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Autore: Aldo Zargani

Titolo: Per violino solo

Casa editrice: Il Mulino

Città: Bologna

Anno di pubblicazione: 1995

Trama

è il racconto della triste vicenda di una famiglia italo-ebrea, che ha come protagonista lo stesso autore del libro, Aldo Zargani. Narra come due genitori ebrei siano riusciti, dopo anni di persecuzione e umiliazioni, a salvare la loro vita e quella dei loro figli, impresa straordinaria se si pensa che un ebreo italiano su tre veniva assassinato.Per sopravvivere ci sono volute prudenza, intelligenza, astuzia, pazienza e soprattutto fortuna. Sicuramente Zargani non sarebbe riuscito a scrivere questo libro senza l'aiuto di alcune buone persone, persone che cita nel suo racconto con grande affetto.Tutti i fattori elencati sono serviti insieme per salvare la famiglia: se uno di questi fosse mancato, non si sarebbero sicuramente salvati. Infatti molte furono le vittime delle persecuzioni che vengono citate nel libro, soprattutto familiari degli Zargani. Quasi tutti però fecero degli errori: lo zio Giacomo Tedeschi, che tentando di fuggire in Svizzera fu catturato e ucciso, gli zii Mafalda e Carlo, Lina e Rino, che ebbero stessa sorte, oppure la zia Rosetta e la figlia Pucci, che tuttavia riuscirono a salvare il loro piccolo Attilio. Anche la famiglia dello scrittore commise errori che potevano costarle la vita: i genitori subirono un lungo periodo di galera per un eccesso di fiducia, il piccolo Roberto, scappando dal collegio, rischiò di essere catturato ed addirittura ucciso, ma tutto andò bene. Quelli ripercorsi nel libro sono sette anni di persecuzioni e di paure, ma anche gli anni favolosi della infanzia. Vengono narrati gli avvenimenti più atroci e duri che la famiglia Zargani fu costretta a subire: dalla perdita del lavoro del padre violinista a causa delle nuove leggi razziali , all' esclusione dalle scuole dei piccoli Aldo e Roberto, perchè le scuole ebraiche non esistevano nelle città dove dovettero rifugiarsi gli Zargani; dalla fuga da Torino attraverso il Piemonte all'arresto dei genitori, che tuttavia fu un bene, ma che li divise dai figli mandati nel frattempo al collegio, dove fecero il primo incontro con il cristianesimo in modo abbastanza brusco; dalla dura vita sulle montagne di Uri', dove furono costretti alla fame e agli stenti, fino alla dolorosa deportazione dei parenti che furono quasi tutti uccisi. La zia Lina, ad esempio, morì ad Auschwitz.

Scrivendo questo libro Zargani si vuole liberare dal peso di quella terribile esperienza e trasmettere il ricordo da nonno a nipote, come afferma nel Congedo.

Stile

Il racconto appartiene al genere letterario della memorialistica, è una sorta di diario nel quale vengono annotati avvenimenti realmente accaduti, e tutti datati, scelti fra quelli che l'autore considera più significativi. Zargani ha una doppia funzione: quella di narratore-scrittore e quella di personaggio-protagonista. Parla in prima persona ed è lui che espone i fatti accaduti. La vicenda si svolge nell'arco di tempo di sette anni, dal 1938 al 1945, durante i quali, per la necessità di sottrarsi alle persecuzioni, gli Zargani sono costretti a fuggire di città in città; per questo sono molti i luoghi citati, tra i quali le città di Torino, Asti, Biella, le montagne di Urì e altri. Il racconto non è strutturato in modo cronologico, ossia gli avvenimenti non sono raccontati seguendo un rigoroso ordine di tempo. C'è però un filo logico ed è quello personalissimo della memoria, di una memoria per di più di fatti lontani, da cui emergono un ambiente, un oggetto, intorno ai quali si sviluppa la narrazione: è il caso, ad esempio, del Collegio dei Salesiani, o del bombardamento su Torino del dicembre 1943, o del violino, oggetto emblematico che dà il titolo al libro. Ogni evento del presente fa sprofondare lo scrittore nel passato come dimostra già il capitolo di apertura, strutturato come una lettera ai genitori morti ("cari papà e mamma", p.11) e "rivisti", quasi in sogno, con i loro due bambini per mano nella città svizzera di Basilea, una delle tappe della loro fuga.

