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AUSCHWITZ I

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La prima immagine che si è presentata al nostro sguardo appena entrati ad Auschwitz, il luogo-simbolo dello sterminio attuato dai nazisti, è stata quella della porta del campo, sovrastata dalla scritta ARBEIT MACHT FREI, cinica scritta che prometteva la "libertà" attraverso il lavoro, mentre nel Lager si metteva in atto un sistematico "sterminio " attraverso il lavoro. Tuttavia Auschwitz era soprattutto un dormitorio in quanto i prigionieri ne uscivano al mattino per recarsi a lavorare e vi rientravano la sera in marcia per cinque, al suono di una banda musicale, che rende, ancor più della scritta posta all’ingresso, l’idea dell’ipocrisia nazista.

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La banda musicale

Himmler avviò il progetto- Auschwitz nell’aprile del 1940 e il campo venne inaugurato nel giugno del 1940. Al Lager principale furono poi aggiunti successivamente quelli di Birkenau (detto Auschwitz II) e di Monowitz (detto Auschwitz III, o Buna-Monowitz), oltre ad una quarantina di altri sottocampi, che coprivano un’area immensa, di circa 40 Km2. Comandante dell’intero complesso concentrazionario era Rudolf Höss. La scelta del sito di Auschwitz (Oswiecim, in polacco) avvenne essenzialmente per tre ragioni:

- c’era un nucleo preesistente di caserme polacche;

- era un importante nodo ferroviario;

- era lontano da grandi città;

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Per la costruzione degli altri campi collegati al principale vennero utilizzati come manodopera gli stessi deportati, ridotti alla condizione di schiavi. I deportati, con palese violazione delle convenzioni internazionali, lavoravano per l’industria bellica tedesca e venivano sfruttati sia dalle SS, che fin dal 1938 avevano costituito due società, la DEST e la DAW, dirette dall’ufficio amministrativo di Oswald Pohl (WVHA), sia da potenti consorzi industriali privati, come la IG-Farben, la Hermann Göring Werke, la Siemens. L’intento dei nazisti era fin dall’inizio lo sterminio attraverso il lavoro (anche se divenne sistematicamente operativo dopo la conferenza di Wannsee, nel gennaio del 1942); per salvare le apparenze, nove Blocks (baracche) vennero destinati ai prigionieri di guerra russi, in formale ossequio alle convenzioni internazionali, ma ne morirono ben novemila in soli sei mesi.

Inizialmente il campo principale era maschile, poi vi vennero sistemate anche delle donne, in una parte separata da un muro; infine, quando le prigioniere divennero troppe numerose, vennero trasferite a Birkenau (nel frattempo costruito) e Auschwitz I diventò un campo interamente maschile. A partire dal 1942, inoltre, Auschwitz fu il luogo prescelto per la "soluzione finale" del problema ebraico e vi furono radunati gli ebrei provenienti da tutta Europa. Si calcola in circa sei milioni il numero complessivo degli ebrei sterminati, ma il progetto nazista prevedeva lo sterminio di undici milioni di ebrei.

La nostra visita al campo di Auschwitz I è cominciata con una cerimonia di fronte al Memorial degli italiani, un monumento costruito da Belgioioso come un tunnel a forma di spirale e sistemato all’interno di un Block. Alla cerimonia ha fatto un breve discorso il sindaco di Moncalieri, Carlo Novarino, alla presenza di una rappresentante del Comune di Oswiecim, alla quale è stata consegnata una targa-ricordo di questo nostro viaggio.

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Discorso del Sindaco di Moncalieri

L'intero gruppo dei partecipanti alla visita ha ascoltato in silenzio le parole del sindaco, il quale ha sottolineato con forza la necessità di non dimenticare l'orrore di Auschwitz, affinché non si ripeta mai più, e ciascuno in cuor suo ha ripensato alla tragedia qui vissuta da tanti uomini e illustrata dai pochi sopravvissuti che ne hanno tramandato la memoria. Poi, per la visita vera e propria, siccome eravamo in troppi, ci siamo divisi in due gruppi, ciascuno accompagnato da una guida locale. La nostra classe ha seguito una guida che parlava francese e il professor Monaco che traduceva le sue spiegazioni. Nel Museo abbiamo visto cose impressionanti, che resteranno indelebili nella nostra memoria e, dove abbiamo potuto per le condizioni di luce, di spazio e di tempo (c'erano moltissimi visitatori che si affollavano davanti alle stesse vetrine e potevamo sostare solo pochi minuti), abbiamo scattato delle fotografie. Tra i documenti abbiamo visto:

