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  SE QUESTO E’ UN UOMO

DISTRUZIONE DELL'UOMO

Come è implicito nel titolo e nella celebre poesia posta in epigrafe, il tema del libro, il filo conduttore di tutta la narrazione, è l'umanità offesa e demolita.

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

             Che lotta per mezzo pane

                           Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.

Si tratta di un piano spietato, attuato dai tedeschi con grottesca metodicità, le cui prime fasi sono descritte nel capitolo "Sul fondo". Le differenze fra le personalità individuali dei prigionieri vengono azzerate: tutti privati dei propri oggetti personali; tutti nudi e rasati; tutti assetati senza poter bere, perché l'acqua che gocciola dal rubinetto della stanza nella quale sono ammassati è inquinata; tutti in preda al freddo; tutti nella stessa umiliante condizione di non capire il senso di quello che sta capitando, tutti nella stessa angosciante incertezza circa il proprio futuro, quello delle loro donne o dei loro figli.

"...Perché ci fanno stare in piedi, e non ci danno da bere, e nessuno ci spiega niente, e non abbiamo né scarpe né vestiti ma siamo tutti nudi coi piedi nell'acqua, e fa freddo..."(p.32)

"...Quest’offesa, la demolizione di un uomo" prosegue con l'assegnazione di stracci (le casacche a righe) e di scarpacce a suola di legno e culmina nella sottrazione del nome, sostituito da un numero, che agli ebrei viene tatuato sul braccio sinistro (è un marchio indelebile che li assimila alla bestie e agli schiavi), agli altri prigionieri viene cucito sulla giacca.

Il numero dell’Häftling Primo Levi è 174517.

"Si immagini adesso un uomo a cui, insieme alle persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimenticato di dignità e di discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.."(p.37)

La vita nel Lager annulla poi quanto eventualmente sia rimasto di umano in ciascun prigioniero:

1. tutti imparano a rispondere Jawohl (Signorsì), a non fare mai domande, a fingere sempre di aver capito;

2. tutti si concentrano sul valore del cibo e raschiano il fondo della gamella, non disperdono le briciole del pane, brigano per ricevere il mestolo di zuppa prelevato dal fondo del mastello e quindi meno liquido;

3. imparano che qualunque cosa può servire (il fil di ferro, gli stracci, la carta);

4. imparano a convivere con il furto, rubano e fanno speciale attenzione a non essere derubati;

5. imparano a sottoporsi agli infiniti riti del campo (fare il "letto", spalmare gli zoccoli col grasso, raschiare le macchie di fango, lavarsi senza sapone, vuotare il secchio alla latrina, marciare al ritmo della fanfara) e a tutti i controlli (dei pidocchi, della lavatura dei piedi, della scabbia, dei bottoni ...);

6. memorizzano le innumerevoli proibizioni e vi si adeguano senza nemmeno pensare ad una trasgressione.

La vita nel Lager è schiacciata sul presente, proprio perché è una vita da bestie, da non-uomini:

"uscire e rientrare; lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi, guarire o morire... il problema del futuro remoto è impallidito, ha perso ogni acutezza, di fronte ai ben più urgenti e concreti problemi del futuro prossimo: quanto si mangerà oggi, se nevicherà, se ci darà da scaricare carbone".(p.49)

Se, raramente, riescono a pensare al futuro, questi uomini-schiavi propendono per le posizioni estreme e si dividono in due classi: i pessimisti, convinti che la fine sia certa e prossima, e gli ottimisti, che sperano in una salvezza probabile e non lontana.

In generale, però, la saggezza sta nel:

"Non cercare di capire, non rappresentarsi il futuro, non tormentarsi sul come e sul quando tutto sarebbe finito: non porre e non porsi domande."(p.154)

"Per gli uomini vivi le unità del tempo hanno sempre un valore..., ma per noi ore, giorni e mesi si riversavano torpidi dal futuro nel passato..., il futuro ci stava davanti grigio e inarticolato, come una barriera invincibile. Per noi, la storia si era fermata."(p.155)

La quotidiana lotta contro la fame, il freddo, il lavoro lascia ben poco spazio al pensiero: solo nei rari momenti di tregua si ridiventa uomini e si cade preda di un dolore umano, che non è dato provare alle bestie stanche, come accade a Primo Levi durante la sua permanenza al Ka-Be o al Laboratorio chimico. Qui egli si riappropria del tempo e alla sua mente si affollano i ricordi della vita passata, qui si vergogna del proprio cattivo odore e del proprio aspetto ripugnante. E' caratteristico, infatti, della natura umana nascondere le pene e i dolori minori dietro quelli maggiori. Scomparso, con la primavera, il freddo, si accampa in primo piano la fame e se, in momenti eccezionali, scompaiono freddo, fame e stanchezza, ecco avanzare il dolore, il rimpianto del passato, il terrore del futuro, la vergogna del presente.

