Una notte all'albergo Italia
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Una notte all'albergo Italia, tra sogno e realtà, di Annamaria “Lilla” Mariotti

Era la fine di Agosto, Alberto e Paola, con i loro gemelli Carlo e Ileana, stavano tornando in auto da una vacanza in Alto Adige, diretti a Roma. Avevano già passato Genova, ma era ormai comunque troppo tardi per proseguire, si stava facendo buio e per di più minacciava un temporale. Alberto decise quindi di uscire dall'autostrada a Recco per cercare un posto dove fermarsi per la notte, ma la Riviera era ancora affollata e non riuscì a trovare neanche una stanza, così lui e Paola pensarono che era meglio proseguire per la via normale fino a Rapallo.
 
Si avviarono su per la Via Aurelia, e avevano appena iniziato la salita quando tutte le forze del cielo si scatenarono. Divenne improvvisamente buio pesto e cominciarono a cadere grossi goccioloni che si trasformarono ben presto in una pioggia battente. Lampi e tuoni squarciavano il cielo e l'acqua aumentò di intensità fino a formare una spessa muraglia che neppure i fari della macchina riuscivano a fendere.Per di più, via via che salivano, li avvolse anche una fitta nebbia impenetrabile.
 
Alberto non conosceva la strada, ridusse quindi l'andatura e proseguì quasi a passo d'uomo, tutto teso a guidare. Paola, vicino a lui, era terrorizzata. Non aveva mai visto un temporale simile! Per fortuna Carlo e Ileana, nonostante tutto quel fracasso, si erano addormentati sul sedile posteriore.
 
Non avrebbero saputo dire quanto tempo fosse passato, quando improvvisamente videro nella nebbia una luce fioca che aveva tutta l’aria di un’insegna. "Un albergo, pensò Alberto, siamo salvi”, così accostò e si fermò davanti alla luce. Improvvisamente dalla cortina di pioggia sbucò un omino con una giacchetta a righe ed un grosso ombrello aperto che con un gesto cordiale ed un sorriso li invitò a scendere ed a seguirlo.
 
Si trovarono al sicuro nell'atrio di un albergo. Il posto aveva un'aria molto confortevole, le pareti in legno, belle piante disposte un po’ dappertutto e ampie poltrone damascate. Accanto alla porta una grande scrivania antica fungeva da bureau. Tutto rispecchiava una sobria eleganza.
 
Ma la cosa più incredibile fu la persona che venne loro incontro Era una piccola signora molto anziana, con i bianchi capelli raccolti a crocchia sulla testa, vestita con un lungo abito scuro, appená rischiarato da un collarino bianco tutto pieghettato e da una collana di perle. Li accolse sorridendo " Benvenuti all'Albergo Italia” disse “ Siamo sul Passo della Ruta, non distanti da Rapallo. Qui potrete riposare per la notte e proseguire il viaggio domattina presto. Vi farò accompagnare alle vostre camere e quando scenderete potrete cenare al ristorante".
 
Anche le camere furono una lieta sorpresa. Erano due stanze comunicanti, calde e confortevoli. Alle finestre allegre tende colorate tenevano fuori il rumore della pioggia e del vento.
 
Quando scesero in sala da pranzo fu loro servita la cena. Tutto, dall'antipasto al dolce era preparato con molta cura e servito con classe. I tavoli erano tutti apparecchiati, ma la sala da pranzo, a parte loro ed il cameriere che li serviva, era deserta. La vecchia signora sembrò avvertire la curiosità di Paola, che si stava quardando intorno, e prevenne la sua domanda. Le si avvicinò e le spiegò che l'albergo era sempre aperto per clienti speciali in occasioni speciali, ma che quella sera c'erano solamente loro.
 
Il biancore delle tovaglie, lo scintillio degli argenti e dei cristalli che riflettevano la luce dei lampadari li immergeva in una luce irreale ed i quattro cenarono avvolti da questa atmosfera di sogno.
 
La mattina dopo un leggero bussare alla porta li svegliò. Alberto e Paola chiamarono i bambini, poi tutti insieme scesero ancora una volta nella sala da pranzo deserta dove era pronta la colazione.
 
 
Era presto, e c'era ancora un po’ di nebbia, ma la pioggia era cessata e tutto faceva prevedere che avrebbero proseguito il viaggio con una splendida giornata di sole.
 
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Erano passati circa due mesi e Alberto si trovava a Genova per un congresso. Era venuto in macchina da Roma, viaggiava sempre in macchina quando poteva, non aveva molta simpatia per gli aerei.
 
La riunione era finita molto tardi e non era certo il caso di mettersi in viaggio per Roma a quell'ora, d'altra parte non aveva molta voglia di fermarsi a dormire in città, quando si ricordò di quell'albergo sulla Ruta. Ne serbava un buon ricordo e pensò che gli sarebbe piaciuto ritornarci.
 
Una volta arrivato a Ruta non riuscì a trovare l’albergo, ma non gli sembrò una cosa strana, in fondo erano arrivati al buio, sotto una bufera ed erano ripartiti all’alba del giorno seguente, facile non ricordarne esattamente la posizione. Entrò in una pasticceria a chiedere ed una ragazza, alzando appena la testa dal banco profumato, indicò la porta dicendo distrattamente: “Sulla piazza, qui di fronte”. Alberto andò nella direzione indicata e ai suoi occhi si presentò uno spettacolo incredibile : lo scheletro di una vecchia e signorile costruzione, altera con la sua torretta svettante verso il cielo. Doveva essere stata una casa bellissima nel momento del suo splendore, evocava gente elegante ed ospiti illustri, ma ora era abbandonata e fatiscente ed a stento riuscì a leggere il nome "ALBERGO ITALIA” sopra la porta sbarrata. Niente insegna luminosa, le finestre avevano i vetri rotti e le tende svolazzavano fuori, strappate dal vento. Su tutto gravava un'aria di sfacelo e di abbandono.
 
Alberto si avvicinò al giornalaio sulla piazza e gli chiese cosa fosse successo all'Albergo Italia. Gli raccontò che aveva passato lì una notte con la sua famiglia pochi mesi prima, durante un temporale ed ora non riusciva a spiegarsi quello che vedeva. Il giornalaio lo guardò in modo strano poi, lentamente, rispose che certo si sbagliava, quell'albergo era chiuso da almeno trent'anni, da quando la vecchia proprietaria era morta e da allora tutto era andato in rovina.
 
Alberto, confuso e disorientato, tornò a guardare verso l’albergo. Il sole del tramonto attraversava la torretta ed i suoi raggi danzavano sui vetri rotti mandando bagliori colorati. Mentre guardava questo spettacolo, Alberto vide qualcosa muoversi dietro ad una finestra e pensò ad un gioco di luce, una tenda mossa dal vento. Guardò più attentamente e si accorse che non “qualcosa”, ma “qualcuno” si era avvicinato alla finestra centrale e gli sorrideva: una piccola signora, molto anziana, con i bianchi capelli raccolti a crocchia sulla testa, vestita con un lungo abito scuro appena rischiarato da un bianco collarino tutto pieghettato e da una collana di perle.