un glorioso passato.
Mentre i pescatori di Camogli le calavano in mare e le toglievano ogni anno,
la storia passava su di loro. Sono passati grandi uomini, pittori,
scrittori, sono passate rivoluzioni, guerre, grandi condottieri. E tutti gli
uomini e la donne di Camogli che hanno lavorato intorno a quelle reti, che
passavano l’inverno a ripararle e ad intrecciarne di nuove. E sì,
perchè una volta le reti erano fatte con la “lisca”, un’erba lunga e
flessibile che nasce sul Monte di Portofino e che qualcuno andava a
raccogliere, faceva seccare e lavorava. Ora non più, le reti, meno
l’ultima parte della “camera della morte” che è di nylon, sono
in filetto di cocco (ajengo superiore) che arriva in balle
ruvide e giallastre ogni anno dall ‘India. Durante la
permanenza in mare alle reti di cocco attecchiscono molluschi ed alghe che
da un lato sono un invito per i pesci che vengono attirati da un’esca
appetitosa, ma dall’altro ne impediscono il recupero per cui,
alla fine della stagione, le reti di cocco vengono tagliate ed abbandonate
in mare dove, essendo una fibra naturale, diventano pastura per i
pesci.
L’impianto di Camogli ha nel tempo cambiato nome varie
volte : “tonnara” e “tonnarella”. E’ difficile
addentrarsi in spiegazioni sulla differenza delle due denominazioni,
è più semplice dire che la “tonnara” è intesa esclusivamente per la
pesca del tonno (pesca che comincia a Maggio e dura circa quarantacinque
giorni), e che cattura il cosidetto “tonno di corsa”, quello cioè che
entra nei nostri mari dallo Stretto di Gibilterra per riprodursi nel
Mediterraneo. Questa pesca termina solitamente con la crudele e sanguinaria
“mattanza”. La “tonnarella” invece può catturare
qualunque tipo di pesce di passaggio, oltre ai tonni, rimane in mare da
Aprile a Settembre, e “leva” le reti tre volte al giorno. Quindi
quella di Camogli è in realtà una “tonnarella” e qui non è mai stata
effettuata la mattanza, ma queste disquisizioni sui nomi sono ormai
dimenticate da tempo, e a noi piace chiamare sempre la grande estensione di
reti che accompagna le nostre estati “LA TONNARA”.
La tonnara è legata in modo indissolubile alla mia
infanzia e alla mia gioventù. Il primo accenno di primavera per me
non erano solo gli alberi in fiore e le rondini, ma anche le grosse reti di
filetto di cocco attaccate al muraglione del molo in tutta la sua lunghezza
in attesa di essere calate in mare. E appena sapevo che la
Tonnara era stata calata, per me era come se già fosse iniziata l’estate.
Poi c’erano quelle voci che attraversavano Camogli, all’improvviso,
come un tam-tam silenzioso, e tutti correvano alla mancina del porto a
vedere il “mostro” catturato dalla Tonnara. Una volta era un
grosso squalo, un’altra un balenottero, o un pesce martello, un pesce
diavolo, spaventoso, e una volta persino un’enorme tartaruga e più
recentemente due rarissimi marlin bianchi. Il 2 Giugno del
1974 venne catturato un pesce enorme, coloratissimo e tanto raro che
nessuno lo riconobbe, così una foto del pesce venne sottoposta
all'attenzione di Jacques Cousteau che lo indentificò come appartenente
alla famiglia dei pesci luna (lampris luna), ma di una specie rara, che vive
in alto mare ed a grandi profondità. Questo in particolare era un
pesce imperatore o lampris regius.
Dopo che la folla si era radunata arrivavano i due
fotografi di Camogli, Ciotti e Ferraris, per immortalare l’avvenimento e
il giorno dopo la foto era sui giornali e tutti cercavano di riconoscersi in
quei volti alzati e incuriositi. Tutto questo
si è verificato con una certa frequenza tra gli anni ’40 e ‘70 e
alcuni di quegli esemplari sono ora esposti al Museo di Storia Naturale di
Genova. Si sa che ci sono state delle catture particolari anche
prima degli anni ’40, ma dopo gli anni ’70 certi grossi pesci
devono avere cambiato rotta perchè la Tonnara non ne ha più pescati.