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Abbiamo poi guardato con particolare raccapriccio il plastico che ricostruisce la terribile sequenza delle operazioni che si svolgevano al Crematorio II di Birkenau, illustrateci il giorno prima dalla guida proprio a Birkenau: i prigionieri venivano fatti entrare nella camera a gas che si trovava in un luogo sotterraneo, ingannati sulla loro sorte (venivano indotti a credere di essere in una doccia ); qui si sprigionava il gas che li uccideva; poi i mucchi di cadaveri venivano trasportati da altri prigionieri addetti a questo infame compito e ammassati in un deposito, prima di essere messi nei forni crematori.    

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Foto del plastico del Crematorio

Tra gli oggetti esposti nel Museo, abbiamo visto:  

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Veleno utilizzato nelle camere a gas

 

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Tipica casacca indossata dai prigionieri

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Protesi dei deportati

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Occhiali dei deportati

Abbiamo poi visitato il Blocco della Morte, dove venivano rinchiusi principalmente prigionieri polacchi, colpevoli di aver tentato una rivolta o una fuga. Per dare una parvenza di giustizia, questi venivano condannati da un Tribunale (che si riuniva nella I sala del Blocco) e poi fucilati nel cortile attiguo. In questo cortile c’è il Muro della Morte (fatto con un particolare materiale che serviva ad attutire il rimbalzo delle pallottole).

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Muro utilizzato per le fucilazioni

Come illustra una ricostruzione, i condannati venivano fucilati nudi, poi i loro cadaveri venivano accumulati e trasportati al crematorio.

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Rappresentazione di una fucilazione

Nel piano interrato del Blocco della morte ci sono celle di punizione, di dimensioni piccolissime, dove i prigionieri erano costretti a stare la notte in piedi senza potersi muovere anche per tre o quattro giorni. Qui venne rinchiuso anche padre Kolbe, recentemente santificato, il quale offrì la sua vita per salvare quella di un padre di famiglia. Proseguendo nella nostra visita abbiamo visto la Piazza dell' Appello, dove, sorvegliati da una SS che stava nella torretta, i prigionieri erano costretti a stare in piedi per molte ore (anche tredici), con qualunque tempo, in un rito sadico descritto da tanti sopravvissuti nelle loro memorie.

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Torretta di guardia delle SS

Su questa piazza venivano eseguite anche le impiccagioni collettive di prigionieri ribelli, alla presenza di tutti gli altri e a scopo intimidatorio.

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Struttura impiegata per le impiccagioni

Ultima tappa della nostra visita è stato il Crematorio, davanti al quale c'è la forca dove venne impiccato il comandante del campo, Höss.

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Il Crematorio di Auschwitz fu costruito nell'autunno del 1940 e fu il primo (altri quattro ne furono costruiti poi a Birkenau). La sua camera a gas arrivava a contenere settecento persone: era la camera in cui i deportati venivano avviati dicendo che si trattava di una doccia e morivano mentre fuori stazionava un camion acceso il cui rumore serviva a coprire le loro urla.

Dentro il Crematorio c’è la sala dei forni crematori, dove tutto è stato ricostruito.

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I forni, alimentati a carbone o a nafta o a gasolio, erano costruiti da una ditta di Erfurt, la Topf & Figli, terribile testimonianza della connivenza degli imprenditori tedeschi rispetto all’atroce piano di sterminio nazista.

Questa relazione è un resoconto di ciò che abbiamo visto in questa "fabbrica della morte". Le nostre emozioni, i nostri sentimenti si possono facilmente immaginare e si possono racchiudere nello sbalordimento di fronte ad un livello di ferocia che ci pare di poter definire, senza timore di cadere nella retorica, semplicemente disumano.

 

Relazione a cura di Laterza Giovanni, Podda Igor, Russo Gaetano e Vurro Marco

Classe 5 E Telecomunicazioni

I.T.I.S. Pininfarina

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