Eppure alla propria demolizione come esseri umani non tutti gli individui rinchiusi nel lager reagiscono allo stesso modo.

Primo Levi, pur immerso nella tragica situazione di tutti, ha lo sguardo distaccato dello scienziato che analizza un campione di umanità sottoposta ad "una gigantesca esperienza biologica e sociale".

In quest’esperimento che è il Lager,si può osservare il "comportamento dell’animale-uomo di fronte alla lotta per la vita".

L’autore divide i prigionieri in due categorie: i sommersi e i salvati.

I sommersi sono gli inetti, coloro che non sanno adattarsi all’ambiente del lager e soccombono perché eseguono passivamente tutti gli ordini, non mangiano nulla extra-razione, non sanno una parola di tedesco e non riescono quindi a districarsi tra regolamenti e proibizioni.

Appartiene alla categoria dei sommersi, detti anche nel gergo del campo mussulmani , la grande maggioranza dei prigionieri, una massa anonima di esseri vuoti, stanchi, indifferenti. Tra i personaggi del libro, sono dei sommersi Zero Diciotto e Kraus .

I salvati sono gli individui che Darwin avrebbe definito adatti, i forti, gli astuti, coloro che riescono ad "aguzzare l’ingegno, indurare la pazienza, tendere la volontà". Essi cercano di diventare dei Prominenti , perché da un incarico o da una mansione specialistica deriva sempre qualche privilegio e quindi qualche possibilità di sopravvivenza; inoltre sono quasi sempre degli organizzati , nel senso particolare che questa parola assume nel gergo del Lager, cioè escogitano gli espedienti più vari per procurarsi cibo o altri articoli che possano essere cambiati con cibo oppure usati per attutire i disagi.     ·   

La maggioranza dei personaggi del libro con un volto e con un nome appartiene alla categoria dei salvati: ad esempio Schepschel, l’ingegner Alfred L., Elias Lindzin, Henri, Templer, Pikolo, Alberto

Lo stesso Primo Levi è un salvato. Infatti, grazie ad alcune circostanze fortunate, come la ferita al piede e la scarlattina, trascorre due periodi in Ka-Be, al riparo dal freddo, ma soprattutto, grazie alla sua laurea in chimica, è ammesso al Laboratorio chimico come operaio specializzato e può lavorare in condizioni umane. Inoltre impara a risparmiarsi sul lavoro, a mantenere contatti umani utili e ad organizzare: si veda, ad esempio, la scopa organizzata in Buna  e trasportata con grande ingegnosità in Lager.

Essere dei salvati, però, non vuol dire essere uomini, vuol dire solo saper escogitare qualcosa per non morire. I salvati, infatti, per ottenere il proprio scopo, cioè sopravvivere il più a lungo possibile in Lager, rinunciano alla morale, diventando asociali, insensibili, spietati, rinunciano alla propria dignità di esseri umani arrivando a commettere qualunque bassezza.

Del resto, per gli schiavi del Lager, le parole "bene" e "male", "giusto" e "ingiusto" non hanno lo stesso significato che hanno per gli uomini liberi e ben poco sopravvive, all’interno del filo spinato, di quella morale che regola i rapporti umani nel mondo civile. Accade ai concetti morali quel che accade ad altre parole come "fame" (ben diversa è la fame cronica del prigioniero dalla sensazione di chi ha saltato un pasto!), "stanchezza", "paura", "dolore", "inverno" : il mondo stravolto del Lager ha anche un linguaggio stravolto!.

Pochissimi, nel libro, sono di conseguenza, gli uomini, capaci di azioni disinteressate e di solidarietà. Tra questi, Lorenzo (che però è un operaio civile), Resnyk, Chajim e, soprattutto, l’ultimo, l’eroe che muore sulla forca, per aver avuto relazioni con gli insorti di Birkenau: di fronte alla sua morte solitaria, da uomo, nemmeno una voce si leva dal gregge abietto di esseri spenti.

Il senso del libro è proprio nella denuncia del Lager come di un mondo che nega e annulla l’umanità, sia nelle vittime, sommersi o salvati che siano, sia negli oppressori. Con queste parole lo esprime lo stesso autore:

"I personaggi di queste pagine non sono uomini. La loro umanità è sepolta, o essi stessi l’hanno sepolta, sotto l’offesa subita o inflitta altrui. Le SS malvage e stolide, i Kapos, i politici, i criminali, i prominenti grandi e piccoli, fino agli Häftlinge indifferenziati e schiavi, tutti i gradini dell’insana gerarchia voluta dai tedeschi, sono paradossalmente accomunati in una unitaria desolazione interna."(p.161)

 

Approfondimento a cura di Bosio Roberto e Cotugno Pasquale

5 E Telecomunicazioni

Anno scolastico 1998/99

I.T.I.S. G.B. Pininfarina

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