C’era poi, e c’è tuttora, un fenomeno collegato in qualche modo alla
Tonnara. Si vedono improvvisamente sulla superficie del mare, durante
le calme primaverili, delle macchie scure, sembra di vedere
ribollire il mare, e quando ho chiesto la prima volta di che cosa si
trattasse mi hanno risposto che erano banchi di acciughe che salivano in
superficie per fuggire ai tonni che si trovavano sotto perchè questi
pesciolini costituivano il loro pasto favorito. Non so se questa sia
realtà o leggenda, ma come tutte le cose collegate al mare ha un suo
fascino e a me piace pensare che le cose vadano veramente così.
La dislocazione strategica delle tonnare deriva
dall’osservazione delle abitudini del tonno, pesce atlantico che entra in
primavera nel Mediterraneo attraverso lo Stretto di Gibilterra
sfruttando la corrente di superficie, per riprodursi in mari più caldi e
meno profondi e che farà lo stesso cammino in senso inverso per ritornare
in Atlantico in autunno, sfruttando in questo caso la corrente di profondità.
Il tonno che entra nel Mediterraneo viene chiamato, come ho detto più
sopra, “tonno di corsa”. E’ nel pieno delle sue forze perchè
non ha ancora fatto molta strada, le sue carni sono molto saporite e la
femmina porta le prelibate uova che vengono ancora lavorate, sopratutto in
Sardegna, per ricavarne la squisita “bottarga”. Il tonno “di
ritorno”, quello che nuota verso lo Stretto di Gibilterra e l’Atlantico
in autunno, è ormai stanco per i lunghi trasferimenti, per la stagione
degli amori, e la sua carne non è più molto saporita ed è per questo che
viene raramente pescato in questa fase. Il tonno non entra nel
nostro golfo da Punta Chiappa, ma da Ponente, dalla parte di Genova,
tenendosi sempre in vista della costa dal lato sinistro, come se ci vedesse
da un occhio solo, e nella sua corsa non vede gli ostacoli posti di fronte a
lui per cui è facile sbarrargli il passo con una rete posta trasversalmente
al suo cammino, perchè il tonno, appena la incontra, viene ingannato e,
credendola sempre parte della costa, la segue, entrando così nella camera
grande della tonnara, la percorre tutta fino a ritornare al suo ingresso ma,
non trovando un percorso alla sua sinistra, non può che entrare nelle varie
camere fino ad arrivare alla camera della morte, da dove non ha via
d’uscita e dove il suo destino è segnato. Nelle tonnare che
praticano la mattanza, ormai solo in Sardegna e Sicilia, la camera della
morte, quando è piena, viene sollevata fino alla superficie e i pesci
vengono arpionati uno per uno e tirati a bordo delle barche, mentre nelle
tonnare di “monta e leva”, come quella di Camogli, il sacco viene
sollevato tre volte al giorno, di prima mattina, in pomeriggio e verso sera.
Ormai i tonni sono sempre più rari sulle nostre coste perchè i
grossi pescherecci atlantici, tra i quali quelli Giapponesi (grandi
estimatori del tonno crudo) aspettano il pesce nell’Oceano e lo pescano
prima che possa entrare nel Mediterraneo per riprodursi. Tutto questo
sta portando a drammatiche conseguenze per la sopravvivenza della specie.
Fino a non molti anni fa il nel nostro mare si trovavano a passare grandi
pesci e mammiferi marini di tutti i tipi, che forse entravano seguendo le
navi dirette a Genova. Il più grande nemico della tonnara era il capodoglio
che, entrando da Punta Chiappa, si trovava davanti le reti e le distruggeva.
Ora i tempi sono cambiati e la tonnara “insacca” tutti i pesci che
entrano dalla sua apertura : prima di tutto palamiti e boniti poi
calamaretti, bughe, sardine, sgombri, sarpe, bisi, occhiate ...... e qualche
tonno, ma anche, soprattutto a partire da Giugno, leccie, o ricciole, anche
di grosse dimensioni. Come è già stato detto, la
Tonnara anticamente era gestita da privati, purtroppo non si sa esattamente
in che data è cessata questa gestione. Si sa esattamente di una
Cooperativa fondata nel 1910 e chiamata “Cooperativa S.S. Prospero e
Caterina” che durò fino al 1923. Di questa cooperativa era
amministratore il Cap. Elia Cichero, aveva 20 Soci, tutti pescatori,
che avevano pagato Lit. 10 ciascuno per essere ammessi a farne parte e
che in più tirarono fuori di tasca loro i soldi necessari per costituirne
il capitale sociale. Un’altra Cooperativa venne costituita in gran
pompa nel 1937. Esattamente il 7 Febbraio di quell’anno,
nell’Aula Magna del Municipio alla presenza di tutte le Autorità e dei
pescatori Camogliesi veniva costutuita la Soc . An. Cooperativa
“Tonnarella di Camogli”. Promotore di questa iniziativa era stato
l’allora Podestà di Camogli Giuseppe Bozzo.