Ma lo sguardo di Zargani si proietta soprattutto verso il futuro: infatti l'idea di scrivere il libro, dedicato al nipote, è nata in lui dalla speranza in un futuro più sereno e "normale" soprattutto per suo nipote al quale è indirizzato il capitolo conclusivo, intitolato Congedo, scritto dalla città giocattolo di Basilea, con l' "augurio" che le tragedie della guerra possano sembrargli addirittura più' straordinarie di quanto non appaiono oggi a coloro che le ricordano o le studiano.

una pagina esemplare

il brano che segue riassume in poche righe il significato dell'intero libro, ossia il patimento subito dalla famiglia Zargani:

« La mamma piangeva quando siamo arrivati, aveva pianto altre volte e altre volte la paura che uno di noi quattro fosse in pericolo ci aveva assalito all'improvviso. Bastava un ritardo, pochi minuti, e la mamma si metteva a camminare su e giù per la cucina torcendosi le mani e gridando: "Me lo hanno preso, questa volta me lo hanno preso", o il papà ci cercava disperato per i campi o noi guardavamo fuori dalla finestra "in pensiero" con gli occhi tristi dei cuccioli orfani, perché i nostri genitori non erano ancora spuntati dalla curva della strada, "Perché, perché ritardano?".

Il mondo diveniva ogni minuto meno ostile, ma noi non potevamo accorgercene, ci sembrava anzi sempre più pericoloso, perché eravamo troppo stanchi, stanchi della miseria, del freddo, dell'attesa, dell'impotenza e della fragilità, stanchi di tutto, anche delle ipotesi. Ho sentito tante volte i miei genitori discutere del destino degli ebrei catturati, forse per esorcizzare l'evidenza. Il papà suggeriva: "Può darsi però che sterilizzano i maschi", ma la mamma gli negava questa fuga dalla realtà, perché la caccia stessa agli ebrei, per come era condotta, rivelava il suo scopo. Perché intere famiglie, perché i vecchi decrepiti, perché un simile dispendio di energie in tutto l'immenso continente che è l'Europa, perché la strage del lago d'Orta, perché i vecchi dell'Ospizio Israelitico di Trieste? Che cosa erano i crimini orribili dei quali parlava radio Londra e che sarebbero stati pagati dai responsabili a guerra finita? E dove erano gli zii e i cugini? Dove erano stati portati? Da nessuno erano mai giunte lettere ne alcun altro segnale, neppure indiretto, di vita. »

Aldo Zargani, op.cit, pp. 202-203

Questo brano sintetizza in modo molto efficace, meglio di ogni altro, l'intero racconto. La paura, l'incertezza e il dubbio dominano infatti le menti dei personaggi, che vivono alla giornata, non sono sicuri del loro futuro, perché oggi sono vivi e domani chissà. Bastano pochi minuti per provocare il panico per la mamma, il papà, Aldo e Roberto. Il loro destino è incerto, le loro vite sono appese ad un filo. L'impotenza di fronte a questa situazione non fa altro che aggravare la drammatica condizione della famiglia. Inoltre nel brano appare evidente che la tragedia della famiglia Zargani è anche quella di tutti gli ebrei che vivono in Europa, sotto il dominio della dittatura nazista, la più feroce che la storia ricordi, responsabile dello sterminio pianificato dell'intera razza ebraica.

Scheda a cura di Guagliardo Mauro

5 E Telecomunicazione

Anno scolastico 1998/99

I.T.I.S. GB. Pininfarina

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