Di questo si trova traccia in una scarna annotazione dell’allora
Bibliotecario : ” 1937 .....Fu ripresa in primavera
l’antica pesca della Tonnara in Camogli, sospesa già da diversi anni”.
Dai dati statistici di fine anno risultò che la Tonnara, dal 10 Aprile al
29 Ottobre, aveva pescato ben 50.500 Kg di pesce tra cui, oltre a quello che
viene definito un buon quantitativo di tonni, anche delfini, pescicani,
pesci martello, squali elefante, un balenottero e ben 6.635 Kg. di pesci
luna, palamiti e altre varietà. L’entità dell'importo
corrisposto a ciascuno dei Soci lavoratori a fine stagione è controverso.
Non esistono più le registrazioni contabili dell'epoca, ma un articolo sul
quotidiano IL POPOLO D'ITALIA del 12 Aprile 1938, firmato da Dario Umberto
Razeto, riporta che l’importo del salario corrisposto ai Soci lavoratori
alla fine della stagione fu di 105.000 lire, cifra che oggi sembra
poco veritiera. L’anno dopo, nel 1938, la Tonnara venne messa
in mare in ritardo a causa dell’attesa dell’ arrivo del cordame di
canapa che quell’anno non fu consegnato in tempo per preparare le reti
necessarie alla tonnara. Nell'autunno del 1943, in due giorni,
incapparono nelle reti della tonnara 64 tonni, per un peso complessivo di
1.050 Kg.
L’inizio della stagione di pesca era anche un momento di
religiosità e di aggregazione perchè si sa che, quando la tonnara veniva
calata, il Parroco di San Rocco teneva una cerimonia religiosa per la
benedizione delle reti e per invocare una buona stagione di pesca, alla
presenza dei tonnarotti e delle loro famiglie.
La tonnara e costituita, come si è detto, da reti messe in
mare secondo una schema fisso che è uguale per tutte le tonnare, siano esse
grandi o di dimensioni più piccole come quella di Camogli. E’ come
un iceberg, quello che si vede in superficie non è che la minima parte di
quello che sta sotto il mare, che è come un grande palazzo sommerso,
formato da porte e stanze, un grande labirinto che sembra inventato da
Dedalo stesso. Da anni, tantissimi anni, questa rete viene tesa sempre
nello stesso posto a circa 400 metri da Punta Chiappa, in direzione di
Camogli Viene legata a terra ad uno scoglio che la fantasia popolare
dice si chiami “ Pedale” o “Pesale”, in realtà viene ancorata ad un
anonimo scoglio, senza particolari nomi romantici in una piccolissima
insenatura del Monte di Portofino che si chiama “Sca’ di Rocco”
e da esso parte la rete d’arresto, detta appunto “pedale”, fatta di
filetto di cocco, che da terra chiude il passaggio ai pesci e li guida
verso una prima camera grande o “di raccolta” anch’essa di di cocco,
continua con un sacco la “lea”, sempre di cocco, con maglie
che si restringono sempre di più per finire nella “camera della morte”,
che ha una prima parte in cocco e finisce in nylon con maglie sempre più
strette. Il “pedale” è lungo 340 metri, la porta
d’entrata nel recinto che è antistante alla “camera della morte” è
larga 25 metri. A destra si trova un recinto rettangolare
lunga 80 metri e a sinistra, davanti al “sacco” c’è un’anticamera
di 30 metri che conduce alla “camera della morte” che misura 100 metri.
La rete viene ormeggiata sul fondo ed è profonda dai 10 ai 45 metri.
Per ancorarla al fondale vengono usati 26 ancorotti, unitamente a delle
grosse pietre del peso di circa 20 Kg . ciascuna. Per
mantenere le reti perimetrali perfettamente verticali vengono
impiegati dei galleggianti di plastica posti a distanze regolari. Le
maglie della rete, abbastanza larghe in alto, si fanno sempre più strette
scendendo verso il basso fino alla “camera della morte” che è senza via
d’uscita.
Sopra le reti una volta erano ancorate due barche, strane a
vedersi, disalberate, senza sovrastrutture, sembravono quasi gli avanzi di
un naufragio, invece giocavano un ruolo molto importante nell’impianto
della Tonnara. La prima, fissa e più grande, era situata all’ingresso
della “Camera della morte” e anticamente veniva chiamata “rancio”
perchè vi si trovava l’alloggio dell’equipaggio di turno e
la cucina, mentre in seguito ha preso il nome di “poltrona”,
e veniva usata dai tonnarotti per la “levata” del sacco
L’altra barca, che era mobile e un po’ più piccola, viene chiamata da
sempre “asino”, era ancorata al sacco e su di essa veniva
caricato il pescato dopo la “leva”. Ai giorni nostri alcune
cose sono cambiate ; la “poltrona” si trova sempre là,
grande e grigia, ancorata al sacco e immobile mentre l’”asino” viene
portato avanti e indietro tre volte al giorno da Camogli
verso la Tonnara dai sei tonnarotti di turno, portando a rimorchio
una barca più piccola, e poi viene fissato all’altra estremità del
sacco. Usando la barca più piccola i tonnarotti si muovono
agevolmente tra le due barche e passano così sulla “poltrona” da
dove cominciano a sollevare la “camera della morte” per
mezzo di sei cavi avvicinandosi lentamente, metro per metro,
all’”asino” finchè tra le due barche rimane solo un grande sacco
pieno di pesci guizzanti che vengono poi caricati sull’”asino” che,
ancora una volta torna a Camogli con il pescato. Come ho già detto
questo avviene tre volte al giorno, con orari che cambiano secondo i mesi,
ma la prima levata è all’”albetta”, come viene chiamata, cioè al
sorgere del sole, la seconda a metà mattinata e infine la terza, nel tardo
pomeriggio.
Ma chi sono questi tonnarotti, che ora lavorano in turni
settimanali di sei, ma che in passato sono stati anche molti di più ?
Sono uomini e ragazzi che in parte vengono assunti stagionalmente e in
parte lo fanno per mestiere, anche tramandandoselo di padre in figlio,
e che devono essere dotati di una buona dose di spirito di sacrificio,
di entusiasmo e anche di una grande passione per il mare per
sopportare i disagi di una professione che li porta a sottoporsi a
levatacce e fatiche non indifferenti. Si parte tre volte al giorno,
con qualunque tempo, la rete non può aspettare. Comunque
qualcuno di loro mi ha detto che la fatica è attenuata dalla passione per
questo tipo di vita. Nei tempi passati, quando il tempo era
brutto, tutta la popolazione stava in allerta e se era necessario gli
uomini partivano con le loro barche per andare ad aiutare i tonnarotti
a salvare le reti ed il pescato. Le operazioni di levata sono
dirette dal “Rais”, parola di chiara origine araba, che a Camogli
diventa “Raixe”, con i suoi marinai, attualmente sei, che lavorano su
due turni di una settimana ciascuno, da sabato a sabato. Oggi in realtà
non esiste più la figura del Rais, rimasta appannaggio del vecchio Cen, ma
ci sono due Capibarca, i fratelli Giovanni e Antonio Revello
che insieme al figlio di quest’ultimo, Giuseppe, si occupano anche
della lavorazione della rete di cocco durante l’inverno.
Questa operazione viene fatta interamente a mano, usando del filetto
di cocco che arriva ogni anno dall’India in balle da 150 Kg l’una.
La rete finita pesa 1.200 Kg . A San Fruttuoso, piccolo borgo
raggiungibile solo in barca o a piedi attraverso un ripido sentiero che
parte dal Monte di Portofino, vengono lavorati ogni anno, a mano e
secondo canoni antichi, i lunghi cavi che serviranno sia per legare tra loro
le varie parti della rete, che per sollevare il sacco durante la levata.
Questi, la pesca con la tonnara, la lavorazione delle reti
di cocco, sono mestieri antichi, che una volta coinvolgevano buona parte
della popolazione anche durante l’inverno. Ora viene da
chiedersi : fino a quando dureranno ? Uno trema la pensiero che
tutto questo vada perduto, che finisca. Sono tradizioni che
hanno la loro origine nella notte dei tempi, che hanno già subito tante
trasformazioni e che non potranno rimanere immutate. Ci si
può solo augurare che, data anche la tipologia e la dislocazione della
tonnara di Camogli, che non è subordinata solo al passaggio dei tonni,
questa pesca possa essere portata avanti ancora per molti anni a
venire da un gruppo di persone coraggiose, che non si lascino intimidire
dall’avanzare della modernità e della tecnologia, ma che piuttosto si
facciano sorreggere dal pensiero di non lasciare morire un mestiere
così antico e affascinante.